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Autore: Brokenhearted    16/09/2012    3 recensioni
Raccolta di Song-Fic, canzoni diverse di artisti diversi e storie ambientate in tempi diversi - ma su una stessa linea temporale. USUKUSUKUSUK. Non vi piace? Non leggete. Il rating momentaneamente è giallo, perché non metto una mano sul fuoco sulla mancanza di parolacce (causa: bocca di Inghilterra e canzoni punk), ma potrebbe aumentare. Non prometto niente~
[Track One] Bruised - "Si guardò le mani. Tremavano. Eppure, non poteva fare così male, non era previsto!"
[Track Two] Thank You Mom - "Non voleva che la gente pensasse che fosse dipendente da Arthur."
[Track Three] A Little Less [...] - "Una volta che la fiducia da lui offerta veniva tradita, si ritirava come una cozza nel suo guscio."
[Track Four] Hard To Say - "In quella notte si concedeva di odiare Francis più del solito, perché era anche colpa sua se lui se n’era andato."
[Track Fife] Addicted - "Fu una cosa veloce, morbida, al retrogusto di caffè. Nulla di più profondo di un bacio a stampo."
{ dedicata alla mia compagna di sventura (?) - alias compagna di UsUk }
Genere: Angst, Fluff, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Premetto, questo capitolo non mi soddisfa per niente T_T Anzi, fa proprio schifo gente. Ho rovinato la canzone, lo so. A proposito, Arthur mi ucciderebbe per averla scelta e averlo considerato come una donna. xD Ma ci stava troppo bene~
Comunque. Questo, al contrario del precedente, è un capitolo relativamente allegro e fluffoso. ♥ Spero piaccia, ma non credo. Fa schifo. Mi fa schifo come scrittrice, ma ci tenevo ad aggiornare - se non l'avessi fatto ora non l'avrei aggiornata ma più 'sta raccolta. Per dire, questo capitolo non è neppure betato. Ok, crocifiggetemelo. Lo merita. Però la canzone ascoltatela nel frattempo, perché è tanto bella. ♥

Ripeto che comunque potete consigliarmi delle canzoni da mettere nella raccolta, sarebbero ben accolte! E se avete il tempo, mi farebbe piacere ricevere qualche recensione, anche negativa! Grazie mille ♥!

Canzone: Thank You Mom by Good Charlotte
Ambientazione temporalepre-American Revolution (chibi!America)
Genere: Fluff. Fluff. Fluff all'ennesima potenza. :3


Arthur era tornato. Alfred l’aveva abbracciato – o meglio, gli era praticamente saltato addosso – immediatamente, appena era sceso dalla nave. Era felice come non mai, in quel momento, perché nonostante Arthur gli dicesse sempre che sarebbe tornato, Alfred aveva paura che mentisse, paura che svaniva solamente al suo effettivo arrivo. Alfred arrossì: si sentiva debole e in imbarazzo per questo motivo; non voleva che la gente pensasse che fosse dipendente da Arthur.
Quest’ultimo, notando il lieve rossore che si era diffuso sulle guancie di America, lo strinse più forte e gli baciò la fronte con dolcezza. Era cresciuto ancora.
“Ehi, pulce. Sei diventato ancora più alto, vedo,” disse Inghilterra sorridendo al fratello. L’altro sorrise, quel sorriso meraviglioso e più luminoso del sole, e rispose annuendo con forza.
“Sì! Davvero, Inghilterra, la prossima volta che mi verrai a trovare sarò più alto di te!”
“Ah sì? Ci crederò quando lo vedrò!”
I due risero insieme e poi si diressero verso casa. Quella era la discussione che facevano sempre, ogni volta che Arthur tornava… e l’avrebbero fatta per sempre.
 

Always, always and forever…

 
Mentre tornavano, però, America era stranamente silenzioso. Pensava a quanto gli fosse mancato Arthur, a quanto volesse stare con lui per più tempo possibile adesso che ne aveva la possibilità. Voleva mangiare i suoi piatti, voleva vederlo sorridere. Voleva sentirlo ridere di nuovo. Gli strinse la mano forte.
“Arthur, torniamo a casa veloce. Devo farti vedere una cosa.”

I'm listening to the dishes clink 
You were downstairs,
you would sing songs of praise

And all the times we laughed with you

Inghilterra era pressoché sconvolto quando America iniziò a correre trascinandolo per la mano, ma sorrise all’energia del piccolo. Appena arrivarono in vista della loro casa, America lo lasciò, mormorò un “aspetta qui, ti vengo a chiamare tra poco” e si precipitò dentro. L’altro, ancora stupito, rimase lì immobilizzato.
Il piccolo tornò pochi istanti dopo, con un sorriso soddisfatto sulle labbra.
“Puoi entrare,” mormorò “Ho finito.”
Inghilterra entrò, curioso. America lo condusse in cucina, e ciò che vide lì lo fece commuovere. Sopra il tavolo c’era una serie di utensili da cucina, nuovi di zecca, e sopra tutto un disegno fatto da America, con se stesso e Arthur, e la scritta “I missed you”.
America abbracciò il fratello maggiore, e lo strinse.
“Mi mancava la tua cucina…”
Inghilterra lo strinse a sé, ridendo piano. Era incredibile che a qualcuno mancasse il suo a dir poco pessimo modo di cucinare, e questo lo rendeva felicissimo.
“Allora ti preparo qualcosa? Però devi darmi una mano!”
“Io apparecchio, ovvio!”
I due risero insieme. Così, mentre Alfred si muoveva elegantemente tra tavolo e credenza, facendo rumore coi piatti, Arthur cucinava cantando una di quelle canzoni di guerra e di eroi che ad Alfred piacevano tanto. E Alfred non poteva essere più felice.

