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Autore: Verdonica    12/09/2012    3 recensioni
Sorridendo impacciata a quei visi che le si paravano davanti, veri proprietari della classe in cui era approdata quasi per sbaglio, raggiunse un banco in seconda fila vicino al muro e vi si stazionò, decisa a non lasciarlo più.
Con un sorriso altrettanto impacciato la raggiunsero dei ragazzi dopo un paio di minuti.
-Sei nuova?- chiese il primo.
“No, ero qui anche l’anno scorso, però non devi avermi visto”.

-
-Io non capisco, davvero fate così?-
-Certo, tutte. Dalla prima all’ultima-
-Ma perché? E’ masochismo! E’ mentire!-
-Certo, ma è meglio così che dover spiegare perché lui non ti ha richiamata o non ti ha chiesto di uscire, ancora peggio perché lui ti ha tradita con una palesemente più bella, più magra e probabilmente anche più simpatica di te, con meno paranoie soprattutto.-
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si avvicinava la fine della settimana ed Amelia ne era segretamente, o forse non poi così tanto, felice.
Era finalmente giovedì.
Era sopravvissuta a tre giorni. Non credeva importasse come, lei ce l’aveva fatta.

In realtà fino a quel momento era stato tutto nella norma, incluso il suo essere perennemente da sola. Poco importava però per lei, non riteneva importante farsi degli amici in quell’ambiente. Il solo accenno alla sua attività scoutistica aveva provocato l’ilarità generale in classe e dunque non riteneva una gran perdita non avvicinarsi a quelle persone. In aggiunta a questo, gli sguardi che le avevano rivolto perché dopo la lezione di educazione fisica non si era tolta i pantaloni della tuta per rimettersi i jeans e non si era ritruccata l’avevano lasciata allibita. E ciò rafforzava solo il suo odio per quel posto.

 

Arrivata come di consueto presto, in classe, fece tappa in bagno per una pipì veloce pre lezione. Al suo ritorno, però, avevano pensato bene di farle trovare il suo zaino tre file più indietro, in un banco da solo. Ferma sulla soglia della porta riflettè sul da farsi, aveva di fronte a sé due opzioni: fregarsene e stare da sola in fondo alla classe o riprendere il suo zaino e posizionarsi dove era stata fino a quel giorno.
Benché il suo animo fosse decisamente quello di una guerriera che combatteva le ingiustizie del mondo per abbattere i cattivi che sopprimevano i poveri, decise di optare per un atteggiamento pacifico per una volta. Così si sedette dietro, sotto lo sguardo silenzioso dei suoi compagni a cui lei non fece assolutamente caso.
Ed aspettò l’inizio ufficiale della giornata.

Decise di occupare il tempo prima della lezione con una sana lettura. Quel giorno aveva con sé un libro di poesie che aveva trovato in casa sua e lo riaprì da dove lo aveva lasciato l’ultima volta.
 
“E crescendo impari che la felicità non è quella delle grandi cose.
Non è quella che si insegue a vent'anni, quando, come gladiatori si combatte il mondo per uscirne vittoriosi.
La felicità non è quella che affannosamente si insegue credendo che l'amore sia tutto o niente, non è quella delle emozioni forti che fanno il "botto" e che esplodono fuori con tuoni spettacolari, la felicità non è quella di grattacieli da scalare, di sfide da vincere mettendosi continuamente alla prova.
 
Crescendo impari che la felicità è fatta di cose piccole ma preziose, e impari che il profumo del caffè al mattino è un piccolo rituale di felicità, che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro dai colori che scaldano il cuore, che bastano gli aromi di una cucina, la poesia dei pittori della felicità, che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per sentire una felicità lieve.

E impari che la felicità è fatta di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore, che le stelle ti possono commuovere e il sole far brillare gli occhi.
E impari che un campo di girasoli sa illuminarti il volto, che il profumo della primavera ti sveglia dall'inverno, e che sederti a leggere all'ombra di un albero rilassa e libera i pensieri.
 
