Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: londonici    17/09/2012    1 recensioni
Hayley, sedicenne di Beverly Hills, sembra la tipica ragazza che mette il broncio giusto per essere diversa. Una grande passione per i Paramore e un gruppo di amici eccezionali la aiuteranno a superare i primi "piccoli" problemi della sua vita. Ma poi si aggiunge Hitch, un rapper diciannovenne di fama mondiale, e tutto cambierà all'improvviso...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Quella sera, anche Jenna venne a dirmi due parole, che vi risparmierò. Vi basti sapere che a volte le capita di ricordarsi di certi... avvenimenti. Insomma, è una mamma anche lei.

Cenai con Jenna e Bryan e la cosa fu anche abbastanza piacevole. Quasi quasi sembravamo davvero una famiglia normale.

Fino al pomeriggio successivo, invece, nessuno si fece sentire. Fu allora che decisi di andare alla festa di Eva.

«Jenna?», gridai dal piano di sopra mentre mi mettevo lo smalto. I Paramore gridavano in casa mia, nel frattempo: le casse in ogni angolo di camera mia erano state un'idea di Bryan e – dovevo ammetterlo – come idea era stata geniale.

Sentii il passo svelto e pesante di Jenna salire le scale.

«Che c'è, tesoro?», mi chiese tranquilla. Temevo di farle un po' pena, ma sapevo di sbagliarmi.

«Hai da fare stasera?».

«Perché?». Fece una faccia allarmata, non sapevo se per qualcosa che temeva che io facessi o per qualcosa che magari lei aveva già fatto.

«Mi servirebbe un passaggio», ammisi subito. «A casa di Eva. Ieri Lara mi ha detto che dà una festa, e...». Un sorriso le illuminò il volto.

«Ci sarà anche Jess?», fece animata dalla curiosità. Arrossii.

«Non lo so. Può darsi», dissi facendo spallucce e fuggendo con gli occhi.

«Di' la verità, state insieme? O siete solo... “frequentanti”?». Mi faceva l'occhiolino ogni due parole.

«Jenna, da quando hai un tic all'occhio? O è solo un moscerino?», tentai di evadere la domanda.

«Hayleyyy... Avanti, a me puoi dirlo. Sono la tua mammina, ne capisco abbastanza... E dai! Non farti pregare».

«Jenna, io non lo so! Lui ha solo messo in chiaro un paio di cose, okay?». Sperai che tanto le bastasse. E invece no.

«Quali cose?».

«Ma non avevi detto che ne capivi abbastanza?». Mi guardò perplessa, così approfittai della sua titubanza per porre fine a quella conversazione. «Allora, mi dai questo passaggio o faccio l'autostop?».

«Certo, certo. Tutte le volte che vuoi, tesoro».

Così, adesso dovevo solo prepararmi per la serata. Mentalmente e fisicamente.

 

Aprii l'armadio e sbuffai, demoralizzata come non mai. Ci sarebbe stata tanta gente, anche Dana (purtroppo) e... Non che me ne fregasse molto, ma non potevo presentarmi lì come una stracciona.

Dopo una buona mezz'ora, optai per un corpetto nero senza bretelle, rigido ma comodo. Misi dei jeans neri e presi scarpe e accessori rossi. Raccolsi i capelli solo in parte, alzandoli un po' a mo' di coda, ma lasciandoli sciolti e mossi sotto. Con la matita mi diedi una passata intorno all'occhio, completai il resto del trucco divinamente (modestamente, sono la figlia di una make up artist – credevate che non fossi capace di usare ombretti, matite e mascara?) e scesi in salotto.

«Jenna?». Anche lei era tutta in tiro, non capivo perché.

«Che spettacolo, tesoro», dichiarò aprendosi in un sorriso.

«E tu, dove devi andare tu di bello?».

«Mah, nulla di che. I genitori dei gemelli hanno organizzato una cena in un posticino un po' fuori mano e hanno invitato un po' tutti, anche lo zio di quel nuovo ragazzo, quello famoso... Il rapper. Ecco perché Jamie e Travis hanno avuto il permesso di uscire, alla fine».

Il rapper: rabbrividii. Cosa si poteva mai dire allo zio di un rapper diciannovenne?

 

La musica – ovviamente dal vivo – si sentiva già a venti miglia da lì. Jenna sembrava più entusiasta di me di quella festa.

La salutai montando un sorriso molto, molto impegnativo, e lei mi credette senza battere ciglio. Subito dopo, dovetti farmi spazio per passare nel bel mezzo della gioventù californiana che ero riuscita (più o meno) ad evitare durante tutta la durata dell'estate.

