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Autore: ladyme    11/09/2012    5 recensioni
Era rimasto in silenzio, la sera prima, quando lei gli aveva chiesto perché la guardava in quel modo, perché l’aveva toccata in quel modo.
Anche in questo momento ha scelto il silenzio per esprimere ciò che ha dentro, ma lei non è Beckett, non ha un copione su cui sono scritti i pensieri di Castle, lei è solo Stana, con i suoi problemi, i suoi dubbi e l’uomo che ama davanti a sé.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata a chi non è sopravvissuto all’11 settembre

e a chi pur avendo ancora la propria vita ha perso la ragione di viverla.

 

 

L’insieme delle pause che compongono un silenzio è una cosa molto più difficile da comprendere di quanto possa sembrare a prima vista.

Lui, non Castle, Nathan ha sempre riconosciuto al silenzio una maggiore quantità di privilegi rispetto alle parole, poiché esse possono esprimere solamente una parte dei propri sentimenti.

Era rimasto in silenzio, la sera prima, quando lei gli aveva chiesto perché la guardava in quel modo, perché l’aveva toccata in quel modo.

Anche in questo momento ha scelto il silenzio per esprimere ciò che ha dentro, ma lei non è Beckett, non ha un copione su cui sono scritti i pensieri di Castle, lei è solo Stana, con i suoi problemi, i suoi dubbi e l’uomo che ama davanti a sé.

Stana sa che quella domanda non richiede risposta, ma la vuole sentire lo stesso.

Nathan passa davanti al camerino di Stana con il caffè in mano, la porta è aperta ma lui non accenna a voltarsi verso quella donna che sta pregando, con le mani giunte e il mento appoggiato sopra, sperando che quell’uomo dagli occhi azzurri interrompa quel silenzio durato troppo tempo.

«Nathan». Le parole escono da labbra più rosse del solito, quello non è il loro vero colore, e lui se ne accorge voltandosi verso quella voce che l’ha chiamato. Poi di nuovo silenzio.

Stana chiude gli occhi, lo sente dietro le sue spalle.

Ti prego non andartene.

Ti prego non lasciarmi di nuovo.

Ti prego amami.

Dita morbide e forti scivolano sul collo scostando appena i capelli, Stana china la testa per facilitare i movimenti dell’uomo. Nathan si arresta. Sospira.

Stana apre gli occhi, vede nello specchio il riflesso di un uomo che ha paura, la sua mano trema sulla sua pelle candida. Tremano insieme.

«Stana io...».

Le frasi rimangono incomplete, anche se la fine è lì, davanti a loro, basterebbe quel poco per rendere tutto finalmente reale e non solo più una possibilità, ma sono attori e a volte è più facile impersonare un personaggio nato sulla carta bianca, che vivere attraverso se stessi.

«Io...». Sempre e solo io. Io e Stana o Nathan ed Io, mai un noi ed è questo che li ha divisi sin dalle prime apparizioni sul set, è colpa di quell’egoismo e quell’orgoglio che li hanno sopraffatti e che hanno rischiato di allontanarli definitivamente. «Io non avrei dovuto».

Gli occhi di Stana si chiudono, sente le lacrime che vogliono segnare il suo viso, la mano di Nathan si allontana dal suo collo, Stana cede, piange.

Lui vede quelle lacrime, le vede riflesse nello specchio e abbassa lo sguardo, come un codardo, incapace di affrontare le conseguenze delle sue parole.

Sa che il silenzio è molto meglio, allora perché non è stato zitto?

«Io sbaglio sempre tutto». La voce di Stana è decisa, quasi divertita e non rotta dal pianto come immagina lui, Nathan fa per fare un passo avanti ma si ferma prima. «Sei un bravo attore Nathan, e non lo dico con disprezzo, tutt’altro, ma con ammirazione» Nathan si passa una mano tra i capelli, sa quali saranno le parole di Stana. «Quel bacio per me non è stato finzione, no, non avrei mai potuto baciare Seamus o Jon in quel modo. Certo se avessi dovuto, ci avrei anche provato, ma no, non li avrei baciati come ho baciato te sul set. E ieri sera quando ti sei presentato nel mio camerino con il bicchiere di spumante e quegli occhi azzurri pieni di gioia, ho davvero pensato che ci fosse qualcosa di più tra di noi, per questo ti ho chiesto perché mi avevi guardata e toccata in quel modo sul set, anche se il copione non lo richiedeva. Ma ora lo so, sei solo un bravo attore che vuole interpretare al meglio la sua parte, e io.. io sono una stupida». Si copre il viso con le mani, sente il mascara appiccicoso sugli zigomi, si vergogna per quel suo gesto di debolezza.

