A
chi faceva sposare le proprie Barbie.
A mio papà.
QUATTRO.
Era
sicuro come lo scioglimento dei ghiacciai: il Karma si stava
vendicando e io dovevo prendere provvedimenti. Avrei dovuto chiedere
a Giulia se conoscesse qualche sciamano, mago,
tizio-fuori-di-testa, disposto a togliermi il malocchio, a
purificarmi dai miei mali, eliminare il karma negativo e,
soprattutto - perché era quella la parte
che più mi
interessava - rendermi una persona fortunata, in modo
da
non incontrare più Mr. Panna.
Da
quando avevo scoperto che abitava vicino casa mia mi
comportavo come una ladra; uscivo dal grande portone di legno con
occhiali scuri e cappellino per non essere riconosciuta da qualcuno
e, per evitare di incontrarlo agli incroci, sui mezzi e roba
varia, avevo cambiato tutto il mio itinerario stradale. Avrei
preferito spendere miliardi di euro in taxi pur di non parlare ancora
con lui.
Comportandomi
così, stavo quasi per impazzire, ma ero riuscita a
non
incontrarlo per ben tre giorni; la settimana era quasi giunta
al
termine, ero fiera di me. Arrivavo anche in orario a lavoro, Carla ne
era stupita. Era convinta che avessi manomesso tutti gli orologio
dell'ufficio perché era impossibile che io fossi puntuale.
-
Non conosco nessuno e, prima che me lo chiedi, non penso che
Mina possa aiutarti.
Avevo
chiesto a Giulia dello sciamano pazzo disposto a purificarmi, ma non
aveva conoscenze in quel campo; e io che credevo fosse un po' fuori
di testa anche lei, ogni tanto.
-
Potrei chiedere a Carla.
-
Potresti, invece, frequentare questo caro ragazzo, perché di
questo
passo finirai come Carla: sola ed esaurita.
-
Grazie Giù. Sei una vera amica, adesso sono così
piena di
entusiasmo che potrei conquistare il mondo a suon di
matrimoni.
-
Pensavo dicessi “a suon di spogliarelli”.
Le
feci una smorfia mentre lei se la rideva spaparanzata sulla poltrona;
si divertivano a prendermi in
giro poiché trovavano la
situazione con Geremia, anche detto Mr. Panna, molto
divertente.
Pensavano che il fato lo avesse messo sulla mia strada per una
ragione e che non potevo fare niente per sfuggirgli, perché
lui era
il mio destino.
Peccato
che io non credessi né al destino né alle
storielle sul vero
amore.
L'unico
vero
amore era quello tra Pacey e Joey e loro erano due personaggi di un
telefilm, non la realtà.
E
poi avevo già deciso cosa fare con Mr. “Muscolo
unto” : evitarlo
per il resto dei miei giorni, solo in questo modo la mia vita sarebbe
tornata come prima.
-
Noiosa e monotona.
-
No, Mina. Io volevo dire 'tranquilla'.
Fummo
interrotte da un urlo di Giulia, dopo lo shock iniziale ci alzammo
per controllare cosa l'avesse spaventata o scandalizzata a tal punto
da sfidare una soprano. Dovetti sedermi quando vidi la foto
ingrandita sullo schermo, mostrava il principe Henry, completamente
nudo, con la manina sul piccolo Harryno.
-
O santi reali. Quanta perfezione in una sola foto.
-
Maledetta Emmy. Perché sei nata tra gli snob francesi e non
tra
quelli inglesi?
Il
pugno di Giulia sul braccio mi fece male e con il broncio tornai a
lavoro, alla ricerca di un luogo che esaudisse le richieste
delle mie
ultime clienti. Per fortuna in quei giorni mi ero totalmente
concentrata sul lavoro dato che quel compito era
davvero
difficile: due amiche, diverse e opposte, avevano deciso di sposarsi
lo stesso giorno. Poteva essere bello, divertente e in un certo senso
anche romantico, se solo quelle due non avessero avuto i gusti
opposti!