You were my mom, 
you were my dad, 
The only thing I ever had was you, 
It's true,

 
Dopo pranzo, Alfred convinse Arthur a uscire a giocare. O meglio, lo prese per il bracciò e lo tirò finché non acconsentì.
Erano andati vicino a un laghetto, e Alfred correva da tutte le parti, cercando di farsi prendere da Arthur – che al contrario, cercava di fermarlo ridendo come un matto.
Dopo un po’ di rincorsa – a cui vinse Alfred, ovviamente – si buttarono stanchi sul prato. Il loro petti si alzavano e abbassavano in fretta, seguendo i loro respiri affannati.
Alfred guardò Arthur con un immenso moto d’affetto. Adorava giocare con lui, cucinare con lui, ascoltarlo cantare. Era l’unica persona cui voleva davvero bene, l’unico che gli fosse sempre stato accanto. Era davvero il suo tutto; lo era stato da quando America l’aveva visto piangere per la prima volta. Era strano; sebbene Arthur fosse in un certo senso suo genitore, era spesso toccato ad Alfred consolarlo e confortarlo, mentre come figura semi-paterna sarebbe dovuto essere il contrario.
Però ad Alfred andava bene così. Si consolavano e facevano compagnia a vicenda; come Inghilterra era il suo tutto, America era tutto per lui. E andava bene così.

And even when the times got hard you were there,
To let us know that we'd get through,
you showed me how to be a man,
You taught me how to understand the things people do

Alzandosi, Alfred osservò l’altro. Sorrideva, gli occhi chiusi, come immerso in qualche sogno troppo bello per svegliarsi. Il piccolo si allontanò, senza fare rumore, e salì sul ponticello che si protendeva verso il lago. Si specchiò nell’acqua, soddisfatto del suo riflesso.
Improvvisamente Alfred sentì la voce di Arthur chiamarlo e si rialzò di scatto; questo lo fece scivolare e cadde in acqua.
Ebbe appena il tempo di gridare “Aiuto” che già era sotto, annaspando nel tentativo di risalire. Non sapeva ancora nuotare bene, perché l’altro non gliel’aveva mai veramente insegnato. Era complicato da spiegare, Alfred non aveva esattamente capito perché non gliel’avesse insegnato – Alfred raramente capiva le cose che facevano le persone, nonostante Arthur lo aiutasse in questo.
In ogni caso, in quel momento non importava. Importava che Alfred stesse affogando e che Arthur non l’avesse ancora salvato. Questo non era normale. Tendenzialmente, Arthur era sempre lì quando aveva bisogno, a dirgli che tutto sarebbe andato bene. Ora stava affogando, e se non l’avesse salvato le cose non sarebbero andate bene.
Alfred pensava giusto. Infatti, appena aveva visto il fratellino cadere in acqua Arthur si era precipitato a prenderlo, tuffandosi tutto vestito, anche se non sapeva nuotare.

And I thank you,
I'll always thank you;
More than you could know,
Than I could ever show.
And I love you,
I'll always love you

“Alfred! ALFRED!”
Qualcuno lo chiamava, ma lui sentiva a malapena. Sott’acqua era rimasto per qualche secondo senza respirare e ora aveva il cervello un po’ fumoso. Sbatté le palpebre, mettendo a fuoco la figura di Inghilterra. Quest’ultimo, piegato su di lui, aveva le lacrime agli occhi.
“Stupido! Non dovevi salire sul ponticello da solo, hai rischiato grosso! E mi hai fatto prendere un colpo quando mi sono svegliato ed ero solo. Non allontanarti più da solo!”
Nonostante le parole dure, Arthur lo strinse forte. Alfred sorrise sul suo petto.
“Grazie, fratellone.” Mormorò, senza forze. Arthur non lo sapeva, ma il suo non era un grazie puramente riferito al fatto appena accaduto. Era un grazie più generale, per fargli capire che gli era grato per tutto ciò che aveva sempre fatto per lui, e che lo amava anche per questo. Era un grazie per le nottate abbracciati quando era spaventato, per i piatti cucinati unicamente per lui, per le storie fantastiche raccontate alla luce lunare.
Alfred lo intese così, eppure sapeva che neanche un milione di quei grazie sarebbe bastato per tutto quello che Inghilterra aveva sempre fatto, e avrebbe fatto ancora, per lui.
  
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