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Autore: Clira    17/09/2012    2 recensioni
Roxanne e Damon si amavano. Prima. Ma poi qualcosa di terribile era accaduto.
Una serata di terrore, una cicatrice. Roxanne viene portata via dai soccorsi e Damon non può fare nulla per salvarla.
Passano gli anni, sette anni e Roxanne torna a Mystic Falls in occasione delle nozze tra Elena e Stefan, ma un altro durissimo colpo la attende: Damon, il suo grande amore, si è sposato. Chi è questa donna? Roxanne è disperata, ma non può dimenticare Damon.
Che cosa accadrà ora che si sono ritrovati? Quali sono i reciproci sentimenti?
In questa storia TUTTI i personaggi sono UMANI!!
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9  


CAPITOLO 9: FUORI DAL MONDO

Quando la mattina dopo riaprii gli occhi, vidi una valigia già chiusa ai piedi del letto. Damon non era al mio fianco e l’unica cosa che sentivo, erano dei rumori provenire dal piano di sotto.

Mi alzai, ancora mezzo addormentata e scesi le scale.

«Ehi, ci siamo svegliate?». Damon stava trafficando con un mio vecchio borsone, per cercare di chiuderlo.

«Si può sapere che cosa stai combinando?». Lui sorrise.

«Ti porto via».

«Che?».

«Sì, ho deciso che ci prendiamo una vacanza, visto che tu non tornerai a scuola prima di una settimana, ti rapisco per un po’». Disse sorridendo, come se fosse la cosa più normale del mondo.

Io continuavo a capirci sempre meno. Dove aveva intenzione di portarmi ? Damon era un’incognita, mi sorprendeva di continuo, nonostante ormai ci conoscessimo da molto tempo.

«Su preparati, sembri un gattino con il pelo arruffato». Io gli feci una linguaccia, facendolo ridere.

Andai a darmi una sistemata ai capelli perché ne avevano davvero bisogno e mi infilai un paio di jeans attillati e una felpa grigia e larga con un orsetto di peluche sopra un bottone. Era molto in stile dodicenne, è vero, ma a me piaceva tantissimo e poi teneva caldo.

«Bene!» esclamò Damon entusiasta          non appena tornai di nuovo al piano inferiore. Sembrava davvero felice, come non lo vedevo ormai  da troppo tempo.

«Tu mi preoccupi… » dissi. Infatti il suo sorrisino non prometteva nulla di buono. Era il sorriso di una persona che stava tramando qualcosa di losco.

«Affari tuoi» rispose sempre con quell’espressione ebete stampata in faccia. «Rox?».

«Sì?».

«Tu ti fidi del buon vecchio Damon, vero?».

Il “buon vecchio Damon”?! E da quando si riferiva a sé stesso così?

«Io mi fido dell’uomo che mi ha salvato la vita e dell’uomo che mi ama. Ma non so se sia il buon vecchio Damon».

«Divertente, tesoro. Sei pronta?».

«Sì, ma… ».

«Niente ma, adesso sali in macchina e smettila di fare domande».

L’unica cosa da fare in quella situazione era obbedire, anche perché protestare o fare domande sarebbe stato inutile. Avevo imparato a conoscere Damon troppo bene per non sapere che quando faceva in quel modo non sarei riuscita a strappargli nemmeno un’informazione piccola piccola.

Allora salii in macchina ed aspettai che lui mi raggiungesse, con la valigia che al risveglio avevo trovato in camera. La caricò nel bagagliaio e poi prese il posto di guida, accanto al mio.

«Non vuoi darmi neanche un indizio?», gli chiesi speranzosa

«Ma assolutamente no!».

Sarebbe decisamente stato inutile, fargli qualunque tipo di domanda, dunque mi limitai ad impiegare il tempo parlando con lui e dormicchiando in macchina.

«Ehi, Damon?» gli chiesi ad un certo punto, un po’ titubante.

«Dimmi… ».

«L’uomo che mi ha aggredita», in quel momento vidi il suo volto rabbuiarsi, ma continuai prima che potesse interrompermi.

«Che fine ha fatto? Insomma… sarà processato? Che cosa succederà adesso? Le ultime notizie le ho sapute da mio padre, cioè… lui mi ha detto che voleva lo portassero lì, ma non ne ho più saputo niente… ».

