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Autore: Catelolla    13/09/2012    1 recensioni
Quel biscotto così soffice, con le goccie di cioccolato. Mai assaggiato in vita mia.
Gli occhi gonfi di Peeta, le lacrime del padre e il mio cuore a pezzi.
Mi chiamo Celine e ho appena perso un pezzo del mio cuore.
Genere: Avventura, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Burro

Apro leggermente gli occhi. Un pallino di luce pulsa nella stanza, assume diverse forme, prima quella della mia finestra, poi quella della testata del letto e infine scompare. Semplicemente. Questo mi fa capire che sono veramente stanca.
Mi alzo controvoglia, un mormorio. Strofino gli occhi pesanti e metto le mani tra i boccoli dei miei capelli. Li torturo un pò. Dopo li lascio in pace. Guardo fuori dalla finestra, le strade rovinate di asfalto, quei piccoli cespugli, i poveri frutteti, la foresta proibita e infine il cielo... Oggi è trsparente, non ha nessuna emozione, non emana ne felicità ne tristezza, rinchiude soltanto la paura e il terrore del distretto 12.
Scendo le scale di legno battuto, costruite da mio padre e dalle sue agili mani, e mi ritrovo difronte ad una faccia familiare. Un viso bianco cadaverico, pelle e ossa, occhi blu come il mare e mascelle squadrate.
Riconosco chi è dalla mia visuale annebbiata di primo mattino e gli salto adosso:
- Peeta! - Sorrido. Anche se non c'è niente da sorridere. Tra un giorno ci sarà la mietitura. Vivo nel distretto 12, nello stato di Panem.
Ogni anno in tutti i 12 distretti viene fatto un gioco che porta il nome di HUNGER GAMES.
In questo gioco 24 ragazzi dai 12 ai 18 anni vengono estratti e portati ad uccidersi a vicenda in un arena. Chi sopravvive è il vincitore, lo aspetta fama, ricchezza e la possibilità di poter dire: Ho vinto contro alla morte. Gia perchè quello è un gioco che trasforma la gente in ciò che non è, in assassini, in assetati di sangue e in prede facili.
Ho sempre evitato di insultare il governo di Panem, mi è stato insegnato che se rischi troppo, le cose non finiscono mai bene.
- Cel... - Mi guarda dritto negli occhi. I suoi occhi sono blu, blu intenso, come il mare, anche se non ne ho mai visto uno. Sono rinchiusa in questo specie di recinto che porta il numero di 12, qua si soffre la fame, ci si ammala, si muore. Mentre a Capitol City la vita è facile, divertente... Ma se devo dire la verità se dovessi scegliere resterei sempre qua al distretto, la vita della capitale è inquietante.
- Cel... Facciamo una passeggiata. - Noto un luccichio nei suoi occhi. Annuisco con un grande sorriso e mi dirigo verso la camera, di nuovo. Metto la mia veste di garza azzurra e la palpo un pò con le mani. E' ruvida, non come il vestito di cotone che indosserò domani per la mietitura. Io e Peeta usciamo di casa, il cielo non da segni di vita, è quasi come se... non ci fosse. Immaginatevi un paese senza cielo, senza nessuno lassù che veglia su di voi, senza quella distesa che a volte ti fa sognare, ti rallegra e cambia il modo di trascorrere una giornata. Oggi sembra esattamente così e Peeta da voce ai miei pensieri:
- Che cielo... Vuoto. - Ci sediamo su quella poca erba nel distretto. Peeta si gira e mi guarda:
- Ho dovuto prendere un biglietto Extra. - Dice. Con la mano tocco l'erba verde e penso su cosa dire. Prendere un biglietto extra equivaleva ad avere più scorte di cibo, ma anche ad avere un biglietto in più da estrarre con il tuo nome. Io e Peeta ne avevamo 5, ah no. Lui 6. Ora. Ogni anno ricevi un biglietto.
- Mi... Dispiace. - Dico. Sento un senso di tristezza. Io non posso perdere Peeta, lui è l'unica mia ragione di vita, insieme a mia madre. Dov'è mia madre? In farmacia, lei è la dottoressa del distretto, io non ho mai dovuto prendere un biglietto Extra perchè ho sempre avuto un pasto in tavola, mia madre fa un buon lavoro. Sono una delle più fortunate. Ma non fraintendete. La vita è sempre dura qua al distretto. Ritorno a Peeta. Il cuore inizia a pulsare forte. Io non posso perderlo. No, non posso. Improvvisamente il cuore mi arriva al cervello, mi avvicino a Peeta che mi guarda e lo abbraccio. Mi nascondo nel suo braccio. Li sono al sicuro da ogni estrazione, da ogni sofferenza.
- Non voglio perderti Peeta. - Sussurro. Mi scende una lacrima. Una lacrima dolce, vera, una delle poche lacrime che verso dalla morte di mio padre.
- Neanche io Cel... Neanche io Cel. - Ripete. Poi appoggia la sua testa sulla mia. In quel momento sento come delle farfalle nello stomaco, inizio a guardare Peeta. Mi sento speciale, in quel momento. Sono li, con il mio migliore amico. Aspetta. Sto considerando che lui mi è sempre stato vicino, sin dall'infanzia:

