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Autore: thecarnival    10/09/2012    7 recensioni
MOMENTANEAMENTE SOSPESA CAUSA: ESAMI UNIVERSITARI.
Lei: ventisette anni, francese di nascita ma italiana d'adozione.
Lui: italiano, meglio dire, romano D.O.C.
Lei: vive in un piccolo appartamento in una zona tranquilla di Roma e si mantiene grazie ad un modesto lavoro che tuttavia sta iniziando ad odiare, perché è propria a causa di esso che ha visto infrangere le sue aspettative sul vero amore e sugli uomini: l'organizzatrice di matrimoni.
Lui: condivide casa con due sue amici e colleghi e, a differenza di lei, ama il suo lavoro, perché non solo guadagna soldi ma anche donne: è uno spogliarellista in un noto locale di Roma, il Ladies Night, ed è la principale attrazione del locale.
Entrambi pensano che l'amore sia inutile e passeggero, che la gente si stanchi di stare sempre con la stessa persona e che, prima o poi, si finirà per soffrire.
Le loro vite si intrecceranno per caso e il caso non li lascerà più allontanare.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Undress my heart.'
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A chi faceva sposare le proprie Barbie.
A mio papà.

QUATTRO.





Era sicuro come lo scioglimento dei ghiacciai: il Karma si stava vendicando e io dovevo prendere provvedimenti. Avrei dovuto chiedere a Giulia se conoscesse qualche sciamano, mago, tizio-fuori-di-testa, disposto a togliermi il malocchio, a purificarmi dai miei mali, eliminare il karma negativo e, soprattutto - perché era quella la parte che più mi interessava - rendermi una persona fortunata, in modo da non incontrare più Mr. Panna.
Da quando avevo scoperto che abitava vicino casa mia mi comportavo come una ladra; uscivo dal grande portone di legno con occhiali scuri e cappellino per non essere riconosciuta da qualcuno e, per evitare di incontrarlo agli incroci, sui mezzi e roba varia, avevo cambiato tutto il mio itinerario stradale. Avrei preferito spendere miliardi di euro in taxi pur di non parlare ancora con lui. 
Comportandomi così, stavo quasi per impazzire, ma ero riuscita a non incontrarlo per ben tre giorni; la settimana era quasi giunta al termine, ero fiera di me. Arrivavo anche in orario a lavoro, Carla ne era stupita. Era convinta che avessi manomesso tutti gli orologio dell'ufficio perché era impossibile che io fossi puntuale.