Mi arrivarono spallate e occhiatacce da tutte le parti, mentre io volevo solo trovare Lara. Ero in disperata ricerca di un volto a me familiare, ma in un senso “vero”, capite?

Non sentivo niente, vedevo solo tacchi altissimi, gente appartata e spiaccicata sui muri che dava libero sfogo alle proprie “esigenze” e qualcuno che mescolava alcool e fumo. Il quadro perfetto di Beverly Hills.

Spuntai vicino alla piscina, diedi un'occhiata in giro, ma non trovai Lara. Iniziai a spazientirmi dopo dieci minuti che giravo a vuoto.

Intravidi Dana e Bree e tutte le loro piccole cloni, così invertii la marcia. Trovai un angolo in cui la respirazione era possibile e iniziai a ragionare: sono Lara, sono ad una festa, voglio divertirmi e... Certo, sono al reparto alcool.

Mi diressi verso quella che pensavo fosse la cucina, ma trovai di meglio: un intero tavolo, lungo chilometri, allestito con ogni genere di porcherie. Di sicuro Lara bazzicava lì.

Presi un bicchiere e lo riempii, con lo sguardo vagante in cerca della mia cara ubriacona. Per la mia gioia, sentii qualcuno arrivarmi da dietro, dandomi una spallata, come se qualcuno l'avesse spinto.

Mi girai, un po' infastidita.

«Scusa», disse serio l'assalitore. Altro che infastidita, quella faccia da “sono io la prossima star ultramillionaria a cui dovrete leccare il culo” mi fece salire il sangue al cervello. Hitch, quello scarto della creatività, se ne stava impalato di fronte a me, a chiedermi scusa mentre mi fissava.

Non avevo mai notato che avesse gli occhi verdi. Un bel verde. Del tutto diversi da quelli di Jess, ma non per questo meno intensi.

Lo scrutai meglio, per avere impressa meglio nella mente la faccia che avrei dovuto saper evitare al meglio delle mie capacità nei giorni a venire.

Capelli biondicci, un po' corti, un po' lunghi (effetto “sono andato dal barbiere, l'ho fatto arrabbiare ed ecco il risultato”); aveva un filino di barba che lo faceva sembrare più grande della sua effettiva età. Ed era più muscoloso di quanto mi aspettassi.

Dalla sua espressione non trapelava assolutamente niente. Aveva chiesto scusa ma sembrava che stesse aspettando una spiegazione o un rendiconto di una qualche mia cattiva azione. Per un attimo mi persi nel colore dei suoi occhi: era davvero strano. Ma poi mi ricordai che mi era appena precipitato addosso e mi stava chiedendo scusa con la grazia degna di un serial killer. Con la faccia degna di un serial killer.

All'improvviso, mi accorsi che tutte le ragazze nel raggio di dieci metri mi stavano uccidendo con gli occhi.

Senza rispondere alla “superstar”, gli diedi le spalle e feci finta di niente. Lui se ne andò e così tutti gli sguardi mi diedero pace.

In quel momento scorsi Jamie. Di fronte a lui c'erano tre persone: quelli che cercavo. Chris non era tra loro, probabilmente era ancora in punizione.

Jamie mi vide ed esplose di gioia solo con gli occhi. In neanche due secondi, anche gli altri si girarono. Il più veloce fu Jess, che si bloccò a fissarmi in ogni minimo particolare. Lara alzò il bicchiere verso di me, ridendo e gridando “yeah!”. Travis e Jamie dissero qualcosa a Jess, che non mi sorrise per niente. Anzi, con la più ostile delle facce si voltò verso di loro, rispose qualcosa e sparì nella folla.

Un po' umiliata, mi diressi verso di loro, con un mezzo sorrisetto.

«Hay!», salutò con un urlo Travis.

«Finalmente sei tornata... Un giorno mi spiegherai cosa ti è preso», disse Jamie. Annuii, poco convinta.

«Allora, compagna di scorribande! Sei sobria?». Io sì, Lara no. Per niente.

Lasciai correre per un po', ma dopo meno di un'oretta (durante la quale Jess si era volatilizzato) chiesi a Lara di accompagnarmi in bagno.

Ovviamente, non avevo bisogno davvero del bagno. Ci bastò isolarci in una qualsiasi stanza.

Non appena la musica si allontanò e le orecchie iniziarono a fischiarci al massimo, Lara mi guardò un po' rassegnata. Mi disse subito quello che volevo sapere.

«È abbastanza incazzato, sì. Gli avevo già detto che quasi sicuramente non saresti venuta».

