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Autore: cup of tea    14/09/2012    2 recensioni
Terra, anno 2101.
L'inquinamento ha cambiato il volto del nostro pianeta e ha ucciso gran parte della popolazione mondiale.
I superstiti cercano di condurre una vita normale, mentre, in un piccolo villaggio, Grimborough, accadono cose strane.
Il Cacciatore di Notizie Marc Temple viene mandato in quel luogo per indagare sugli agghiaccianti avvenimenti.
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Buooooongiorno!

Lo so, lo so… è passato un secolo dall’ultimo capitolo, sono imperdonabile! Probabilmente questo mio ritardo nella pubblicazione entrerà nei Guinness dei Primati.

Però, se state leggendo questa nota, probabilmente vuol dire che nonostante tutto non mi avete ancora abbandonata, e ve ne sono grata.

Se potessi entrare nello schermo del mio Pc e uscire dal vostro, vi abbraccerei uno per uno, soprattutto i veterani che continuano impavidi e instancabili a leggere e recensire fin dai tempi del primo capitolo. Siete fantastici e preziosi, proprio come i vostri consigli e il vostro supporto.

Ma abbraccerei anche chi legge silenziosamente, perché quelle quasi 300 visite sono un grande regalo.

E, ancora, abbraccerei chi segue, ricorda o preferisce: siete dei pazzi, ma mi riempite il cuore di gioia.

Purtroppo, però, non sono ancora abile con la smaterializzazione, perciò vi dovete accontentare solo di un abbraccio virtuale, di quelli che stritolano, e di un enorme, sentito e profondo GRAZIE.

Siete insostituibili!

 







CAPITOLO 9 – BRUSCHI RISVEGLI



Se Marc avesse dovuto stilare una lista delle 10 Migliori Dormite Della Sua Vita, quella della notte appena trascorsa sarebbe sicuramente stata sul gradino più alto del podio.

Il solo fatto che le notti precedenti erano state tormentate da incubi, cattivi pensieri e dal setto nasale deviato di Ethan, che russava forte come uno di quei trattori che si usavano una volta, sarebbe stato sufficiente a farla passare in vantaggio, ma, inoltre, questa appena passata era stata una notte il cui punteggio sarebbe comunque salito alle stelle per un dettaglio non indifferente: una bella ragazza era distesa al suo fianco, cosa che non accadeva da un po’, e, ancora più importante,  non era una di quelle prepotenti e direttive come Charlize.

Bum. Bum. Bum.

Quelli sarebbero stati certamente i tamburi all’inizio dell’inno nazionale, mentre quella Notte starebbe ricevendo la sua medaglia d’oro dalle mani di Marc e starebbe salutando il pubblico in delirio. Quello che però non avrebbe avuto senso sarebbe stato il fatto che il pubblico starebbe urlando “Marc, Marc!”, invece di incitare la vincitrice.

Probabilmente sto sognando, pensò Marc e ne ebbe la conferma quando sentì un paio di mani gelide e fragili spingerlo giù dal letto mentre altre due, decisamente meno delicate, lo stavano schiaffeggiando insistentemente  in piena faccia.


Oh, un risveglio del genere mette di sicuro in discussione il verdetto dei giudici!


 Pensò, ancora confuso e intorpidito dal sonno, mentre cercava di mettere a fuoco la situazione.

Bum. Bum. Bum.


Questa volta, ai battiti – che aveva realizzato provenire da dietro la porta – si era aggiunta una voce profonda e roca.
“Difensori dell’Ordine e Dell’Equilibrio. Aprite questa porta, o verrà fatta saltare.”


Bum. Bum. Bum.

Bastò questo a rimettere in moto il suo cervello: Marc fece cenno ad Alicia di nascondersi sotto il letto, mentre Ethan si sdraiava di nuovo sul proprio e assumeva una posa che sembrasse il più naturale possibile, aprendo una pagina a caso di “Guerra e Pace”, che aveva trovato sul comodino di Temple, ma non prima di avergli lanciato un’occhiata a metà tra lo stupore e la disapprovazione per la discutibile scelta di lettura dell’amico. Marc in risposta scosse la testa rassegnato e aprì la porta, ostentando nonchalance.

Davanti all’ingresso ora aperto c’erano cinque Difensori, tutti uguali nelle loro divise bianche e tutti incredibilmente massicci e imponenti. Dio solo sapeva quanti ce ne fossero all’esterno dell’ostello, pronti a intervenire al minimo ordine.

“Buongiorno. Vogliate perdonare il nostro abbigliamento da camera, ma sapete, non vi aspettavamo. Avete bisogno di qualcosa?” disse Marc, mostrando un sorriso e uno sguardo falsamente sorpreso.

