Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: 26elena3    13/09/2012    0 recensioni
Ellen Castle è una ragazza simile a quelle della sua città Spokane, simpatica, una persona da film tranne per il fatto che è un po' riservata. Ma non è l'unica. Anche un suo nuovo compagno di classe, Peter, è riservato e custodisce segreti che non immagini neppure...
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 3 Alzai lo sguardo. Mi trovavo in un prato tiepido ed era sera inoltrata. Una mano tendeva verso di me. I miei occhi cercarono subito il viso della persona che mi era davanti. Un sorriso mozzafiato anticipò il suo viso. Peter era davanti a me. I nostri occhi erano allacciati da un filo invisibile. Indistruttibile. - Forza, alzati – disse con la sua voce vellutata. Aiutandomi, mi fece alzare. Il vento aumentò e questo fece vibrare i suoi capelli dorati. Il suo viso pallido e perfetto si sciolse sotto le fronde degli alberi. - Ti chiedo scusa – disse abbassando lo sguardo e rompendo quel filo che credevo indistruttibile. - Per cosa? – - Per tutto e per quello che accadrà. – Un’ altra folata di vento sconvolse i suoi capelli biondi, castani come il grano maturato al sole, e le foglie fresche del prato. Poi, piano piano, iniziò a dissolversi in minuscoli granelli di sabbia. - No, dove vai? – chiesi disperatamente. - Stai attenta - . Scomparve sul prato - Nooooooo!!!!! – urlai. Mi alzai di scatto tra le piume del copriletto. Era un sogno. Un sogno. L’ho sognato. Ho sognato Peter. Nuovamente non capivo il senso delle sue parole. Stai attenta? Da chi? Da che cosa? Allargai e distesi le braccia. Avevo la schiena intorpidita. Tolsi le coperte e mi alzai. Infilai i miei piedini nelle ciabatte color corallo. Facendo attenzione, subito, con un passo alla volta, scesi le scale. Quelle lì sono pericolose. Mai sottovalutarle! Entrai in cucina. Devo aver avuto un aspetto terrificante perché mia madre restò a bocca aperta. Letteralmente. Mio padre si mise a ridere. - Hai lottato con i giaguari stanotte? – disse ancora ridacchiando. Non ci feci caso. Aprii la mensola e presi una tazza. Versai il latte e iniziai a mangiare, prendendo un biscotto alla vaniglia dalla scatola. Visto che comunque mio padre non smetteva di fissare i miei capelli e di ridere sotto ai baffi, andai in salotto a prendere un elastico per capelli per legarli. Vidi l’orologio appeso alla parete: 7.40. Oddio!!! La scuola inizia alle 8.00! Raccolsi la massa sopra la mia testa in uno chignon e, di corsa, mi spedii in bagno. Mi vestii in fretta, lavai viso e denti e uscii dall’edificio blu senza salutare nessuno. Arrivai sul filo della campanella. Centinaia di studenti traboccarono nella scuola. E si ricomincia. Corsi nei corridoi e sorpassai la segreteria. - Si fermi! – urlò una voce. I miei piedi si fermarono e voltai il viso. La segretaria mi venne incontro. - Salve – dissi tranquilla. - Salve. Lei è in punizione, giusto? – mi chiese. - Si. - Ecco, hanno messo l’ora. Lei e la sua compagna iniziate oggi stesso la punizione perché alcuni professori hanno scioperato.Farete anche lunedì e martedì. Le lascio il foglio con scritti tutti i dettagli per tutte e due. Arrivederci – Girò su se stessa e ritornò da dove era venuta zampettando a causa della gonna a tubino. Volsi il mio interesse verso il foglio. Parole su parole. Fogli bianchi… Mi diressi verso la mia aula. Sola, come sempre. Trascorsi le prime tre ore, di matematica, guardando la matita nera…come i suoi occhi. Neri come il petrolio, come l’acqua scura di mezzanotte. Magnetici, scuri e profondi. Bellissimi. Suonò la campanella e cambiai aula. Mi preparai mentalmente ad un’ora di greco quando vidi, dalla soglia della porta, che lui c’era. Una statua di un dio greco immobile. Era seduto su una sedia in una posa innaturale. Una mano copriva leggermente il naso mentre l’altra si muoveva dal banco alla gamba con un certo ritmo. Mi sedetti affianco a lui senza pensarci due volte. - Oggi dovete fare un ripasso tra compagni di banco poiché forse faremo una verifica la prossima settimana – disse il prof con voce tonante. Aveva lo stesso atteggiamento della prima volta che lo vidi: fermo sulla sedia, muscoli tesi ma il viso era sciolto. - Ciao – disse. La sua voce era dolcissima. Spostò la sedia verso di me, facendo in modo che se avessi mosso anch’io la mia saremmo stati uno davanti all’altra. Stetti al suo gioco. Spostai anch’io la sedia. - Ciao – dissi. Mi guardava con una tale intensità che dovetti distogliere leggermente lo sguardo. - Cosa ti è successo? Ieri non ti ho visto – gli chiesi