A una
piaceva lo sfarzo, i merletti, i fiori, i colori sgargianti e tutto
ciò che di più tamarro esisteva, mentre all'altra
piaceva il
bianco, la semplicità e nient'altro: metterle d'accordo e
accontentare entrambe sarebbe stato impossibile.
Erano
diverse pure sulla scelta dello sposo: un americano e un inglese;
inutile dire chi delle due avesse scelto l'americano.
-
TROVATA!
Mi
accorsi
troppo tardi di aver parlato ad alta voce, ma ero felice
d'aver
risolto il primo problema: la location. Il matrimonio e il
ricevimento si sarebbero svolti nello stesso luogo, dato che le
coppie non volevano sposarsi in Chiesa poiché di
religione non
Cattolica: la Vigna
San Sebastiano era
il luogo ideale. Grande abbastanza per contenere gli ospiti di
entrambe le spose, elegante, con una vista mozzafiato
e, volendo, poteva essere resa un po' pacchiana, in
modo da
accontentare tutti.
Rimasi a lavorare fino a notte fonda,
sfogliando cataloghi, cercando su ogni sito internet esistente e
appuntando sul block notes qualunque cosa fosse utile; non capivo
perché ogni matrimonio difficile capitasse a me, erano loro
a
cercarmi o Carla che mi raccomandava senza neanche chiedermi un
parere?
Lavorare
tutta la notte era deleterio.
Quando
suonò la sveglia mi sentii il protagonista di un cartone
animato Hanna&Barbera tanto che avrei voluto
tirar fuori dal nulla un enorme martello e distruggere quel maledetto
aggeggio; anche se poi, come nei migliori episodi, avrebbe continuato a
strillare imperterrito.
Mi
alzai svogliata, inciampando quasi nel tappeto; per fortuna mi ripresi
giusto in tempo per sbattere il piede e la spalla contro lo stipite
della porta: si poteva essere più imbranate di me nella vita?
Divorai
una crostatina al cioccolato della Mulino Bianco, mentre
l'odore di caffè caldo si espandeva per tutta la cucina; ne
bevvi tre tazzine e solo grazie alla doccia mi ripresi definitivamente.
Non avevo voglia di stare scomoda, più che altro non ne
avevo le forze, perciò indossai i primi jeans con
maglioncino e camicia abbinati che presi dall'armadio e degli
stivaletti dal colore indefinito, rigorosamente bassi: non
volevo mica rompermi la schiena o una gamba, data la mia scarsa fortuna
in quel mese.
Strano
a dirsi uscii di casa in orario, ma avevo appuntamento con il mio
simpatico e amato analista. Non avevo molta voglia
d'andare e avrei potuto rimandare o far slittare
l'appuntamento o cancellare per sempre le sedute, ma in un certo senso
parlare con Maurizio Costanzo dei poveri mi faceva sentire
meglio: confessare le mie più intime paure ad uno
sconosciuto che per 45 minuti mi ignorava, mi faceva stare
bene.
Avrei
potuto parlare a un peluche e risparmiare tempo e denaro ma si sa,
l'essere umano è stupido e come tale fa cose molto
stupide.
-
Emily.
Mi
voltai curiosa di sapere chi mi avesse chiamata; il sorriso scomparve
non appena lo riconobbi.
L'ultima
volta che avevo visto mio
padre era una sera tempestosa di non so quale anno,
forse del 2002, io avrei
compiuto diciassette anni la mezzanotte
della stessa sera.
-
Em. Rallenta.
No
che non avrei rallentato, avevo fretta; non sarei arrivata in ritardo
all'appuntamento con il dottor Rossi. Percorsi via Paolo Ferrari di
corsa e scesi le scale della Metro: volevo mettere
più distanza possibile tra noi due Fu tutto inutile
perché me lo ritrovai alla fermata.
-
Possiamo parlare, per favore?
-
Non voglio parlare con te. Vattene o mi metto ad urlare.
-
Em non fare così, ti prego.
