Storie originali > Commedia
Segui la storia  |       
Autore: Yvaine0    19/09/2012    7 recensioni
Ero in treno da un'ora verso il nulla più totale.
Perchè? Probabilmente tutto era iniziato quando mio fratello aveva iniziato a parlare. Fin da subito aveva capito la sua vocazione: sparare stronz-...sciocchezze. E così, litigio dopo litigio, nostra madre era impazzita e aveva deciso di spedirci tutti e due a vivere da qualche parte lontani da loro.

Pan Fletcher, diciottenne, ragazza di città, si ritrova catapultata in un mondo a lei estraneo, caratterizzato da laboriosità, aria pura, e sentimenti sinceri. Armata di mp3, di un bizzarro interesse per le mucche e di un rassicurante manuale di sopravvivenza create da lei stessa, affronta questa avventura che la vita le regala senza ben sapere cosa pensare di tutto ciò che le sta per accadere.
"Che diavolo ci fai qui?"
"Che diavolo ci fai TU qui! Questa è casa di mio nonno!"
"Io qui ci vivo!"
Fissai il ragazzo in cagnesco per qualche istante. "Bè, anche io!"
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cows and jeans'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cows and jeans


37



Era uno di quei giorni in cui il buongiorno non si vedeva per niente dal mattino. Il sole splendeva, la colazione era già pronta, Kameron, Agatha e Terrence mi aspettavano chiacchierando allegramente nell’aia, ma il mio umore era nero.
Avevo sognato male. Non ricordavo cosa avessi sognato, ma mi ero svegliata di pessimo umore e la colpa doveva necessariamente essere del sogno. A meno che io non fossi sonnambula e non avessi avuto una brutta avventura notturna a mia insaputa.
Siccome ero piuttosto sicura di non essere sonnambula, il mio malumore doveva essere dovuto al sogno. O all’imminente partenza di mio fratello.
Per qualche motivo, Joshua capì prima di me che il motivo della mia negatività era proprio lui stesso. “E smettila di fare quella faccia” mi disse, mentre passavo per la quarta volta dal bagno alla mia camera, incapace di connettere il cervello e quindi di non dimenticare qualcosa in giro.
Lo guardai senza capire. Era seduto sul nostro – di nuovo mio, da quel momento - letto e mi guardava con quell’espressione arrogante che mi aveva sempre dato sui nervi. Quella volta non fu diverso, ma questo mi aiutò a desiderare che se ne andasse al più presto. “Che faccia?” sbottai, incrociando le braccia.
Sembra che ti sia morto il cane”.
Non ho cani”.
Il gatto, allora”.
Facciamo che ora uccido mio fratello e non ci pensiamo più?” proposi. Ero acida, schifosamente acida. Ma ero di pessimo umore e le due cose andavano a braccetto. Non potevo farci nulla.
Joshua inarcò le sopracciglia. “E ora dimmi che sei di buon umore, dai” mi sfidò.
Sbuffai e iniziai a cercare nell’armadio i miei jeans. “Sono di buon umore” risposi come se niente fosse.
Si nota. Sei di buon umore come Malcom dopo che l’ho stracciato per cinque volte consecutive a Tekken”.
Sì, certo, doveva anche paragonarmi a quel decerebrato del suo amico. “Vedo che sei in vena di complimenti stamattina” brontolai, riemergendo dall’armadio. Lì dentro c’è ancora della tua roba” lo informai.
Joshua si accigliò. “Ma se io non ho tirato fuori nulla dal borsone?” domandò.
...ops.
Avete presente il sangue freddo? Ovvero quando una persona anche in un momento disastroso riesce a mantenere i nervi saldi e a rimanere razionale? Ovviamente io non avevo la minia idea di come ci si sentisse a essere razionali, figurarsi in un momento allarmante come quello. Non potevo definirmi una con il sangre caliente, perché a quel punto cambiava totalmente significato e non mi si addiceva per niente.
No, stavo scherzando!” esclamai, scoppiando in una risata fin troppo rumorosa e vagamente isterica. La verità era che avevo la – secondo lui fastidiosa – abitudine di impadronirmi dei suoi vestiti una volta che gli diventavano piccoli. Lui li dava a Felicity con l’intenzione di buttarli via, lei li infilava in un sacco nero e io rubacchiavo di nascosto quelli che potevano piacermi.
