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Autore: __WeatherlyGirl    10/09/2012    4 recensioni
Cosa succederebbe all'NCIS se una ragazza arrivasse e sconvolgesse gli equilibri? Come reagirebbe il Team Gibbs? E, soprattutto, cosa dovrei fare, se quella ragazza fossi io?
Genere: Generale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altro Personaggio, Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti, Ziva David
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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GIUSTO PER COMINCIARE: Hello! Questo è
il famoso capitolo 3 di cui vi parlavo...
Non voglio fare troppi preamboli
perché è importante che leggiate questo
con grande attenzione!
xo 



LA MIA STORIA


Uscii dalla sala interrogatori subito dopo Ziva, raggiunsi la mia macchina e cominciai a guidare. Erano le cinque e un quarto, avevo ancora due ore e tre quarti all’incontro con Ziva e prima di tutto mi volli accertare di non essere seguita. Svoltavo frequentemente, controllavo gli specchietti retrovisori, parcheggiavo e poi ripartivo. All’inizio credetti di essere paranoica, poi mi accorsi che una berlina grigia targata California mi seguiva da più di dieci minuti. Entrai nel parcheggio dell’Hilton Hotel e aspettai in macchina, come previsto la berlina entrò dopo di me. Dallo specchietto provai a capire chi fosse il ragazzo alla guida, probabilmente lo conoscevo, ma gli occhiali scuri m'impedivano d'identificarlo. Riaccesi il motore e ripartii. Non m'interessava essere seguita, non avrebbe fatto nessuna differenza, sarei comunque andata da Ziva, loro non sapevano chi fosse.

Molte delle informazioni che avevo raccolto durante le mie investigazioni sull’NCIS le avevo tenute per me, avevo paura che potessero scoprire il mio piano, sempre che ne avessi uno.

Adesso dove vai?, pensai vedendo la berlina curvare in un vicolo cieco. Poi mi accorsi che dall’altra parte della strada un SUV blu si era messo in moto: la Young mi pedinava.

Erano le cinque e mezzo quando mi fermai ad uno Starbucks ed entrai, ordinai due caffè a nome Rory e uscii, direggendomi verso il SUV. Il ragazzo alla guida abbassò il finestrino, mi guardò sorridendo e disse “Quanto ti devo, Cami?” gli feci un occhiolino, gli diedi il caffè e me ne andai sorridendo. Aveva capito: stava sorridendo anche lui. Poi mi urlò, sentii la sua voce da lontano “Farò il possibile”

Venti minuti dopo nessuna macchina mi seguiva, ero finalmente libera, almeno per ora.

Tornai all’Hilton direggendomi verso la reception, chiesi la chiave della stanza 457 e salii in ascensore. La stanza era a nome Rory McElroy.

Mi feci una doccia veloce, asciugai i capelli, mi cambiai d’abito e accesi la TV. Avevo ancora un ora e un quarto, e per arrivare e Georgetown ci volevano solo dieci minuti. Mi stesi sul letto e chiusi gli occhi.

Era stata una giornata stancante, snervante e piena di emozioni: avevo preparato ogni singola parola da dire, ogni occhiata, ogni battito di ciglia; ma una volta lì le emozioni avevano preso il sopravvento, all’NCIS mi ero comportata come previsto, ma dentro di me sentivo qualcosa crescere, qualcosa che non conoscevo ancora. Quando riaprii gli occhi erano le sette e mezzo: ora di andare.

Afferrai la borsa, chiusi la porta e in meno di un minuto ero già alla reception a consegnare la chiave “Buona serata, signorina McElroy” mi disse la receptionist. Io le sorrisi.

Salii in macchina e controllai i retrovisori: nessun SUV conosciuto, nessuna berlina targata California, ero ancora libera. Ancora per poco, pensai.

 

Raggiunsi casa di Ziva alle otto meno cinque, decisi di seguire pedissequamente il galateo e aspettai in macchina lo scoccare dell’ora. Decisi di fare una telefonata

“Bob, sono Cami. Ti disturbo?”

“Mai. Dimmi”

“Volevo sapere com’è andata oggi”

“Ce la siamo cavata anche senza di te...”

“Bene, ci vediamo la settimana prossima.”

“Spero di sentirti prima” Risi. Ci salutammo e riattaccai. Bob, o meglio Robert, era il mio assistente ed il primo amico che mi ero fatta alla Young, era un bravo ragazzo. Lavorava per studiare, come me.

