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Autore: Fleide    19/09/2012    4 recensioni
Quando si perde la persona a cui si tiene di più, si fa di tutto per riaverla indietro... Anche se lottare vuol dire soffrire e superare tutti i propri limiti.
Cal Lightman questo lo sa.
Si morse violentemente un labbro mentre si stringeva il capo tra le mani: la macchina di Gillian stava bruciando davanti a lui.
Urlò. Urlò con quanto fiato aveva in gola. Urlò anche se il dolore che provava gli impediva di farlo.
Sentiva delle sirene in lontananza e delle voci... era tutto confuso,  attorno a lui il mondo crollava facendolo sprofondare nel nulla. Faceva male. Faceva dannatamente male.
Genere: Romantico, Song-fic, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~ And if it all goes crashing into the sea ~


{ 5. We're just fumbling throught the gray }


- Voltare a destra.
Silenzio. Nell'auto di Cal Lightman regnava il silenzio. Ogni tanto la scatola poggiata alle spalle del dottore scivolava lungo il sedile posteriore rompendo, assieme alla voce registrata del navigatore, quel pesante silenzio.
Gillian era stata rapita, Gillian era in mano al quinto uomo. Il loro quinto uomo. Merda. Era stato un idiota a non chiarirsi subito con lei, era stato un grandissimo idiota a lasciarla andare quella sera con il ricordo della loro lite!
- Allora... l'altra settimana un gruppo di terroristi dell'IRA tenta un attacco nel centro di Washington... - iniziò Reynolds sfogliando il fascicolo che aveva tra le mani.
Cal annuì imboccando una via laterale su consiglio del navigatore.
- Qualcosa va storto...
- Qualcuno sbaglia. - lo corresse Lightman accelerando.
- E chi? - chiese l'agente confuso.
- E' quello che dobbiamo capire.  - affermò fermandosi ad un semaforo rosso.
- Quindi l'operazione salta e sono costretti a fuggire, ma Finn viene preso molto distante dal gruppo, che intanto ha nascosto Guffry. Giusto?
- Già... - mormorò Cal mordendosi il labbro mentre fissava i passanti che attraversavano la strada davanti a lui: qualcosa non tornava in tutta quella storia, un dettaglio, magari insignificante, ma che sembrava fuori posto.
- Finn ci rivela un possibile nascondiglio di Guffry, ed è lì infatti che lo troviamo. Quella notte si impicca in prigione.
Un cappio... il cappio dondolava davanti ai suoi occhi, quel cappio salvatore e giudice... Cosa spinge un uomo a togliersi la vita? Cosa aveva spinto sua madre a farlo? Cosa spingeva qualcuno ad un gesto così estremo e così ricco di conseguenze? Non era certo solo la disperazione. Quella lui la conosceva bene.
- Lightman?
Si voltò: Ben lo stava guardando perplesso. Il suono di un clacson gli ricordò che il semaforo era scattato. Senza esitazione accelerò fuggendo dai suoi pensieri.
- Finn ci conferma che non era Guffry la mente del gruppo e che questo "quinto uomo", la cui identità era nota solo a Guffry, è pericoloso. - riprese l'agente dell'FBI.
- Tanto da indurre un uomo al suicidio e da ucciderne un altro. - aggiunse Cal.
Ben annuì e continuò a sfogliare il fascicolo.
- Quella sera Foster sparisce assieme ai fascicoli sul caso e Finn viene ammazzato.  
Il rumore della pagine che cadevano l'una sull'altra risunò all'interno della vettura, ormai ferma davanti al penitenziario.
- Già. Bella storia.  - fece Cal scendendo dall'auto. - Dobbiamo capire cosa è andato storto nell'attacco.
Reynolds emerse dalla portiera posteriore dopo aver recuperato lo scatolone che poggiò sul tetto della vettura.
- Cosa hai intenzione di fare?  - chiese serio fissando Lightman che giocherellava con il mazzo di chiavi.
Cal alzò lo sguardo verso di lui e poi verso il cielo nuvoloso sopra di sè:
- Trovare Gillian e fare a pezzi il bastardo che l'ha rapita.
Reynolds fece un sorriso amaro mentre il portone del carcere veniva aperto per loro. Per la seconda volta.


