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Autore: Taraxacum    18/09/2012    1 recensioni
Quella notte Daphne attorcigliava i suoi lunghi capelli in una treccia confusa e storta, sotto le luminose luci dello specchio.
I suoi occhi lucenti risplendevano come due diamanti e le sue mani tremavano. C’era un motivo perché la sua pelle era fredda e perché il suo cuore batteva forte.
L’indomani, Max aveva un appuntamento con Daphne che, essendo la primissima volta che lei usciva con qualcuno dopo ben quattordici anni, era più che anormale.
Proprio così, da quando era nata, Daphne non aveva amici. Viveva contorta da musica, libri, fogli vuoti e penne biro nuovissime.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Fu un’altra giornata terribile per Daphne, voleva sfogarsi: prese lo skate e uscì di casa sbattendo violentemente la porta.
Uscire da quella tana era stato bizzarro per Daphne, usciva di sua spontanea volontà, per sfogarsi; non per uscire con il suo presunto amico o per prendere il pane.
Decise di andare lontano, molto lontano, ma non era la cose giusta.
Quel pomeriggio aveva sentito le gambe afflosciarsi, si era sentita debole, il cuore aveva smesso di battere un attimo. Il sole aveva perso la sua luce, le strade erano fredde, e Daphne ricominciò a piangere e a tremare.
Aveva paura, non era a casa. Sdraiata sull’asfalto ghiacciato, con le braccia appoggiate al suolo, le mani al petto e le gambe sempre più vicine al busto.
Nessuno si accorse di lei, era nella strada più isolata della città. E in un giorno di pieno inverno, chi si sarebbe mai accorto di una ragazza, svenuta da probabilmente mezz’ora, nel bel mezzo di una strada, con la skateboard a pochi metri da lei.
Non era caduta, era semplicemente svenuta, ed era già troppo che era cosciente e riusciva a inspirare ed espirare. Chi riuscirebbe mai a respirare disteso nel asfalto congelato? Nessuno tranne Daphne.
E quanto avrebbe resistito? Poco più di quaranta minuti, perché qualcuno la salvò. Salvò il suo cuore irrigidito e raffreddato, la sua pelle fredda, i capelli dorati che ora sembravano tingersi di un bianco puro, gli occhi verdi che ora non avevano più colore dato che aveva perso conoscenza non appena arrivò aiuto e le labbra asciutte e gelide che si erano riscaldate da un bacio strappato sull’ambulanza.
Daphne non si accorse di nulla poiché era entrata isi era addormentata ed aveva perso le coscienze, ma l’Aiuto non si abbatté e strinse la mano della ragazza tutto il tempo.
Quando arrivarono, il ragazzo chiamò la madre di Daphne che si affrettò a raggiungerla, frettolosa e malinconica.
«Salve signora.» salutò il ragazzo porgendo la mano con un sorriso.
«Dov’è mia figlia?» chiese rapida e seccata.
«È nella stanza 200, ma i dottori non la faranno entrare finché non sarà l’ora di cena.»
«Sei un dottore?» la domanda della madre di Daphne agghiacciò il ragazzo.
«No.» ed abbassò lo sguardo.
«Bene, allora lasciami passare, moccioso.» e veloce s’infiltrò nella stanza 200 lanciando uno sguardo severo al ragazzo, seduto nella sala d’attesa.
 
Nella camera 200 faceva caldo, Daphne dormiva distesa sul letto. La madre le stringeva la mano e le sussurrava:
«È tutto ok. Non preoccuparti. Sii forte, io sono qui. Daphne, ti voglio bene.» ripeté queste parole almeno una cinquantina di volte, fino a quando un’infermiera arrivò.
 
