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Autore: weasleywalrus93    18/09/2012    4 recensioni
Cosa può succedere se la Liverpool del 1958 e la Liverpool a noi contemporanea venissero a contatto tramite due ragazzi? Di uno il mondo conosce il suo nome, la sua vita e i suoi ideali. Dell'altra invece il mondo non fa nemmeno caso, mettendola in disparte e oscurando ciò che potrebbe offrire al mondo. Ma dall'esterno non si può sapere quanto una persona, anche la più famosa, può venire influenzata da qualcuno che il mondo nemmeno vede.
(mia primissima FF... mi sono letteralmente buttata a scrivere)
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon , Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Words are flowing out like endless rain into a paper cup,
They slither wildly as they slip away across the universe.
Pools of sorrow, waves of joy are drifting through my open mind,
Possessing and caressing me.
Jai guru deva om

Nothing's gonna change my world...
{Across the universe}


Liverpool, 3 Maggio 1958/2012.

Sapevo che era il suo compleanno. Lo sapevo anche se non me l'aveva detto. Non ci sarebbe stato bisogno nemmeno di sbirciare a sua insaputa il suo diario per scoprirlo, visto che il giorno prima era una bomba a orologeria, anche se non voleva dirmi il motivo. Non sapevo nemmeno se farle un regalo o meno. In fondo, lei mi aveva praticamente regalato un disco senza nemmeno conoscermi. Si. Un disco doveva andare bene. Il rock'n'roll piace a tutti. Anche nel futuro. Anche se da quel che mi ha raccontato ci saranno canzoni pessime in circolazione. Un buon disco di Buddy Holly annienta tutte quelle checche che si credono cantanti. L'altra sorpresa gliel'avrei data dopo. Entrai nel negozio di Brian. Nessuna tizia strana proveniente dal 2012 o giù di li. Buono a sapersi. Mi avvicinai e cominciai a rovistare tra i vinili. Elvis, Eddie Cochran, Little Richard, Fat Domino, Gene Vincent... Ma non aveva niente di Buddy Holly in quel buco? Continuai a camminare vicino al bancone con l'intenzione di vedere tutti i dischi che avevano. Percorrendo però al contrario la lunghezza del bancone dal lato opposto, mi ritrovai davanti, sul pavimento, una figura rannicchiata. Aveva le ginocchia strette al petto, chiuse in una morsa dalle braccia e la testa piegata sulle ginocchia, con il chiaro intento di nascondere il viso tra le braccia.

-Evapora Lennon!-

Non doveva vedermi in quello stato. Ne quel giorno, ne mai. Nonostante la mia chiara provocazione, sentì il parquet scricchiolare accanto a me. Illuso. Stavolta neanche lui con le sue battutine sarcastiche e irriverenti sarebbe riuscito a mettermi di buon umore. Nessuno ci sarebbe riuscito. Ne in quel momento, ne fra un paio di millenni. Ma sapevo che Lennon in fondo era uno spericolato, a volte anche masochista. Odiava essere ignorato, ma se l'era cercata lui.

Le parole le uscirono fuori come veleno. Forse anche un po più di quanto lei stessa voleva. Aveva un tono duro, secco e alterato. Probabilmente stava piangendo, ma sapevo che era troppo orgogliosa per ammettere una debolezza. E così si chiudeva in un riccio impenetrabile per chiunque. Ma non sapeva che io sapevo e quel giorno sarei stato più paziente del solito. Cominciai a battere con le dita un ritmo che mi passava per la testa ma che non aveva alcun significato. Lei restava li, immobile, con la testa a lanciare chissà quali maledizioni verso chissà chi. Rimanemmo così per un tempo indeterminabile. Un po guardando di fronte a me, un po osservandola, sperando che una buona volta capisse che chiudersi in quel modo non avrebbe risolto un emerito cazzo. Era testarda come una bambina che si impunta con una bambola o con un dolce. Più cercavi di farle cambiare idea, più impuntava i piedi su quell'idea e non riuscivi a fargliela cambiare.

-Lennon... cosa si prova ad essere abbandonati?-

La domanda mi era sfuggita dalle labbra, involontaria. Mi sembrava una domanda infantile, eppure sentivo il bisogno vitale di farla. Nella mia mente si andarono affollando e susseguendo in modo caotico tutte le pazzie che mi erano successe quel giorno. Il giorno del mio compleanno. Un giorno che non desideravo fosse assolutamente perfetto, ma migliore degli altri. John nemmeno lo sapeva, e di certo io non gliel'avrei detto in quello stato che era il giorno del mio compleanno. Non rispose, ma sentivo il suo sguardo su di me.

-Ci siamo lasciati oggi... o almeno, non so chi abbia mollato chi, ma se vedi il tuo ragazzo divorare la faccia di una troietta qualsiasi non credo che la cosa si regga in piedi no? Ah dimenticavo... I miei hanno deciso di divorziare. Me l'hanno detto appena sono tornata a casa-

Cazzo. Che merda di compleanno. La sua anzi era stata una rezione ragionevole e razionale. Tipicamente sua. Se succedeva a me sapevo che avrei distrutto mezza Liverpool per la rabbia. Lei invece no. Si nascondeva sotto un polveroso bancone di un negozio di dischi a piangere silenziosamente.