tenendo il viso verso il basso. Non volevo fargli capire che avevo guardato da tutte le parti per incontrarlo. - Ho avuto da fare – disse pensandoci su. - Ah… - riflettei un attimo. – Non hai avuto…operazioni mediche? – - No. Perché me lo domandi? – - Niente. Solo per curiosità – Guardai fuori dalla finestra. Pioveva. Spokane era famosa per le sue piogge annuali. Nel senso che pioveva tutto l’anno. - Allora, ripassiamo greco? – - Beh, tanto il prof non ci non ci vede.. – disse guardando il prof impegnato a correggere altri compiti. - Allora… - - Dimmi di te. C’è qualcosa che vuoi dirmi? – mi disse intuendo una mia risposta. I suoi occhi neri mi scrutavano dentro l’animo. - No. Niente. – possibile che faccio intuire così tanto quello che ho dentro. - Ti piace Spokane? Mi hanno detto che ad alcuni piace. A te? – - A te cosa? – Ero leggermente persa nei suoi occhi. - Piace Spokane? – Riflettei molto su quella domanda ma il mio cervello lo sapevo già. - Sono nata e cresciuta qui. No, odio Spokane. – Per una sedicenne come me, stare in una città senza niente era un suicidio. - La odi solo perché sei nata e cresciuta qui? –chiese curioso. - No. Piove sempre, quasi mai sole, nessuno qui è spiritoso… purtroppo come lo chiamo io un mortorio. – Lo guardai meglio per vedere la sua reazione. Rideva. - Un mortorio? E se per caso succede qualcosa di nuovo e unico, cosa diresti di Spokane? – - Ehm.. – non capivo il senso di quella domanda. – Ecco, io… - . Mi guardava con quei occhi profondi e penetranti. Era impossibile non notarlo. Non respiravo e alcuni colibrì entrarono nel mio stomaco. La campanella iniziò a suonare come una furia impazzita. Miseriaccia! Suonava, come sempre, ma in quel giorno in modo più snervante. Si alzò dalla sedia. Il mio cervello mi disse… o meglio la mia coscienza:” Fermalo!”. - Peter! – e divenne realtà. - Si? – si era fermato. L’avevo fermato! Si voltò lentamente spostando le spalle. - Sai, per studio di religioni… Dobbiamo fare una relazione insieme ed io non so niente della tua setta familiare… - Un po’ scocciato, prese una penna e me la mise tra le mani. Poi mi mostrò il palmo della sua mano. Lo guardai. Eh?!? - Forza, scrivimi il tuo numero. – Velocemente scrissi una fila di numeri a me familiari. - Ti chiamo stasera. – disse. Prese la sua penna e uscì dall’aula. Certo che era un po’ tanto associale! Guai. Sentivo la loro puzza a metri di distanza e non tardarono ad arrivare. =) =) =) Vidi Sally e le diedi il foglio delle punizioni. Non disse niente se non: - Non credere che ti abbia perdonato così facilmente - . Quant’è difficile alcune volte l’amicizia! Poi, mi diressi velocemente verso l’aula della professoressa Candly. Non era una famosa per la sua irascibilità o severità, ma per le sue relazioni ultra-noiose. Mi aspettavo il peggio. Bussai ed entrai nella piccola, illuminata stanza. - Salve. Prego, si sieda. – mi disse la prof. Al centro della stanza c’erano delle sedie messe in cerchio. Cos’eravamo? Il club degli alcolisti anonimi? Comunque ne scelsi una e mi sedetti. Altri ragazzi copiarono il mio stesso gesto. - Bene, molto bene. Ora estrarrò due numeri che corrispondono a due di voi. Farete una relazione su un argomento a scelta. Buon lavoro! – Che entusiasmo… Iniziò ad estrarre numeri ignoti. Non sapevo che numero fossi e confidai nel caso. - Otto e dodici – Due ragazzi si alzarono e si accomodarono davanti ad un computer. Solo allora notai che ai lati della stanza c’erano file di banchi attaccati al muro, e sopra ognuno di essi c’era un computer acceso( Computer preistorici) con affianco altre due sedie. - Sei e ventiquattro – Un ragazzo si alzò con tutta la sua bellezza. I capelli erano chiari tendenti al castano. Slanciato e sicuramente frequentava una palestra. Sapete cosa intendo. - Numero sei? Ma chi è? – disse la prof guardando un foglio. – Signorina Castle! – urlò. Uscii dalla trance. Cosa? - Si, dica. – risposi. -Vada con il suo compagno, svelta – mi disse gelida. Guardai di nuovo il ragazzo che si era alzato. Mi dava le spalle ma capii lo stesso che stava ridendo. Mi diressi verso la seconda postazione dei computer. Mi accomodai su una delle due sedie e il mio misterioso compagno sull’altra. - Ciao Ellen. –disse con voce pacata. Aveva una voce potente, dolce e sexy. Riflettei un nano secondo sulle sue parole e poi mi voltai verso di lui scioccata. - Come sai il mio nome? – Era leggermente inquietante. - Me l’ha detto un uccellino. – mi sorrise e dopo mi disse: - Piacere, sono Brock Wenery -
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: 26elena3