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Autore: Light Rain    10/09/2012    5 recensioni
"Cercavo con tutta me stessa si rimanere aggrappata a quelle realtà che mi sembrava ancora di possedere. Ma non mi ero ancora resa conto che erano già diventate irraggiungibili". Questa è la storia di Annie Cresta, prima, durante e dopo i suoi Hunger Games
_SOSPESA_
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Annie Cresta, Finnick Odair, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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—Suppongo tu non abbia cambiato idea— sbuffa Lian varcando la soglia della mia porta.
—No e non penso che la cambierò molto in fretta, quindi per favore la vuoi smettere di venire tutte le mattine a rompermi le scatole— rispondo cercando di non urlargli in faccia.
—Non mi arrenderò finchè non ci sarai andata— mi dice accomodandosi sulla sedia.
—Neanche tu ci sei andato!— lo accuso io.
—Perchè tiri in ballo me, io non centro niente in questa storia!— mi strilla di rimando.
—E allora perchè dovrei andarci io!— grido.
—Te l’ho già spiegato e lo sai benissimo il perchè— mi dice tranquillo —molto meglio di me— conclude con sguardo serio.
Non posso farlo, lui lo sa bene, io non sopporto neanche l’idea di andarci. Tutto questo mi sta annientando.
—Lian ti prego— lo imploro, questi discorsi mi distruggono.
—Ok— mi dice rassegnato alzandosi dalla sedia.
—Vai già via?— chiedo, non può farmi certi discorsi e poi lasciarmi qui da sola a logorarmi.
—Devo andare a pesca con mio padre— mi dice senza neanche voltarsi.
Me ne sto immobile sulla soglia mentre lui si dirige in strada. Poi si arresta di botto e si volta verso di me.
—Annie pensaci— mi dice in un sussurro —ti farebbe bene— poi scompare dietro una casa.
Mi lascio il mondo esterno alle spalle e mi distendo sul letto premendo forte il viso contro il cuscino.
Finnick è tornato a casa da tre settimane e cinque giorni, quasi un mese ormai. Lian vuole che io lo incontri.
Io non ho avuto il coraggio di vederlo nemmeno una volta.
Quando è rientrato dopo gli Hunger Games tutti gli abitanti dovevano andare ad accoglierlo alla stazione, io mi sono rifiutata. Non esco quasi più di casa, da quando è tornato sono andata solo due volte nel bosco, sulla spiaggia nemmeno una. Riza non ci trova niente di strano anzi, mi appoggia in pieno.
Lian la pensa molto diversamente: crede che per il mio bene dovrei andare a trovarlo.
Mi ricordo perfettemente cosa mi ha detto all’incirca una settimana fa:
—Annie tu devi andare a trovarlo, anche solo una volta, altrimenti non riuscirai mai ad andare avanti— mi aveva implorato lui. Non ero per niente convinta.
—L’anno scorso del nostro Distretto chi è stato estratto?— mi aveva chiesto.
—Claire Nicholson— avevo risposto pigramente, sapevo esattamente dove voleva andare a parare.
—Da quanto tempo la conoscevi?— mi aveva domandata Lian.
—Da sempre— gli avevo risposto distante. Lei è una delle poche persone con cui avevo dei rapporti, certo non eravamo grandi amiche soprattutto perchè era molto più grande di me, ma ogni tanto mi capitava di parlarci e mi portava a raccogliere conchiglie sulla spiaggia, era di ottima compagnia. Aveva diciotto anni quando è stata estratta, oro è sposata con un riccone di Capitol City e vive là.
—Bene— mi aveva detto con aria compiaciuta il mio amico —e non mi sembra che quando è stata estratta alla mietitura tu ti sia rinchiusa in te stessa per la disperazione, o che quando ha ucciso qualcuno tu l’abbia considerata un mostro sangunario e tantomento ti sei rifiutata di vederla quando è tornata a casa, Annie. Ti sei addirittura congratulata con lei!— mi aveva fatto notare Lian.
—Ma con lui è diverso— gli avevo risposto arrabbiata. Lian non può capire.
—In realtà non è diverso Annie, ma il problema è che tu ti sei attaccata a quel ragazzo più di quanto abbiamo fatto io e Riza, o di quanto tu abbia mai fatto con qulcuno! Il fatto di essertici affezionata non ti fa pensare in modo razionale, hai tutte le risposte solo che non ci sei ancora arrivata. Ed è proprio per questo che devi andare a trovarlo, credimi ti sarà tutto più chiaro— mi aveva detto prima di scomparire come al solito.