Suonai il campanello, Ziva mi aprii rapidamente e salii i tre piani a piedi.

“Benvenuta” Ziva non sorrideva, aspettava educatamente che io entrassi

“Ciao,” mi pulii i piedi sullo stuoino “spero di non essere arrivata troppo presto” Usavo frasi formali, per rompere il ghiaccio

“Sono le otto in punto” Entrai e chiusi la porta alle mie spalle, Ziva mi fece strada verso il salotto

“Posso offrirti qualcosa da bere?” Io mi sedetti, lei rimase in piedi

“Cos’hai?” 

“Di tutto” le sorrisi e poi dissi “Rum con ghiaccio, per favore” Ziva sorrise, era la prima volta che lo faceva in mia presenza.

“Non hai ventuno anni,”

“Come lo sai?” Ridemmo “Te lo preparo subito”

Si diresse verso la cucina ed io la seguii “E’ bello qui,” dissi guardandomi intorno

“Grazie,” stava versando il rum nel bicchiere

“Tu dove abiti?” mi chiese concentrata nella preparazione del drink

“Al Hilton, mi paga tutto la Young”

“Non male,”

“Potrebbe essere meglio”

“Ma potrebbe essere anche peggio” sorrisi. Mi porse il bicchiere e tornammo nel salotto

“Parlami di te, sono curiosa” ci sedemmo, lei mi scrutava pensierosa

“Ziva, devo dirti una cosa prima” lei non disse nulla, rimase a guardarmi

“Volevo scusarmi per questa mattina, non avrei dovuto parlarti in quel modo.”

“Già,” Ziva era di nuovo seria

“Avevo paura, molta paura. Non ero in me, ti prego di scusarmi”

“Deciderò nel corso di questa serata se scusarti o no,” mi accorsi che non era una battuta, avrei dovuto calibrare le mie parole se volevo conquistarmi la sua fiducia. E per me era una questione di vita o di morte. O quasi.

“Sono Camilla Ruzzi, nonostante nei database tu non abbia trovato nulla a mio nome. Sono nata a Venezia, Italia, diciassette anni fa. La mia famiglia era perfetta, andavamo tutti d’accordo, avevo una sorella di un anno più piccola di me, la mia Anna. Anna era dolce, sensibile, sapeva sempre cosa dire nei momenti opportuni, le sue parole non erano mai fuori luogo. Al contrario di me. I miei genitori stravedevano per lei, perché era pressoché perfetta, non trovai mai un difetto in lei. Non che io fossi un disastro, semplicemente eravamo molto diverse. Io andavo bene a scuola, lei era impeccabile, io giocavo bene a tennis, lei era la prima nei tornei. Anna, nonostante fosse più piccola di me, era il mio idolo. Eravamo inseparabili, lei era tutto per me, credevo che un legame come il nostro non potesse essere distrutto, né dal tempo, né dalla vita. Ma quando avevo tredici anni, a dicembre, come una maledizione natalizia, le fu diagnosticato un cancro al cervello. In tre mesi la mia Anna non c’era più.” Bevvi un sorso di rum

“La vita si era portata via ciò che mi rendeva felice, ciò che univa la mia famiglia. Dopo la sua morte mia madre soffrì di un grave esaurimento nervoso, mio padre non era in grado di ragionare, ed io ero troppo forte, secondo loro, per poter avere problemi. Mi nascondevo dietro una maschera di forza, di sfacciataggine, di sicurezza. La stessa che ti ho mostrato questa mattina. Così presi una decisione: sarei uscita di scena per sempre. Camilla non sarebbe più esistita” Parlando guardavo dentro il bicchiere, Ziva ascoltava compita aspettando la fine del mio racconto. O forse l’evoluzione. 

 

“Partii un mercoledì notte di due anni dopo dall’aeroporto di Venezia e atterrai a New York. Con me avevo millecinquecento euro, un passaporto falso ed una valigia. Non hai trovato nulla riguardo a me sui database perché sono entrata negli Stati Uniti come Rory McElroy, una studentessa londinese. Da New York mi trasferii in Virginia, per risparmiare più soldi possibile, aspettando di trovare un lavoro. Vissi in un motel per sei mesi, guadagnando qualcosa con i borseggi nei centri commerciali: mi scoprii abbastanza portata per il furto.”