- Non conosco nessuno e, prima che me lo chiedi, non penso che Mina possa aiutarti.
Avevo chiesto a Giulia dello sciamano pazzo disposto a purificarmi, ma non aveva conoscenze in quel campo; e io che credevo fosse un po' fuori di testa anche lei, ogni tanto. 
- Potrei chiedere a Carla.
- Potresti, invece, frequentare questo caro ragazzo, perché di questo passo finirai come Carla: sola ed esaurita.
- Grazie Giù. Sei una vera amica, adesso sono così piena di entusiasmo che potrei conquistare il mondo a suon di matrimoni. 
- Pensavo dicessi “a suon di spogliarelli”.
Le feci una smorfia mentre lei se la rideva spaparanzata sulla poltrona; si divertivano a prendermi in giro poiché trovavano la situazione con Geremia, anche detto Mr. Panna, molto divertente. Pensavano che il fato lo avesse messo sulla mia strada per una ragione e che non potevo fare niente per sfuggirgli, perché lui era il mio destino.
Peccato che io non credessi né al destino né alle storielle sul vero amore.
L'unico vero amore era quello tra Pacey e Joey e loro erano due personaggi di un telefilm, non la realtà.
E poi avevo già deciso cosa fare con Mr. “Muscolo unto” : evitarlo per il resto dei miei giorni, solo in questo modo la mia vita sarebbe tornata come prima.
- Noiosa e monotona.
- No, Mina. Io volevo dire 'tranquilla'.
Fummo interrotte da un urlo di Giulia, dopo lo shock iniziale ci alzammo per controllare cosa l'avesse spaventata o scandalizzata a tal punto da sfidare una soprano. Dovetti sedermi quando vidi la foto ingrandita sullo schermo, mostrava il principe Henry, completamente nudo, con la manina sul piccolo Harryno. 
- O santi reali. Quanta perfezione in una sola foto.
- Maledetta Emmy. Perché sei nata tra gli snob francesi e non tra quelli inglesi?
Il pugno di Giulia sul braccio mi fece male e con il broncio tornai a lavoro, alla ricerca di un luogo che esaudisse le richieste delle mie ultime clienti. Per fortuna in quei giorni mi ero totalmente concentrata sul lavoro dato che quel compito era davvero difficile: due amiche, diverse e opposte, avevano deciso di sposarsi lo stesso giorno. Poteva essere bello, divertente e in un certo senso anche romantico, se solo quelle due non avessero avuto i gusti opposti! 
A una piaceva lo sfarzo, i merletti, i fiori, i colori sgargianti e tutto ciò che di più tamarro esisteva, mentre all'altra piaceva il bianco, la semplicità e nient'altro: metterle d'accordo e accontentare entrambe sarebbe stato impossibile.
Erano diverse pure sulla scelta dello sposo: un americano e un inglese; inutile dire chi delle due avesse scelto l'americano. 
- TROVATA!
Mi accorsi troppo tardi di aver parlato ad alta voce, ma ero felice d'aver risolto il primo problema: la location. Il matrimonio e il ricevimento si sarebbero svolti nello stesso luogo, dato che le coppie non volevano sposarsi in Chiesa poiché di religione non Cattolica: la Vigna San Sebastiano era il luogo ideale. Grande abbastanza per contenere gli ospiti di entrambe le spose, elegante, con una vista mozzafiato e, volendo, poteva essere resa un po' pacchiana, in modo da accontentare tutti.
Rimasi a lavorare fino a notte fonda, sfogliando cataloghi, cercando su ogni sito internet esistente e appuntando sul block notes qualunque cosa fosse utile; non capivo perché ogni matrimonio difficile capitasse a me, erano loro a cercarmi o Carla che mi raccomandava senza neanche chiedermi un parere?