Josh non sopportava che io indossassi i suoi vestiti, eppure io non riuscivo a farne a meno.
Raccontando i fatti in questo modo, sembra quasi che io fossi una barbona. In realtà era tutta questione di affetto. Mi piaceva l’idea di avere qualcosa di suo, inoltre riciclavo dei vestiti che molto probabilmente sarebbero finiti nella spazzatura molto prima che mia madre si ricordasse di portarli a qualche associazione per beneficenza. In fondo si trattava comunque di riciclaggio, no?
Il paio di pantaloni da calcio che lui usava all’inizio del liceo erano diventati i miei preferiti; da quando ero riuscita a impossessarmene li avevo indossati milioni di volte – quando lui non poteva vedermi.

La condizione più importante per il rinnovamento del mio guardaroba tramite quello di Josh era la segretezza. Joshua odiava l’idea che indossassi i suoi vestiti, per cui avevo sempre cercato di tenerlo nascosto. Ed era stato facile, visto che lui non usava curiosare nel mio armadio. Fino a quel momento, almeno, quando proprio io mi ero messa i bastoni tra le ruote. Ero praticamente inciampata nei miei stessi piedi. Cose che nemmeno Bella Swan di Twilight riusciva a fare.
Joshua saltò sull’attenti e mi guardò male. “Pan, che cosa...?”
Risi un po’ più forte e gli gettai affettuosamente le braccia al collo, per evitare che si avvicinasse all’armadio. “Mi mancherai un sacco, fratellino!” trillai con ostentata emozione.
Lui si irrigidì. “Buon Dio! Cosa hai nascosto lì dentro, un cadavere?” domandò, divertito.
Ottime reazioni all’affetto fraterno. Dov’era finito il classico ‘chi sei tu e cosa hai fatto di mia sorella?’?
Ma quale cadavere! Il biondo mestruato è ancora in circolazione... chi altri avrei potuto far fuori, secondo te? No, è semplice affetto fraterno. Non mi credi?”
Per niente” rispose, facendo un passo indietro.
In effetti non ci avrei creduto neanche io. “Uomo di malafede!”
Uomo? Ok, se non c’è un cadavere, almeno devi avere un gatto”.
Un gatto?” domandai, incredula. Cosa c’entravano i gatti?
Lui ridacchiò, scansandomi del tutto. “Sei il tipo di persona che fa cose del genere: adottare un gatto e nasconderlo nell’armadio perché il nonno e lo spaventapasseri non lo vogliono”.
Un momento! Lo spaventapasseri era Dean?
Scoppiai a ridere, spontaneamente questa volta. “No, niente gatti” gli assicurai. “Non c’è proprio nulla da vedere. Joshua, ho detto nulla! Ehi, fermo dove sei!” tentai invano di fermarlo, ma lui era già all’armadio e aveva spalancato le ante.
Chiusi gli occhi e sorrisi con aria colpevole attendendo la sua sfuriata.
Ma questa è la mia felpa del Blues Brother!” esclamò, sconcertato. “Che cosa ci fa nel tuo armadio?”
Aveva l’espressione costernata e un tono di voce da grande uomo maturo che ha beccato la figlioletta in flagrante mentre cercava di pitturare il gatto con la vernice verde, acquistata per ridipingere le persiane. Sì, è successo, ma questa volta dovete rivolgervi a Emily, non era stata una mia trovata.
Ma quale felpa! Il cadavere, ricordi? Stavi cercando un cadavere. Cercalo, su!” delirai nella speranza di distrarlo.
Joshua mi guardò male. “Perché è tra la tua roba?”
Sospirai. La scusa del cadavere non reggeva, dopo essere stata smentita. Avrei dovuto sostenerla prima, diavolo! “L’avevi buttata nel sacco dell’immondizia”.
E lì doveva restare”.
Mi accigliai. “No! Voglio dire, è uno spreco. Non è rovinata e... e poi lo sai quanto mi piace!”
