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Autore: Portuguese_D_Ace    13/09/2012    2 recensioni
Secondo voi, due vite possono completamente essere sconvolte? Ribaltate come se niente fosse, mentre la vita degli altri continua ad essere sempre la stessa, mentre il tempo scandisce minuti e secondi che non possono mai essere sprecati?
Lily e Luke, due normali sedicenni che vivono a San Diego, California, impareranno cosa vuol dire cercare e cercare senza sosta, senza trovare qualcosa, a volte.
Ma non tutte le ricerche sono inutili. E impareranno anche questo.
Se vi ho incuriosito, leggete questa storia.
Genere: Comico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Luke

<< Lily, ti sei fatta male? Hai per caso sbattuto la testa? >> Porto la mia mano, ancora sulla sua spalla, dietro la sua testa, scostandogliela con attenzione dal muro. Lei mi guarda negli occhi per un periodo interminabile. Ho sempre pensato che il colore dei suoi occhi fosse particolare e interessante. Penso che quell’azzurro così intenso che alcune volte fa a pugni con il grigio scuro, rifletti esattamente la sua personalità: simpatica, acida, ironica, gentile… un carattere composto da tratti opposti, che in lei si fondono stranamente in modo perfetto. Ad un tratto, distoglie lo sguardo e leva malamente la mia mano da dietro la sua testa.
<< No, sto bene e ce la faccio anche da sola. >> Giusto, ho dimenticato che è terribilmente orgogliosa? Se poi sono io a volerla aiutare (cosa che non capita quasi mai) il suo orgoglio triplica. Si alza e la vedo barcollare, portandosi una mano alla testa. Mi metto velocemente in piedi anche io e la sostengo, cingendole un fianco e mettendole una mano sul braccio.
Sorrido impercettibilmente. << Non direi. >> Resta in silenzio e si lascia aiutare, anche perché se in questo momento la mollassi, cadrebbe a terra di peso. La conduco nella stanza dove prima stavo suonando e la faccio sedere sul divanetto posto accanto alla parete. A proposito…lei cosa ci faceva qui? Bisogna passare vicino alla cassa per arrivare qui e questa è una zona dove i clienti possono entrare solamente accompagnati dal personale. Sicuramente, in quel momento Cole era impegnato e Lily, presa dalla curiosità di cosa ci fosse dietro la porta, è sgattaiolata qui e mi ha visto suonare. Pensare che nessuno mi ha mai sentito suonare…non suono mai per nessuno. Quando abitavo a Chicago, prendevo lezioni di pianoforte. Ho iniziato quando avevo precisamente sei anni. I primi quattro anni, durante i quali non studiavo cose così elaborate, facevo ascoltare i miei progressi ai miei genitori, fiero e  saltellante. A dieci anni, dopo la scioccante rivelazione di essere stato adottato, mi chiusi in me stesso e non suonai loro più niente, nemmeno un misero Do.
All’infuori del mio maestro, nessuno, da quel giorno in poi mi sentì suonare. Nemmeno il mio collega Cole, che mi permette di utilizzare questo meraviglioso Steinway & Sons bianco, ha avuto il piacere di ascoltarmi. Gliel’ho vietato categoricamente. Una volta a settimana il mio maestro (una delle poche persone che mi vuole bene veramente) viene a San Diego per farmi lezione, proprio qui, in questa stanza e con questo pianoforte che ormai sento come mio. Non mi fa nemmeno pagare niente, è un vecchietto davvero amabile, lo considero un nonno. Lavoro in questo negozio semplicemente perché devo mantenermi, da solo, indipendentemente dai miei genitori.
<< Lily? >> La chiamo io, rompendo il silenzio. << Stai bene? Ti gira ancora la testa? >>
<< Come fai a sapere che mi girava la testa? >> Nemmeno un “grazie Luke per esserti preoccupato”. Non so nemmeno io perché mi sono preoccupato. Tecnicamente siamo nemici, soggetto uno delle battute e dell’ironia dell’altro.