«Era questa la mia intenzione, ma ho azzerato tutto ieri. Oggi era già... l'inizio di una nuova era».

«Oh, Hayley. Lo so che non vuoi, ma in qualsiasi momento, per qualsiasi ragione, lo sai che ci sono. Non devi...», disse in difficoltà, forse per la quantità di alcool in corpo.

«Lara. Per favore, non dire altro», la bloccai. «Piuttosto, sai se è andato via?».

«Credo di no. Prova a cercarlo, dai. Andiamo a chiedere ai gemelli».

«Ma se ti lascio sola, berrai così tanto che finirai nelle lenzuola di chissà chi», la ammonii. Mi guardò scettica.

«Secondo te, c'è bisogno che io beva? Era questo il mio intento, già da un pezzo», disse facendomi l'occhiolino. Feci una faccia per niente stupita e lasciai correre, andando a cercare Jess. Scesi le scale e scorsi – di nuovo – quel demente di Hitch che mi squadrava. Lo fulminai e ripresi la mia ricerca, che si concluse subito.

Jess se ne stava al bordo della piscina, con una sigaretta in bocca, che parlava con una biondina (probabilmente del primo anno, se non ricordavo male). Lì per lì restai perplessa: da quando Jess faceva amicizia così apertamente e facilmente? Con una ragazza, poi!

Persi un po' di sicurezza, ma mi avvicinai lo stesso. Fece una cosa della quale ero certa che si sarebbe pentito. L'aveva studiata a tavolino, quella mossa.

Quello stronzetto, nel vedermi, aveva iniziato a parlare e sorridere alla biondina – completamente allibita – e aveva messo un braccio intorno alle sue spalle.

Segno di sfida, architettata da un dilettante, direi. Quando mi ci mettevo io, sapevo essere di gran lunga peggiore. E poi, sapevo di poter avere la faccia tosta.

«Possiamo fare due parole?», chiesi tagliente arrivando di fronte a lui. La biondina fece due passi indietro, come per discolparsi, ma non la stavo nemmeno guardando.

«Sono impegnato, non vedi?», mi rispose brusco. Dire che in quel momento restai delusa e impietrita, è dire poco. Persi tutta la grinta con cui volevo attaccarlo per costringerlo a parlarmi, così – senza nemmeno una parola – mi allontanai facendogli capire tutto il mio sbigottimento solo con gli occhi.

Tornai in casa e vidi che si erano formati parecchi gruppi di “giochi di società”, diciamo così. C'era chi partecipava al più innocuo gioco della bottiglia, chi invece fingeva di perdere a strip poker, e altri ancora (gli ubriachi) probabilmente giocavano a Twister. Era un delirio che non mi stupì affatto.

Trovai Lara intorno alla bottiglia che girava velocissima. I gemelli parlavano con alcune ragazze, un po' in disparte, ma almeno sapevo che il loro interesse non doveva essere un dispetto nei miei confronti.

Non sapevo cosa fare.

«Hayley, giusto?», fece una voce profondissima da dietro di me. Mi voltai, sorpresa.

Cristo, era Jim.

«Già», risposi vaga. Meglio non fare troppo la super eroina e non farlo scaldare.

«Sei qui da sola? Possiamo rimediare», fece allusivo. Sospirai.

«Credo di saper reggere la solitudine. E comunque, non sono qui da sola. Grazie lo stesso». Feci per andarmene, ma mi bloccò per un braccio.

«Quanta fretta. Aspetta un attimo con me, io sono da solo qui, i miei amici ancora non sono arrivati – ecco perché fa così schifo questa festa. Non mi vuoi tenere compagnia?», chiese stringendo la presa. Ero a corto di scuse.

«Scusa, ma credo che abbia già rifiutato la tua compagnia abbastanza civilmente», rispose un'altra voce maschile al mio posto. Non era possibile...

Il serial killer, o rapper, o come volete voi.

Ero bloccata tra quei due, non potevo farci niente. Finalmente, i gemelli mi buttarono un'occhiata preoccupata e si avvicinarono lentamente.

«E tu chi sei, il suo avvocato difensore?», rispose Jim lasciandomi il braccio. Aveva stretto così tanto che avevo le sue dita stampate sulla pelle, tanto che si capiva chiaramente dove il sangue stesse per ricominciare a fluire.

«Vedrai che ti ricorderai di me, se ti azzardi un'altra volta a trattare una qualsiasi di queste ragazze come se fosse il tuo passatempo». Mi voltai a guardarlo, sorpresa e meravigliata.

«A loro piace essere i miei passatempi», disse con un ghigno Jim. Rabbrividii per la sua espressione da pervertito.