Al punto da rovistare nella spazzatura per riprenderla. Che schifo”.
Era vuoto!” mi indignai. “Considerala un’opera di beneficenza, se vuoi sentirti tanto superiore. Non trovi ridicolo che io debba prendere i tuoi abiti vecchi di nascosto? Egoista!”
Egoista?” espirò bruscamente. “L’ultima volta che ti sei messa una mia maglietta i miei compagni di classe mi hanno preso in giro un mese!”
Mi accigliai, presa in contropiede. “E perché mai?” Che senso aveva prendere in giro qualcuno perché sua sorella indossava i suoi vestiti usati? “Non sarà di nuovo la storia degli straccioni, eh?” C’era stato un periodo, al mio primo anno al liceo, in cui il primo pensiero delle mie compagne di classe, vedendomi così... mmm... sciatta, a detta loro, era stato che fossi povera. Non avevo i soldi per vestirmi ‘bene’, secondo loro. Era così complicato capire che i vestiti firmati erano l’ultimo dei miei interessi? L’ultimo. Perfino i tentativi di Malcom e Joshua di spiegarmi cosa diavolo fosse un fuorigioco, calcisticamente parlando, erano più entusiasmanti. E chi come me non ha idea di cosa diavolo sia un fuorigioco, sempre calcisticamente parlando, sa che non c’è nulla di interessante negli sbuffi, nei sospiri e nei caotici tentativi di un ragazzo di spiegarlo.
La cosa aveva coinvolto anche Joshua, non appena la voce si era sparsa dalle sorelle maggiori alle minori.
Lui sbuffò e incrociò le braccia. “No, che c’entra” bofonchiò, con una smorfia al ricordo. “Se ti metti i miei vestiti sembra che io mi vesta da femmina, no?”
Lo guardai per qualche istante, impassibile. “No” risposi poi, convinta.
Dillo agli altri...”
Risi. “Ah, certo! Fammi capire bene” ricominciai. “I tuoi amici sono dei cretini, io uso i vestiti da maschio e prendono in giro te?”
Strinse le labbra e mi guardò male. ‘Detta così sembra una cosa stupida’. L’
aveva scritto in fronte. Forza, dillo. Dai, avanti, scatena la mia ira, troglodita! Era il giorno giusto. Ero di nuovo di cattivo umore, per cui sarebbe bastato davvero poco per mandarmi fuori di testa. Ed era tutta colpa sua. Anche il mio malumore lo era.
Era la cosa più stupida che avessi mai sentito. E tra Kameron e Terrence ne avevo sentite a palate di cose stupide, da quanto mi ero trasferita. Per non parlare di tutte le fesserie dette da Asja alla festa di Mariah Thompson e, ancora, tutte le enormi idiozie uscite dalla mia boccaccia.
Be’, resta il fatto che è roba mia e non hai il diritto di prenderla” sputò infine, non trovando nulla di meglio da dire.
Il suono insistente di un clacson interruppe la conversazione prima che potesse degenerare. Be’, degenerare troppo.
Ti dai una mossa? Stiamo facendo tardi!” Riconobbi la voce della cara, dolce e paziente Agatha. Non che fosse facile confondere la sua voce con quella dei ragazzi, intendiamoci. Ci sarebbe voluto impegno e un talento innato, che io - fortunatamente- non avevo.
Arrivo!” gridai in risposta, affacciandomi in fretta alla finestra. Tornai a guardare mio fratello. “Ora devo proprio andare” dissi, mentre il mio stomaco si accartocciava un po’ al solo pensiero che al mio ritorno lui non ci sarebbe stato.
Che peccato, eh? Era una così bella conversazione...”
Lo guardai male. “Non è che l’idea di andare a scuola mi entusiasmi, in effetti” replicai, recuperando il mio zaino.
Già” tagliò corto. “Buona giornata, allora”.