Vidi Damon prendere un profondo respiro.

«Adesso infatti sarà affidato  alla custodia dei militari e da lì, credimi… non avrà modo di scappare.».

Annuii, poi Damon mi guardò e disse: «Rox, ehi… non dovrai mai più preoccuparti di quel figlio di puttana. Mai più, lo abbiamo preso».

Sorrisi debolmente. «Lo so. Solo che… è strano».

«Ascoltami bene, Roxanne Lynn Stevenson… tu non dovrai mai più pensare a quell’uomo. Non dovrai mai più avere incubi su di lui. E sai perché? Perché lo abbiamo preso, perché non potrà mai più farti del male».

«Come si chiama?»

«Cosa?»

«Il suo nome… qual è il suo nome?»

«Rox, perché continui a tormentarti così?»

«Non mi sto tormentando. Io voglio sapere soltanto il suo nome. Insomma… è l’uomo che mi ha distrutto la vita, che mi ha quasi uccisa ed io… io non so nemmeno come si chiama.»

«Martin Hodge. Pluriomicida, rapina a mano armata, avanti e indietro da strutture di igiene mentale. Un vero pazzo furioso. E poi già solo il nome fa schifo».

Scoppiai a ridere a quell’ultima affermazione di Damon. Avevo bisogno di ridere… e avevo bisogno di lui.

Andammo avanti a  parlare per un bel po’fino a che il paesaggio non cominciò a farsi familiare… e a quel punto mi voltai verso Damon ed esclamai: «Los Angeles?!».

Lui mi lanciò uno sguardo divertito dopo quella mia reazione. «Los Angeles, baby».

«Mi porti da mio padre!». Lo abbracciai talmente di slancio, che per poco non gli feci perdere il controllo dell’auto, poi lui si mise a ridere.

«Calma, tigrotta, altrimenti andiamo fuori strada…».

Dopo dieci minuti, quando ebbi sbollito il mio momento di eccitazione, mi arrivò una telefonata di Caroline.

«Dove diavolo sei?!».

«Buongiorno anche a te, Care», la salutai in tono ironico.

«Sì, sì, buongiorno tesoro. Vuoi dirmi dove sei?».

«Si può sapere il perché di tutta questa urgenza?».

«Sono passata da te già  due volte stamattina e non risponde nessuno! Io volevo organizzare l’addio al nubilato di Elena!».

Ecco svelato il mistero. Risi. «Mi dispiace, Care,  ma temo che fino a lunedì  prossimo dovrai cavartela da sola… »

«Lunedì prossimo?! Ma sei impazzita!? Dimmi dove caspita ti sei cacciata, che vengo a prenderti immediatamente!».

Intanto avevo messo il vivavoce, di modo che anche Damon potesse sentire gli scleri della mia migliore amica.

«Ciao Caroline!», la salutò infatti lui dopo un po’.

In un primo momento non si udì nulla all’altro capo del telefono, poi Caroline riprese: «Damon! Si può sapere dove siete?»

«Mi dispiace biondina, ma l’ho rapita e come ha già detto lei, torneremo lunedì».

«Siete partiti insieme?!».

«Già», ripresi parola io.

«E dove state andando?».

«Los Angeles, a trovare mio padre».

«Cos’è, Damon? Hai deciso di incontrare suo padre dopo sette anni per chiedere la mano di Roxy?». Chiese Caroline in tono ironico.

«Care, sei sempre la solita!», esclamai.

«Beh sarebbe anche ora, cara!».

Nel frattempo, Damon continuava a ridacchiare, mentre io cercavo di tenere testa alla mia folle amica, ma dopo un po’ mi vidi costretta a rinunciare; Caroline trovava sempre il modo per lasciare spiazzati.

«Allora adesso vi lascio, piccioncini, ci rivedremo lunedì e mi raccomando, non divertitevi troppo».

Scossi la testa. «Un bacio,  Care e salutaci gli altri». Detto questo riattaccai.

Ci vollero altri quaranta minuti abbondanti  prima che Damon fermasse la macchina davanti ad una graziosa villetta; ormai era ora di pranzo.

La porta dell’abitazione si aprì prima che noi riuscissimo a scendere dall’auto e mio padre comparve sulla soglia.

