Fanfic su attori > Cast Il Signore degli Anelli
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Autore: Panenutella    13/09/2012    4 recensioni
Lo guardai meglio: era un angelo….
Aveva il viso cordiale e aperto. Gli occhi neri e profondi come due pozzi guardavano attenti il mondo e risplendevano come la luna. I suoi lineamenti era fini e eleganti, proprio come quelli di un Elfo. La sua stretta era gentile, la sua pelle calda. I capelli corti e neri erano pettinati in modo sbarazzino. Indossava una maglietta bianca a maniche corte e mi salutò con un largo sorriso.
Nella mia mente contorta cominciai a sbavare come un mastino.
ATTENZIONE: la protagonista interpreta il ruolo della figlia di Galadriel – ovviamente inventata da me -, Hery, che ha una storia d’amore con Legolas e segue i protagonisti nel loro viaggio.
La maggior parte degli avvenimenti narrati in questa fic sono realmente accaduti, ma sono raccontati dal POV della protagonista.
Divertitevi, leggete e recensite in tanti! :)
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lesley's World'
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La mia vita sul set – cap. 22

- SALUTE!! – due dozzine buone di bicchieri pieni di spumante tintinnarono in aria sopra al tavolo del ristorante dove stavamo festeggiando la fine delle riprese della Compagnia dell’Anello. Avevamo organizzato l’evento in fretta e furia, quella mattina, e avevamo prenotato in un ristorante al centro di Queenstown, ben lontano dai nostri alberghi. C’erano tutti, compresi Fran, Peter e Philippa. Ci aveva raggiunti anche Liv quel pomeriggio, perché sarebbe stata lei la prima a girare le scene delle Due Torri, mentre noi dovevamo ancora organizzarci.
Dopo aver bevuto i nostri spumeggianti bicchieri Ian McKellen annunciò col suo vocione che sovrastava tutti i rumori del ristorante: - Giuro sul mio nome, questo film farà faville!
- Tutti concordarono sonoramente. – Non ho mai visto un cast così affiatato e ben organizzato! Complimenti Peter… Fran… Philippa! – esclamò Zio Ian fermandosi ogni volta su uno dei tre sceneggiatori. Guardai estasiata Orlando seduto accanto a me e lui mi fece l’occhiolino prendendomi la mano sotto al tavolo.
- Senza contare che questa è una cena favolosa! – ruggì John a capotavola con la sua voce grottesca. Tutti acconsentirono.
La suoneria del mio cellulare proveniente dalla tasca dei pantaloni scuri attillati mi fece abbassare lo sguardo da sotto il tavolo, poco vicino a dove io e Orlie avevamo posato le mani. Qualcuno mi stava chiamando. Con qualche difficoltà tirai il telefono fuori dalla tasca e, mormorando una scusa, mi allontanai dal chiassoso tavolo tappandomi un orecchio con un dito per sentire meglio l’interlocutore dall’altro capo del filo.
- Pronto?... Pronto? Lesley Dalton?
- Sì! Sì! Sono io! – risposi a voce alta fiondandomi fuori dal locale tentando di tenermi in equilibrio sui tacchi a spillo. Il vento fuori dalla porta mi scompigliò i capelli gettandomeli sul viso. Li scostai con una mano.
- Sono io, chi parla? – chiesi, tirando un sospiro di sollievo per essere finalmente in un posto tranquillo, anche se le macchine passavano a meno di un metro e mezzo da me.
- Salve. Ehm… io sono Owen Gordon, scrivo per Heyou. Mi chiedevo se fosse disposta a concedermi un’intervista in vista dell’uscita del suo primo film! Sarebbe un’ottima pubblicità per la pellicola!
La proposta mi colse un po’ alla sprovvista. – Ma certo! Ne sarò lieta!
Sentii il giornalista sorridere. – Perfetto! – esclamò entusiasta. – Quando potremo incontrarci? Scelga lei.
Mi voltai a guardare il nome del ristorante sopra la porta dietro di me, poi pensai che a pranzo per quella settimana ero sempre impegnata. – Sono libera venerdì pomeriggio, questa settimana. Le andrebbe di incontrarmi alla panchina sul lungolago dietro al Bluefrie’s Restaurant, alle tre?
Owen rise. – Una bizzarra scelta, signorina Dalton! Ci sarò.
- Ottimo! Arrivederci!
Chiusi la comunicazione e, con sorriso raggiante, tornai dentro saltellando sui miei tacchi a spillo.
