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Autore: nevertrustaduck    14/09/2012    8 recensioni
"...Guardando i suoi occhi per una volta mi sentii a casa. Per una volta credetti veramente di essere importante per qualcuno, sentii di essere nel posto giusto. Pensai che non sarei mai più stata sola..."
Jessica vive in un orfanotrofio da quando ha cinque anni. E' cresciuta sotto l'occhio severo e premuroso di Tess, la sua migliore amica, con la quale ha intenzione di scappare non appena compiuti i diciotto anni. Nessuno si è mai curato di lei, a scuola è una continua derisione per quello che non ha, ma un incontro sul lavoro le cambierà radicalmente la vita. Tutto è innescato da delle coincidenze.
E' proprio vero: la vita è quell'entità che si pone tre te e i tuoi piani per il futuro.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- I will never be with you
 


Sbattei  più volte gli occhi prima di realizzare che quella che avevo davanti non era Tess.
Era molto diversa, in effetti. Aveva i capelli più ricci, una folta chioma color rame, gli occhi erano chiari ma erano grigi, non azzurri. Condivideva con lei soltanto il candore della pelle, con l’aggiunta di qualche lentiggine sulle guance.
Era stato il sorriso a farmi confondere, insieme a quella luce che emanava dagli occhi.
«Ciao, io sono Chelsea» mi disse continuando a mostrare quel sorriso perfetto.
«J-Jessica» balbettai ancora sotto l’effetto della visione.
Sistemò i suoi libri sul tavolo per farmi posto con la grazia di chi ha tra le mani bicchieri di cristallo. Mi sedetti al suo fianco, non riuscendole a staccare gli occhi di dosso. Tornò ad appoggiarsi allo schienale dello sgabello, conservando un portamento quasi regale.
A guardarla meglio sembrava fosse appena uscita dalla copertina di Vogue per quanto aveva classe, con tutti quegli accessori che si sposavano perfettamente con il suo comportamento.
Avevo un livello di autostima abbastanza alto, ma in sua presenza scese di molto sotto lo zero.
«Pronta  a far esplodere qualcosa?» mi chiese strizzandomi l’occhio.
«Sì se intendi la Hatkinson» dissi rivolgendole un ampio sorriso.
Cercò di soffocare la risata che scaturì da quella risposta con un colpo di tosse.
Mi appoggiai al tavolo del laboratorio con entrambi i gomiti, cercando di appollaiarmi nella maniera più comoda sullo sgabello.
«A quanto ho sentito sei anche tu una delle sue preferite» mi disse sarcasticamente, abbassandosi dietro un microscopio.
«Anche?» le chiesi inarcando le sopracciglia.
«Andiamo molto d’accordo da quando ho fuso una stanghetta dei suoi occhiali al secondo anno. Li aveva lasciati accanto al mio fornello e io me ne sono accorta soltanto quando mi sono ritrovata con un quattro che faceva piangere la media» mi disse alzando gli occhi al cielo.
«Benvenuta nel club, allora! Questo corso mi appassiona veramente molto dato che capisco la metà del tempo cosa sto facendo. Ecco perché sono quasi sempre in ritardo» dissi contenta di aver trovato una compagna di sventure.
Si lasciò sfuggire un’altra risata prima di sistemare in ordine decrescente i baker sul tavolo.
«A proposito di ritardo, per caso il Jonas che la Hatkinson si è premurata di mandare in classe era Nicholas?» mi chiese con noncuranza.
Per caso, sì. Considerando che gli altri due non frequentavano più la nostra scuola mi sembrava un po’ retorica come domanda.
«Sì» risposi comunque, senza sbilanciarmi non capendo cosa volesse sapere.
«Allora è vero che abitate insieme» disse vittoriosa mulinando le dita alla ricerca di una pipetta nel cassetto sotto il tavolo.
Perché usavano queste frasi? Facevano un effetto disastroso. Era come se implicassero qualcosa che non esisteva minimamente.