«Papà!», gridai correndo verso di lui, in un impeto di gioia.

Lui sorrise e rispose al mio abbraccio, mentre Damon cominciava a scaricare il bagagliaio dalle valige che aveva preparato.

«Tesoro mio… mi dispiace molto di non essere riuscito a venire quando ne avevi bisogno… »

«Sono qui adesso, non ti preoccupare».

Poi mi venne in mente una cosa: è vero, io avevo bisogno di mio padre. Lui era la persona che mi aveva amata e protetta sempre, incondizionatamente. Da mia madre, da quel mostro psicotico e da tutto il resto che avrebbe potuto nuocermi.

Mio padre non aveva potuto venire da me e così Damon mi aveva portata da lui. Perché sapeva che in quel momento, era la persona che avrei voluto accanto.

A me l’idea di andare a Los Angeles a trovarlo, non aveva neanche sfiorato minimamente. Ma Damon ci aveva pensato perché mi conosceva fin troppo bene. Lui aveva sempre capito ciò di cui avevo bisogno prima ancora che me ne rendessi conto io stessa.

Avevo bisogno di mio padre e Damon mi ci aveva portata il prima possibile. Era sempre stato così: mi capiva e conosceva le mie necessità, a volte, prima ancora che io stessa potessi realizzarlo. E anche per questo lo amavo così tanto.

«Ciao, Damon». Mio padre gli tese la mano con un mezzo sorriso; cosa altamente insolita per lui.

«Signore… » rispose il ragazzo ricambiando la sua stretta.

«Avanti, venite dentro… ».

La casa era impeccabile riguardo all’ordine ed alla disposizione di ogni minimo oggetto. Mio padre era sempre stato un maniaco della precisione e probabilmente era a causa del suo lavoro. Se non fosse stato assolutamente attento a tutto, a quest’ora sarebbe morto senza dubbio durante qualche missione.

Parlammo di tutto e di niente, non toccando mai l’argomento della mia aggressione. Mio padre e Damon non si vedevano da anni e in uno strano modo, quei due erano sempre andati molto d’accordo, più di quanto io stessa potessi immaginare e questa era già un’ottima cosa.

Di solito mio padre aveva sempre fatto scappare ogni mio “pretendente” e, all’inizio, aveva anche messo alla prova Damon, ma lui era stato l’unico a conquistarlo e così, poco alla volta, era riuscito ad ottenere la sua fiducia.

Riuscirci non era affatto semplice perché spesso mio padre si chiudeva come un riccio e mai aveva parlato di fatti personali con qualcuno di esterno alla famiglia, quindi, principalmente, me.

Ma con Damon era diverso; a quanto pare lui era riuscito a far breccia nell’anima d’acciaio di mio padre e così, lo aveva accolto in casa sua  quasi come se fosse un figlio.

La madre di Damon era morta quando lui e Stefan erano solo dei bambini, e suo padre quando il mio ragazzo era poco più che maggiorenne, così sia lui che Stefan avevano dovuto crescere velocemente.

Di mio padre si potevano dire che era molte cose; che era freddo, che sembrava senza cuore e questo sia per il suo carattere di natura, sia per come era evoluto a causa del suo lavoro, ma sicuramente si poteva affermare che la salvaguardia della famiglia per lui veniva al primo posto. Era una situazione un po’ strana, ma papà era sempre stato il mio unico punto saldo e se c’era un problema serio, era la prima persona con la quale ne avrei discusso. Io lo adoravo.

Damon andò a posare le valige in una delle camere da letto al piano di sopra, poi tornò in salotto dove ci eravamo accomodati.

«Ho preparato qualcosa da mangiare, avete fame?»

«Non si doveva scomodare, signore, è stato molto gentile… ».

Damon era sempre estremamente rispettoso quando parlava con mio padre, a volte sembrava completamente un’altra persona.

Ci sedemmo a tavola nella luminosa cucina ed io dissi: «Direi che questa è tutta un’altra cosa in confronto al bunker sotto la spiaggia… »

«Se fosse servito a tenerti al sicuro avrei abitato lì per tutto il resto della vita, tesoro… ».

Per un attimo mi vennero le lacrime agli occhi; era davvero il padre migliore che si potesse desiderare.

Damon posò una mano sulla mia e la accarezzò.