<< Stavi cadendo a terra. >> Scandisco bene. Non penso che barcollasse perché si voleva mettere a ballare la samba. Sbuffa e io faccio finta di non sentirla. << Hai sbattuto la testa? >>
<< No, cioè, non lo so. Ad un certo punto ho sentito le gambe cedere e la forza abbandonare il mio corpo.  Sono caduta a terra, ma in quel momento ero così confusa che non ho fatto caso a niente. Tranne che al tuo accordo fuori dai programmi, alla tua imprecazione e ai tuoi passi. >>
<< So che sono un tipo che attira parecchio l’attenzione. >> Sdrammatizzo io e lei fa una smorfia, senza degnarsi di guardarmi. << Ma mentre cadi, non avresti dovuto far caso a niente, nemmeno a me. >>
<< Scusami tanto "Mr. Guardatemi tutti". >> Incrocia le braccia. << Non pensare che sono in vena di complimenti. Con te non sono mai in vena di complimenti, ficcatelo bene in testa. Ma… >> Si ferma un attimo. << …suoni davvero benissimo. Quella melodia era affascinante e meravigliosa. E tu eri così concentrato, così preso dalle note. Si vede che ti piace da morire suonare il pianoforte.>>
<< Già, è la mia passione. >>
<< Eppure, quella musica conteneva una malinconia pazzesca. Scommetto che tieni un grande peso nel cuore, un peso carico di tristezza e incomprensione. >>
Possibile che Lily mi debba comprendere con la stessa facilità con cui una persona schiocca le dita?
<< Non porto nessun peso, tranquilla. >> Mi sforzo di sorridere. Però non riesco a capire quest’improvviso interessamento da parte sua. Non siamo mai stati interessati ai fatti l’uno dell’altro. << Tu come ti senti? E per favore, non fammelo ripetere altre dieci volte. Rispondi e basta. >> Alza lo sguardo sorridendo davvero e, improvvisamente, mi ricorda la donna della visione che poco fa ho avuto. Non avevo minimamente percepito la sua presenza; mentre suonavo ad un certo punto, mi sono apparse in mente delle persone. Una donna dai capelli rossi come quelli di Lily, stava cullando tra le sue braccia un bambino canticchiando una ninna nanna e suo marito le poggiava le mani sulle spalle. Lei alzava il viso e gli sorrideva, felice come non lo era mai stata. Poi si vedeva una culla dalle lenzuola rosa e si sentiva il bambino iniziare a piangere insistentemente. Pioveva e loro si trovavano in una stanza buia, illuminata scarsamente da una candela. Un fulmine si stagliava proprio vicino alla casa e la visione finiva in quel modo. Per la sorpresa, ho sbagliato la posizione delle mani e il pianoforte ha prodotto un suono stonato e distorto. Poi mi sono girato e mi sono accorto che una persona  era appena caduta a terra davanti alla porta. Adesso, quando Lily ha alzato lo sguardo, mi è sembrata proprio quella donna.
<< Si, Luke. Adesso sto bene e grazie per prima. >> Ora svengo. Lily Gray mi ha ringraziato? Lily Gray mi ha sorriso? Lily Gray si è lasciata aiutare da me? Questo si che è strano.
<< Tu hai sbattuto la testa sicuramente. >> E anche molto forte.
<< Perché scusa? >>
<< Come mai sei venuta qui? >> Mi siedo anche io sul divanetto.
<< Ero nel negozio perché dovevo comprare delle cuffie e ho sentito una melodia. L’ho seguita e sono arrivata qui. >> Tutto ciò è impossibile. Lei non può aver sentito la melodia semplicemente perché il suono non riesce a propagarsi anche in negozio; il corridoio è insonorizzato.
<< Lily tu non puoi avermi sentito suonare dal negozio. >>
<< Ok che forse ho battuto la testa, ma non sono pazza, Luke. >> Un momento, è la terza volta che mi chiama col mio nome oggi. Adesso chiamo un’ambulanza, magari è sotto shock. << Io ti ho sentito suonare.>>
<< Il corridoio è insonorizzato. Per questo non puoi avermi sentito. >>  Mi guarda, sorpresa.
<< Ma io ho sentito la canzone che stavi suonando. E no, non era un’altra melodia. La sentivo distintamente, come se le voci delle persone del negozio e i rumori della città fungessero solamente da sottofondo. >> Non sta mentendo, lo sento dalla sua voce e lo vedo dal suo sguardo. Dopotutto, perché mai dovrebbe mentire?