Lo guardai di nuovo. Sarebbe stata l’ultima volta che lo avrei per chissà quanto tempo. Era probabile che io sarei tornata a casa per le vacanze di Natale, quindi probabilmente per soli due mesi. E poi? Poi magari ne sarebbero passati di più, prima che lo incontrassi di nuovo. “Josh...” Mi dispiaceva che se ne andasse. Mi ero abituata alla sua presenza a Sperdutolandia e, per qualche motivo, era stata proprio questa a incutermi sicurezza durante quei giorni. Perché, incredibile ma vero, erano passati solamente pochi giorni da quando ero tornata a Sperdutolandia e pochi di meno da quando aveva fatto la sua comparsa mio fratello.
Non sapevo cosa dire. Cosa si dice a un fratello in una situazione del genere? Qualche smanceria, forse, ma né io né lui eravamo tipi da cose del genere, sarebbe stato imbarazzante per entrambi. “Fai... fai buon viaggio”.
Ehm” si grattò il mento, impacciato. “Grazie” rispose.
E salutami tutti. Anche il gatto di Malcom. E Roastbeef”.
Rise. “Lo farò” mi assicurò.
E scrivimi un messaggio quando arrivi” continuai, lasciandomi prendere la mano dai saluti.
Joshua inarcò le sopracciglia. “Sei matta? Non lo faccio con mamma, figurati se scrivo SMS a te!”
In effetti, era probabile che avessi esagerato un pochino. “E va bene, ma ricordati quello che ti ho detto ieri sera” conclusi, puntandogli contro il dito indice. Così sì che ero una persona matura e severa.
Sì, sì, come vuoi” concluse lui. Lanciata la sua ex felpa dei Blues Brothers sul letto, si avviò verso la porta. “Vado a salutare gli altri, tu datti una mossa!”
Sì, signore!”
Quando lo sentii scendere le scale, infilai in fretta quella felpa dentro lo zaino e poi corsi giù a mia volta.

Mentre il pickup si allontanava dalla fattoria, la mia mente ripercorreva quei giorni passati in compagnia di mio fratello a Sperdutolandia, la sera della cena a casa degli Hortus, la sua comparsa sulla strada che portava in paese, i suoi commenti su Dean.
I nostri rapporti erano davvero molto migliorati da quando mi ero trasferita in campagna. Ora ero consapevole di volergli bene e quella mattina ero stata sul punto di dirglielo. Fortunatamente ero troppo emotivamente stitica per farlo e ci eravamo evitati un bel po’ di imbarazzo.
Fui di umore malinconico per tutta la giornata e i tentativi di Kameron di tirarmi su il morale furono utili solo in parte. Ci fu un solo momento – che io ora ricordi – in cui mi sentii un po’ meglio: uscendo da scuola, il mio cellulare vibrò. Avevo un nuovo SMS.

L’aria qui fa molto più schifo.
J.”


Come mi resi conto nei giorni seguenti, durante le lezioni di spagnolo i posti in ultima fila erano sempre incredibilmente liberi. Era quindi semplice per me e Kameron accaparrarci un posto in fondo all’aula e scambiarci bigliettini. Non che Matthew McDonnel fosse un insegnante noioso, ma la tentazione di non far nulla, quando ne avevamo la possibilità, era troppo forte perché noi, poveri e inguaribili pigroni, potessimo resisterle.
Come ebbi modo di verificare, il maggiore dei McDonnel era un ragazzo equilibrato e amichevole, anche abbastanza simpatico in effetti.

Aveva i capelli un po’ troppo lunghi per un insegnante, ma questo non faceva che aumentare il suo fascino da uomo vissuto e consapevole, che colpiva un po’ tutte le ragazze della scuola, insegnanti comprese. Gli piaceva fermarsi a chiacchierare con gli studenti nei corridoi, ma senza mai tardare troppo a lezione, da bravo docente responsabile – che non si era preso la briga di presentarsi fin dal primo giorno, però. Si abbandonava spesso a racconti sulla vita di città, riferendo aneddoti sul posto in cui si era trasferito per studiare e aveva lavorato prima di allora. Era evidente che, comunque, in città lui avesse lasciato il cuore. Sembrava letteralmente innamorato della caotica atmosfera che aveva incontrato in quel luogo, motivo per cui si sentiva in confidenza con me.