- Che succede? – mi chiese premuroso una volta seduta di nuovo accanto a lui. Mi voltai e gli rifilai un bacio.
- Mi hanno chiamata per un’intervista! – esclamai.
Orlando sfoderò un sorriso a trentadue denti e mi batté il cinque.

Il resto della settimana, come premio per il nostro impegno, non lavorammo. Erano tre giorni interi di vacanza escluso il weekend. Ci avviavamo già agli inizi di ottobre, e ormai l’11 settembre mi sembrava lontanissimo, ma la perdita di Jessie ricominciava inevitabilmente a bruciare non appena iniziavo a pensarci. Peter, la mattina dopo la cena, ci annunciò tra gli urli di gioia che lui e lo staff avevano già cominciato a organizzare la prima della Compagnia dell’Anello: la presentazione si sarebbe svolta a Wellington il 19 dicembre. Ci annunciò anche che di lì a poco avremmo ricevuto il primo grosso pagamento per il film, e io non vedevo l’ora.
Peter ci aveva annunciato il tutto nella sala conferenze di Villa del Lago – la sala dove avevo assistito in ritardo all’attacco alle Torri, e non me la sentivo assolutamente di rientrarci. I nuovi attori volevano portarmici a forza, ma desistettero quando con qualche sforzo raccontai loro l’accaduto e così rimasi ad ascoltare le parole di Peter dalla soglia della porta. Erano tutti entrati, ma era come se ci fosse una forza negativa che mi respingeva dall’entrare: mettere anche solo la punta della scarpa dentro mi portava un istantaneo senso di nausea.
Dalla mia postazione Peter era invisibile, coperto dalle schiene di tutto lo staff, ma riuscivo comunque a sentire chiaramente le sue parole. Poco prima di iniziare, però, dalla schiera di schiene spuntò Orlando, che si diresse velocemente verso di me.
- Non riesci a entrare?
Scossi la testa. Orlie non rispose, ma mi abbracciò da dietro con le braccia possenti e mi sentii completamente al sicuro, con lui accanto. Una sensazione che ebbe la gigantesca forza di combattere contro la nausea.
All’annuncio di Peter mi voltai sorridendo verso il viso di Orlando sopra di me, che mi guardò a sua volta e mi sorrise. Mi voltai completamente verso di lui sciogliendomi dall’abbraccio e lui mi afferrò il volto con entrambe le mani e poggiò la fronte contro la mia.
- Siamo attori! – sussurrai guardando il mio riflesso nei suoi occhi. Lui sorrise.

Cercai tra la folla che usciva dalla sala la piccola figura di Elijah, che non tardò ad uscire chiacchierando allegramente con gli altri tre Hobbit.
- Ciao ragazzi! – Li fermai. Mi salutarono tutti con un grande abbraccio. – El, puoi venire con me un momento?
Dom emise un verso tra un “oh” ammiccante e un muggito – Vai, ragazzo, dacci dentro!
El rise e mi seguì in un angolo della sala accanto alla portafinestra, mentre Orlando se ne andava con gli altri squadrando gelosamente Elijah, passando.
- Dimmi tutto, Les! – sorrise El.
- Woody, ti volevo ringraziare. Sei stato unico. Per me, per Orlie… per tutto. – lo vidi assumere un’espressione a metà tra il lusingato e il dignitoso. – Voglio ricambiare il favore – conclusi. Parve sorpreso.
- Come scusa?
- Ti restituisco il favore. Tu mi hai aiutato con Orlie, ora io ti aiuto con Linnie. Vi siete lasciati, no?
- Les, Ilana ha un carattere molto più difficile del tuo. È stata una sua scelta andare per la sua strada.
- E tu la lasceresti andare così? Significa così poco per te?
Rimase colpito, poi si strinse nelle spalle. – Se ha scelto lei…
- Elijah Wood, devi combattere! Se Ilana ti piace, se sei innamorato di lei, devi lottare per quello a cui tieni!
Mi guardò dolcemente. – E il nostro bacio?
- Guardiamo in faccia alla realtà: nessuno dei due avrebbe voluto davvero baciare l’altro ed eravamo tutti e due incasinati fino al collo. Tu eri stato appena mollato da Ilana, a quanto mi hanno detto, e io ero reduce dalla storia delle Twin. Se fossimo stati un attimino più assennati, non ci avremmo neanche provato… per questo tu sei rimasto il mio migliore amico. Quindi – proseguii interrompendogli le parole in bocca. – io ti aiuto con Ilana, e ricambio il favore.