Lo odio quando fa così, come stamattina, mi fa discorsi profondi e poi sparisce.
Mi rigiro nel letto mettendomi a fissare il soffitto della mia stanza.
Con Claire era diverso, non capisco in che modo, ma sono due cose completamente diverse ed è inutile continuare a paragonarle. Mi alzo di scatto decisa ad andare in spiaggia, vedere il mare è sicuramente quello che mi serve, mi rilassa incredibilmente.
Mi lascio la casa alle spalle e inizio a camminare a passo veloce svicolando tra una casa e l’altra, se faccio in fretta forse non incontrerò nessuno.
Come immaginavo la spiaggia è deserta così di mattina presto, corro spedita verso il mare e mi arresto di colpo quando i miei piedi toccano l’acqua gelida. Mi guardo in torno, poi mi si blocca il respiro quando mi rendo conto di non aver controllato sugli scogli, mi volto lentamente e con mia grande gioia mi accorgo che non c’è assolutamente nessuno.
Mi sgranchisco le dita nell’acqua, è troppo fredda, tra poco non sentirò più le punte. 
Chiudo gli occhi e inspiro lentamente l’aria salata prima di voltarmi e tornare in paese. Due donne che battibeccano da una finestra all’altra attirano la mia attenzione, fanno un gran baccano.
—Grazie al cielo se ne sono andati!— grida una con voce stridula.
—Già finalmente! Capisco il loro entusiasmo ma qui tutte quelle telecamere non ci danno altro che fastidio— le risponde l’altra.
Penso stiano parlando della gente di Capitol City, in queste settimane non facevano altro che gironzolare per il Distretto per fare inteviste e riprese, un altro motivo per cui non sono uscita un gran chè di casa. Ora che se ne sono andati sono molto più tranquilla anche io.
Quando svolto dietro la panetteria vedo Thom, il figlio più giovane del vecchio Mitch che parla con due uomini che non conosco, mi saluta con la mano e io gli sorrido amichevolmente.
Proseguo passando difianco a loro e non posso fare a meno di ascoltare la loro conversazione.
—Io non me lo sarei mai aspettato, ve l’ho detto. Sembrava un così caro ragazzo— dice un uomo.
—Già— sospira Thom —bisogna stare attenti a certa gente. Avete visto come ha fatto fuori gli altri tributi, è un mostro!— conclude lui.
Ma cosa diavolo stanno dicendo.
—Non aveva scelta!— grido io senza voltarmi e iniziando a correre a grandi passi.
—Non aveva scelta— farfuglio tra me e me. Quasi per convincermi.
Se muori perdi. Se vivi vinci. Per vincere devi sopravvivere. Per sopravvivere devi uccidere prima che qualcuno uccida te. O uccidi o muori.
Ma la domanda è: avrei preferito vederlo morto piuttosto che come assassino?
Sto correndo e la mia destinazione è già che decisa.
Le case sono allineate, grandi, belle, impreziosite da oggetti vari. Ma non mi soffermo molto sulle altre, io ne sto cercando solo una, dipinta di un verde salvia per quanto ne so io, per quanto mi ha detto Lian.
Lian, il mio amico che aveva sempre saputo ciò che mi passava per la testa, che aveva già tutte le risposte, ora devo trovare la mia: o morto o assassino. Posso sopportare la seconda sapendo che altrimenti sarebbe morto? O la felicità del fatto che non sia stato ucciso mi farà accettere la seconda opzione?
L’unico modo è incontrarlo e parlarci, se avrò la forza necessaria.
Mi trovo davanti alla porta della sua nuova casa nel villaggio dei vincitori, so che è la sua perchè fuori vi sono tonellate di mazzi di fiori mandati da qualche ammiratrice di Capitol City. Ma soprattutto so che quella è casa sua perchè nel bel mezzo della porta è attaccato un piccolo tridente color nero opaco. La sua arma.
O morto o assassino.
Il cuore mi martella nel petto, un po’ per la corsa e soprattutto per il nervosismo del momento.
Vorrei tornare a casa mia, ma devo farlo o non riuscirò ad andare avanti, non con questo dubbio.
O morto o assassino. 
Quando lo vedrò capirò cosa provo: se scapperò per la paura avrò scelto “morto”, perchè non riesco a sopportare l’idea che abbia ucciso quelle persone, avrei preferito che se ne fosse andato in quell’arena.
Se invece riuscirò a parlarci senza strillare ogni volta che fa uno scatto improvviso avrò scelto “assassino”, vorrà dire che sono consapevole e accetto ciò che ha fatto.