“Abbiamo un mandato di perquisizione per questa camera.” A parlare era stata la stessa voce roca che aveva annunciato la loro presenza. L’uomo che aveva appena parlato era alto e muscoloso, con capelli e barba così scuri da rendere, se possibile, il suo sguardo ancora più cupo e minaccioso. Marc lo vide lanciare un’occhiata verso Ethan e cambiare espressione, come se avesse riconosciuto una vecchia conoscenza. Anche Ethan doveva essersene accorto, perché cominciava ad agitarsi sul letto.
“Abbiamo ragione di credere che qui si nasconda una ricercata.” Proseguì poi l’uomo.

Marc ne lesse il nome sulla targhetta cucita sul lato sinistro della giacca della sua candida divisa. “Non so di cosa stia parlando, Capitano… si pronuncia come si scrive? Ieskowitz?”
“E’ Aieskowitz, in realtà. E non abbiamo tempo da perdere qui.” Fece un cenno con la testa ai quattro della sua squadra, che irruppero nella stanza. Ethan fu fatto alzare dal letto, mentre blaterava qualcosa sulla violazione di domicilio e protestava deliberatamente mentre i Difensori buttavano all’aria coperte e lenzuola e ribaltavano i comodini e la scrivania. Marc cercava con tutto sé stesso di non guardare nella direzione in cui sapeva esserci Alicia, ma gli riusciva molto difficilmente.

“Signori, come potete vedere ci siamo solo io e il ragazzino, qui.” Cercò di distrarre gli agenti, ma peggiorò la situazione. Ieskowiz gli si avvicinò minacciosamente, mostrando un sorriso beffardo capace di far accapponare la pelle. “Marc Temple, il famoso Cacciatore di Notizie, crede davvero che siamo così stupidi.” Scoppiò in una fragorosa risata, accompagnato dai suoi quattro uomini. “Come sa chi sono?” chiese Marc, ormai non più molto disinvolto. “Oh, noi siamo al corrente di molto di ciò che accade a qui a Grimborough. Credeva davvero che un Cacciatore con la sua fama non sarebbe stato tenuto d’occhio fin dal suo arrivo in città? Mi delude davvero.”

“Capitano, abbiamo trovato questo” disse un agente, porgendo a Ieskowitz il blocco di Marc. Questi cercò di riprenderselo, ma fu bloccato con le braccia dietro la schiena da un altro Difensore.

“Bene, bene, bene. Questo è davvero interessante.” Disse Ieskowitz scorrendo gli appunti; poi, distrattamente si rivolse ai suoi:
“Ora non vi resta altro che trovare la ragazza.” Intanto Marc cercava di liberarsi, ma le mani erano state appena bloccate da qualcosa di metallico e duro. “Andiamo, Temple, non può deludermi due volte nel girò di pochi minuti: come può un Cacciatore del suo calibro usare ancora mezzi così obsoleti come un blocco e lasciarli in giro, così facilmente reperibili?” Marc non perse tempo a rispondere alla provocazione; abbassò, invece, prontamente la testa mentre la pesante copia di “Guerra e Pace” volava nella sua direzione, colpendo direttamente in fronte l’agente dietro di lui e poi tirò un calcio sulle ginocchia di questo, che cadde a terra urlando di dolore. Il lancio di Ethan era andato a buon fine, ma, immediatamente dopo, il ragazzino fu spinto contro il muro e ammanettato, proprio come Temple, che nel frattempo era stato raggiunto e bloccato da un altro agente.

Quegli agenti erano davvero troppo forzuti per credere di poter opporvi resistenza, ma Ethan non voleva demordere e si dimenava facendo appello a tutta la furia possibile. Sapeva che non sarebbe bastato a liberarsi, ma si fermò solo quando Ieskowitz lo afferrò per i capelli e lo costrinse a guardarlo in faccia.

“Ci reincontriamo, ragazzino. Pensavo che l’incendio dell’altro giorno sarebbe bastato come avvertimento, ma evidentemente mi sbagliavo. Fai lo schiavetto per questo pluripremiato Cacciatore, adesso?”

Ethan sputò in faccia al Capitano.

“Credo sia giunto il momento di accompagnare fuori questi signori.” Ordinò Ieskowitz, che tirò fuori un fazzoletto di stoffa dalla tasca e si pulì il viso. “Sì, Capitano.”
 
 


“Aspettate!”

Marc sperò di esserselo solo immaginato, ma non potè fingere di non vedere Alicia uscire dal suo nascondiglio e consegnarsi agli agenti.
“Alicia, che diavolo pensi di fare?!” urlò Marc, ma fu colpito nel fianco da un Difensore e gli si mozzò il fiato in gola.
“Taci, Marc! E’ me che sono venuti a prendere, non voi due. Vi ho trascinato io in questo casino. Ieskowitz, sono qui, verrò con voi senza fare storie, non serve che portiate via anche loro.” Supplicò Alicia, ammanettata a sua volta.
“Oh, signorina, non ho dubbi che verrà senza fare storie. E sono certo anche che i suoi amici saranno lieti di unirsi alla nostra piccola gita.”
Queste furono le ultime parole che Marc sentì, insieme a qualcosa che gli si stava conficcando nel braccio sinistro. Provò un dolore lancinante e poi più nulla.
 