- Les, ho solo comprato delle candele e scritto un biglietto!
- No El, hai fatto molto di più: mi hai resa felice. – gli buttai le braccia al collo e lo strinsi con forza. – Quindi taci e accetta il mio aiuto… anche perché te lo darò, che tu voglia o no!
Elijah ricambiò la stretta e, sorridendo, mi baciò sulla punta del naso.

Era strabiliante come da studentessa non mi ero mai accorta quanto fosse deliziosamente fantastico non lavorare nei giorni della settimana. Durante quei cinque mesi di riprese mi ero abituata ai ritmi frenetici delle riprese, come tutti gli altri, e ritrovarsi con tutto il tempo libero per cinque giorni era come quando la scuola chiudeva per giorni per la troppa neve: uno spasso unico e inaspettato. Sta di fatto che quei giorni, modestamente, ce li eravamo davvero meritati. E così passammo quel periodo di vacanza forzata prima di iniziare a girare le Due Torri per fare ogni tipo di attività che avevamo rimandato fino a poco tempo prima. Il primo giorno – fu una mia idea – noi della Compagnia approfittammo dei più svariati servizi dell’albergo per fare bunjee-jumping sul lago. C’era una specie di seggiovia, come quelle delle piste da scii, di proprietà dell’albergo, che conteneva tutta l’attrezzature per il Bungy e che attraversava la superficie del lago ad un’altezza di 143 metri. Ovviamente Sean si rifiutò di buttarsi e passò il tempo a controllare che le corde ai nostri piedi fossero legate saldamente alla struttura in modo assolutamente sicuro, in modo che nessuno di noi cadendo si sarebbe sfracellato contro l’acqua che “da quell’altezza era come cemento” – Sean. Dom, amante del rischio, portò la telecamera per filmare tutto quanto, persino quando i ragazzi si misero a litigare per decidere chi doveva andare per primo – nessuno di loro voleva farlo. Rimasero lì a discutere e a fare la conta per mezz’ora, e ogni volta che ne usciva uno come Elijah e Billy ricominciavano perché rischiavano un infarto e non sapevano come fare. Alla fine, poiché il tempo passava e non potevamo restare lì per tutto il giorno senza concludere niente, feci un passo avanti:
- Vado io per prima! – annunciai.
Smisero immediatamente di discutere, come nella scena del consiglio di Elrond quando Frodo si offre per andare al Monte Fato. Dom mi buttò la telecamera in faccia. Ammiccai nella sua direzione: - Prima le signore!
- Eh, appunto Dommy, vai! – disse Billy. Ridemmo mentre Dom assumeva espressioni forzatamente offese.
L’addetto, che fino a quel momento era rimasto in silenzio in un angolo ad aspettare che qualcuno si decidesse, balzò in piedi e, sorridendo, mi fece andare aventi e cominciò a legarmi i piedi con un elastico lunghissimo, e mi mise una specie di “cintura di sicurezza” nel busto, un’imbracatura che mi avrebbe assicurato di non cadere e sfracellarmi la faccia sull’acqua.
- Noi non spingiamo nessuno – disse. – Si lanci quando se la sente di farlo.
- Les, sei sicura? – Chiese Orlie.
- Certo! – saltellai facendo alzare l’esastico legato ai miei piedi e mi avvicinai al bordo della piattaforma per calcolare l’altezza.
Il tempo di guardare il vuoto che si espandeva sotto di me e finiva con l’acqua del lago, e davanti agli occhi mi si parò la grafia di Jessie nella sua lettera. L’aveva scritta subito prima di buttarsi dalla Torre. Un tonfo al cuore mi mozzò il respiro. “Ma se cadere da 107 piani  vuol dire avere ancora un attimo di vita e sentire per l’ultima volta il vento sulla faccia, allora preferisco lasciarmi precipitare verso la fine che morire ridotta in cenere.”
Barcollai e feci un passo indietro. Chiusi gli occhi e all’improvviso mi ritrovai quasi proiettata nei panni di Jessica: sentivo ancora le parole della lettera nelle orecchie e intorno a me immaginavo le persone urlanti e il caldo del fuoco, e vidi la finestra spaccata aperta sulla voragine di 107 piani. Scossi la testa e riaprii gli occhi, con nuova determinazione: sarebbe stato come fare l’ultima azione di Jessica. Mi sarei buttata per “sentire per l’ultima volta il vento sulla faccia”.