«Signora, non ha il permesso di fare visite. Esca fuori.» disse gentilmente.
«Io sono la madre, non posso lasciarla sola.» urlò.
«Signora, si calmi. Deve solo aspettare nella sala d’attesa.» la rassicurò trascinandola lentamente nella porta.
«Andrà tutto bene, vero? Daphne non morirà. Vero?» domandò con le lacrime agli occhi.
«Venga signora, si accomodi.» e la fece sedere nella stanza di attesa.
«Vuole un caffè?» domandò il ragazzo, che era seduto affianco.
«Sì, grazie.» alzò lo sguardo rapidamente e sorrise.
Il ragazzo le portò un caffe caldo, mentre lui prese un sacchetto di patatine.
«Scusa per prima.» disse la donna stringendo il bicchiere tra le mani per riscaldarsi.
«Non si preoccupi.»
«Come ti chiami?»
«Ronald. Lei?»
«Dammi del tu. Comunque Lilly.» si strinsero la mano.
«Lo so. Sono amico di Daphne, è per quello che l’ho chiamata.»
«Amico? Daphne non ha amici.» esclamò Lilly, ridendo.
«Oh… beh… Mi conosce di viso, volevo dire.» si affrettò a correggersi.
«Capisco…»
Giunsero le otto e la madre poté entrare a vedere la figlia.
Fu un sollievo per la donna rivedere sua figlia.
«Daphne.» l’abbracciò.
Durante l’abbraccio, Lilly sentì la mano di Daphne muoversi e gli occhi aprirsi.
«Figliola.» la strinse forte.
«Mamma.» sussurrò sottovoce.
«Non parlare, respira.»
Dopo un quarto d’ora, Daphne si era ormai ripresa e decise di chiedere alla madre sullo sconosciuto che l’aveva salvata:
«Mamma, qualcuno mi ha soccorso. Sai di chi si tratta?»
«No, figliola. Un signore, passando di lì, ti ha trovata…» mentì Lilly. Voleva proteggerla da Ronald, perché sentiva un strano presentimento.
«Io ricordo che era giovane…»
«No, era un anziano sulla settantina…»
«E dov’è ora?»
«È andato via…»
«Va bene.» Daphne non era per niente convinta, ma si affidò alla madre.
 
 
Tra le due si accentuò un silenzio insopportabile, fino a che non arrivò l’infermiera di prima:
«Daphne, hai una visita. Faccio entrare?» la ragazza era stupita, chi poteva essere se non il padre… ma lui era con Rachele quindi non sarebbe mai e poi mai venuto…
Chi poteva essere?
«No. Daphne deve riposare, vado ad avvisare io.» disse secca Lilly, accarezzando la fronte della figlia e assicurandole di un ritorno rapidissimo.
La madre tornò in sala d’attesa e vide Ronald seduto sulle sedie, ancora paziente.
«Daphne si è appena addormentata. Non tornare, ha detto che non conosce nessun Ronald e non ha la minima intenzione di vederti. Sparisci.» e lanciò un agghiacciante sorriso finto al ragazzo incredulo.
«Come? Lei non può. Io l’ho salvata, ho il diritto di vederla.»
«Vuoi dei soldi?»
«Lilly, non ho bisogno di soldi, cibo o qualsiasi cosa. Voglio vedere Daphne.»
«Perché? Hai una cotta per lei?» ci scherzò su un po’ Lilly, non rendendosi conto che in realtà il ragazzo guardava in basso consapevole che era innamorato di Daphne.
«Non permetterti a rivolgerle la parola, intesi?» disse all’orecchio di Ronald.
La donna girò i tacchi disinvolta e prima di entrare nella stanza, si voltò dal ragazzo per scagliargli uno sguardo prepotente.
«Mamma, chi era?» domandò Daphne, stupefatta.
«Oh, lascia perdere. Era il signore anziano che ti ha salvato.»
«E perché l’hai mandato via, volevo ringraziarlo!»
«È tutto a posto, devi solo riposare adesso. Io adesso vado a casa, non mi permettono né di stare qui, né di portarti a casa, quindi ceno e provo a dormire. Tu riposati.»
Spense la luce e tornò a casa.
Ma Daphne non si sentiva al sicuro, in quelle mura celesti, dentro quel letto soffice e quelle coperte calde, non si sentiva a casa. Allora, indossò le pantofole e andò in cerca di qualcuno o qualcosa.
Non era molto stabile, ma il suo cuore le diceva di alzarsi e cercare, qualsiasi cosa.
A quell’ora non girava nessuno per le ghiacciate vie dell’ospedale, Daphne era sola, ma un urlo sarebbe bastato per chiedere aiuto.
Non aveva freddo, si sentiva bene, ma quando vide un viso conosciuto avvicinarsi a lei, cadde a terra e perse i sensi nuovamente.



- spero vi piaccia. ♥ -
  
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