«Allora ragazzi… ditemi come procedono i preparativi per le nozze di Elena e Stefan».

Questa fu la domanda fatidica perché ci lanciammo in una lunga conversazione sui fiori e i colori e tutto il resto, ma soprattutto sul dispotismo che Caroline esercitava su ognuno di noi in quel periodo.

«Vedo che l’esuberanza di quella ragazza non è mutata», disse mio padre con un mezzo sorriso.

«No, affatto!».

Il pranzo andò avanti piacevolmente, ero con i miei due uomini preferiti. Tutto stava andando per il verso giusto, finalmente dopo tanto tempo. Ero veramente felice in quel momento. Sembrava una vita totalmente fuori dal mondo, come se le cose si fossero assestate, dopo un periodo di sofferenza e paura.

Quel pomeriggio, io e Damon andammo a fare una passeggiata sulla spiaggia. A Los Angeles il clima era molto più caldo e già si potevano vedere i primi temerari surfisti.

«Sei felice?», mi chiese Damon mentre passeggiavamo mano nella mano con i piedi nella sabbia e le scarpe nell’altra mano libera. Io sorrisi e annuii.

«Lo sono anch’io. Prendersi una vacanza, rilassarsi un po’. Erano cose che non facevo da troppo tempo. Mi ha fatto bene, sai… il fatto che tu sia tornata; tu. Tu mi hai sempre fatto bene, Rox».

Mi fermai e lo abbracciai. «Ti amo, Damon… »

«Ti amo anch’io, piccola… ».

Passeggiammo fino al tramonto, poi guardammo il sole tramontare oltre il mare, seduti uno tra le braccia dell’altra sulla spiaggia.

I giorni passarono velocemente, troppo velocemente perché da molto tempo ormai non provavo più quella pace, tanto che mi sembrò quasi inverosimile.

Era come se vivessi nel terrore che da un momento all’altro potesse capitare qualcosa di brutto, che andasse storto e chissà cos’altro.

Ma invece non era così. Quella era una vita normale; la vita che molte persone conducevano; solo che io ero abituata ad un disastro dopo l’altro.

Stare con Damon, senza nulla a cui pensare, senza preoccupazioni… era la cosa più bella che mi fosse mai capitata, proprio come quando andavo al liceo ed anzi… allora c’era la scuola che mi metteva addosso l’ansia. Quei giorni invece furono tranquilli e sereni, soprattutto.

Inoltre, mio padre si era preso un paio di giorni di ferie per stare un  po’ con noi e tutta quella situazione faceva sì che io mi sentissi davvero  a casa; fu davvero bellissimo.

Io e Damon facevamo delle lunghe passeggiate in spiaggia, andavamo a correre la mattina presto, andavamo al parco, mangiavamo fuori. Un giorno incontrai anche Megan Brooks, una mia vecchia compagna di corso al college, una ragazza con cui avevo stretto amicizia e le presentai Damon. Parlammo di cosa avevamo fatto in tutti quegli anni e come stesse andando la nostra vita adesso.

Lei fu molto colpita dal mio fidanzato e dopotutto… come darle torto? Mi fermai a parlare a lungo con Megan e, una volta tornata a casa, trovai Damon e mio padre seduti al tavolo della cucina intenti in una conversazione che pareva molto seria, che tra l’altro si interruppe quando io feci il mio ingresso. Magari stavano parlando dell’aggressione e di quell’uomo, dato che avrebbe dovuto essere trasferito a Los Angeles in custodia dai militari.

Feci finta di non accorgermi della loro brusca interruzione e li salutai con un sorriso. Guardai il mio fidanzato… era incredibilmente bello e soprattutto mi amava veramente. Mi sentii molto fortunata ad avere al mio fianco un uomo come Damon.

Mi avvicinai e diedi un bacio sulla guancia ad entrambi, poi andai a fare una doccia veloce prima di cena.

L’ultimo giorno prima di tornare a Mystic Falls, sentii una fitta allo stomaco. Avrei tanto voluto restare lì per sempre; quell’unica settimana era davvero stata fantastica e se avessi potuto sarei rimasta lì ancora.

Per di più, io e Damon avevamo deciso di spegnere i telefoni fino al termine della settimana, quindi avevo il forte presentimento che, quando lo avessi riacceso, avrei trovato dei messaggi minatori da parte di Caroline.