Lei è forte ma si sente come una ragazzina che piange per il suo primo amore. Piange, che stupida, non si è nemmeno accorta che Nathan si è accovacciato vicino a lei, che ora i loro visi sono alla stessa altezza a pochi centimetri di distanza. Di nuovo egoisti, lei pensa solo alle sue lacrime e lui a come non cederle. «Vattene Nathan, è già abbastanza umiliante così. Vattene».

Nathan non si muove, appoggia la sua mano su quella di Stana, non l’aveva mai vista in questo stato ed è stato lui a ridurla così. Anche Nathan vorrebbe piangere ma preferisce il silenzio delle parole e dei gesti. Sta uccidendo Stana pur essendo convinto di starla salvando.

«Ti prego Nathan...». Un sussurro. La vergogna. Un po’ di pietà.

Nathan accarezza il viso della donna che ha di fronte a sé, è uno spazio ridotto dalle sue mani che la continuano a proteggere come uno scudo, ma il tocco con quella pelle lo fa tremare di nuovo, come qualche minuto prima. È una scossa dentro di sé che gli percorre tutta la spina dorsale, è un crampo allo stomaco forte come un pugno, è qualcosa che fa male, dannatamente male, eppure sta bene come non lo è mai stato prima. «Credo di amarti Stana».

Silenzio. Quel dannato silenzio che si sta impossessando del loro rapporto, ora è Nathan a odiarlo. Stana sposta le sue mani, i suoi occhi increduli si riflettono nello specchio, sono lucidi, contornati dal mascara nero eppure Nathan e lì che la guarda con ammirazione, come una dea. Si Stana sembra una dea.

Ti prego guardami.

Ti prego non odiarmi.

Ti prego sii mia.

Le dita sottili e curate di Stana s’intrecciano con quelle di Nathan prima che lei si volti. Basterebbe avvicinarsi all’altro di poco per coronare un sogno, ma la paura è ancora nell’aria. Si sono dichiarati, la parte più difficile sembra essere superata, e invece sono fermi a esitare su un bacio. Su un semplice bacio. In fondo l’avevano già fatto e non è così difficile.

Stana si volta e sorride. Nathan respira di nuovo.

I loro sguardi sono rivolti l’uno all’altro, non sono fissi in un punto, sono vaghi esaminano tutto nell’insieme, sanno che avranno altro tempo per analizzare i particolari.

«Ti posso baciare?». La voce di Nathan è poco più che un sussurro e mentre pronuncia quelle tre parole si sente uno stupido, chi chiede di poter baciare la donna che ha davanti a sé? Nessuno, si fa e basta ma lui no, ha paura che lei possa andarsene nonostante tutto.

Stana acconsente con due leggeri movimenti del capo.

È Nathan ad avvicinarsi a Stana, e lei lo aspetta già con le labbra dischiuse.

Il tempo sembra andare al rallentatore e forse è così, lo sanno tutti che l’attesa è il periodo più lungo da sopportare, e quel lento avvicinarsi è un’estenuante attesa, più lunga ancora dei quei quattro anni passati insieme.

Si baciano dolcemente assaporando l’uno il gusto dell’altro.

Qualcuno fuori dal camerino sorride e in punta dei piedi si allontana, lei l’aveva sempre saputo che sarebbe successo, lei sapeva che Stanathan esiste.

 

 

Rebecca Is Here:

Salve! *entra nel fandom fischiettando* Come va?

Non avevo mai scritto una Stanathan prima, mi ero solo limitata alle Caskett e sì sono agitata e curiosa di sapere cosa ne pensate.

Questa storia è nata dal silenzio o forse dalla musica che risuonava dalle casse e che non ascoltavo, bah so solo che le mie dita non hanno mai smesso di scrivere, conoscevano la storia prima di me.

Grazie di averla letta, spero a presto

Baci Becky

   
 
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