«Questo lascialo decidere a loro». Si guardavano dritti dritti negli occhi, nessuno dei due avrebbe lasciato perdere. Una guerra fredda era in corso proprio davanti ai miei occhi.

Grazie a Dio, arrivarono i gemelli.

«Tutto a posto, qui?», fece Travis. Nel vederlo, Jim si aprì in un sorriso di soddisfazione.

«Ancora Cip e Ciop, che bello. Non vi è bastata la lezione dell'altra volta?».

«Sì, abbiamo afferrato e non c'è bisogno del bis, ma... Hayley dovrebbe venire via con noi. Adesso», disse Jamie, a metà tra l'ironico e il minaccioso.

«La accompagno io a casa, non ti preoccupare», rispose Jim sorridendo. Il solo pensiero di restare sola con lui in un qualsiasi posto mi fece venire la pelle d'oca.

«Lascia che sia lei a decidere con chi tornare», lo ammonì Hitch.

In quel momento vidi Jess spuntare da dietro le sue spalle, con faccia sbalordita e preoccupata.

E fu lì che ebbi un flash.

“Ti faccio vedere io come si fa la stronza, pivello”, pensai. “Ritorna dalla tua biondina”.

«Jamie, Travis... Andate pure, io mi faccio accompagnare a casa da...», feci guardando Hitch in attesa del suo vero nome. Non potei trattenere una faccia un po' schifata: stavo davvero per farmi accompagnare a casa da uno come lui? Ero caduta in basso, molto in basso...

«Adam», completò lui. Adam? E che cosa c'entrava con “Hitch”? Vabbé.

«Sì», sibilai acida. «Da lui. Tanto sta di fronte, no? Voi tornate pure dalle vostre... amichette. Mi sembrano impazienti», dissi con un sorrisetto.

Intanto, Jim si stava allontanando, ma non prima di aver minacciato Hitch con un “non finisce qua”. Jess mi vide e fece per avvicinarsi, ma gli diedi le spalle, guardandolo torva e uscendo da quella stramaledetta casa – con un rapper come ombra (cosa che avevo sempre reputato impossibile per principio).

Quando fummo fuori, si accese anche lui una sigaretta.

«Devi davvero tornare a casa?», chiese diffidente e guardandosi intorno. Tutti gli occhi speranzosi delle ragazze nel raggio di tre miglia mi stavano lapidando.

Non risposi e mi strinsi nelle spalle, come per dire “boh”. Io non dovevo tornare, ma tanto valeva darci un taglio, a quella festa. Non mi stavo divertendo affatto.

«Che vuol dire, scusa?», fece infastidito.

«Che non me ne frega se devo tornare adesso o no, tanto se resto o meno non mi perdo niente», risposi ancora più acida di prima.

«Vuoi restare qui con quel malato che escogita un piano per portarti in camera sua?».

Lo guardai malissimo. Perché, lui cosa stava facendo?!

«Senti un po', Adam, ho parecchie cose a cui pensare, perciò accompagnami a casa e non aspettarti altro», dichiarai chiudendo lì il discorso.

«Ti sopravvaluti un po' se credi che io mi aspetti altro. Non ringrazi mai la gente, vero?». Mi guardò in attesa di una risposta che non arrivò: mi aveva appena fatto fare la figura dell'idiota. «Potresti iniziare da adesso», mi suggerì.

Feci una faccia diffidente e cinica e lo guardai: «E chi dovrei ringraziare? Te?».

Si strinse nelle spalle e non mi rispose, facendo una faccia del tipo “non mi abbasso a replicare, ragazzina”.

«Dimmi solo se vuoi andare a casa o no, se no torno dentro».

«Ci torno da sola, tante grazie».

«E come?».

Indicai le mie gambe, completamente fuori di me.

«Oh, certo. Buona fortuna, allora». Mi incamminai mentre ancora stava parlando, ma sentivo i suoi passi dietro di me. Accidenti. Tentai di accelerare il passo, marciando come un militare.

«Ma che cazzo stai facendo?», sibilò afferrandomi per un braccio. L'altro.

«Indovina?», risposi sarcastica.

«Senti un po', Miss Non Ho Bisogno Di Nessuno, se ti fai tutta la strada da qui a lì a piedi, rischi di incappare in qualche seguace di quel Jim con una probabilità del mille per cento. Ti accompagno e smammo, non ti voglio sulla coscienza».

Mi liberai dalla sua stretta con una spallata e lo ignorai.

«Ho detto che non ti voglio sulla coscienza», ripeté.