Quel venerdì, mentre aspettavo Kameron fuori dal bagno dei ragazzi all’intervallo, Matthew uscì dalla classe di fronte e, dopo avermi quasi uccisa con un “Salve, principessa!” pronunciato dalla sua voce così simile a quella di Dean, si fermò a fare due chiacchiere. Mi raccontò che dopo l’università aveva iniziato a lavorare in una grande città, che probabilmente non era molto distante dalla mia. Era stato assunto come supplente in un liceo e aveva insegnato per un po’, poi però il professore di ruolo era tornato dalla malattia e lui era stato cacciato. Da quel momento aveva avuto un periodo di crisi in cui non riusciva più a trovare lavoro. Era stato a quel punto che aveva ricevuto la chiamata del preside Dewey, il quale gli aveva proposto di tornare al liceo che aveva frequentato da ragazzo in qualità di insegnante.Matthew non aveva proprio potuto rifiutare quell’offerta provvidenziale. Era lampante che la città gli mancasse, ascoltandolo parlare. Mi riempì di domande a proposito della mia esperienza nei due diversi ambienti in cui avevo abitato ed era evidente che la sua preferenza, al contrario della mia, fosse per la caotica e movimentata atmosfera cittadina. Il paese gli stava stretto, il suo sogno sarebbe stato quello di vivere in una metropoli, di poter lavorare e avere successo.
Gli chiesi come faceva a sopportare la falsità della gente di città. Mi rispose che le persone false erano in ogni luogo, non di meno lì in campagna.
Conoscere meglio Matthew mi portò a pensare che, forse, non era poi così male. Mi convinsi addirittura di poter scoraggiare ulteriormente la mia cotta per... la mia cotta, insomma, concentrandomi su tutti i pregi di Matthew che al fratello invece mancavano. La gentilezza, per esempio, l’affabilità, la simpatia e la disponibilità. Era educato e paziente, brillante e indubbiamente era anche molto bello.
Durante una delle sue ore di spagnolo, al di fuori di ogni logica, mi sorpresi a immaginare una scena da cartone animato di serie B. Immaginai una me molto sciocca intenta a civettare spudoratamente – in maniera piuttosto imbarazzante - con Matthew. Qualcosa stonava in quell’immagine, ma mi dissi che doveva necessariamente essere quella strana me stessa con gli occhi vitrei, il sorriso ebete e una ciocca di capelli attorcigliata al dito indice. Sicuramente non era il colore di capelli del McDonnel a cui facevo gli occhi dolci.
Prendermi una cotta per qualcun altro, comunque, sarebbe stato un buon modo per togliersi Dean dalla testa. Trattandosi di suo fratello, visto e considerato quanto si somigliavano esteticamente, sarebbe stato più facile invaghirsi di lui. Lo trovavo un ottimo piano, ignorando totalmente il razionale pensiero che molto probabilmente non avrei fatto altro che cercare in Matthew le somiglianze con Dean.
Matthew era, in ogni caso, una persona decisamente migliore di Dean, su tutti i fronti. Se non fosse stato per i miei pregiudizi a quel punto sarei stata a cavallo.
Ma si può sapere di che cosa stai parlando?” domandò Emily spazientita.
Era la pausa a pranzo e io e Kameron ce ne stavamo spaparanzati nel cortile, sfruttando le ultime giornate di bel tempo, prima che l’autunno venisse a rovinare tutto. Era il periodo migliore, in cui ancora il sole splendeva ma le temperature si abbassavano e le foglie degli alberi iniziavano a sfumare verso il giallo.
Joshua aveva davvero avvisato Emily a proposito della presenza di campo e dei miei orari di ricreazione, motivo per cui quel giorno aveva deciso di chiamarmi. Nel vecchio liceo era molto più semplice eludere la sorveglianza – ai bidelli non interessava molto quel che facevano gli studenti – al contrario della scuola di Sperdutolandia. Qui, Eric, il bidello dello sgabuzzino, sembrava essere a conoscenza di mille passaggi segreti, visto che entrambe le volte che ero uscita durante una lezione per vagabondare nei corridoi, lui mi aveva sorpresa e rispedita in classe nel giro di un minuto e mezzo. A quanto ne sapevo, non era solo per via della sorte che mi giocava i suoi scherzetti, era un problema che avevano tutti gli studenti. Eric era un segugio, non c’era modo di sfuggirgli.
