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Autore: micRobs    15/09/2012    4 recensioni
Sebastian/Thad | One-Shot/Angst/Fluff/(Future!Fic) |
Dal testo: "Sarebbe stata una di quelle giornate.
Sebastian lo sapeva, lo aveva capito nel momento esatto in cui aveva aperto gli occhi quella mattina e aveva scoperto che il suo stupido compagno di stanza aveva lasciato la finestra spalancata tutta la notte, allagando mezza camera a causa della pioggia.
Sarebbe stata una di quelle giornate perché i suoi quaderni erano diventati una poltiglia informe di carta e acqua e la professoressa di storia non avrebbe gradito la cosa.
Sarebbe stata una di quelle giornate perché aveva fatto tardi a colazione e i muffin ai mirtilli se li era mangiati tutti qualcuno che non era lui.
Sarebbe stata una di quelle giornate perché sapeva che il karma era un gran bastardo e che lui non gli era mai andato molto a genio.
Sarebbe stata una di quelle giornate perché sarebbe andato tutto storto e l'unica cosa capace di farlo stare bene gli si sarebbe rivoltata contro. Inevitabilmente. "
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pairing: Sebastian/Thad
Genere: Sentimentale/Romantico/Malinconico
Avvertimenti: One-Shot/Slash/Fluff/Angst/(What if..?)
Rating: Verde
Note d’Autore:Out of the blue. Lo giuro, non è colpa mia. Io ho solo chiesto un prompt a Sere e lei mi ha detto “cellulare” ed è uscita questa cosa. Non ha alcuna pretesa e, davvero, non sono neanche certa che abbia un senso, ma a me è piaciuto scriverla e spero piaccia almeno un po’ a voi leggerla. Per il resto, ci vediamo giù!
Note di betaggio: Come al solito, un grazie alla mia meravigliosa Vals che ha betato questa cosina al volo.
 

A Sere,
sì, ne sei responsabile almeno quanto me.

 

One of those days
 

 