Lavorare tutta la notte era deleterio. 
Quando suonò la sveglia mi sentii il protagonista di un cartone animato Hanna&Barbera tanto che avrei voluto tirar fuori dal nulla un enorme martello e distruggere quel maledetto aggeggio; anche se poi, come nei migliori episodi, avrebbe continuato a strillare imperterrito.
Mi alzai svogliata, inciampando quasi nel tappeto; per fortuna mi ripresi giusto in tempo per sbattere il piede e la spalla contro lo stipite della porta: si poteva essere più imbranate di me nella vita?
Divorai una crostatina al cioccolato della Mulino Bianco, mentre l'odore di caffè caldo si espandeva per tutta la cucina; ne bevvi tre tazzine e solo grazie alla doccia mi ripresi definitivamente. Non avevo voglia di stare scomoda, più che altro non ne avevo le forze, perciò indossai i primi jeans con maglioncino e camicia abbinati che presi dall'armadio e degli stivaletti dal colore indefinito, rigorosamente bassi: non volevo mica rompermi la schiena o una gamba, data la mia scarsa fortuna in quel mese. 
Strano a dirsi uscii di casa in orario, ma avevo appuntamento con il mio simpatico e amato analista. Non avevo molta voglia d'andare e avrei potuto rimandare o far slittare l'appuntamento o cancellare per sempre le sedute, ma in un certo senso parlare con Maurizio Costanzo dei poveri mi faceva sentire meglio: confessare le mie più intime paure ad uno sconosciuto che per 45 minuti mi ignorava, mi faceva stare bene. 
Avrei potuto parlare a un peluche e risparmiare tempo e denaro ma si sa, l'essere umano è stupido e come tale fa cose molto stupide. 
- Emily. 
Mi voltai curiosa di sapere chi mi avesse chiamata; il sorriso scomparve non appena lo riconobbi. 
L'ultima volta che avevo visto mio padre era una sera tempestosa di non so quale anno, forse del 2002, io avrei compiuto diciassette anni la mezzanotte della stessa sera.
- Em. Rallenta.
No che non avrei rallentato, avevo fretta; non sarei arrivata in ritardo all'appuntamento con il dottor Rossi. Percorsi via Paolo Ferrari di corsa e scesi le scale della Metro: volevo mettere più distanza possibile tra noi due Fu tutto inutile perché me lo ritrovai alla fermata.
- Possiamo parlare, per favore?
- Non voglio parlare con te. Vattene o mi metto ad urlare.
- Em non fare così, ti prego.
- Non. Chiamarmi. Così.- Sibilai a denti stretti a pochi centimetri dal suo viso. Avrei tanto voluto prenderlo a schiaffi tanto ero arrabbiata e schifata. Respirai a fondo, attendendo l'arrivo del treno: sentivo la sua presenza alle mie spalle e per quanto mi desse fastidio ero curiosa di sapere cosa ci facesse a Roma, cosa volesse e come mi aveva trovata. Fui sul punto di chiederglielo ma lui fu più veloce di me, come sempre.
- Sei bella, tutta tua madre.
- La mamma non è morta, se volevi vederla sapevi dove andare. 
- Sto male Emily, me lo hanno detto i dottori. 
- E vuoi che ti spinga sotto il treno per porre fine alle tue sofferenze?
In un tempo lontano avevo amato mio padre più di qualsiasi altra cosa al mondo, adesso lui era il nemico e io dovevo sconfiggerlo. 
Lo sentii sospirare e avvicinarsi ancora e il mio cuore perse un battito; aveva ancora gli occhi castani e profondi che ricordavo, le orecchie grandi e il naso a patata. Era sempre il mio 'papone' ma era colui che mi aveva abbandonata e io questo non potevo dimenticarlo. 
Trattenni le lacrime traditrici e lo guardai dura, doveva andarsene e non farsi più vedere; c'era riuscito per ben dieci anni e doveva continuare a farlo.
- Se solo tu provassi ad ascoltare...
Colpii la sua mano che si era poggiata sulla mia spalla e la allontanai bruscamente, quasi gli urlai contro, ma il nostro 'amorevole' dialogo fu interrotto.
- Ehi, tutto bene?- Non sapevo se disperarmi o esserne grata. Mr. Panna era accanto a noi, con il suo solito cappellino in testa e il sorriso strafottente stampato in viso. Mi guardava dall'alto del suo metro e ottanta, alternando lo sguardo con mio padre. Mi feci più vicina a lui, sperando che capisse che doveva salvarmi da quella situazione. - Oh. Finalmente ti ho trovata... Andiamo?
Era evidente che non ricordasse il mio nome, come io non sapevo il suo, perciò non gli dissi nulla e annuì semplicemente.
- Emily, aspetta. Parliamo e...
- Signore, forse non ha capito che Emily non vuole parlare; quindi farebbe meglio ad andarsene prima che chiami la polizia.
Non so che faccia fece mio padre o se gli rispose qualcosa, il rumore del treno in arrivo coprì tutto e ne fui grata; presi Geremia da un lembo del giubbotto di pelle e lo trascinai sulla Metro, prima che potesse combinare qualche casino.
- Fai il principe azzurro come secondo lavoro?
Cercai di sdrammatizzare per evitare domande imbarazzanti da parte sua su chi fosse quello strano uomo vestito elegante che voleva parlarmi a tutti i costi e che stavo per schiaffeggiare davanti a tutte quelle persone, ma lui fu più furbo e non cascò nella trappola del “cambio discorso perché non mi va di parlare”. 
- Quindi... ti piacciono gli uomini tardi? 
Risi per la definizione e per la deduzione; era irrecuperabile. 
- Adesso che sei tranquilla. Chi era quello? Un maniaco? Uno stalker? Non avevi detto che tua madre è un avvocato e...
- EHI EHI EHI. Frena. Quello è... un tipo del passato, di famiglia. Nessuno di importante.
- Non sembri molto convinta.
Lo fulminai con lo sguardo – Invece sì. Piuttosto, hai ricominciato a seguirmi?
- Quella è l'unica fermata all'angolo di casa mia, cara. Prendo quella per spostarmi, non è colpa mia se ci siamo incontrati, anzi dovresti ringraziarmi.
- Ti sei avvicinato tu, non ti ho chiamato io. 
Scosse la testa e non riuscì a ribattere perché la Metro si fermò; mi accorsi in tempo che dovevo scendere e lui fece lo stesso. Lo guardai male e lui mi rispose sorridendo strafottente. Poi, per fortuna, prese la direzione opposta alla mia. 

