Videogiochi > Tekken
Ricorda la storia  |      
Autore: Angel TR    13/09/2012    2 recensioni
Quella che sarebbe dovuta essere la famiglia di Asuka vista con gli occhi di Lili.
{One-shot fluff ambientata in TTT2}
{ Partecipa alla "Situazioni di lei&lei" Challenge indetta su EFP}
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Asuka Kazama, Emily Rochefort, Jun Kazama, Lars Alexandersson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La Belle Époque'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Burnt Sugar

Parte 1

45. I problemi di ogni giorno
Nickname: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Titolo: Burnt Sugar
Genere: Fluff

Quel sabato mattina, Emilie si svegliò tardi, verso le undici. Per un attimo, piuttosto confusa, si limitò a sbattere gli occhi, chiedendosi perché il tessuto della sua coperta non fosse morbido come al solito.
Poi, come in un lampo, si ricordò che non era a casa, a Montecarlo, oh proprio no. Piuttosto, era ad Osaka, in Giappone. Dall’altra parte del mondo, praticamente.
:-Che mal di testa…- si lamentò. Aveva di certo quel dolore alla testa per via del materasso. Era troppo basso, troppo duro, troppo corto, troppo di bassa qualità –Emilie scosse la testa per la tirchieria di certa gente. E quelle coperte, poi! Nemmeno il suo gattino le avrebbe gradite, ecco. Sbandando, andò in bagno per prepararsi. Quando ritenne di essere pronta, si voltò e… :-Oh mon Dieu!Asukà, che fai tu ici? Mi hai fatto prondere un bello spavonto!- La testa di Asuka Kazama faceva capolino dal muretto che separava il bagno dalla camera dove lei e Emilie dormivano. :-Lili. Quando la smetterai di parlare con questo tuo stupido accento francese?- borbottò Asuka, entrando nel bagno e afferrando il tubicino del dentifricio, ignorando bellamente Emilie che si stava ammirando allo specchio.
:-Oh…mi dispiasce…ma è davvero chic ed esotico! Uhm, Asukà? Come mi sta questo vestito?- chiese la biondina, guardandosi da tutte le angolature possibili. Asuka si batté una mano sulla fronte. Emilie aveva l’impressione che non la sopportasse moltissimo.
:-Sembri un’enorme meringa.- concluse ,dopo averla osservata a lungo, con un ghigno. Tornò a dedicarsi alla spazzolatura dei suoi denti, con enorme disappunto di Emilie.
:-Sei veramente cattiva, Asukà! E io che sono tanto contonta di stare con toi…comunque, non è vero. Sembro una principessa.- Asuka sbuffò. Emilie rimase qualche secondo a cercare di fulminarla letteralmente con gli occhi; quando si rese conto che era impossibile attirare la sua attenzione, decise che era ora di uscire dalla scena.
:-Vado a fare compere.- annunciò, in giapponese perfetto, l’accento francese a stento riconoscibile. Asuka ridacchiò: sapeva che quando faceva così, era su tutte le furie.
Vide Emilie infilarsi le scarpe sulla soglia e poi uscire. Fu allora che il telefono squillò. Asuka lo guardò stranita: chi diamine poteva telefonare a quell’ora? Sollevò la cornetta :-Pronto?- La voce che sentì al telefono le fece sbarrare gli occhi.