Sarebbe stata una di quelle giornate.
Sebastian lo sapeva, lo aveva capito nel momento esatto in cui aveva aperto gli occhi quella mattina e aveva scoperto che il suo stupido compagno di stanza aveva lasciato la finestra spalancata tutta la notte, allagando mezza camera a causa della pioggia.
Sarebbe stata una di quelle giornate perché i suoi quaderni erano diventati una poltiglia informe di carta e acqua e la professoressa di storia non avrebbe gradito la cosa.
Sarebbe stata una di quelle giornate perché aveva fatto tardi a colazione e i muffin ai mirtilli se li era mangiati tutti qualcuno che non era lui.
Sarebbe stata una di quelle giornate perché sapeva che il karma era un gran bastardo e che lui non gli era mai andato molto a genio.
Sarebbe stata una di quelle giornate perché sarebbe andato tutto storto e l'unica cosa capace di farlo stare bene gli si sarebbe rivoltata contro. Inevitabilmente. 
Sebastian lo sapeva, se lo aspettava. 
Per cui, quando quel pomeriggio il suo cellulare squillò, Sebastian sospirò, sapendo che quella telefonata avrebbe contribuito a minare il già precario equilibrio su cui si reggeva la sua pazienza.
Era una di quelle giornate, dopotutto. Una di quelle in cui il telefono non bastava, in cui aveva voglia di mandare tutto all'aria, di correre a New York e porre fine a quel supplizio che non sapeva come gestire e affrontare. Incastrato in una promessa che gli era scivolata dalle labbra prima che lui avesse potuto impedirlo.
Si ritrovò a dirigersi agli allenamenti di Lacrosse con l'umore sotto i piedi, un mal di testa lancinante e la speranza che a nessuno venisse la brillante idea di provare a fare conversazione con lui.
Ovviamente, niente andò per il verso giusto. L'allenamento fu uno dei più disastrosi che la squadra avesse in memoria e il coach non si risparmiò nel fargli notare quanto fossero inetti
e quanto scarse fossero le possibilità che vincessero la prossima partita in quelle condizioni. Come se non bastasse, stava ancora piovendo e naturalmente lui non aveva con sé l'ombrello, per cui quando arrivò all'edificio dei dormitori, il blazer fradicio, i capelli gocciolanti e la borsa irrimediabilmente rovinata - con tutto il suo contenuto - si andarono solo ad aggiungere al disastro che era stata già di per sé quella giornata.
Per un attimo si permise almeno di crogiolarsi nella speranza di trovare la camera libera, ma sapeva che quella piattola fastidiosa sarebbe stata lì a finire di distruggere quel po' di autocontrollo che gli era rimasto. 
Gettò uno sguardo al cellulare, non aspettandosi di trovare chiamate o messaggi, ma non potendo impedire ad una punta di delusione di colpirlo a tradimento.
Era una di quelle giornate. Non era la prima e non sarebbe stata neanche l'ultima. Sebastian lo sapeva così come sapeva di poter sopravvivere ad essa senza eccessive complicazioni.
Aprì la porta della stanza, sovrappensiero, gioendo internamente nel trovarla vuota ma sospirando frustrato nell’udire l'inequivocabile scrosciare dell'acqua provenire dal bagno. 
Quindi l'idiota è sotto la doccia, pensò, abbandonando la borsa sulla sedia e sostituendo provvisoriamente la divisa bagnata con una tuta calda e asciutta.
Si guardò un attimo intorno, domandandosi dove avesse lasciato il telefono, e sospirò nell'individuarlo tra le pieghe del letto sfatto.
Quando lo aveva messo lì?
Lo andò a recuperare approfittandone per sdraiarsi e riposarsi un attimo prima di scendere a cena. Né un messaggio, né una chiamata, ancora. Era uno di quei giorni, assolutamente.
Sbloccò il touch screen, accedendo al menu e aprendo velocemente la schermata per digitare i messaggi e pensando solo in quel momento che non sapeva cosa scrivere o se, a conti fatti, dovesse scrivere qualcosa.
Il rumore della porta del bagno lo richiamò dai suoi pensieri e lui alzò lo sguardo giusto in tempo per incontrare la figura di un ragazzo – bassino e con i capelli neri – che ne usciva. Con solo un'asciugamani a cingergli i fianchi.
E quella forse era la parte peggiore. La prima volta che lo aveva visto, Sebastian aveva pensato fosse uno scherzo, uno scherzo di pessimo gusto, per giunta. Poi però aveva compreso che, purtroppo, qualcuno doveva avercela davvero tanto con lui per fargli una cosa del genere. Qualcuno con un tremendo senso dell'umorismo.
Roteò gli occhi riportando la sua attenzione sul cellulare che ancora stringeva tra le mani.
«Tanto non ci vengo a letto con te, puoi anche evitare di andare in giro mezzo nudo.»
L'altro ridacchiò, avviandosi all'armadio per rivestirsi, e gli diede le spalle.
«Come se ti dispiacesse» rispose, «l'ho visto come mi guardi.»
«Disgustato, sì» commentò distrattamente Sebastian, digitando qualche parola e cancellandola immediatamente dopo.
Che si scriveva in quei casi? "Mi dispiace, è uno di quei giorni"? 
Sbuffò, frustrato: non aveva alcun senso.
L'altro si produsse in una risata bassa e amara che, se possibile, irritò Sebastian più della sua semplice presenza lì.
«Avevo capito di essere il tuo tipo.»
«E avevi capito male.»
Senso o non senso, quella era l'unica cosa che gli era venuta in mente, così, sospirando, iniziò a scrivere quelle poche parole che la sua testa gli aveva suggerito.
"Mi dispiace, è uno di quei giorni."
Scusarsi, poi. Per cosa si stava scusando esattamente? 
Ah, già, la promessa.