- Ecco.  Questa era la sua cella. - fece la guardia fermandosi di fronte ad una grata.
Era una cella qualunque. Identica a quella di Guffry. Posò lo sguardo sulla guardia. Tensione.
-
Come l'avete trovato? - chiese con il capo chinato di lato per osservare meglio le rezioni dell'uomo.
- Era... ecco... sì nel suo letto. - Dentro la cella? - Gli avevano tagliato la gola.
- Come è possibile che qualcuno sia riuscito ad ucciderlo? - fece Reynolds con tono duro accanto a lui.
Ottima domanda Reynolds.
La guardia parve in difficoltà.
- Ecco noi... - Vergogna - Abbiamo trovato le guardie addette a questo settore tramortite e chiuse nella lavanderia.
Il nostro amico è un abile giocatore.
- Che cosa?! - gridò Ben.
Rabbia.
La guardia sbarrò gli occhi.
Paura.
Lightman sollevò un angolo della bocca e voltò le spalle ad entrambi concentrandosi sulla cella. In effetti non c'erano segni di effrazione nè altro... Erano bravi. Uccidere Finn... perchè? Non sapeva chi fosse il quinto uomo, di questo era certo. E allora perchè? E Gillian? Perchè rapirla? Non bastava sottrarre i fascicoli? Era quel dettaglio... quel minuscolo dettaglio fuori posto che non lo convinceva.
- Dove sono gli effetti personali di Finn? - chiese voltandosi ed interrompendo lo sfogo di Ben.
La guardia lo guardò con gratitudine e gli indicò uno scatolone ai suoi piedi, identico a quello che Reynolds teneva tra le mani. Cal lo guardò per un istante poi scrollò le spalle ed alzando le sopracciglia imboccò il corridoio. Reynolds sospirò e fece segno alla guardia di seguirli con la scatola di Finn. 
- Reynolds! - chiamò Lightman camminando all'indietro per raggiungere l'agente.
Infilò una mano nello scatolone ed estrasse il fascicolo del caso.
- Reynolds, dobbiamo parlare con questo qui. - disse indicando una foto.
- Cadhan? - chiese Ben perplesso: Cal aveva uno strano ghigno sul volto.
- Si chiama così? -  fece dopo aver dato un'altra occhiata alla foto e rimettendo a posto il fascicolo . - Devo parlare con lui. - aggiunse accelerando il passo.
Prima sarebbero arrivati in fondo a quella storia, prima avrebbe riabbracciato Gillian.
- Prima però dobbiamo dare un'occhiata a questi scatoloni. - mormorò fermandosi di botto.