L'aver detto tutto mi aveva fatto realizzare ancora di più quanto il tutto fosse reale. Sentii gli occhi bruciare, mentre calde lacrime uscivano sul viso già infuocato. Ripresi a mordere il labbro inferiore. Un fiotto di sangue mi inondò nuovamente la bocca. Poco mi importava se mi avevano appena rimesso i punti per l'ennesima volta. Avevo la necessità di affondare i denti nella carne, anche se ciò significava mettermi contro l'intera equipe medica della città.

Me ne accorsi solo in quel momento. Per la prima volta da quando ci conoscevamo la vedevo con un vestito addosso. Sapevo quanto odiasse metterli, ma se li metteva lo faceva per qualcuno. Sicuramente quel gran bastardo doveva averle promesso una gran giornata se lei aveva fatto così tanta attenzione ai vestiti. Non seppi spiegarmi quell'ondata di rabbia che mi pervase quando realizzai cosa le fosse successo. Rabbia incomprensibile verso quello stronzo che nemmeno conoscevo. Automaticamente le misi una mano sulla spalla e tornai a guardare un punto indefinito di fronte a me.

Sentii la sua mano poggiarsi sulla mia spalla. Istintivamente spostai la testa. Non volevo bagnargli la mano con le mie lacrime. A quella reazione, sentì la sua mano stringersi lievemente sulla mia spalla, come per confortarmi. Fu come se un enorme peso mi venisse levato dallo stomaco. Era rimasto li, nonostante lo avessi cacciato. Perchè? Eravamo amici, ma non fino a quel punto. "Sicura che per te sia solo un amico?"
Ecco ora si ci metteva anche la mia coscienza. Con tutti i problemi che avevo dovevo pensare pure alla mia amicizia extra-temporale. Lui era li. Questo era quanto. E a me bastava.

-Ci si sente così-

Quasi avessi acceso una miccia, mise la sua testa nell'incavo tra il mio collo e la mia spalla. Sentii la solita mano fredda passarmi sulla schiena, mentre dentro sentivo una cascata di liquido bollente invadermi. La strinsi più forte a me, aumentando la stretta alla sua spalla. Aveva abbattuto quel muro che era solita costruirsi. Si stava lasciando andare.

In quel momento rappresentava la mia ancora di salvezza verso la caduta libera in quell'oblio in cui tutti mi stavano trascinando. Mi aggrappavo a lui con tutte le mie forze, sia metaforicamente che fisicamente. Mi faceva sentire come in una bolla protetta in cui niente e nessuno avrebbe più potuto farmi del male.

-Ti sto rovinando tutta la camicia...-

-Fa niente... non è nemmeno fra quelle che mi piacciono... solo che Mimì mi costringe a metterla...-

Aveva alzato leggermente la testa e cercava di asciugare con la mano la spalla bagnata della camicia. Una terribile fitta mi chiuse lo stomaco a vederla così.

Sentii improvvisamente l'irrefrenabile impulso di baciarlo, ma cercai di trattenermi. Era solo la delusione portata dalla giornata che mi spingeva verso quell'azione e sapevo che me ne sarei pentita subito dopo. Ripoggiai la testa sulla sua spalla, mentre sentivo la lotta crescere dentro di me. Farlo o non farlo? Questo era il problema.

Rimanemmo in quel modo per un tempo interminabile. Ogni tanto sentivo dei fiotti caldi inondarmi la spalla e sapevo che aveva ricominciato a piangere silenziosamente. Cercava di nasconderlo a tutti i costi, ma non si può nascondere l'evidenza. Mi limitavo solo ad accarezzarle il braccio. Dopo quelle che dovevano essere ore, in quanto fuori era buio pesto, percepii i suoi muscoli rilassarsi, la sua testa abbandonarsi completamente sulla mia spalla e il respiro e i battiti tornare regolari. Si era addormentata. Non mi andava di lasciarla li da sola. Non volevo lasciarla li da sola. Le misi il mio giubbotto sulle spalle e mi limitai a darle un bacio sulla fronte, stringedola con entrambe le braccia.

-Buon compleanno, piccola Judy-



Spazio autrice.
Non sono morta tranquillezza :D allora scusate la cortezza (?) del capitolo ma non c'ho potuto fare nulla. questo m'è venuto così ^^ spero vi piaccia lo stesso anche perchè è uno di quelli che mi è piaciuto di più da scrivere :) *m'hai fatto troppo pappamolla* e ancora non hai visto nulla caro il mio Lennonuccio <3 ringraziamenti: ovviamente sempre a Miss_Riddle Starkey che commenta a qualsiasi ora io aggiorni (XD) e BohemianScaramouche per averla inserita tra le seguite :) al prossimo capitolo ^^

  
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