In quel momento Emily si trovava acciambellata sull’amaca del suo giardino e ascoltava i miei deliri al telefono. Molto probabilmente, a partire dal lunedì seguente, avrebbe fatto lo stesso, ma seduta sulla ciambella chiusa del water, nel bagno delle ragazze del liceo.
Dei miei pregiudizi” risposi con naturalezza, mettendo in bocca una forchettata di maccheroni al formaggio.
Ma quali pregiudizi?!” domandò esasperata.
Deglutii. “Come, quali pregiudizi?” chiesi senza capire.
Sono dieci minuti che parli di pregiudizi senza i quali quel professore potrebbe piacerti” spiegò con un sospiro.
Oh, ti riferisci a quello. Lo sai come la penso a proposito delle persone che piacciono a tutti: devono essere necessariamente sopravvalutate. Non si può piacere a tutti!”
Kameron sbuffò e mi lanciò un’occhiata di sottecchi, che intercettai. “Stai dicendo un sacco di cavolate” bofonchiò, mentre masticava il suo panino imbottito.
Taci, tu!” lo rimproverai.
Emily rise. “Io sono d’accordo col tipo mezzo dislessico!”
Non è mezzo dislessico: ha la bocca piena! E comunque vi sarei grata se non vi coalizzaste, grazie” la corressi, brandendo la forchetta a mo’ di spada, in difesa di messer Mietitrebbia e del suo offeso onore.
Un Trenino e una Mietitrebbia. Lui e Dean erano proprio una bella accoppiata. Ma, ripensandoci, a Dean non avrei dovuto proprio pensare. Tracciai una riga su quel pensiero, mentalmente.
Coalizzarci?” si informò Kameron, improvvisamente interessato. “Perché, che ha detto?”
Che sei dislessico”.
Pan!” mi richiamò all’ordine Emily.
Ok, ha detto che sei mezzo dislessico” precisai alzando gli occhi al cielo.
Dislessico?”
Non è questo che voleva sapere!” continuò imperterrita la mia migliore amica. Perché doveva disturbarmi mentre mettevo a cuccia l’ego di Kameron? Non capiva quanto fosse importante la questione?
Ah, e va bene” sbuffai, indicandolo con la forchetta di plastica. “Ha detto che hai ragione, d’accordo? Se volete vi metto in vivavoce così potete conversare liberamente” buttai lì, sarcastica.
Mi sembra un’ottima idea”.
Fico! Conoscerò Emily!”
No, cosa?! “Ehi!” protestai al loro entusiasmo. “Era sarcasmo! Avete presente? Lo uso più spesso del phon!”
Ovvio, quello non ce l’hai” rispose Lily. “Allora, il vivavoce?”
Manipolatori” accusai entrambi, finendo per obbedire e schiacciare quel dannato tasto.
Risero, e udirono l’una le risate dell’altro.
Sai qual è il tuo problema, Pan?” esordì Emily. “Pensi troppo e pensi male”.
In altre parole, sarei una cretina?”
A volte sì”.
Grazie, fa piacere essere stimati”.
Kameron rise. Gli rivolsi un’occhiata divertita e presi un’altra forchettata di pasta.
Sentii Lily sospirare. “Kam, dalle un pugno da parte mia”.
Che?” guardai allucinata Kameron, che stava già alzando una mano sorridendo sornione. “Non ti azzardare, microcefalo!” lo minacciai con la forchetta.
Risero entrambi, mentre mi ficcavo in bocca i maccheroni con una smorfia imbronciata. Si divertivano alle mie spalle? Bravi, che amici! E dire che avevo chiesto loro di non coalizzarsi.
Come sei suscettibile”.
Sì, lo diceva anche Sid dell’Era Glaciale” bofonchiai a denti stretti.
Pan, ascoltami, zuccona”. Era sempre così gentile la mia migliore amica! Pensi troppo e pensi male. Concentrati su questo. Che pensi troppo è un dato di fatto. Che pensi male significa che fai dei ragionamenti contorti e sbagliati. Non puoi scegliere di chi innamorarti, succede e basta”.