:-Sono tornata!- annunciò Emilie. Sooonooo tornaaataaaa!
Semplicemente adorava il modo in cui suonava la sua voce in giapponese. Perché non farla ascoltare a tutto il vicinato? Mentre varcava la soglia e si sfilava le scarpe, le guance rosse per l’entusiasmo ritrovato, sentì un rumore di piedi infilati nei calzini che sbattevano sul pavimento, il classico suono di chi corre.
Alzò la testa e vide Asuka tutta trafelata. Emilie fu presa dal panico: mica avrebbe voluto sgridarla perché aveva era ritornata dallo shopping con sei bustone? Avrebbe dovuto ricorrere alle sue mosse segrete.
:-Oh, Asukà, ma chèrie…- iniziò, ma la brunetta la fermò subito.
:-Lili, mi ha telefonata…- deglutì e Emilie notò che le mani le tremavano. Non aveva mai visto Asuka tremare. Fu colta dal panico: chi l’aveva chiamata? Così le strinse forte le mani, stupendosi per quanto fossero sudate, soprattutto a contrasto con le sue.
:-Chi ha telefonato, Asuka?- chiese con voce calma. Gli occhi color cioccolato di Asuka erano pieno di panico, sembravano quelli di un cerbiatto che si rende conto di essere in trappola. Irrequieti, si spostavano dal viso di Emilie alle buste, dalle buste al muro, dal muro alla porta e così via. I capelli erano diventati ispidi a furia di passarci le mani.
:-Mia zia. Mia zia Jun.- Non lo disse: Emilie lo poté capire da come si mossero le sue labbra pallidissime. E chi era, ‘sta Jun?
:-Ehm…non la conosco.- ammise candidamente.
:-Oh, sì, invece. Jun, Jun Kazama.- Kazama?
:-Come…come quel pazzo?!- sbottò Emilie ma subito si pentì. Anche Asuka faceva Kazama di cognome, eppure non era una pazza –almeno non totalmente. Magari la zia era malata…che figuraccia! Doveva assolutamente scusarsi…
Poi Asuka disse :-E’ sua madre.- e ad Emilie passò dalla testa qualsiasi buona intenzione.
:-Sa mère? Mais c’est incroyable! Je vais tout de suite les matraquer, elle et son fils! - Asuka la guardava a bocca aperta: non aveva capito nulla. Emilie si divincolò dalle mani della brunetta e marciò di gran carriera.
:-Mi hanno invitata ad una riunione di famiglia, Emilie. Ho bisogno di te.- confessò, la voce tremante. Emilie si fermò, colpita; si voltò lentamente, i capelli biondi le ricaddero come una tenda lungo la schiena.
Asuka Kazama, la sua acerrima amica-nemica, sembrava una statua di cera tant’era pallida; se non fosse stato per i tremiti che la scuotevano tutta, sarebbe stata bene in un museo. Aveva i vestiti strapazzati, i capelli irti sulla testa, gli occhi sbarrati così tanto che parevano uscirle fuori dalle orbite. Ho bisogno di te.
Quando mai avrebbe detto una cosa simile, se non in un momento di bisogno?
Evidentemente quella zia doveva essere davvero terrible.
La biondina sorrise, rassicurante, e trotterellò verso la povera Asuka, l’abbracciò –non faceva nulla se Asuka non ricambiava- e poi, tenendole le mani poggiate sulle spalle e gli occhi ben saldati ai suoi, annunciò :-Verrò sicuramente! Ora, prepariamoci. A che ora è la “riunione”?-