-
Non. Chiamarmi. Così.- Sibilai a denti stretti a pochi
centimetri dal suo viso. Avrei tanto voluto prenderlo a
schiaffi tanto ero arrabbiata e schifata. Respirai a
fondo, attendendo l'arrivo del treno: sentivo la sua presenza
alle mie spalle e per quanto mi desse fastidio ero curiosa di sapere
cosa ci facesse a Roma, cosa volesse e come mi aveva trovata. Fui sul
punto di chiederglielo ma lui fu più veloce di me, come
sempre.
-
Sei bella, tutta tua madre.
-
La mamma non è morta, se volevi vederla sapevi dove
andare.
-
Sto male Emily, me lo hanno detto i dottori.
-
E vuoi che ti spinga sotto il treno per porre fine alle tue sofferenze?
In
un tempo lontano avevo amato mio padre più di qualsiasi
altra cosa al mondo, adesso lui era il nemico e io dovevo
sconfiggerlo.
Lo
sentii sospirare e avvicinarsi ancora e il mio cuore perse un
battito; aveva ancora gli occhi castani e profondi che
ricordavo, le orecchie grandi e il naso a patata. Era sempre il mio
'papone' ma era colui che mi aveva abbandonata e
io questo non potevo dimenticarlo.
Trattenni
le lacrime traditrici e lo guardai dura, doveva andarsene e non farsi
più vedere; c'era riuscito per ben dieci anni e doveva
continuare a farlo.
-
Se solo tu provassi ad ascoltare...
Colpii
la sua mano che si era poggiata sulla mia spalla e la allontanai
bruscamente, quasi gli urlai contro, ma il nostro 'amorevole'
dialogo fu interrotto.
-
Ehi, tutto bene?- Non sapevo se disperarmi o esserne grata. Mr. Panna
era accanto a noi, con il suo solito cappellino in testa e il sorriso
strafottente stampato in viso. Mi guardava dall'alto del suo metro e
ottanta, alternando lo sguardo con mio padre. Mi feci più
vicina a lui, sperando che capisse che doveva salvarmi da quella
situazione. - Oh. Finalmente ti ho trovata... Andiamo?
Era
evidente che non ricordasse il mio nome, come io non sapevo il suo,
perciò non gli dissi nulla e annuì semplicemente.
-
Emily, aspetta. Parliamo e...
-
Signore, forse non ha capito che Emily non vuole parlare; quindi
farebbe meglio ad andarsene prima che chiami la polizia.
Non
so che faccia fece mio padre o se gli rispose qualcosa, il rumore del
treno in arrivo coprì tutto e ne fui grata; presi Geremia da
un lembo del giubbotto di pelle e lo trascinai sulla Metro, prima che
potesse combinare qualche casino.
-
Fai il principe azzurro come secondo lavoro?
Cercai
di sdrammatizzare per evitare domande imbarazzanti da parte sua su chi
fosse quello strano uomo vestito elegante che voleva parlarmi a tutti i
costi e che stavo per schiaffeggiare davanti a tutte quelle
persone, ma lui fu più furbo e non cascò
nella trappola del “cambio discorso perché non mi
va di parlare”.
-
Quindi... ti piacciono gli uomini tardi?
Risi
per la definizione e per la deduzione; era irrecuperabile.
-
Adesso che sei tranquilla. Chi era quello? Un maniaco? Uno stalker? Non
avevi detto che tua madre è un avvocato e...
-
EHI EHI EHI. Frena. Quello è... un tipo del passato, di
famiglia. Nessuno di importante.
-
Non sembri molto convinta.
Lo
fulminai con lo sguardo – Invece sì. Piuttosto,
hai ricominciato a seguirmi?
-
Quella è l'unica fermata all'angolo di casa mia, cara.
Prendo quella per spostarmi, non è colpa mia se ci siamo
incontrati, anzi dovresti ringraziarmi.
-
Ti sei avvicinato tu, non ti ho chiamato io.
Scosse
la testa e non riuscì a ribattere perché la Metro
si fermò; mi accorsi in tempo che dovevo scendere e lui fece
lo stesso. Lo guardai male e lui mi rispose
sorridendo strafottente. Poi, per fortuna, prese la
direzione opposta alla mia.