Aveva sempre la stessa posa ed espressione in viso, a volte pensavo fosse imbalsamato, poi però mi guardava o parlava, dandomi la dimostrazione d'essere vivo. Mi sdraiai sulla poltroncina e aspettai che mi desse il permesso per iniziare a parlare; avevo molto da dire quel giorno.
- Lui era il mio eroe; non esistevano i tipi come Spiderman, Batman, Capitan America e altri, mio padre era il vero supereroe pronto a salvare il mondo e me, la sua principessa, dai cattivi. Lui non mi avrebbe mai fatto del male e mi avrebbe protetta per sempre da tutto e tutti. Non la pensavo così solo perché avevo sette o dieci anni; lui era il mio principe o eroe anche a sedici anni, quando Pierre mi spezzò il cuore. Mio padre era ciò che non era mia madre, o ciò che mia madre avrebbe voluto essere. Poi una notte, se ne andò. Crede che la mia mancanza di fiducia negli uomini sia dovuta all'abbandono di mio padre?
- Lei non si fida di nessun uomo?
Pensai bene prima di rispondere. Non credevo fosse una questione di fiducia, ma di paura; avevo pianto ore, giorni e mesi perché lui non era più tornato, perché mi aveva lasciata la notte del mio compleanno ed ero convinta l'avesse fatto perché non mi amava. Mi ero data la colpa per anni. Avevo capito, un giorno, che le persone sbagliano perché è nella loro natura: colpevolizzare se stessi o biasimare loro non ha senso. 
- Oh, io non saprei. C'è per esempio questo ragazzo, di cui non ricordo mai il nome e che ho conosciuto per caso a un addio al nubilato di una mia cliente che mi perseguita. Lui è...
- Mi dispiace signorina Cutini ma il tempo è scaduto, potrà continuare il discorso venerdì prossimo.
Possibile che il tempo scadesse ogni qual volta io stessi per dire qualcosa di importante? Gli diedi i suoi maledetti soldi e me ne andai: avevo un lavoro a cui pensare, un matrimonio da organizzare. La mia vita e i miei problemi potevano aspettare.
Durante il tragitto in autobus e poi in metro riguardai gli appunti che avevo preso la notte prima sul famoso matrimonio, ripensavo a tutti i dettagli e immaginavo la cerimonia perfetta per quelle clienti tanto difficili.