«Sì» risposi di nuovo, portando una ciocca di capelli dietro l’orecchio, ritirando lo slancio nella conversazione che avevo avuto poco prima.
«Non fraintendermi, non voglio sembrare invadente. Volevo solo farti sapere che io sono dalla tua parte, considerando quello che è successo» disse portandosi una mano al petto, spalancando i grandi occhi grigi.
La guardai sorpresa, ancora più perplessa di prima. Come faceva a sapere che abitavo dai Jonas? Ma soprattutto non credevo che questo fosse così catastrofico.
Insomma, se sorvolavo sul fatto che la notizia di stare tutti i giorni gomito a gomito con Nick mi aveva fatto prendere un colpo, non c’era niente di trascendentale. Fare idealmente parte di quella famiglia era una delle poche cose che mi rendeva felice in quel momento, come poteva essere successo qualcosa di brutto con il mio arrivo? Non riuscivo veramente a capire.
Scossi la testa, unendo le sopracciglia, lasciando il mio disappunto privo di parole.
«Da quello che ho capito in pochi hanno preso bene il tuo trasferimento» mi disse continuando a guardarmi con quegli occhi sinceri.
«I ragazzi dello Universal Rainbow si sentono un po’ presi in giro, non ho capito bene il perché, e sono dispiaciuti di non essere nei tuoi panni, ovviamente. Tutti gli altri continuano a vederti come la ragazza di prima, che ora si è intrufolata nel loro mondo» spiegò sinteticamente Chelsea.
Perfetto, questa sì che era una bella notizia.
Capivo i miei compagni, ormai ex. Ero stata io a incoraggiarli, a dirgli di non perdere la speranza prima dell’arrivo dei signori Jonas all’orfanotrofio. Potevo capire come si sentissero dato che la persona che apparentemente meno lo desiderava aveva preso il loro posto. Se avessero saputo quante volte era capitato a me. Se avessero saputo quanto avevo desiderato che una faccia amica mi portasse via di lì, lontano da quel mondo, da colui che mi aveva abbandonata. Probabilmente adesso starebbero un po’ meglio.
Non capivo tutti gli altri. Infondo a loro cosa cambiava? Non avevano mai prestato un minimo di attenzione a me, non vedevo la ragione per cui dovessero iniziare a farlo ora.
Ma d’altronde mi ero rassegnata da un pezzo a capire i pensieri dell’elite. Vivevo bene lo stesso con o senza la loro approvazione. Magari con il loro giudizio un po’ meno.
«Ah» dissi flebilmente. «Grazie» dissi sforzandomi di rivolgerle un bel sorriso.
Mi fece l’occhiolino, dando una scossa ai suoi voluminosi capelli color rame.
«Switcherson la pianti di parlare! Ha già un ritardo a carico, ricorda?»
La Hatkinson e la sua foce stridula non poterono fare a meno di raggiungere le mie orecchie.
Storsi il naso. No, di certo non mi ricordavo di qualcosa accaduto appena una manciata di minuti prima, c’era da chiederlo?
«È colpa mia professoressa, la stavo mettendo al corrente riguardo ad una determinata cosa» mi sorprese Chelsea alzandosi di scatto per prendere le mie parti.
«Ryan, l’unica cosa di cui dovrebbe mettere al corrente la signorina Switcherson è su come tenere la bocca chiusa dopo aver fatto ritardare una lezione. Se non le dispiace può tornare a sedersi» disse seccamente la professoressa.
Chelsea si sedette con uno sbuffo, facendo scontrare rumorosamente i ciondoli appesi al braccialetto contro il tavolo.
«Mi dispiace. Ci ho provato» disse dispiaciuta alzando le spalle.
«Grazie, nessuno si era mai schierato dalla mia parte qui» le dissi con un sorriso, sincero questa volta.
Ricambiò, illuminandosi nuovamente.
Ero sicura di averla già vista, ma non riuscivo a ricordare il contesto.
La guardai scrivere distrattamente una formula su un foglio. Avrei potuto allungare la lista di cose che mi rendevano felice con il suo nome, un giorno?
***