«E io ti ho sentito, ma si dà il caso che io non voglia fare la strada con uno come te», risposi mentre camminavo dandogli le spalle.

«Ma sentila! Guarda che non siamo costretti a parlarci. Anzi, mi fai un favore se stai zitta e lasci che ti porti a casa. Fine della storia».

«Hey, Mr. Leccami Il Culo Perché Sono Un Rapper, senti un po' tu! Ma chi ti credi di essere? Lasciami andare e parla di meno, ché mi stai dando davvero sui nervi», gridai.

In quel momento comparve Jess.

Ma che sorpresa...

«Oh, tutto bene?», chiese correndo verso di noi.

«E a te che importa?», feci velenosa. Jess sbuffò.

«Non fare come le bambine, avanti», mi disse.

«Io? IO? Io non devo fare come le bambine? Vogliamo parlare dei dispetti che si fanno all'asilo i bimbi, Jess? Mi sembri un esperto, tu!». Stavo gridando con voce acutissima.

«Vedo che hai difficoltà a relazionarti in modo civile con tutti», commentò Hitch. O Adam, chi se ne importa.

«Tu inizia a farti i cazzi tuoi e vedrai che arrivi lontano nella vita», lo bacchettai.

«Hayley, sono solo venuto a chiederti cosa voleva Jim», mi spiegò Jess.

Certo. Cos'altro avrebbe dovuto dirmi?

«Hai paura di andare a chiederglielo tu perché se no ti spacca di nuovo il labbro?».

«Ci stava provando, senza permesso, diciamo», rispose rapido Hitch, intromettendosi nel discorso. Jess lo guardò serio per una frazione di secondo e poi tornò a me.

«E...?». Mi fece incazzare di brutto il suo modo di fare. Sembrava un genitore troppo apprensivo, che aspettava una mossa falsa per mettermi in punizione. Un genitore. Un padre.

«Vaffanculo, Jess! Adesso te ne accorgi? Non vedi che sono impegnata? Stavo giusto andando a casa con lui!», dissi additando Hitch, ma senza voler vedere la sua espressione.

«Hayley, stai scherzando?!», gridò incredulo Jess. «Tu sei sparita e adesso ti aspetti che... Avanti, mi conosci, sai che nessuno mi prende per il culo! Tanto meno tu... o lui».

«Ripeto, Jess: vaffanculo. È stata una gran brutta mossa della quale ti pentirai». Detto questo, mi voltai verso Hitch e gli feci un cenno con gli occhi che gli facesse capire “forza, andiamo”. Pregai che decidesse di non farmi fare altre figure di merda, magari dicendo: “Bella, non avevi detto che saresti tornata a casa a piedi?”.

Per mia fortuna, non lo fece.

«Hayley!», fece Jess credendo che gridare il mio nome bastasse a farmi girare.

Arrivammo alla macchina di Hitch – vi risparmio la descrizione, chiaro? Che macchina potrebbe mai avere uno come lui? Ecco – ed entrai sbattendo la portiera. Mi fulminò e io gli sorrisi come una stronzetta.

Evitò accuratamente ogni tipo di domanda o forma di conversazione, cosa che apprezzai moltissimo. Quasi quasi mi ero scordata di essere in macchina con un essere che con me aveva ZERO elementi in comune.

Aprì bocca solo quando parcheggiò di fronte a casa mia.

«Non è neanche mezzanotte», commentò.

«Già, gran bella considerazione. La notte è giovane, vai a dare un po' mostra di te. Ciao», dissi con un tono che avrei odiato persino io.

«Fino a prova contraria, non sono io quello che si mette in mostra». Era una frecciatina?

«Oh, beh, questo è del tutto opinabile».

«Hayley, ciao», si affrettò a concludere prima che potessi aggiungere commentini ancora più odiosi.

Aprii la portiera e prima di sbatterla (apposta) mi fermai a precisare una cosa:

«E comunque... Io sono Hayley solo per gli amici. Tu non devi proprio chiamarmi, né per nome, né per “concetti”, chiaro?».

«Quindi quel Jess era tuo amico, deduco. Ti ha chiamata in un modo che io non posso ripetere, perciò...», fece con un tono da pazzo furioso, serio e senza ombra di spirito.

Chiusi la portiera. Alla fine non ce la feci a sbatterla, mi aveva fatto restare di stucco con quella faccia da serial killer. La determinazione mi era venuta meno.

Quando però fui sulla porta di casa, mentre prendevo le chiavi, lo sentii sgommare e – potrei giurarci – gridare dal finestrino:

«Buonanotte, signorina Smithson!».

 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: londonici