- Ciao Carla.
Non aspettai che mi rispondesse, mi precipitai in ufficio per riprendere dove avevo sospeso la notte prima. Quando alzai lo sguardo verso le scrivanie di Mina e Giulia le trovai vuote; mi accorsi in seguito che erano in piedi di fronte la mia e stavano parlando con qualcuno. Mi feci più vicina e riconobbi quel cappello, quella voce e quel viso: Geremia aveva colpito ancora.
- Che diavolo ci fai tu qui, e come hai fatto a sapere dove lavoro?
- Tu non saluti mai. Mi assali sempre con tutte queste domande e poi non mi dai il tempo di rispondere.
Intanto quelle due traditrici si erano allontanate lasciandomi da sola con lui; si sbagliavano se pensavano d'essere salve, avrei ucciso anche loro. 
- Allora? 
- Sessanta minuti. 
La risata di Giulia mi fece imbestialire: quel tizio aveva passato ogni limite. Mi offendeva, mi perseguitava, si intrometteva nella mia vita privata, mi seguiva pure a lavoro e adesso si metteva a scherzare con le mie amiche. Gli lanciai il primo oggetto che avevo a portata di mano, che era sulla scrivania, ma lui fu più veloce e lo scansò, così la tazza con tutte le penne e matite cadde a terra.
- Tu sei fuori di testa.
Si alzò dalla mia amata sedia girevole di tessuto blu per avvicinarsi a me, furioso e forse spaventato; se non fossi stata arrabbiata avrei riso per la sua espressione. 
- Era di plastica, di che ti preoccupi.
La sua vicinanza mi infastidiva, non volevo succedesse quanto accaduto fuori dal Ladies Night: doveva starmi lontana, perciò mi chinai a raccogliere le penne e la tazza. 
- Ero venuto a portare il telefono con la sim nuova e a dirti che il tuo problema è risolto; ma evidentemente hai problemi più seri. Dovresti farti curare.
Mi sentii in colpa, perché era stato gentile e io l'avevo aggredito. - Se tu fossi meno arrogante e più disponibile allora...
- Sono disponibile a fare tutto ciò che vuoi. - Ammiccò pure e roteai gli occhi a quel gesto, ignorandolo.
La colpa era mia perché usavo i termini sbagliati, perché parlavo ancora con lui e perché non riuscivo a comportarmi come un normale essere umano con le altre persone.
Quel Geremia non aveva tutti i torti: avevo davvero un problema, e non era certo il cellulare; non mi fidavo delle persone, avevo paura d'essere ferita e abbandonata. 
- Grazie per il telefono e scusa per prima, non è stata una buona giornata. 
Scrollò le spalle mentre indossava il suo cappellino – Sì, ricordo il tuo stalker d'altri tempi.
- Non è uno stalker, non farmi pentire d'essermi scusata.
Rise e se ne andò dopo aver salutato cordialmente Mina e Giulia; quelle due quasi non svennero quando si chiuse la porta alle spalle.
- Che ci faceva qua? Di che stalker parlava? Ma quant'è figo. 
- Giù, calma, una domanda per volta. Avete già scopato?
Scossi la testa e mi sedetti alla mia postazione, rispondendo alle loro domande; se non lo avessi fatto mi avrebbero torturata per il resto dei miei giorni.
Era stata Mina a dirgli dove lavoravo, lui l'aveva chiamata, sicuramente prendendo il numero dalla mia scheda.
- Ma scusa, non avevi il software per recuperare da remoto i dati presenti nel telefono? 
Me lo feci spiegare più volte e poi capii che no, non avevo quel programma e che sarebbe stato tutto più semplice se anni prima lo avessi installato, almeno mi sarei risparmiata la fatica di parlare e litigare, ancora una volta, con Mr. panna.







******

Questa è la bellissima località di cui parlo:
Vigna San Sebastiano. Ho cercato e ricercato milioni di posti all'aperto e vicino al centro città dove si possono celebrare, non essendo di Roma non sapevo dove e cosa cercare, perciò quando ho trovato questo (che a parer mio è meraviglioso) l'ho scelto subito.
Nel capitolo, come avete visto, non succede nulla di che. Emily incontra dopo dieci anni il padre e cerca di evitarlo in tutti i modi ma ci riesce solo grazie a Geremia (ovviamente! XD ) Scoprite un lato del suo passato e il motivo per cui sta lontana dagli uomini e da Gerry soprattutto. Chissà se questo è anche il motivo per cui, dopo la laurea, ha preferito dedicarsi ai matrimoni piuttosto che continuare gli studi...
Vorrei ringraziare ancora tutte voi che avete avuto il coraggio di inserire questa storia tra i preferiti, seguiti e ricordati e grazie a tutte coloro che si fermano a commentare: sapere di non essere l'unica pervertita che fa strani pensieri sul fantastico trio pannoso mi consola! XD
Grazie mille ad Elle per la pazienza di leggere in anticipo ed eliminare gli orrori.
Per chi volesse esiste un
GRUPPO dove ogni tanto mi piace fare l'idiota più di quanto io non lo sia xD
Esiste anche una mia
pagina facebook dove pubblicizzo il mio account YOUTUBE e quello DAILYMOTION.
O ancora, il mio account
TUMBLR.
Se volete, cliccando sui nomi sottolineati, potete “visitare” ciascuno di loro.
Adesso mi ritiro in solitudine in attesa di uno spogliarello di Geremia.
Saluti pannosi.



   
 
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