Sebastian non era bravo con le promesse, ma quella l'aveva fatta lui, volontariamente. E non se ne era mai pentito, anzi. Era sceso a patti con se stesso perché sapeva che lui ne valeva la pena, che loro ne valevano la pena e che la lontananza non sarebbe stata poi così difficile da sopportare. Lo sapeva e aveva promesso.
Lo aveva promesso quel giorno di inizio settembre, dopo una notte trascorsa a pensare e una corsa all'aeroporto che credeva di perdere contro il tempo.
Lo aveva promesso perché lui non aveva avuto abbastanza coraggio di credere in loro e lo aveva promesso per dimostragli, con quell'unica frase, che lui invece ci credeva. Ci credeva tanto.
E si era sorpreso di quel gesto, ma non se ne era mai pentito, perché la verità era che lui non si innamorava facilmente, ma quella volta che poi accadeva era disposto a dare il massimo per non mandare tutto all'aria.
Finì di digitare quella breve frase nel momento esatto in cui il suo telefono vibrò per annunciargli l'arrivo di un nuovo messaggio.
Non ci mise molto a decidere di rimandare l'invio del suo sms per dare la precedenza a quello in arrivo: prima di rendersene effettivamente conto, si ritrovò a rilasciare il respiro che non si era accorto di star trattenendo, nel leggere il nome del mittente.
Faceva freddo, quel giorno di inizio settembre. Sebastian lo ricordava perché aveva ben impressa nella mente l'immagine di lui che giocava nervosamente con la cerniera della propria giacca, mentre gli diceva che forse era meglio che si lasciassero.
E Sebastian aveva riso, sconclusionatamente e di gusto, perché, diamine!, gli aveva fatto il filo per un tempo infinito e adesso gli diceva che sarebbe stato meglio non stare insieme? Doveva essere per forza una presa in giro. 
L'altro lo aveva guardato mortificato e si era passato una mano tra i capelli sbuffando.
«Tu mi conosci» aveva detto, «divento acido e intrattabile quando sono stressato e sotto pressione. Litigheremo tutti i giorni e rovineremo tutto comunque.»
Sebastian non aveva potuto dargli torto, perché lo sapeva. Avevano condiviso la stessa stanza per un anno: dividersi adesso, con la consapevolezza di potersi vedere solo un paio di giorni ogni chissà quanti mesi, sarebbe stato difficilissimo. Ma non impossibile, assolutamente no.
Era conscio di essere fidanzato con una sorta di Dottor Jekyll e Mr. Hide in perenne sindrome premestruale, ma aveva imparato a conviverci e a capire come evitare di dar fuoco alla stanza durante uno di quei giorni.
E il problema era proprio quello ed era da quello che lui si era lasciato spaventare e convincere. 
Una cosa era averlo vicino in quei momenti, un'altra era doverlo gestire a chilometri e chilometri di distanza. E Sebastian non era certo di esserne capace.
Ma poi erano bastati due giorni. Due giorni senza vederlo e sentirlo, due giorni in cui si era torturato immaginando cosa stesse facendo e con chi fosse, in cui non aveva fatto altro che pensare alle sue parole e a quanto perdessero di senso ogni volta che se le ripassava tra le labbra. 
E allora glielo aveva detto. In un aeroporto affollato e con il tempo che incombeva su di loro, ma glielo aveva detto. E glielo aveva promesso.
«Lo so» gli aveva sussurrato. «Ci saranno giorni in cui sarai talmente odioso con me che avrò solo voglia di venirti a cercare per lanciarti addosso due o tre sedie» lui aveva riso e Sebastian si era sentito appena un po' meglio. «Ma te lo prometto» aveva continuato, «te lo prometto, Thad, non ci saranno solo quei giorni e se tu ti allontanerai, io ti riporterò ancora più vicino.»
Thad aveva sorriso e annuito e lo aveva baciato in quel modo dolce e incerto che era solo suo. Si era scusato per le scemenze che aveva detto e gli aveva assicurato che quei giorni non si sarebbero mai messi tra di loro.
Sebastian lo sapeva e, quando poi era tornato alla Dalton per il suo ultimo anno, mai gli era passato per la testa di venir meno alla parola data.
Sorrise, aprendo il messaggio e leggendo quell’unica, semplice, frase.
E sparì tutto: il suo compagno di stanza idiota, i libri bagnati, l’insufficienza in storia, la pioggia, l’allenamento andato male. Tutto perse di importanza e Sebastian si ritrovò a sospirare sereno, perché glielo aveva promesso, perché “se ci faremo del male, sarà solo per farci bene di più”.
 
Da: Thad
“Mi dispiace, è uno di quei giorni”
 
Sì, lo era, totalmente.
Ed era perfetto, come ogni volta.
 
 
 
The End.
 
 
 
 
 
 
Noticine carine carine.
Stavolta non ho molto da dire, lo ammetto. Questa shot si è praticamente scritta da sola, per cui, amen, era troppo che non pubblicavo e dovevo porvi rimedio.
Ho chiesto un prompt a Sere perché avevo voglia di scrivere qualcosa per scaricare lo stress degli esami e questo è quello che ne uscito.
Oltretutto, mi sono recentemente resa conto di non aver mai scritto qualcosa su Sebastian e Thad che stavano già insieme e non potevo vivere con questa imperdonabile mancanza.
In ultimo punto, ma non per importanza, ragionavo sul fatto che, per come ci sono stati presentati, Thad dovrebbe essere un anno più grande di Sebastain e la mia voglia di scrivere di loro due divisi tra Università e Dalton era troppa.
Quindi nulla, ne ho approfittato e ho unito tutto in questa shot che spero possa piacervi almeno un po’.
Vi prometto del fluff per la prossima volta: parola di lupetto.
 
Robs.
 

 
   
 
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