- Ehi Les, se vuoi vai per ultima! – mi urlò Dom che da cinque minuti mi stava filmando sull’orlo della piattaforma. Forse parlava sul serio, ma mi girai lentamente verso di lui con lo sguardo glaciale che usavo durante le riprese per dimostrare che Hery era più o meno soggiogata dalla forza dell’Anello, quello che secondo Peter metteva paura allo spettatore. Fissai per un attimo la telecamera, e poi mi lanciai con una spinta delle gambe, aprendo le braccia come le ali di un gabbiano.
Durante il volo mi imposi di tenere gli occhi aperti anche se la corrente d’aria spingeva contro il mio viso. La reazione corporea fu sensazionale: trattenni il respiro mentre cadevo, e sentii il mio corpo percorso da scariche di adrenalina pura che mi faceva battere il cuore all’impazzata. Lanciai un grido estasiato: vidi l’acqua scura del lago avvicinarsi sempre di più e quando fu talmente vicina da farmi credere che a quella velocità sarei finita dritta dentro l’acqua l’elastico legato ai miei piedi si tese, facendomi rimbalzare in alto. Gridai ancora, mi piegai su me stessa e risi. Poi la corda si allungò ancora più lentamente, mentre si muoveva anche lateralmente. Mi sentii come dentro una lavatrice, ma era una sensazione stupenda! Mi sentii chiamare e alzai lo sguardo verso l’impalcatura, dove vidi i ragazzi sporgersi e salutarmi con la mano, mentre Dom riprendeva ancora. Li salutai e risi ancora. Dalla piattaforma della seggiovia l’elastico cominciò a essere riarrotolato, tirandomi su di nuovo con i piedi per terra. Era stato davvero incredibile.
Appena misi piede sulla seggiovia mi sciamarono intorno tutti quanti, che mi chiedevano com’era stato – io, come una scema, continuavo a ridere – e risposi:
-    Rifacciamolo! È mitico!
Dominic rise continuando a filmare – erano passati dieci minuti buoni dall’inizio delle sue riprese ma per lui non era un problema – e spinse avanti Viggo per fargli fare il salto: lui si tolse dal collo la macchina fotografica di ultima generazione, si fece mettere le imbracatura e si buttò come se non avesse aspettato altro per tutto il giorno, lanciando un urlo entusiasta. Mi sporsi verso il basso e lo vidi penzolare giù, tranquillissimo. Pensai che forse non era la prima volta che lo faceva, pazzo com’era.
Dopo Viggo toccò agli altri: Bean, i quattro Hobbit, Orlando. Sir Ian, come disse lui, “era troppo vecchio per quel genere di cose”.
Fu un’esperienza incredibile, e mentre tornammo in albergo non smisi mai di sorridere, e il cuore batteva di nuovo pesantemente, come gonfio di felicità: mi sentii libera e serena, e per la prima volta dall’11 settembre il ricordo di Jessica fu meno doloroso e un po’ più distante da me. Presi per mano Orlando e mi avvicinai al suo orecchio:
-    Sono felice – gli sussurrai. La mia affermazione liberò la sensazione del cuore e
sorrisi: quelle parole esprimevano esattamente quello che provavo. Nella mia testa anche il ricordo di Jessie sorrideva.
Orlando mi strinse la mano e si voltò verso di me: fissandomi negli occhi mi accarezzò una guancia, sorrise e mi baciò teneramente. Gli cinsi la vita con le braccia.
Clic! Sentii fare la macchina fotografica di Viggo.

- Allora, ragazzi, mi fate spazio? – feci lo slalom fra Viggo e Billy, che guardavano le foto del pomeriggio nella macchina fotografica. Dom era più lontano, chinato con Orlie sulla videocamera per cercare di collegarla alla presa video della televisione tramite un filo rosso. Avevamo organizzato una serata tutti insieme nella stanza mia e di Orlando. Io ero appena uscita dal bagno dove mi ero pettinata i capelli e mi avvicinai al divano sistemandomi la felpa verde della tuta. Elijah e Sean erano dall’altra parte, dai banconi della cucina, e con sincronizzazione da perfetti barman riempivano bicchieri e bicchierini di birra e bibite di vario grado alcolico. Viggo e Billy si scostarono un pochino senza però distogliere lo sguardo dallo schermo della fotocamera. Mi sedetti per terra e tentai di guardare anche io. Qualcuno bussò alla porta ed entrarono sorridendo Craig, Bill e Miranda, vestita con jeans chiari stretti e una maglia nera a maniche corte, i capelli biondi lasciati ad incorniciare il viso dolce e materno.