Lucidità: doveva rimanere lucido. Concentrazione: doveva essere concentrato. Doveva chiudere in un angolo delle propria mente Gillian e i sensi di colpa e concentrarsi sul caso, solo questo. Difficile? Forse. Necessario? Decisamente. Forza.
Entrò.
Un uomo con indosso una tuta arancione era seduto ad un tavolo, i polsi ammanettati e le mani poggiate sul piano davanti a lui. Teneva lo sguardo alto. Fierezza.
Lightman rimase qualche istante sulla soglia, la testa inclinata a studiare l'avversario, gli occhi indagatori puntati sul volto che aveva davanti.
- Sono il dottor Lightman. - fece avanzando.
Non ci fu risposta. Un altro osso duro.
Si sedette scivolando sulla sedia fino ad allungare completamente le gambe sotto il tavolo.
- Io studio i volti delle persone.  - aggiunse dopo una breve pausa.
L'altro sorrise. Disprezzo.
- Ah...- fece  incrociando le mani sul ventre - Vedo che c'è varietà di emozioni tra i ranghi della Real Irish Repubblic Army. - aggiunse con un ghigno.
- So chi è lei. - affermò secco Cadhan senza mutare espressione.
Interessante.
Lightman si tirò su assumendo la stessa posizione dell'irlandese.
- Bene. Allora possiamo saltare i convenevoli. Sai perchè ho chiesto di incontrare te e non il tuo compare?- chiese poggiando il capo su una mano.
- Dovrei?
Cal sbatté sul tavolo una cartellina ed tirò fuori una foto. La posizionò davanti a Cadhan facendola ruotare con una mano.
- Cosa vedi? - chiese serio.
L'uomo abbassò solo lo sguardo, non il capo.
- Me.
- Già - fece Cal appoggiando un gomito allo schienale della sedia e passandosi una mano sul collo - Ma che emozione vedi?
- Emozione? - chiese incredulo l'altro.
Lightman aveva la fastidiosa sensazione che l'irlandese sarebbe scoppiato a ridere da un momento all'altro.
- Sembro... Fiero? - rispose dopo aver visto lo sguardo serio di Cal.
Bingo!
- Uhm... non male... Hai un futuro nel Lightman Group... - affermò Ligthman alzandosi.
Fece il giro della stanza e giunto alla spalle di Cadhan infilò di nuovo la mano dentro la cartellina. Prese una foto e la sbatté con forza sull'altra chinandosi di lato per osservare le reazioni del detenuto.
Aumento del battito. Eccitazione.
Lo afferrò per collo spingendogli violentemente la testa sul tavolo. 
- E ora?! - gridò continuando a spingere giù il capo di Cadhan - E ora?! - ripeté con forza - Cosa vedi?!
Cadhan emise un lamento e cercò di muovere la testa per liberarsi dalla presa d'acciaio del dottore.
- Cosa vedi ORA?! - gridò Lightman indicando la foto: era una di quelle che aveva trovato nella busta davanti casa sua.
- Io... - riuscì a mormorare l'irlandese.
Cal si abbassò fino al suo orecchio senza mollare la presa:
- Rispondi alla domanda. - disse glaciale.
- P...Paura?
Pupille dilatate. Paura.  
Sorrise.
Bravo, così ti volevo.
-
Osservala bene... - era come se tutto ciò che aveva accumulato dentro sè fino a quel momento stesse cercando di prendere il sopravvento -  Sai chi la tiene così?  Il tuo capo.
- Gu... Guf... fry? - balbettò Cadhan.
Non prenderti gioco di me!
Violentemente Lightman tirò su il detenuto sbattendolo contro lo schienale della sedia: ne aveva abbastanza.
- Non stiamo giocando! - gridò tornando dall'altra parte del tavolo.
Sicuramente Reynolds stava facendo i salti mortali tripli per impedire alle guardie di entrare ed arrestarlo per il modo in cui stava interrogando quell'uomo.
- Quindi - riprese poggiandosi al tavolo e avvicinando il volto a quello del sospetto - Dimmi chi è che tiene la mia collega in quello stato!
Silenzio.
Cadhan lo guardava con uno sguardo che era un misto di paura e sorpresa., ma non cedeva.
Finiamola.
Aprì nuovamente la cartellina ed estrasse una terza foto.
- Questa  - mostrò al detenuto una foto raffigurante due uomini  - l'abbiamo trovata tra gli effetti personali di Guffry. Era nascosta nel manico di un coltello.
Sudorazione. Movimento delle narici.
Eccoci.
- Questo è Guffry. - continuò Lightman indicando una delle due figure della foto - E questo? Chi è questo?
Aumento del battito. Movimento delle dita.
Dai, dai...
- È il capo vero? Guffry era la sua pedina, per citare il tuo amico Finn... - Calma, calma... - Chi è?
Ancora silenzio.
Cal fece scorrere velocemente lo sguardo sul volto sudato e sconvolto di Cadhan: lo avrebbe torturato fino a fargli sputare quel nome, se fosse stato necessario. Gillinan era in mano ad un pazzo per chissà quale motivo e quell'idiota di irlandese continuava a resistere! Era davvero troppo. Sarebbe esploso presto. Ne era certo.
- CHI È?! - gridò più forte fermandosi ad un nulla dal volto del detenuto.
Battito. Sudorazione. Narici. Mani. Pupille. Labbra. Salivazione.
Paura. Paura. Paura.
-
La mia collega è in mano sua! Dimmi chi diavolo è! -ripeté esasperato: quello sì che era un osso duro.
Non parlava. Non diceva una parola l'irlandese. Cal lo guardò per un istante: era finita. Si lasciò cadere sulla sedia passandosi una mano sulla fronte: Gillian era lì, intrappolata in quella foto, in mano all'uomo nero. E lui aveva perso. Aveva perso. Aveva perso!
- Io...
Alzò il capo: oppure no?
- Io ti dirò tutto. - continuò Cadhan fissando il tavolo davanti a sè.
Ti ascolto.


