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Autore: ladymisteria    13/09/2012    1 recensioni
"Per diversi istanti sembrò che il tempo si fosse fermato.
Nonostante i capelli più corti e una leggerissima barba a circondargli le labbra perfette, Irene non poteva non riconoscere quel viso, quegli occhi.
L'avevano tormentata per mesi, nei sogni.
Era lui.
Ed era vivo."

La mia personalissima interpretazione di quanto accaduto durante il periodo in cui Sherlock si è finto morto.
Versione riveduta e corretta.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Irene Adler, John Watson, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'After Sherlock's Fall'
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John Watson non aveva mai apprezzato particolarmente i metodi di Mycroft Holmes.

Li aveva trovati eccessivi ed estremamente insopportabili sin dalla prima volta che si era ritrovato ad esserne vittima.

Lo ricordava ancora benissimo.

Mycroft aveva fatto in modo che ogni telefono di Londra si mettesse a squillare quando lui ci passava davanti, e aveva continuato così finché non si era deciso a rispondere.

Aveva messo in mostra la sua capacità di controllare ogni singola cosa, come avrebbe fatto un bambino desideroso di mostrare quanto terrorizzate fossero le formiche mentre venivano bruciate dalla sua lente.

E tutto questo per cosa?

Per offrirgli del denaro in cambio di informazioni dettagliate e costanti su Sherlock.

Mycroft poteva dire quello che più gli pareva, ma quello non era il comportamento di chi si preoccupa per qualcuno.

Era piuttosto il comportamento di chi vuole controllare qualcuno, tenerlo a bada, come si farebbe con un animale eccessivamente selvaggio.

«John, eccoti qui»

«Non lavoro per lei, e gradirei non essere prelevato dal mio appartamento, per suo capriccio, ogni volta che crede di avere qualcosa che possa anche solo...».

«Ho saputo che stai raggruppando persone disposte a raccontare la verità sulla genialità di Sherlock» lo interruppe l’altro, sedendosi di fronte al medico e congiungendo le dita.

«Infatti. Da qualche parte dovevo pur cominciare, no? E dovendo fare tutto da solo, ho preferito agire a modo mio».

Mycroft annuì.

«Proprio di questo volevo parlarti. Il Primo Ministro e Harry sono ben disposti a dare il loro contributo. Ho pensato che, in fondo, sarebbe stato indegno da parte mia non fare nulla. D'altronde, quanto successo a Sherlock è in parte colpa mia».

John pensò che la colpa fosse solo sua, ma stette ben attento a non dirlo ad alta voce, preferendo sfruttare quell'improvviso gesto di umanità di Mycroft Holmes.

Si schiarì invece la voce.

«Grazie» disse, poco convinto.

*

Irene Adler si avvicinò all'uomo fermo sul ponte sotto cui scorreva imperturbabile la Senna.

«Mi avevano detto che avevi ripreso a fumare, ma non mi sarei mai aspettata di vederti mentre lo facevi».

Sherlock rilasciò il fumo con controllata lentezza, godendo dell'effetto calmante della nicotina.

«Stavo venendo da te».

«Sul serio?»

 «Sì»

«Hai buone nuove?».

La Donna scosse il capo.

«Nessuna, purtroppo. Tu?»

«Niente».

Irene guardò l'orizzonte.

«Visto che ci siamo incontrati a metà strada, che ne dici di una cena veloce?».

Sherlock rise.

«Ancora con questa storia? Comincio a credere che tu sia fissata con le cene».

Irene ghignò.

«Sei sempre gentile e pieno di tatto, eh?»

«Mi stupisco che te ne sorprenda ancora».

Il detective gettò il mozzicone nella Senna, avviandosi con la donna.

«Ti confesso che se dovessimo cenare ogni volta che lo proponi, non riusciremo neppure ad alzarci da letto. Suppongo, per non dire che sono certo, che avremmo la più grossa indigestione della storia del genere umano».

La guardò divertito.

«Credo che inoltre il nostro peso ne risentirebbe parecchio».

La Donna ammiccò.

«Non mi preoccuperei per quello. Conosco diversi metodi per "smaltire" calorie divertendosi».

Sherlock non la guardò, facendola ridere.

«Gli occhi mi ingannano di certo. Il grande Sherlock Holmes è forse arrossito?»

«Assolutamente».

Irene continuò a ridere.

«E' così, invece!».

Sherlock la fulminò con lo sguardo.

«Piuttosto, come mai fuori a quest'ora? Non hai uno dei tuoi amichetti che brama per essere umiliato?».

Fu il turno di Irene di scoccargli un'occhiataccia.

«Stavo venendo da te, come ti ho detto. Ed è appena andato via, se la cosa può interessarti»

«Dovrebbe?»

«Non lo so, dimmelo tu». 

*

«Sono colpita, non credevo saresti riuscito a convincere tante persone a mettersi in gioco per riabilitare la memoria di Sherlock Holmes» disse Mary Morstan ammirata, posando il menu del ristorante in cui lei e John stavano cenando.

«Sono pronto a fornirti altre centinaia di testimonianze, se dovesse servire».

La giornalista sorrise.

«Sono certa che quanto raccolto basterà per dare il via a dubbi e a domande. Ti consiglierei vivamente di comprare il "Daily Mail" domani mattina. Troverai sicuramente interessante l'articolo in prima pagina, intitolato: "Il vero volto di Sherlock Holmes: Il genio attraverso gli occhi di chi l'ha conosciuto"».

John sorrise.

«Non sai davvero quanto questo conti per me, Mary. Ti sono grato per avermi appoggiato, per avermi ascoltato».

Mary Morstan posò la mano su quella dell'uomo.

«Non potevo fare altrimenti. Ho letto assiduamente il tuo blog, posto dopo post. Mi sono fatta un'idea ben precisa di chi fosse Sherlock Holmes, e non ho mai, neppure per un secondo, creduto che fosse un impostore. Ma al Daily...».

John annuì comprensivo.

«Ma sono sicura che non potranno ignorare ancora le mie obiezioni! Insomma, ho le testimonianze di persone altolocate, tra le altre! Dovrà pur significare qualcosa, no?».

Sorrise all'uomo.

«Ce la faremo, me lo sento».

   
 
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