- Ciao! – li salutai. Miranda mi vide e venne a sedersi accanto a me. – Sei venuta a vedere lo spettacolo?
Annuì. – Dicono che sia stato fantastico!
La voce di Dom interruppe quello che stavo per dire. – Fatto! – urlò, e corse verso l’interruttore per spegnere la luce. Orlando si buttò sugli altri e mi raggiunse a mo’ di pesce, travolgendo Bean e Bill. – Salve, madamigella! – Sorrise.
Io e Miranda ci distanziammo per permettergli di sedersi accanto a me, lui si mise a gambe incrociata e gli poggiai la testa sulla spalla.
Il filmato iniziava esattamente nel punto in cui io mi offrivo di saltare per prima. Non ci sarebbe stato inizio migliore se non il momento in cui i ragazzi discutevano come bambini perché avevano troppa fifa di iniziare: Dom aveva ripreso benissimo la mia espressione annoiata e leggermente divertita nel guardarli. A vederla risero tutti, e lo fecero anche a vedere me che mi giravo per raggelare Dom con lo sguardo. La cosa più buffa, infatti, era che in quel momento regnava il silenzio più totale e la mia espressione era ancora più agghiacciante (modestamente). Ad ogni modo, il momento in cui risi di più, tanto da piegarmi in due, fu il lancio di Dominic stesso: dopo un piccolo punto in cui non si vide niente – cioè quando aveva passato la telecamera a Sean -, si vide Dom saltare in posa da marinaio sull’attenti, con tanto di saluto militare. La cosa strana era che non aveva mai fatto Bunjee prima d’allora e il fatto che riuscisse a buttarsi con cotanta leggerezza risultava quantomeno esilarante!

Passai il giorno dopo tutto con Orlando senza tenere conto degli altri – con il lavoro che facevamo era difficile rimanere soli durante la settimana, per questo dovevamo sfruttare ogni minima occasione, anche se a volte eravamo troppo stanchi per combinare qualcosa, nonostante l’occasione stessa. Il giorno dopo ancora, l’ultimo della vacanza ossia venerdì, a colazione, Peter ci annunciò che la presentazione ufficiale della Compagnia dell’Anello si sarebbe svolta a Wellington il 19 dicembre. Dopodiché avremmo dovuto mettere in pausa le riprese per assistere a delle prime importanti come quelle di New York e Los Angeles, concedere qualche intervista, per poi tornare a girare fino alla notte degli Oscar. Una micro pausa di uno o due giorni al massimo, e di nuovo in Nuova Zelanda a girare finché la storia non si sarebbe ripetuta per le Due Torri, e poi ancora per il Ritorno del Re. Peter ci disse anche che Sir Ian e Elijah avrebbero dovuto girare un’altra volta la scena di Moria, per aggiungere una battuta che era stata scritta dopo l’11 settembre. Dopo il discorso del nostro regista Miranda posò la tazza del caffè sul tavolino davanti a me e, con fare ammiccante, mi chiese di accompagnarla a fare un po’ di shopping quella mattina.
-    Certo! – risposi. – Ma prima devo chiedere una cosa a Craig.

- Ehi Craig!
- Ehi Les!
- Devo chiederti un favore.
- Mi dica – sorrise.
- Mi accompagni alla mia prima intervista oggi pomeriggio?
- A che ora?
- Alle tre.
Craig parve pensare grattandosi il mento. – Me lo chiedi solo per poter guidare la mia Harley, vero?
Gli feci l’occhiolino – Sai che tengo molto alla tua moto!
-    Grazie! – sorrise sornione, poi capì quello che avevo detto – Ehi!
Risi. – Grazie Craig! – gli picchiettai la spalla.