E impari che l'amore è fatto di sensazioni delicate, di piccole scintille allo stomaco, di presenze vicine anche se lontane, e impari che il tempo si dilata e che quei 5 minuti sono preziosi e lunghi più di tante ore, e impari che basta chiudere gli occhi, accendere i sensi, sfornellare in cucina, leggere una poesia, scrivere su un libro o guardare una foto per annullare il tempo e le distanze ed essere con chi ami.
E impari che sentire una voce al telefono, ricevere un messaggio inaspettato, sono piccolo attimi felici.
E impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi.
E impari che tenere in braccio un bimbo è una deliziosa felicità.
E impari che i regali più grandi sono quelli che parlano delle persone che ami.
E impari che c'è felicità anche in quella urgenza di scrivere su un foglio i tuoi pensieri, che c'è qualcosa di amaramente felice anche nella malinconia.
 
E impari che nonostante le tue difese, nonostante il tuo volere o il tuo destino, in ogni gabbiano che vola c'è nel cuore un piccolo-grande Jonathan Livingston.
E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità.” Anonimo
 
Amelia si era appena innamorata di Anonimo.
Ancora allibita per le veritiere parole, si alzò all’arrivo della professoressa e mise via il libro, pronta, o quasi, ad iniziare la giornata.
Il tempo passava lento e lei, annoiata come non mai, cercava di seguire la lezione ascoltando cose che, purtroppo, aveva già sentito un milione di volte.

Ad un certo punto qualcosa la colpì in testa. Stupita cercò con lo sguardo cosa le era arrivato addosso. Non vedendolo pensava fosse stato tipo un insetto, o addirittura si stava convincendo d’esserselo immaginato, quando la vide.Una piccola pallina di carta a terra. Prendendola, la aprì e, suo malgrado, vi trovò un messaggio quasi sicuramente rivolto a lei.

“Pezzente”

Semplice ed efficace.

Lo fissò per un paio di minuti, poi, infilandolo sotto il banco, tornò a osservare la professoressa, tutto fuorché attenta. Con la coda degli occhi cercava d’osservare i suoi compagni che purtroppo non le prestavano molta attenzione. E, con l’angoscia nel cuore, si rassegnò e si perse tra i suoi pensieri.

Le ore le scivolavano addosso a quel punto.
Amelia, sfortunatamente, non era capace di soprassedere a tutto e quella ne era la dimostrazione. Certo, sapeva anche lei che era finita in una classe con dei bambini viziati convinti di poter tutto, ma non si aspettava anche gli insulti. Pensava, sperava la lasciassero nel suo brodo, da sola, ad affogare nella malinconia e nostalgia dei suoi amici.

Amici.
Tommaso.
Le mancava Tommaso, terribilmente. Il suo amato vecchio compagno di banco, di risate, di scherzi.
Era pazza di Tommaso. Ebbene si, Amelia s’era presa una sbandata, nota ai più tranne che a lui, fortunatamente.

Uscita da scuola, a fine giornata, ancora intontita, accese il cellulare e le arrivò, puntualmente, il messaggio che aspettava. Nonostante ormai fosse per loro consuetudine sentirsi con assiduità, ogni volta che leggeva il suo nome sullo schermo del telefono il suo viso si illuminava e sorrideva da sola, sentendo aumentare il battito cardiaco.
Stupido cuore.

Le ore di biologia sono decisamente tristi senza di te.”

Gongolando per quel breve, ma per lei importantissimo, messaggio, gli rispose.

“Penso che non sopravviverò là dentro. Perché non mi hai fermato quando ti ho detto che cambiavo scuola?!?!?! :( ”
“Come scusa? Ma se ci ho provato per giorni!!”
“Evidentemente non abbastanza! Non mi hai dato abbastanza motivi per fermarmi…”

E zam, frecciatina che sicuramente non avrebbe compreso.

“Lo sapevo che alla fine veniva fuori che era colpa mia, hahaha.”

Frecciatina che non aveva compreso, come volevasi dimostrare.
Probabilmente Sara l’avrebbe capita.

Perché si, c’era un piccolo dettaglio che Amelia soleva trascurare: Tommaso stava con Sara.

  
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