Il buio.
 

Poi la confusione.
 

Si sentiva cullare, poi trascinare, poi sballottare.
 
E poi di nuovo il buio.

 

Dov’era Ethan? E Alicia?
Sentivano anche loro un caldo insopportabile a un braccio?
 

Forse non gli importava veramente… perché ora era un bambino e suo padre era con lui. Durante uno di quei viaggi incredibili di città in città. Suo padre sorrideva e gli stava raccontando le meraviglie del passato.
Distese sconfinate di verde, “alberi” così, si chiamavano. “Vedi, figliolo, questa una volta era una “foresta”!” quello era il termine tecnico. Ma il piccolo Marc riusciva solo a vedere un noiosissimo terreno beige, bruciato dal sole e arido per la siccità. Con qualche arbusto spoglio e rinsecchito. “E qui scorreva un fiume, che quando pioveva si riempiva così tanto da strabordare dal letto e finiva per allagare tutto il territorio intorno.” “Papà, non prendermi in giro! Una cosa così non può succedere!” era seriamente scettico, ma gli piaceva pensare che una volta ci fosse così tanta acqua sul Pianeta, che la gente vi si poteva addirittura immergere. Questo era il suo racconto preferito. Ma tutto quello che riusciva a vedere nel punto in cui suo padre aveva indicato ci fosse stato questo fantomatico “fiume” era un’enorme crepa nel terreno. Una delle tante.

E sentiva caldo. Caldo. Caldo al braccio sinistro.


 
E un bruciore agli occhi.
 
Voleva strofinarseli, ma aveva le mani bloccate. Così li aprì piano piano. La luce era accecante.
 
Si ritrovò sdraiato su un fianco, su qualcosa di morbido, qualcosa in movimento. Ma non riusciva a vedere oltre quelli che sembravano i sedili anteriori di un’automobile. Cominciò ad agitarsi ricordando più o meno gli ultimi avvenimenti, ma non ci volle molto prima che sentisse di nuovo qualcosa che gli si conficcava nello stesso punto sul braccio e il dolore lancinante che seguiva.
 


E di nuovo il buio.
 
 





 
Quando finalmente si svegliò per l’ennesima volta, non sentiva più sotto di sé la sensazione piacevole della poltrona dell’auto. Questa volta era sdraiato su qualcosa di estremamente duro e freddo, decisamente poco comodo e terribilmente umido.
Cercò di mettersi seduto e scoprì con sorpresa che le sue mani erano finalmente libere. Dove prima c’erano le manette, ora c’erano due segni rossi e profondi all’altezza dei polsi.
Se li massaggiò un po’, e fece lo stesso con il braccio sinistro, dove scoprì di avere un grosso livido intorno a quella che sembrava essere la puntura di una siringa.

Infine mise a fuoco il luogo intorno a sé.
Era seduto su un pavimento di pietra, la stessa pietra che caratterizzava l’intera Grimborough. Perlomeno so di non essere stato portato lontano.

Su una parete c’era una finestra senza vetro, solo una griglia di metallo che impediva l’entrata e l’uscita. Da essa filtrava una luce arancione scuro e freddo. Si alzò in piedi e guardò fuori, investito da un’aria pesante e gelida. Doveva essere da poco calato il sole, ma non riusciva a capire se fossero passate ore o giorni dalla mattina in cui Ieskowitz era entrato nella loro camera.

A giudicare dall’altezza che lo separava dal terreno, stimò di trovarsi almeno al quindicesimo piano dell’edificio, il che rendeva inutile qualsiasi tentativo di fuga.

Si girò rassegnato verso la porta di quella che ormai aveva capito essere una cella di tutto rispetto. Era fatta di un metallo pesante ed era sollevata di qualche centimetro dal pavimento, il che spiegava come fossero riusciti a entrare i due topi che gli stavano facendo compagnia da quando si era svegliato. Sulla porta c’era anche un piccolo oblò, apribile sia dall’interno che dall’esterno, probabilmente serviva per passare il cibo ai detenuti, sempre che gli agenti si premurassero di dar loro da mangiare. Lo aprì e guardò fuori. Con un po’ di fortuna Ethan e Alicia potevano benissimo trovarsi a qualche cella dalla sua, sempre che fossero stati portati nello stesso posto. Invece, si ritrovò di fronte un uomo, seduto su una sedia proprio davanti alla sua cella, che sembrava stesse solo aspettando quel momento.



“Buongiorno Temple. Dormito bene?”

   
 
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