Aveva
sempre la stessa posa ed espressione in viso, a volte pensavo fosse
imbalsamato, poi però mi guardava o parlava, dandomi la
dimostrazione d'essere vivo. Mi sdraiai sulla poltroncina e aspettai
che mi desse il permesso per iniziare a parlare; avevo molto da dire
quel giorno.
-
Lui era il mio eroe; non esistevano i tipi come Spiderman, Batman,
Capitan America e altri, mio padre era il vero supereroe pronto a
salvare il mondo e me, la sua principessa, dai cattivi. Lui non mi
avrebbe mai fatto del male e mi avrebbe protetta per sempre da tutto e
tutti. Non la pensavo così solo perché avevo
sette o dieci anni; lui era il mio principe o eroe anche a sedici
anni, quando Pierre mi spezzò il cuore. Mio padre
era ciò che non era mia madre, o ciò che mia
madre avrebbe voluto essere. Poi una notte, se ne andò.
Crede che la mia mancanza di fiducia negli uomini sia dovuta
all'abbandono di mio padre?
-
Lei non si fida di nessun uomo?
Pensai
bene prima di rispondere. Non credevo fosse una questione di
fiducia, ma di paura; avevo pianto ore, giorni e mesi
perché lui non era più tornato, perché
mi aveva lasciata la notte del mio compleanno ed ero convinta l'avesse
fatto perché non mi amava. Mi ero data la colpa per anni.
Avevo capito, un giorno, che le persone sbagliano perché
è nella loro natura: colpevolizzare se stessi o biasimare
loro non ha senso.
-
Oh, io non saprei. C'è per esempio questo ragazzo, di cui
non ricordo mai il nome e che ho conosciuto per caso a un addio al
nubilato di una mia cliente che mi perseguita. Lui è...
-
Mi dispiace signorina Cutini ma il tempo è scaduto,
potrà continuare il discorso venerdì prossimo.
Possibile
che il tempo scadesse ogni qual volta io stessi per dire qualcosa di
importante? Gli diedi i suoi maledetti soldi e me ne andai: avevo un
lavoro a cui pensare, un matrimonio da organizzare. La mia vita e i
miei problemi potevano aspettare.
Durante
il tragitto in autobus e poi in metro riguardai gli appunti che avevo
preso la notte prima sul famoso matrimonio, ripensavo a tutti i
dettagli e immaginavo la cerimonia perfetta per quelle clienti tanto
difficili.
-
Ciao Carla.
Non
aspettai che mi rispondesse, mi precipitai in ufficio per riprendere
dove avevo sospeso la notte prima. Quando alzai lo sguardo
verso le scrivanie di Mina e Giulia le trovai vuote; mi
accorsi in seguito che erano in piedi di fronte la
mia e stavano parlando con qualcuno. Mi feci più vicina e
riconobbi quel cappello, quella voce e quel viso: Geremia aveva colpito
ancora.
-
Che diavolo ci fai tu qui, e come hai fatto a sapere dove lavoro?
-
Tu non saluti mai. Mi assali sempre con tutte queste domande e poi non
mi dai il tempo di rispondere.
Intanto
quelle due traditrici si erano allontanate lasciandomi da sola con lui;
si sbagliavano se pensavano d'essere salve, avrei ucciso anche
loro.
-
Allora?
-
Sessanta minuti.
La
risata di Giulia mi fece imbestialire: quel tizio aveva passato ogni
limite. Mi offendeva, mi perseguitava, si intrometteva nella mia vita
privata, mi seguiva pure a lavoro e adesso si metteva a scherzare con
le mie amiche. Gli lanciai il primo oggetto che avevo a portata di
mano, che era sulla scrivania, ma lui fu
più veloce e lo scansò, così la tazza
con tutte le penne e matite cadde a terra.
-
Tu sei fuori di testa.
Si
alzò dalla mia amata sedia girevole di tessuto blu
per avvicinarsi a me, furioso e forse spaventato; se non fossi stata
arrabbiata avrei riso per la sua espressione.