Ma quale originalità! Cose dette e ridette, trite e ritrite. Quasi banali. Il discorso mi metteva parecchio a disagio, non mi piaceva la piega che la conversazione stava prendendo. Kameron non sapeva della mia cotta per il suo migliore amico. E non doveva saperlo, visto che io stessa me ne sarei presto dimenticata.
Ma che problema c’è?” farfugliai, masticando. “Io non sono innamorata di nessuno!”
Già” fece Kameron poco convinto.
Lo guardai male, allarmandomi leggermente. “Ma tu cosa ne sai, scusa?” domandai, aggrottando le sopracciglia. Di discorsi sentimentali, con lui, non ne avevo mai presi. Un po’ perché mi faceva comodo, un po’ perché sarebbe stato imbarazzante parlarne con chiunque non fosse Emily. Raccontarlo al migliore amico del colpevole, inoltre, sarebbe stato un suicidio.
Si strinse nelle spalle e rimase sul vago. “Tutte le ragazze sono innamorate”.
Assottigliai gli occhi. “Non io” risposi con convinzione. “E poi è una cretinata bella e buona, questa!”
Non ci giurerei”.
Mi stava sfidando? Da quel momento diventò questione di principio, per me, mantenere il segreto. “Io sì”. Non incrociai le dita, sebbene per un momento avessi davvero pensato di farlo. Io non ero innamorata. Leggermente invaghita, forse, ma si trattava soltanto una cosa passeggera.
Misi in bocca l’ennesima forchettata, per dare un tocco di naturalezza in più alla mia farsa.
Kameron si gonfiò come un pavone, aprì la ruota e rizzò le spalle, ergendosi in tutta la sua grandezza, nonostante fosse seduto. Sorrise sornione, sganciando poi la bomba: “Che mi dici di Dean?”
Il cibo mi andò di traverso. Sgranai gli occhi, cominciai a tossire e, mentre Emily non sapeva se ridere o preoccuparsi, Kameron scattò prontamente e mi prese a manate la schiena, ottenendo l’unico risultato di farmi mancare il fiato per via dei colpi.
Ehi! Devo chiamare qualcuno? Sei viva!”
Lo guardai male tra un colpo di tosse e l’altro. Gli avrei anche risposto male, se solo non stessi rischiando la vita. Per lo meno l'ultima cosa che avrei visto sarebbe stato un volto amico.
Finalmente riuscii a liberare le vie respiratorie e mi gettai lunga e stesa sull’erba, respirando a fondo.
Non la sento più. Sta bene?” udii Lily domandare.
Nel panico da rischio di soffocamento avevo lanciato via il telefono, che ora era da qualche parte in mezzo all’erba, e rovesciato tutto il mio pranzo a terra. Un disastro degno di un uragano, ma niente di particolarmente virtuoso o stupefacente per una che come me aveva la sorte costantemente contraria.
Kameron recuperò il telefono e tornò a sedersi accanto a me. “Sì, ora sta contemplando il paradiso dalla prospettiva terrena. Credo proprio che qualche istante fa l’abbia visto dall’alto”.
Soffiai una risatina esausta. “Puoi giurarci” confermai.
Emily sospirò di sollievo e rise. “A questo punto puoi intuire la risposta alla tua domanda, Kameron”.
Ma perché mi faceva questo? Perché riprendeva il discorso? Avevo – involontariamente – trovato un così bel diversivo!
Lui sogghignò. “È evidente” le rispose lui. “Lo sapevo già”.
Ma sentitelo, il grande veggente ha parlato. Lo sapeva già, lui. ‘Tutte le ragazze sono innamorate, gnè, gnè, gnè’. Cretino!
Lo immagino. Chissà com’è vederli litigare dal vivo!”
A volte è quasi comico” rispose lui, sogghignando.
Sembrava parlassero di una telenovela. La loro amica non aveva appena rischiato di soffocare, non avevano giustamente nulla di cui preoccuparsi. Che insensibili.
Pan è un fenomeno quando si mette a sparare insulti, quindi posso immaginare. A quanto ne so io, lui è particolarmente sagace. È vero?”
Qualunque cosa significhi, se te l’ha detto lei, allora è vero” rise lui, un po’ imbarazzato per la propria ignoranza.