Nick’s POV

Stupido. Stupido. Stupido.
Battei un’altra volta il pugno contro il muro degli spogliatoi, cercando di far scemare quella rabbia che sentivo crescere verso me stesso.
Credevo davvero di aver fatto la cosa migliore? Farla allontanare così sarebbe servito a qualcosa? Impedirle di parlarmi avrebbe davvero risolto le cose?
L’avevo di sicuro portata ad odiarmi ancora più di quanto non facesse prima. Avrei dovuto esserne contento.
Colpii il muro con più forza. L’avevo sicuramente ferita. Stupido.
Appoggiai le spalle al muro e mi lasciai cadere giù, lasciando che il fresco delle piastrelle di marmo si irradiasse sotto la camicia.
Ormai erano le uniche cose che ero capace di fare: ferire le persone, respingerle e cadere in basso. Sempre di più.
Perché? Perché proprio lei? Di ragazzi all’orfanotrofio ce n’erano tanti, perché i miei genitori avevano deciso di rendere tutto più difficile?
Mi passai una mano sul volto, cercando di trovare una risposta per quelle domande.
Per un attimo riuscii a vederla davanti a me. I capelli che ricadevano morbidi sulle spalle, gli occhi grandi, di un verde intenso, le sopracciglia sottili piegate in una smorfia compiaciuta.
Lei era così diversa dalla massa che mi seguiva. Mi respingeva, non si faceva problemi a dirmi le cose in faccia e aveva un brillante senso dell’umorismo. Tutte cose che in qualche modo creavano una sorta di dipendenza verso di lei.
Era assurdo! Io non avrei dovuto sopportarla, come all’inizio. Se avessi potuto tralasciare il fatto che ora non era così sarebbe andato tutto a meraviglia.
Ma in fondo l’opinione principale non doveva essere la mia. Era importante che la sua continuasse ad essere negativa nei miei confronti, alla mia potevo badare.
Le luci cominciarono a spegnersi, invitandomi ad uscire, dato che l’allenamento era finito.
Mi alzai di malavoglia e portai la borsa su una spalla prima di uscire dagli spogliatoi.
Mi diressi sicuro verso il parcheggio, giocherellando con le chiavi dell’auto nella tasca della mia giacca. Per poco non mi caddero di mano quando li vidi sfrecciare a pochi passi da me nella direzione opposta alla mia.
Joe e Jessica avevano appena lasciato il parcheggio con l’auto di Joe, lasciandomi di sasso.
O meglio, tutto il mio corpo rimase di sasso tranne lo stomaco che improvvisò un salto carpiato. Esibizionista.
Non aveva motivo di fare così, Joe era nella mia stessa situazione.
Aprii lo sportello della mia Mustang e buttai la borsa sul sedile del passeggero, per poi accomodarmi a quello di guida.
Lanciai un’ultima occhiata al parcheggio dallo specchietto retrovisore prima di abbandonarlo, tornando a casa.
Non ero più uscito con nessuna ragazza da quando l’avevo conosciuta. Avrei dovuto ricominciare a farlo se volevo togliermela dalla testa. Certo, che abitasse la stanza di fronte alla mia e fosse la mia compagna in un dramma amoroso non aiutava.

Ma dovevo riuscirci. In fondo non sarebbe mai potuta stare con me.

You're beautiful, it's true.
I saw your face in a crowded place,
And I don't know what to do,
'Cause I'll never be with you.Sei bella, è vero.

Ho visto la tua faccia in un posto affollato,
E non so cosa fare,
perchè non starò mai con te.

[You're beautiful - James Blunt]



Ok, se siete riusciti ad arrivare fin qui vi meritate un applauso *parte la clac*
E' il capitolo di passaggio peggiore del secolo, ne sono a conoscenza, ma vi imploro in ginocchio di avere pazienza! La storia vera e propria deve ancora partire! :3
Oggi è stato il primo giorno di scuola per me. Sto già contando i giorni che mancano a Natale. Io sono quel tipo che va bene, senza problemi. Rendetevi conto D:
Voi sicuramente avrete già cominciato i vostri corsi/scuole/lavori, spero siano partiti per il meglio! :D
Ok, oltre a scusarmi per il ritardo mostruoso avviso tutti coloro che leggono anche l'altra FF che mi sono bloccata su un collegamento del 27, ma ho già pronti il 28 e buona parte dell'epilogo ;)
Vi ringrazio immensamente per il supporto che mi date ogni volta. Grazie davvero :) siete speciali meraviglie, dalla prima all'ultima *-*
Un bacione
Miki


   
 
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