Miranda aveva un gusto per i vestiti fantastico, al contrario di Orlando che la maggior parte delle volte non aveva la minima idea di quello che si ficcava addosso. Più o meno ogni mattina Orlando entrava nel vortice dell’armadio e ne usciva con le prime cose che gli restavano appiccicate. Io, invece, non mi potevo lamentare: certo, non avevo lo stesso gusto di donne sensuali e femminili come Liv, per esempio, ma di solito quello che compravo era abbastanza carino. Per questo, girando fra i negozi di marche famose di Queenstown – sì, in quella città c’erano anche negozi famosi -, mi comprai per la notte degli Oscar un vestito verde fluente lungo di Valentino con lo spacco laterale senza spalline, e un paio di scarpe col tacco da abbinarci. Per la presentazione invece, un paio di pantaloni bianchi di seta, una lunga maglia a motivo floreale e Manolo Blahnik d’argento con una punta si Swarovsky. Non avevo ancora idea di come mi sarei pettinata, né quando avrei riguadagnato la somma spesa. Avrei voluto passare più tempo a chiacchierare con Miranda e a passeggiare per il centro, ma ero così emozionata per l’intervista imminente che appena finimmo costrinsi Miranda a saltare in macchina e a riportarmi in albergo.
Mentre eravamo ferme ad un semaforo, le chiesi: - Come funziona un’intervista?
Lei si girò verso di me facendo spostare i lunghi capelli biondi e sorrise: - Arrivi lì, ti fanno delle domande, ti registrano per non perdere niente di quello che dici e poi a volte ti fanno qualche foto da accompagnare all’articolo. Cerca di essere il più naturale possibile, sii te stessa.
-    E se dico qualche cavolata? Se mi lascio sfuggire qualcosa sulle riprese?
-    Ovviamente devi pensare prima di parlare.
-    Certo. Ovvio.
Il semaforo divenne verde e le macchine cominciarono a muoversi. – Vedrai, è facile! – mi tranquillizzò.
-    Speriamo – sospirai.

- Lesley! Sei pronta? – Bussò Craig urlando attraverso la porta. –
- Sì, entra! Ci sono quasi! – urlai di rimando dal bagno per poi tornare ad applicarmi il mascara sulle ciglia stando attenta a non spargerlo sulla maglia a pieghe celeste. Mentre Craig entrava attraverso la porta aperta afferrai la spazzola accanto al lavandino e guardandomi allo specchio cominciai a pettinarmi velocemente i capelli. Craig incrociò le braccia, sorrise e si appoggiò allo stipite della porta.
- Se non ti mettono in prima pagina è un insulto.
Sorrisi chiudendo la spazzola nel cassetto. – Ti ho chiesto di accompagnarmi solo perché Orlando è chiuso in palestra con Bob.
-    Davvero? Pensavo che fosse perché siamo amici e da amico ti dovevo accompagnare in moto.
-    Sì, anche quello è vero.
Craig sorrise e mi lanciò un casco nero preso dal pavimento.
-    La Harley sta per rombare!


-    Questo è il piano: io resto qui dietro l’angolo e tu vai. Fai quest’intervista e poi torni indietro. Semplice!
-    Se lo dici tu… - sospirai. Da dove ci eravamo infilati con la moto riuscivo a
intravedere l’uomo che aspettava sulla panchina davanti al lago. Era piuttosto giovane, con i capelli rossi. Sospirai ancora e con un sorriso eccitato attraversai la strada e lo raggiunsi.
-    Owen Gordon?
Lui scattò in piedi e si girò, e il suo viso si dipinse di stupore e forse meraviglia. – Lesley Dalton?
Sorridendo gli tesi la mano. La strinse.  – Le foto non le rendono per niente giustizia. – annunciò.
Accennai a una risata. – Grazie! – Da dove arrivava quel mio fare civettuolo???
-    Allora – visibilmente eccitato, mi mostrò il registratore – Iniziamo?
Senza dire niente mi sedetti sulla panchina e accavallai le gambe. Lui accese il registratore. – E’ pronta per questa intervista?
-    Sono piuttosto emozionata, questa è la mia prima intervista.
Sorrise intenerito. – Bene. Come ci si sente a lavorare con un gruppo così affiatato e pieno di grandi attori di tutto il mondo?
-    Sono tutti molto carini! Per fortuna sono tutte persone molto piacevoli con cui passare il tempo, quindi ci frequentiamo tantissimo anche fuori dal set. Oramai siamo diventati una grande famiglia. In Viggo Mortensen, per esempio, vedo uno zio saggio (anche se non posso dire che sia esattamente vecchio)! È bello instaurare questo genere di rapporto con i colleghi, siamo camerati.
-    Quando pensa che sarà pronto questo primo episodio della saga “Il Signore degli Anelli”?