«Tesoro?» mi richiamò mio padre la sera prima della partenza.

«Ehi…» gli risposi io con un sorriso.

Lui venne a sedersi di fronte a me sul letto e disse: «Mi ha fatto davvero molto piacere la vostra visita».

«Anch’io sono stata felice di rivederti, papà; ma devi ringraziare Damon, è lui che ha deciso di portarmi qui».

«Lo so. Sono contento che vi siate rimessi insieme, state bene e probabilmente non farei avvicinare nessun altro a mia figlia, se non quel ragazzo».

Io risi; ecco che ritornava a galla il papà geloso convinto che nessuno potesse essere all’altezza di sua figlia.

«Andrà bene tra di voi, ne sono certo e sono anche convinto del fatto che sarai una moglie migliore di quanto tua madre lo sia stata per me e un giorno, chissà, anche una madre… »

Un momento… moglie? Madre? Ma di che cosa stava parlando? Questi non erano discorsi da lui!

«Credo tu stia correndo un po’ troppo, papà; non è ancora il momento. Per adesso ci concentreremo sul matrimonio di Elena e Stefan, che già dà abbastanza problemi a cui pensare… ». Lui rise.

«Va bene, tesoro. Buonanotte, ci vediamo domattina. Ora dico a Damon che può salire; lo avevo spedito a guardare la tv per poterti parlare un po’».

Gli sorrisi. «D’accordo. Dormi bene, papà. A domani».

E detto questo uscì.

Damon entrò in camera dopo qualche minuto e si infilò sotto le coperte insieme a me.

«Buonasera, splendore… » disse abbracciandomi da dietro e lasciando un bacio sul mio collo.

«Buonasera».

«Tuo padre mi aveva vietato di salire».

«Sì, me lo ha detto».

«Mi piace tuo padre».

«E tu piaci a lui. Hai idea di quanto sia difficile far breccia nel cuore di mio padre? Praticamente non c’è riuscito nessuno a parte me, quindi devi essere stato davvero molto bravo».

«Io amo e rispetto sua figlia, per questo sono riuscito a conquistarmi anche lui».

Sorrisi e mi voltai a guardarlo, poi lo abbracciai.

Quella notte ci addormentammo così e poi l’indomani fummo costretti a ripartire per tornare alla vita reale; eravamo stati fuori dal mondo per troppo tempo ed era stato anche troppo bello, ma si sa… anche le cose belle sono destinate a finire e noi non avremmo potuto trattenerci ancora a LA.

Mio padre aiutò Damon a caricare la macchina, anche se in effetti avevamo solo due trolley e un borsone.

«Bene, ragazzi… buon viaggio, ci rivedremo presto» disse mio padre. Io lo strinsi forte e salii in macchina. In realtà non sapevo quando sarebbe stata la prossima volta che lo avrei rivisto.

«Guida piano, Damon». Gli raccomandò poi.

«Non si preoccupi. Arrivederci».

E detto questo, mise in moto l’auto e ripartimmo.



NOTE:

Ecco qui! Perdonatemi se sono sparita per quasi una settimana, ma diciamo che ho avuto un pochino da fare. (Damon: “Dillo che in realtà ti eri presa indietro con il capitolo”) (Io: “ -.- vuoi piantarla?”) (Damon: “Beh, è vero u.u”) (Io: “Sì, d’accordo, mi ero presa indietro con il capitolo, ma solo perché ne ho aggiunto uno.”)

Infatti all’inizio questo capitolo non era in programma e avevo già quasi finito di scrivere l’altro, che sarà il prossimo ad essere postato, in cui potremo finalmente vedere il famigerato addio al nubilato di Elena.
Questo capitolo è stato un po’ più di “stacco” rispetto agli altri. Interamente dedicato a Damon e Rox e in cui si è approfondita la conoscenza del padre di lei.
È stato abbastanza smielato come capitolo, ma spero sia comunque stato di vostro gradimento.
Corro a correggerlo e mi tolgo dai piedi… un bacio a tutti!

P.s. Ho un'originale romantica scritta su carta che ha come protagonisti il nostro Ian e Lucy Hale, l'ho scritta verso il periodo di Carnevale... fatemi sapere se avete voglia che la pubblichi! ;-)

  
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