Buio.
Ancora buio.
Passi. Sempre gli stessi. Unico suono in quel disperato silenzio.
C'era anche il suo respiro, il battito del suo cuore, le voci dei suo ricordi.  
Era tutto dentro di lei.
C'era la paura. Quella che la immobilizzava e la costringeva lì.
E c'era il dolore. Era ai polsi, era alla bocca, era ai muscoli, era in tutto il suo corpo.
Le lacrime. Ormai ne erano scese troppe. Avevano bagnato le guance, le guance dove lui l'aveva carezzata, le labbra, quelle stesse labbra che avevano incontrato le sue. La paura aveva coperto anche il suo sapore.
C'era un urlo intrappolato nella sua gola, un urlo disperato che la opprimeva togliendole il fiato, ed un rimpianto, uno di quelli che non le permetteva di pensare ad altro.
Ed un volto: un volto duro ed uno sguardo dolce. Ci aveva provato, sì con tutta se stessa, ad eliminare quell'immagine dal cuore, dalla testa, dai pensieri, dai ricordi. ma non ce l'aveva fatta. Inutile ogni sforzo. Eppure era sbagliato, era dannatamente sbagliato! Sbagliato il volto, sbagliato il pensiero. sbagliata la situazione, sbagliata la vita... questo si ripeteva, questo continuava a ripeterle una parte della testa, quella parte che le aveva detto di chiudere quella sera la porta del Lightman Group senza voltarsi indietro. Sbagliata la testa.
Aveva freddo.
Voleva fuggire.
Non poteva.
Uno scricchiolio. Passi. Sembrava scendessero... si avvicinavano. Rimase immobile: che senso aveva muoversi? Era cosciente di essere legata su una sedia, di avere la bocca e gli occhi coperti, era cosciente di non avere più alcuna volontà se non quella di aspettare a sperare.
I passi si fermarono.
- Salve dottoressa...
Era quella voce! Quella voce calda che le gelava il sangue ogni volta che sfiorava il suo orecchio.
- Spero si trovi a suo agio...  - il tono che usava la spaventava: era come se la stesse stringendo tra le dita come un fragile insetto  - Le prometto che faremo una gita fuori di qui... io, lei e i ragazzi...
L'uomo rise. Lei non poteva vederlo ma sentiva la sua presenza ovunque attorno a sè: quella voce sembrava avvolgerla e scivolarle sulla pelle come veleno.
Le tolse il bavaglio dalla bocca.
- A proposito - lo sentì abbassarsi alla sua altezza - spero che nessuno le abbia fatto un torto...  
Le carezzò una guancia con il dorso della mano: era gelida.
- Basta... - riuscì a mormorare lei con le labbra che le tremavano - basta...
Si sentì afferrare per il collo con forza: le dita dell'uomo la stringevano impedendole di respirare.
- Basta? - chiese la voce con rabbia - BASTA?!
Stringeva più forte, sempre più forte... Era troppo forte per lei. Aveva bisogno d'ossigeno, era troppo debole... Provò a muovere un braccio per tentare di opporre resistenza, ma niente: era legata.
- Basta?!  - gridò di nuovo l'uomo  - Non ci sarà fine a questo!
Le lasciò il collo, finalmente. Lei tentò di recuperare fiato e di rimanere cosciente, ma era difficile... Sentiva ancora quelle dita di ghiaccio sul collo.
- Voglio che il suo dottore - gridò stringendole con forza il volto - capisca cosa vuol dire essere disperati! Voglio vedere il mondo sbriciolarsi tra le sue dita e sentirlo urlare!
Una lascrima le rigò il viso mentre tentava di liberarsi da quella stretta muovendo il capo: no, non voleva che Cal... No perchè?!
- Voglio che provi quello che abbiamo provato io e mio fratello a causa sua, voglio privarlo di tutto!
No non poteva...
- No... per favore... - mormorò lei mentre le lacrime le scendevano copiose sul volto.
Lo sentì allontanarsi di poco e ridere.
- Per favore? Dottoressa - Gillian sentì altri passi oltre a quelli dell'uomo avvicinarsi a lei - ... credo proprio che sentirò gridare anche lei... presto.