- Era di plastica, di che ti preoccupi.
La sua vicinanza mi infastidiva, non volevo succedesse quanto accaduto
fuori dal Ladies Night: doveva starmi
lontana, perciò mi chinai a raccogliere le penne e
la tazza.
- Ero venuto a portare il telefono con la sim nuova e a dirti che il
tuo problema è risolto; ma evidentemente hai problemi
più seri. Dovresti farti curare.
Mi sentii in colpa, perché era stato gentile e io l'avevo
aggredito. - Se tu fossi meno arrogante e più disponibile
allora...
- Sono disponibile a fare tutto ciò che vuoi. -
Ammiccò pure e roteai gli occhi a quel gesto, ignorandolo.
La colpa era mia perché usavo i termini sbagliati,
perché parlavo ancora con lui e perché non
riuscivo a comportarmi come un normale essere umano con le altre
persone.
Quel Geremia non aveva tutti i torti: avevo davvero un problema, e non
era certo il cellulare; non mi fidavo delle persone, avevo paura
d'essere ferita e abbandonata.
- Grazie per il telefono e scusa per prima, non è stata una
buona giornata.
Scrollò le spalle mentre indossava il suo cappellino
– Sì, ricordo il tuo stalker d'altri tempi.
- Non è uno stalker, non farmi pentire d'essermi scusata.
Rise e se ne andò dopo aver salutato cordialmente Mina e
Giulia; quelle due quasi non svennero quando si chiuse la porta alle
spalle.
- Che ci faceva qua? Di che stalker parlava? Ma quant'è
figo.
- Giù, calma, una domanda per volta. Avete già
scopato?
Scossi la testa e mi sedetti alla mia postazione, rispondendo alle loro
domande; se non lo avessi fatto mi avrebbero torturata per il resto dei
miei giorni.
Era stata Mina a dirgli dove lavoravo, lui l'aveva chiamata,
sicuramente prendendo il numero dalla mia scheda.
- Ma scusa, non avevi il software per recuperare da remoto i dati
presenti nel telefono?
Me lo feci spiegare più volte e poi capii che no, non avevo
quel programma e che sarebbe stato tutto più semplice se
anni prima lo avessi installato, almeno mi sarei risparmiata la fatica
di parlare e litigare, ancora una volta, con Mr. panna.
******
Questa
è la bellissima località di cui parlo: Vigna
San Sebastiano.
Ho cercato e ricercato milioni di posti all'aperto e vicino al centro
città dove si possono celebrare, non essendo di Roma non
sapevo dove
e cosa cercare, perciò quando ho trovato questo (che a parer
mio è
meraviglioso) l'ho scelto subito.
Nel capitolo, come avete visto,
non succede nulla di che. Emily incontra dopo dieci anni il padre e
cerca di evitarlo in tutti i modi ma ci riesce solo grazie a Geremia
(ovviamente! XD ) Scoprite un lato del suo passato e il motivo per
cui sta lontana dagli uomini e da Gerry soprattutto. Chissà
se
questo è anche il motivo per cui, dopo la laurea, ha
preferito
dedicarsi ai matrimoni piuttosto che continuare gli studi...
Vorrei
ringraziare ancora tutte voi che avete avuto il coraggio di inserire
questa storia tra i preferiti, seguiti e ricordati e grazie a tutte
coloro che si fermano a commentare: sapere di non essere l'unica
pervertita che fa strani pensieri sul fantastico trio pannoso mi
consola! XD
Grazie mille ad Elle per la pazienza di leggere in
anticipo ed eliminare gli orrori.
Per chi volesse esiste un GRUPPO
dove ogni tanto mi piace fare l'idiota più di quanto io non
lo sia
xD
Esiste anche una mia pagina
facebook
dove pubblicizzo il mio account YOUTUBE
e quello DAILYMOTION.
O
ancora, il mio account TUMBLR.
Se volete, cliccando sui nomi sottolineati, potete
“visitare”
ciascuno di loro.
Adesso mi ritiro in solitudine in attesa di uno
spogliarello di Geremia.
Saluti pannosi.