Il giorno che morì mio padre era un martedì. Io come di solito andavo a scuola con la mia treccia e un sorriso stampato in faccia, ma quel giorno non fu così. Il giorno prima seppi che mio padre è deceduto. Faceva il muratore, era il più bravo del distretto, ogni sera mi addormentava con il suo dolce sorriso, i suoi occhi verde smeraldo per riscomparire il giorno dopo. Chi avrebbe immaginato che un giorno non sarebbe più tornato. Era morto con una trave adosso, che messa in un modo sbagliato, gli aveva fatto perdere l'equilibrio e fatto cadere, per poi precipitare su di lui. Era m-m-morto. Da quella sera, cantai la canzone della buonanotte da sola, nel letto. Ricordando il suo sorriso, riversando lacrime su lacrime. Poi, arrivò il biglietto, a scuola, da Peeta, un ragazzo a me sconosciuto, lo conservo ancora, sotto al cuscino, rileggendolo ogni sera: Non ti abbattere sei forte.
Lo rileggo ancora adesso. E' grazie a Peeta se ho imparato ad essere forte.

I miei pensieri si fermano per una carezza, una carezza sui capelli. Mi provoca un brivido, un brivido piacevole. Mi giro verso Peeta adesso sdraito con me tra l'erba.
- Ti voglio bene Celine. - Celine. Mi ha chimato Celine. Improvvisamente mi accorgo che ha uno sguardo perso:
- Peeta... - Lo scrollo un pò.
- Pensavo... Soltanto. - Risponde lui. Ancora con lo sguardo nel vuoto.
- A cosa? - Rispondo io cercando di inquadrare il suo punto di vista. Non lo trovo.
- All'amore. - Amore. Queste parole mi colpiscono. Mi colpiscono dritto nel cuore. Sono certa che sto imparando a guardare Peeta con occhi... Più che d'amica.
Sospira. Si gira da un lato e anche io. Ci ritroviamo uno davanti all'altro. Siamo molto vicini. In questo momento mi viene voglia di baciarlo. Di toccare le sue morbide labbra rosee e far smettere quelle farfalle che più ci avviciniamo aumentano. Ma penso che lui... Non ricambierebbe. C'era qualcosa prima, nel suo sguardo perso che mi ha fatto capire che... Io non c'entro in quella parola con la A. 
Questo stupido pensiero mi fa alzare di scatto. E lascio li, Peeta, ancora sdraiato.
- Ciao. - Riesco a dire appena. Mi mordo il labbro mentre mi giro per andare verso la via della farmacia.
- Cosa succede Celine? - Dice quasi urlando. Si alza in piedi, noto qualche fiore nella sua testa e lo fisso finche Peeta non si passa una mano tra i capelli e fa cadere l'erba verde.
Fa cadere. Proprio quello che sto evitando in quest'insieme di emozioni. Mi ha chiamata Celine. Tutti mi chiamavano Celine. Eccetto lui..
- M-m-mi hai chiamato Celine! - Dico urlando, una bambina bionda passa di li con in mano un cesto di frutta, al mio urlo la bimba fa cadere il cesto. Le mele scivolano. Le fisso attentamente, rosso, rosso puro. Sento lo sguardo impietrito di Peeta puntato su di me.
Sono impegnata ad osservare la bambina raccogliere le mele. Mi giro e la aiuto.
- Mi dispiace piccola. - Le do una carezza e lei ride. Si allontana.
Peeta è ancora li impietrito, Mi rimetto davanti a lui che sembra immerso nei suoi pensieri. Noto che ha ancora lo sguardo vuoto. Sbuffo. Basta. Basta con quello stupido silenzio.

- Peeta. Io dovrei... Andare in farmacia. - Confermo.  Lui non mi ama.



 



  
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