Fai bene! Vergognati! E dopo me la paghi!
Anche Emily ridacchiò allegramente. Sembrava così contenta di poter parlare di me come se non ci fossi.“È evidente che le piaccia, vero? Credo che anche Joshua abbia intuito qualcosa”.
Perché, che ti ha detto?” saltai su, improvvisamente terrorizzata.
Non poteva essersene accorto anche lui. Passava che lo avesse intuito Emily, che essendo la mia migliore amica da sempre, mi conosceva come le sue tasche e anche meglio. Kam poteva aver imparato a interpretarmi, forse, ma in tutta probabilità aveva tirato a caso e il mio principio di soffocamento non aveva fatto che confermare la sua supposizione – quindi era tutta colpa mia se ora lo sapeva. Ma Joshua? Joshua doveva averlo capito dai miei atteggiamenti quando Dean era presente e questo avrebbe potuto significare che persino il diretto interessato... impossibile. Impossibile perché a me non piaceva più. O comunque sarebbe successo presto, ecco.
Non mi ha detto nulla, sei tu ad avermi raccontato di quelle domande” rettificò Emily. “Senti, non credi di essere un po’ troppo paranoica, Pan?”
Guardai Kameron, che annuì appoggiando il pensiero della mia amica. Sospirai. Hai perfettamente ragione”.
Era stata proprio la paranoia a fregarmi con Kam, ma ormai il danno era fatto.

In der Ecke – Nell’angolo:
Buonsalve!
Una sola precisazione – in realtà ne avrei due, ma della seconda mi piacerebbe che vi accorgeste da sole ^^ -, in città, la scuola non è ancora iniziata. A questo punto della storia, quando Kameron scopre la cotta di Pan, è ancora la prima settimana di scuola, più precisamente il venerdì 17. Oh, fico, venerdì 17! *se ne accorge solo ora* Il ‘segreto’ di Pan viene scoperto di Venerdì 17. LOL, l’ho sempre detto che è una data fortunata! ^3^

Passiamo ad una grande novità! (?)
Sul gruppo *click* l'idea è stata accolta positivamente, ne approfitto dunque per pubblicizzare l'iniziativa anche quaggiù in fondo, nella speranza che interessi a qualcun altro:  UN CONTEST!  *click* "MEGALOMANIA MOMENTANEA - Coppie? Quali coppie?"   Si tratta di un contest basato su questa storia, Cows and Jeans. Tutto ciò che dovete fare, se volete partecipare, è cliccare 'partecipa' nell'evento facebook (o farmelo sapere per MP, se non avete facebook), scegliere una coppia (una qualsiasi a vostra scelta!) e scriverci su! :D In palio ci son banner un po' scrausi, perché sono pessima con la grafica - so usare solo paint -, qualche spoiler e delle risposte alle vostre curiosità su trama e personaggi.

Ho pasticciato con NVU per la prima volta, quindi non so che casino io abbia combinato con l'html. XD 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto! ^^

PS. Quello che vedete ora è ciò che ho scritto ieri sera, quando EFP non funzionava e non potevo postare. Ora sono le quattro e quaranta e sono tornata a casa da tipo venti minuti dopo essere stata a scuola fino alle due e a scuola guida fino alle quattro. T.T (E questo ve lo dico giusto per lamentarmi un po', in fondo lo sapete che è una cosa che mi diverte. :) 
Vi ricordo che se vi iscrivete al gruppo facebook 'Per la barba di Merlino, Pan!' (non ho voglia di inserire di nuovo il link, per trovarlo basta cliccare du 'gruppo' nei pragrafi sopra o sull'icona con i due omini sul mio profilo) potete essere aggiornati ogni qual volta vogliate sullo stato del capitolo 'seguente', fare quattro chiacchiere con me e il resto del 'popolo di Sperdutolandia' (e non parlo dei personaggi, ma di quelle meravigliose ragazze iscrittesi! :D) e soprattutto vedere tutti i bellissimi disgeni di Mary_ - e credo sia uno dei motivi più validi per iscriversi. :)
Buon proseguimento di giornata! :3

  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: Yvaine0