<< Strano. E comunque questa è una zona dove i clienti non possono entrare se non sono accompagnati dal personale. Com’è che hai infranto le regole, Lily? >> Provo a provocarla. Se non mi risponde per le rime, la porto io stesso al pronto soccorso.
<< Ah, stai zitto! Non ho infranto nessuna legge. E poi scusa, tu non sei un santo. >> Sta bene.
<< Lily è tornata. >> Mi metto le mani sotto la testa, ridacchiando leggermente.
<< Che vorresti intendere? Lily c’è sempre stata. >> La guardo incredulo  e poi chiudo gli occhi rilassandomi.
<< Allora, hai detto che suono bene. Quindi sono stato di tuo gradimento? >>
<< La musica è stata di mio gradimento, non tu. >> Sta benissimo, penso rassegnato. Tra poco comincerà a chiamarmi nuovamente per cognome.
<< Quindi non sono stato di tuo gradimento anche quando ti ho raccolto da terra? >>
<< Mi sono alzata da sola. Tu mi hai…sostenuta, Luke. >> Mi ha chiamato di nuovo per nome! Devo dubitare della sua sanità mentale, per caso?
<< Lily, perché mi chiami per nome? Non lo hai mai fatto, come mai d’improvviso questo radicale cambiamento? >> Eppure, devo ammettere che è insolitamente piacevole sentire il mio nome uscire dalla sua bocca, pronunciato con la sua voce. E’ piacevole quanto strano.
<< Non ha senso che io continui a chiamarti Bennett. E poi, il nome “Luke” mi piace. >> Apro gli occhi di scatto e la guardo sorpreso come non mai. Il nome “Luke” le piace? E da quando in qua? Le tocco la fronte. Non è calda.
<< Lily, quanti sono questi? >> Alzo tre dita, come si fa quando giochi a mosca cieca con qualcuno e devi assicurarti che non veda niente.
<< Sono tre. Perché…>> Sospira e abbassa la mia mano con la sua.
<< Lo sai chi sono io, vero? Sono Luke Bennett, la persona che più odi al mondo. Il mondo reale ti sta reclamando, ritorna facendo contenti tutti, compreso me. >> La guardo serio negli occhi, che in questo momento sono azzurro scuro intenso.
<< Luke, torna tu nel mondo reale. Ti chiamo per nome, non c’entra niente il fatto che io ti odi. E comunque, io avrei bisogno di un paio di cuffie. Aspetta, ma tu che ci fai qua? >> Lo sapevo che prima o poi me lo avrebbe chiesto.
<< Ci lavoro. >> Mi alzo dal divano. << Quindi adesso alzati e andiamo a prendere queste cuffie. >>
Si alza pure lei e sembra notare il cartellino attaccato alla maglietta, dove c’è stampata una chiave di violino e il mio nome. Esco dalla stanza e attraverso il corridoio quel poco che basta per arrivare alla porta che conduce al negozio. Cole sta servendo un altro cliente, quindi non nota il mio rientro in negozio. Lui è il figlio dei proprietari; siamo buoni amici, per questo alcune volte mi permette di suonare nelle pause. Entra in negozio anche Lily e dopodiché chiudo la porta e le faccio segno di seguirmi. Raggiungiamo lo scaffale dove sono esposte le cuffie.
<< Dimmi, quale vuoi? >> Le domando.
<< Non lo so. >>
<< Io ti consiglio queste. >> Le indico un paio di cuffie nere. << Sono economiche e durano molto. Conta che io le ho comprate quattro mesi fa e sono ancora tutte intere, cosa strana perché sono un distruggitore di cuffie patentato. >>
<< Ho rotto le mie ieri. Erano le terze in tre mesi. >> Mi sorride. << Prendo queste. E guarda che se si rompono subito, vengo a lamentarmi. >> Sta scherzando, sta scherzando! E non con quella ragazza dai capelli scuri con cui la vedo sempre, ma con me! Questo si che è un evento epico.
<< Prendi queste, allora? >> Le chiedo io, ancora confuso per il suo comportamento.
<< Si. >> Prendo il pacchetto di cuffie e vado alla cassa. Gli levo l’allarme, le metto in una bustina e gliela porgo.