Ma qualsiasi sia la mia scelta sono sicura che il mio modo di vederlo non tornerà mai come quello di prima, al massimo lo saluterò cortesemente con un bel sorriso quando lo vedrò per il Distretto 4, niente di più niente di meno. Per quanto questo mi distrugga non si può tornare indietro.
O morto o assassino.
Prendo un bel respiro e busso decisa con due colpi alla porta.
Cosa farò quando verrà a vedere chi è, riuscirò a parlargli? Tutta la sicurezza che avevo pochi secondi fa sembra essere svanita nel nulla. Passi , sento dei passi provenienti dalla casa.
O morto o assassino.
O morto o assassino.
La porta si spalanca con un leggero cigolio, la figura che mi si para davanti mi è familiare, mi soprendo di quanto mi possa essere mancata. Non ho il coraggio di alzare lo sguardo, per fortuna è molto più alto di me, i suoi occhi verdemare non incroceranno i miei, non ancora, non lo sopporterei.
C’è silenzio, troppo. Ci si aspetta che sia io a parlare visto che sono venuta a cercarlo, ma non lo faccio, sono completamente paralizzata: la salivazzione assente, il battito inregolare, le braccia rigide lungo i fianchi, gli occhi persi tra le pieghe dello zerbino, sono completamente immobile.
Potrebbe tranquillamente chiudermi la porta in faccia, per un istante desidero che se ne torni in casa sua e che io possa andarmene via da lì.
Perchè sono qui?
—Io non volevo— mi dice in un sussurro.
—Io non volevo farlo— ripete, questa volta con più convinzione, con voce spezzata.
Di impulso alzo lo sguardo, quello che vedo mi colpisce come un pugnale dritto nel petto: il suo viso è spento, i denti stretti in una morsa e gli occhi lucidi, un tempo così solari, esprimono tutto tranne che felicità, leggo in loro rabbia, paura, sofferenza.
Cosa gli è successo? Questo non è il Finnick che ho conosciuto, ne’ prima ne’ durante gli Hunger Games, questo è un Finnick nuovo, un Finnick che non mi aspettavo.
Le sento, lacrime salate che mi solcano le guance, lacrime che arrivano comunque in ritardo. Le mie mani, prima rigide, si adagiano contro il mio viso per fermare in quelche modo la cascata che mi si sta riversando addosso. Tutto quello che provavo prima adesso mi sembra essere così sbagliato, così ingiusto.
Un rumore strano mi esce dalla gola, poi un altro. Troppe lacrime tutte insieme, ma è solo colpa mia, perchè non ho avuto il coraggio di versarle prima.
—Annie che ti succede— strilla allarmato Finnick cercando di rimuovere le mani dal mio viso, ma loro non ne vogliono sapere di staccarsi, io non ne voglio sapere, ho bisogno di smaltire tutti questi sentimenti così affollati nella mia testa.
—Ho fatto qualcosa di sbagliato?— mi chiede Finnick quasi isterico, sta iniziando a preoccuparsi. Ma se qui c’è qualcuno che ha fatto qualcosa di sbagliato quella sono io. Sento il bisogno di recuperare.
—Mi dispiace— biascico in modo quasi incomprensibile
Quelle due parole per me significano molte cose. Mi dispiace che sia stato estratto, che sia dovuto scendere nell’arena, che sia stato costretto ad uccidere. Mi dispiace di aver anche solo pensato che non avrei più potuto neanche guardarlo in faccia. Mi dispiace di aver avuto paura di lui.
Le lacrime stanno rallentando, va meglio adesso.
Quando ho il coraggio di rimuovere le mani Finnick mi sta fissando con un’espressione confusa.
—Ah quindi ti dispiace per avermi ammollato lo zerbino— mi diece con aria divertita —questo mi conforta molto— prosegue lasciandosi sfuggire un leggero sorriso. Me ne concedo uno anche io.
Lui c’è ancora. Il Finnick che ho conosciuto c’è ancora.
Quindi cosa provo io adesso?
O morto o assassino.
Se fosse morto non lo avrei sopportato ed è Capitol City che lo ha costretto ha diventare un assassino.
O morto o assassino.
Nessuna di queste parole mi piace, così ne scelgo un’altra, una che mi soddisfa molto di più: vivo.
Finnick è vivo.
Che ora come ora è l’unica cosa che mi interessa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Grazie ha tutti quelli che mi seguono e mi raccomando, fatemi sapere il vostro parere!
Al prossimo capitolo...
Baci
Light Rain
  
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