“Una sera squillò il telefono della mia camera del motel, la voce della receptionist m'informò che un uomo era lì per vedermi. Fui colta dal panico: credetti che fosse la polizia, o forse i servizi sociali, o forse qualcuno dall’Italia venuto per trovarmi. Decisi di non fuggire e andare incontro al mio destino. Dall’altra parte della porta c’era il vicedirettore della Young CIA. Mi disse che avevano visto il mio metodo di borseggio, che ero scaltra e potevo fare al caso loro. Mi offrirono duemilacinquecento dollari al mese, più alloggio. Cosa dovevo fare, Ziva? Cosa?” La mia voce si ruppe nell’ultima domanda e le lacrime cominciarono a scendere sulle mie guance

“Non avevo nulla, nulla! Mi sembrava la soluzione ai miei problemi, l’unico modo per non morire di fame” Ziva sollevò lo sguardo dal pavimento e mi disse “Vai avanti, m'interessa”

“Accettai e mi trasferii a Washington,” continuai con la voce più calma, cercando di contenermi “qui cominciai a lavorare come assistente del vicedirettore. All’inizio mi chiesero chi fossi, con che nome volessi essere chiamata e con che nome fossi entrata negli Stati Uniti. Risposi che il mio nome era Camilla Ruzzi, che ero entrata come Rory McElroy, e che volevo essere chiamata Anna. Come mia sorella.”

“E del nome Rory cosa ne hai fatto?”

“Rory ha una camera d’albergo all’Hilton Honors, Camilla esiste solo ufficiosamente, la conoscete voi dell’NCIS, la conoscono solo i miei colleghi più stretti, quelli di cui mi fido di più. Per gli altri sono Anna. Diventai responsabile delle relazioni con le altre agenzie dopo sei mesi alla Young”

“Spiegami”

“Noi collaboriamo strettamente con agenzie federali come la CIA o l’FBI. Dicono che noi siamo solo dei criminali, è vero, ma senza di noi...”

“Cosa intendi?” Ziva si era piegata leggermente in avanti.

“Dicono che i criminali fanno affari più volentieri con altri criminali. In poche parole, anziché pagare degli agenti da mandare sotto copertura e fargli rischiare la vita, loro pagano noi. Come delle cavie, se noi veniamo uccisi, rapiti o qualunque altra cosa a loro non importa: siamo criminali. Se l’operazione va a buon fine, allora ci pagano bene. Io mi occupo di organizzare le operazioni, ma non ho mai fatto parte della lista.”

“Cos’è?” Io bevvi due sorsi di rum e ripresi a parlare

 

“Ci sono due tipi di agenti della Young: quelli che fanno parte della lista e quelli che non ne fanno parte. Se il tuo nome è scritto su quel libro nero allora per il tuo futuro puoi sperare di lavorare per la CIA o continuare la carriera criminale. Se il tuo nome non ne fa parte sei relativamente libero.”

“Dico relativamente perché se giuri fedeltà alla Young devi rimanerci fino al compimento del ventunesimo anno, non hai altra scelta se vuoi vivere.”

“Cosa cercavi all’NCIS?”

“Un salvatore. Una volta mi capitò tra le mani il dossier di un certo agente Leroy Jethro Gibbs, lessi che aveva salvato tante vite, pensai che potesse salvare anche la mia. Ziva, io sono entrata alla Young perché avevo bisogno di soldi, ma non voglio continuare così. Voglio essere libera, andare al college, fare ciò che fanno le altre ragazze!” Ziva annuì seria “Capisco, Camilla. Capisco”

“Avevo preparato ogni singola cosa da dire a Gibbs, ma arrivata nella squad room ero terrorizzata, credevo di essere senza speranze, e così ho sbagliato. Ho ferito te e Tony.”

“Lascia perdere...” disse Ziva “Parleremo di questo più tardi”

“Ziva, io mi posso fidare solo di te e di Gibbs” Lei alzò lo sguardo perplessa ed incuriosita

“Cosa vuol dire?”

“Ho studiato il tuo dossier, ho letto di tua sorella, di tuo padre. Ho letto di come hai dovuto affrontare il tuo passato per vivere il tuo presente. Sono nella tua stessa situazione, e solo tu puoi aiutarmi. Ma devi lasciare che io aiuti te.” Ziva sbarrò gli occhi

“Ho delle informazioni su Tali. Informazioni importanti”

   
 
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