Il suo entusiasmo parve svegliare la brunetta. :-Oh, a mezzogiorno. Sicuramente ci saranno…- esitò davanti ad Emilie. :-…ci saranno suo figlio, poi quell’altro, come si chiama?, Kazuya?, boh, poi io, tu, quel vecchio pazzo di Heihachi, e tutti i suoi figli sparsi per il mondo. Credo, almeno. Boh.-
Emilie inclinò la testa. :-E’un po’come quelle cene di lavoro di papà, massì! Sono la demoiselle di queste cose! Affidati a me, Asukà!- Volteggiò per la stanza, dritta dritta verso l’armadio dove tenevano riposti i vestiti. Lo aprì, come un presentatore apre il sipario di uno show, e, gli stupendi occhi azzurri brillanti per l’imminente vendetta, studiò i vari vestiti. Poi ne prese uno, lo scosse, lo guardò, scosse la testa, e lo gettò sul letto. E andò avanti così per ben due ore e mezza, fin quando non sussurrò rapita :-Celles-ci!-
:-Lili…non è una cena di gala. E’un pranzo tra…parenti...?- non ne era convinta nemmeno lei. Aveva un sopracciglio inarcato, le braccia allargate con i palmi delle mani rivolti all’insù quasi a dire “E che ne so io di tutta questa faccenda?”. Ad Emilie fece tenerezza.
:-Lo so. Infatti…- e allargò un braccio, a mostrare i vestiti che aveva scelto. Asuka sbarrò gli occhi: quella strega bionda ci sapeva davvero fare con la moda. Lei non avrebbe mai saputo fare quegli accostamenti.
:-Sai…ho notato che quelli lì sono un po’trasandati –non tu, ovviamente- e quindi mi aspetto che anche in un’occasione “familiare” come questa, saranno vestiti ancora peggio!- spiegò Lili, volteggiando nella stanza e lanciando occhiate ad effetto (con quegli occhi non sarebbero potute essere non ad effetto) :-D’altro canto, io non ho nessuna voglia di essere disordinata davanti a dei perfetti sconosciuti, c’est à dire che ho scelto cose carine ma…semplici!- allargò le braccia, il viso raggiante. :-Ovviamente, vale lo stesso anche per te, tesorino. Niente tacchi: non vorrei scivolare su quei cosi…- fece una smorfia.
:-Tatami.- suggerì Asuka, ancora sbalordita.
:-Sì, brava! I tatamì!- applaudì Emilie. :-Però le gambe scoperte le accetto! In fondo, siamo a settembre…; e che ne dici di una bella blusa? Così nasconde anche il gonfiore dopo mangiato…- e, per sottolineare il concetto, si portò una mano alla pancia piattissima. :-Less is more, quindi pochi accessori ma giusti. Una collana, un po’di bracciali e basta. Per quanto riguarda la scarpe…i sandali sono decisamente out. Meglio delle comode ballerine! Allora?- si voltò verso Asuka, un sorriso fantastico sul viso.
:-Ehm…credo sia perfetto…sei tu l’esperta.- Emilie sollevò il pollice, in segno d’intesa (o in segno che sì sì, certo che era lei l’esperta…?)
:-Ora passiamo a me. Vestitino con leggings! Non vorrei mostrare troppo…-