-    La presentazione qui in Nuova Zelanda si terrà il 19 dicembre, quindi di lì a poco il film uscirà in quasi tutte le sale.
-    Parliamo del suo sconvolgente incidente con la barca di qualche tempo fa: che cosa è avvenuto esattamente?
Trattenni a stento una smorfia di disappunto: mentre mi trovavo in ospedale Billy aveva detto che avevano mantenuto il silenzio stampa. Evidentemente si sbagliava, dovevo quindi trovare una scusa per non mettere Peter nei pasticci. – La corrente del fiume era troppo forte e io e Orlando Bloom non siamo riusciti a controllare la barca, che cominciò a riempirsi di acqua. Finimmo sommersi, ma ci recuperarono subito.
-    Voci trapelate dicevano che lei ha dovuto trascorrere un periodo di degenza in ospedale a causa delle ferite riportate nell’incidente.
Feci con la mano un gesto di disinteresse. – Non si può mai verificare la veridicità delle voci nel mondo del gossip. Può darsi che siano state messe in circolo per gioco, sono solo sciocchezze. Poteva andare peggio, ma per fortuna non è successo niente di grave.
Lui annuì. – Come hanno reagito gli altri alla situazione?
-    Ovviamente erano preoccupati per noi, ma avevamo a disposizione tutti i mezzi di sicurezza che si possano immaginare – Sorrisi sicura.
-    Come la Nuova Zelanda ha vissuto il tragico episodio avvenuto qualche tempo fa a New York, ossia il crollo delle Twin Towers?
-    Non posso parlare a nome di tutta la nazione, ma ognuno dei membri del cast l’ha
presa in maniera diversa. Quasi tutti hanno assistito all’attacco in diretta, dopo mezzanotte, alle televisioni dell’albergo. Io, purtroppo, ne sono venuta a conoscenza solo la mattina dopo (a causa del mio sonno pesante non mi sono svegliata insieme agli altri). Siamo tutti molto addolorati per l’accaduto e piangiamo la perdita di così tante persone innocenti. - Dissi l’ultima frase con un tono da Presidente degli Stati Uniti.
-    Sappiamo che anche una sua amica è stata coinvolta nell’attentato: se la sente di
ricordare qualcosa su di lei?
Quelle parole, come un pugno, mi fecero cambiare immediatamente espressione. – Quella è stata una profonda perdita. Le chiedo, per favore, di non pormi domande sull’argomento. Volevo un mondo di bene a quella persona e la sua assenza mi affligge, sarò in grado di parlarne a tempo debito.
-    Certo, lo possiamo capire. Mi scusi. – abbassò il capo accennando dispiacere.
-    Non fa niente – sorrisi di nuovo socchiudendo gli occhi. – Ha qualche altra domanda?
-    Sì: com’è stata quest’intervista?
-    Decisamente interessante! Mi sono divertita a rispondere alle sue domande!
Spense il registratore e sorrise. – La ringrazio infinitamente, ma le chiedo un ultimo favore: scatterebbe per me delle foto da aggiungere all’articolo?
Proprio come Miranda mi aveva detto. – Senz’altro! – risi e scattai in piedi. Lui tirò fuori da uno zaino che aveva a fianco una macchina fotografica.
-    Ne può fare una appoggiata alla ringhiera sul lago?
Mi avvicinai alla ringhiera con due passi, vi posai le mani sopra, mi voltai e sorrisi rivolta all’obiettivo. Lui scattò più foto. Poi mi spostai e mi sedetti sullo schienale della panchina, giungendo a pugno le mani davanti a me e osservando l’acqua. Scattò. Guardai nella macchina fotografica e sorrisi di nuovo allegramente. Scattò. Posai i piedi sulla panchina e saltai alzando i pugni al cielo, ridendo. Scattò al momento giusto e rise.
-    Splendida. La ringrazio infinitamente!
Gli strinsi la mano. - È stato davvero un piacere!
Lui prese le sue cose e, con un sorriso e un ultimo cenno del capo, si allontanò verso un motorino a poca distanza da dove eravamo noi. Lo guardai andarsene, poi girai i tacchi e attraversai di corsa la strada per raggiungere Craig, che era rimasto tutto il tempo a spiarmi dietro l’angolino come un maniaco sessuale. Appena gli arrivai al fianco, lo abbracciai saltellando e gli battei il cinque.
-    Sei stata favolosa! – esclamò. – Com’è stato?
-    Fantastico! – risi.
   
 
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