<< Se non mi dici il prezzo non posso pagare. Luke, stai bene? >>
<< Sto benissimo. E comunque, le cuffie te le regalo io. Vedilo come un dono da un amico, o da un nemico, se preferisci. >>
<< Ma…>> La interrompo prima di poterle far continuare la frase.
<< Ma niente, Lily. Sono deciso, davvero. >> Ora che fa, mi ringrazia un’altra volta?
<< Ok, allora ci vediamo domani a scuola. E grazie, Luke. >> Niente, devo andare io all’ospedale. In ricovero per undici giorni. Possibile che quando è caduta a terra, il suo cervello si sia ribaltato? La guardo allontanarsi e uscire dal negozio. Pochi minuti dopo, Cole mi si avvicina.
<< Tutto bene, Luke? Hai una faccia! >>
<< Si, tutto a posto, non preoccuparti. >>

 

Lily

La faccia di Luke resterà per sempre impressa nella mia mente! Era a dir poco sconvolto! Una mia regola intrascendibile è quella di chiamarlo sempre e solo per cognome, ma alla fine mi sono detta: “Se devo giocare al suo stesso gioco, perché non chiamarlo per nome?” Direi che ho fatto un ottimo lavoro. Ammetto che inizialmente, quando l’ho chiamato la prima volta per nome, quando gli ho spiegato cosa mi era successo, quando l’ho ringraziato, quando gli ho sorriso…non stavo affatto scherzando. Ero come in una specie di trance. Mi sentivo totalmente a mio agio con lui, talmente tanto che in quel momento gli avrei parlato con naturalezza per ore. Era come se mi trovassi con una persona che conosco da sempre e di cui mi posso fidare in tutti i sensi. Poi, però, mi sono ricordata che quello era Luke Bennett e non un angelo sceso dal cielo, quindi mi sono imposta di non continuare a provare quelle sensazioni e quei sentimenti di fiducia verso di lui. Ancora non mi capacito di quello che mi è accaduto; la visione, la caduta improvvisa , le sensazioni strane in presenza di Luke…cosa mi sta succedendo? Parcheggio nel vialetto di casa, sfilo la cintura di sicurezza e prendo le chiavi dalla tracolla. Scendo dalla macchina e apro la porta di casa. Tutto è in ordine, come al solito. A mia madre piace sempre ordinare la casa, non può vedere disordine, nonostante sua figlia e suo marito lascino le cose dove meglio capita. Non sono mai stata una patita dell’ordine e non credo che lo sarò mai. Quando cerco qualcosa non trovo mai niente e se solo non fosse per mia madre che la sistema almeno due volte a settimana, non saprei nemmeno dove trovare una semplice penna. Butto la borsa e le chiavi sul tavolo, apro il frigorifero e verso in un bicchiere un bel po’ di acqua fresca. In casa non c’è ancora nessuno, in quanto i miei genitori lavorano fino a tardi. Ripenso alla visione avuta in negozio. Che senso ha? Ad essere sincera, non è la prima volta che mi capita una cosa del genere. Un giorno, ero sempre con quell'essere (Luke) a scuola. Lui stava mettendo in mostra il suo fascino umoristico davanti alle sue seguaci e all'improvviso mi è apparsa in mente sempre questa ragazza dai capelli rossi che allattava un neonato. Ricordo che quel giorno ho sentito la testa martellarmi finché la sera non sono andata a dormire.  Terribile, semplicemente terribile. Prendo le mie cose e salgo in camera mia, dove accendo immediatamente il computer. Mentre si carica, osservo per bene le mie cuffie nuove; non vedo l’ora di provarle. Un po’ di sana musica riuscirà a distrarmi da tutto e tutti e dalla stranezza che sia stato Luke a farmi questo regalo. Mah, io la gente alcune volte non riesco proprio a capirla. Anzi, credevo che quando mi avrebbe vista a terra sarebbe scoppiato a ridere e che subito dopo si sarebbe arrabbiato perché lo avevo guardato di nascosto mentre suonava. Invece, è stato…gentile. Ah ma cosa vado a pensare!L’importante è che il mio piano fili liscio.
   
 
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