Parte 2


Se la spassarono a provare i vestiti e Asuka permise persino a Lili di truccarla (ma un po’). Giochi tra ragazze. Asuka non aveva mai capito che divertimento ci trovassero tutte, ma ora che l’aveva capito.
Ben presto, tra risate e smorfie di disappunto (ad Asuka non piacque il cerchietto che Lili cercò d’infilarle tra i capelli), le dodici arrivarono annunciate dal bellissimo orologio alla parete. L’entusiasmo evaporò dall’animo di Asuka come vapore, sostituito dalla paura e dall’ansia.
:-Che mal di pancia…- mormorò. Nel momento in cui varcarono la soglia, colse la sua immagine riflessa e improvvisamente le sembrò troppo curata e in ghingheri. Quello non era il modo di andare ad un pranzo tra persone che non puoi proprio definire tuoi familiari, perché non li hai conosciuti nemmeno un po’.
Una mano affusolata si posò sulla sua spalla e, alzando gli occhi, incontrò lo sguardò rassicurante di Lili. Voleva scagliarsi contro di lei, ma non le venne proprio.
Così, si avviò verso la tana di lupi pronti a sbranarla.

Emilie si aspettava che una signora di circa quarant’anni venisse ad aprirla, non una ragazza che pareva giovane quasi quanto il figlio. Jun Kazama aveva una bellezza serena, dolce, come il mare al mattino. Quasi quasi si lasciava trasportare…
No. Scosse la testa. Gliel’avrebbe fatta vedere lei! Non aveva insegnato l’educazione a suo figlio?!
:-Buongiorno, signora Kazama.- salutò Lili in perfetto giapponese, inchinandosi con grazia degna di una ballerina. Jun le sorrise.
:-Buongiorno a te. Chiamami Jun, per favore. Sei amica di Asuka?- Era difficile, per Lili, essere antipatica e scontrosa con quella donna. Che fosse una fattucchiera?
:-Oh, sì. Scusi il mio giapponese: vengo da Montecarlo.- Jun parve stupita.
:-Così lontano? Prego, entrate.- si scostò, permettendole di passare. Oh, Dio.. Erano davvero tanti. I suoi occhi passarono in rassegna dei vari membri e poi se fermarono su un biondino che non conosceva. Interessante. Sembrava più grande del pazzo giapponese, ma non quanto il padre-del-pazzo; era tanto a disagio quanto lei ed Asuka: ottimo.
Afferrò Asuka per un braccio e la condusse verso il tipo. :-Vieni, ho trovato il posto perfetto.- Ignorò l’occhiata stramba e un po’intimidita della brunetta, e marciò decisa verso il biondo.
:-E’tutto pronto!- annunciò allegra la signora Kazama (Lili cercava di esserle indifferente) e arrivò in cucina con un barattolo bianco coperto. Lili era diffidente verso la cucina giapponese: il suo cuore era sempre più vicino a casa, e lì non riusciva a mangiare molto.
Eppure.
Quei pallini bianchi avevano un profumo ed un aspetto deliziosi. Lanciò un’occhiata di sottecchi a Jun, che le strizzò l’occhio. Tutti si avventarono sul pranzetto; tutti tranne lei e…
:-Bello sapere di non essere l’unico a non sapere usare una bacchetta.- Lili si girò: era stato il biondino a parlare. Lili abbozzò un sorriso.
:-Non a questa velocità, per lo meno. Tu sei…?-
:-Lars, piacere.- le tese la mano. Pulita e forte: lei non poté fare a meno di afferrarla e stringerla.
:-Lars? Svedese? Piacere mio. Io sono Emilie. Senti, direi che è ora di usare le mani, a meno che tu non voglia stare a stomaco vuoto.- , propose lei. Aveva appena fatto un’invidiabile manicure, perché non sfoggiarla? Lei e Lars ridacchiarono –risate tra occidentali. Lili si sentì più a casa.
:-Al mio tre, Emilie. Uno…due…tre!- Partirono all’attacco dei “pallini bianchi”. Riuscirono ad accaparrarsene tre, uno per testa e poi divisero il terzo. Lili notò che Asuka stava parlando con la zia, il Pazzo gareggiava con nonno, bisnonno e padre con le bacchette…insomma, anche se si vergognò parecchio, le scappò un sorriso.
La famiglia di Asuka (o quella che avrebbe dovuto essere) aveva un odore particolare: odore di zucchero bruciato. Perché, in fondo, c’era un desiderio di essere uniti, dolci come una vera famiglia. Ma quello che Lili vedeva con gli occhi di una diciassettenne sognatrice era stato bruciato dalla sete di potere e da altri fattori secondari.
Zucchero bruciato. Lili scosse la testa: nemmeno le sarebbe piaciuta come eau de toilette.
Continuarono a parlare e a ridere, ad azzuffarsi e ad insultarsi fino alle sei e mezza del pomeriggio. Poi se ne andarono. Asuka e Lili s'incamminarono, accolta dall'aria fresca di metà settembre; Lili si voltò verso Asuka e fu felice di vedere la brunetta sorridere con gli occhi chiusi, come se stesse vedendo qualcosa di meraviglioso dietro le palpebre illuminate dall'ombretto di Lili.




Angolo Autrice
Ta-daaaa xD
Other fluff su Lili e Asuka u.u
Ed è deliberamente ispirata dall'ending del favoloso Lars. Diciamocelo, io mi sarei aspettata qualcosa di più bello su Lars (tipo un matrimonio tra lui ed Alisa) ma la Namco si perde proprio in un bicchiere d'acqua.
-.-"
Però, però...mi hanno ispirata! L'idea, almeno. Lasciamo perdere l'espressione dell'idea LOL.
Il titolo me l'ha dato una pomata per capelli. LOL. Mi piaceva troppo, sul serio xD
Aggiornerò presto "L'amore è femmina". Ovviamente, EddyxChristie. Ma l'ending di entrambi, oddio -,-""""""""" Ma perchè la Namco non si spara?!?!?
L'ending migliore è quello di Mokujin. Ho detto tutto.
Bacioni, Angel<3

  
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Tekken / Vai alla pagina dell'autore: Angel TR