Cosa?
- È lui la mente: Bras, il fratello di Guffry.
Ma...
- Si vendicherà per la morte del fratello... - continuò Cadhan.
- Guffry si è suicidato per non rivelare l'identità del fratello. - lo interruppe serio Lightman continuando a tenere le mani incrociate sul tavolo.
Quella storia stava prendendo una strana piega... eppure sembrava che quel piccolo dettaglio fuori posto fosse finalmente in linea con il resto.
- Perchè lo avete preso. - l'irlandese lo guardò dritto negli occhi - Perchè lei, dottor Lightman, l'ha preso.
Merda.
Cal si appoggiò lentamente allo schienale della sedia: era quello il motivo? Aveva fatto catturare Guffry e quindi era colpa sua se si era tolto la vita? Era colpa sua se Gillian era stata rapita da Bras? Aveva fatto un casino! Indirettamente ovviamente, ma non riusciva comunque a non sentirsi terribilmente in colpa. 
Maledizione.
- Dottor Lightman. - lo chiamò Cadhan richiamandolo alla realtà - Bras non è si fermerà davanti a nulla. L'ho incontrato una sola volta, stava addestrando alcuni di noi: non ho mai visto occhi come i suoi.
Sguardo abbassato.
Paura.
La risata... quella risata raggelante. Più ci pensava più la voce di Gillian ridotta ad un piccolo sussurro gli risuonava in testa. Aveva chiesto aiuto, e lui non riusciva a darglielo.
- Ha ucciso Finn per aver parlato, ora tocca a lei. - Cadhan indicò con il mento la foto di Gillian - Inizierà da ciò che le è più caro.
Mio Dio...
- Come fai a sapere tutte queste cose Cadhan? - chiese Lightman in tono neutro: era arrivato al limite.
- È ciò che Bras ha insegnato ad ognuno di noi... ma solo lui aveva il coraggio di fare davvero questo - posò nuovamente lo sguardo su Gillian - Nemmeno Guffry ci è mai riuscito.
L'irlandese si morse un labbro.
Senso di colpa.
-Cadhan, perchè ti senti in colpa? - chiese Lightman.
- Io e Guffry eravamo amici. Lui... lui voleva dimostrare al fratello di essere come lui.
- Ma qualcosa è andato storto l'altro giorno in centro...
- Ci hanno scoperto. Io non so come abbiano fatto...  - balbettò Cadhan evitando lo sguardo indagatore di Cal.
- Oh sì che lo sai.  - mormorò il dottore inclinando di lato il capo. - Guffry ha sbagliato, Guffry si è punito per questo...
Cadhan prese a tormentarsi le mani.
Bingo.
- Non è questo il punto!  - esclamò l'irlandese - Il punto è che Bras può sapere tutto di lei! Può arrivare ovunque! Può arrivare a me, alle guardie qui fuori, ai suoi amici, alla sua famiglia,...
Emily!
-
La distruggerà pezzo a pezzo per quello che ha fatto.

Il quadro era completo.


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Nota dell'autrice:  Salve gente! Ecco qua un altro capitolo "di passaggio" che non mi convince a pieno... a parte il Gillian's moment (lo dovevo mettere! XD) Be' , come al solito spero che vi piaccia e che vogliate lasciare una recensione! =) Vi avverto che nelle prossime due settimane sarò super impegnata e che probabilmente (speriamo di no) non avrò tempo per scrivere... :(  (voi abbiate fede intanto!) mi dispiace molto perchè in questi giorni sono piena di idee... e vabbè!
A presto (si spera!)
Federica











   
 
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