Prima che cominciate a leggere voglio scusarmi per questo ritardo, ma inimmaginabili
forze aliene hanno tramato alle mie
spalle per evitare di mettere in rete i capitoli delle mie storie. Insomma:
prima il portatile che si è beccato un virus, poi lo spinotto del trasformatore
che quasi si rompe e, per non rischiare, devo sistemarlo, infine la linea adsl che si blocca… qualcuno deve avermi fatto il
malocchio.
Spero veramente che non accada più, perché stavo per
rompermi la testa a furia di dare testate al muro.
Ne approfitto per ringraziare tutti
i lettori e i recensisti (si scrive così? Esiste questa parola? Se non vado
all’Ufficio Brevetti, così guadagno qualcosa)
Spero che anche questo chappy vi
piaccia.
Ciao
Capitolo 15 – Ritorno a Hogwarts
Era passato quasi un mese da quando
Doc se ne era andato da McBride Manor
e non era ancora ritornato, ne aveva dato notizie su dove fosse o cosa stesse
facendo. I primi giorni Alan e Sara non diedero molto peso alla cosa: avevano detto che ogni tanto
Doc spariva per alcuni giorni, occupandosi di alcuni “affari personali”, come
diceva lui, e poi tornava come se nulla fosse successo.
Ma dopo tutto questo tempo
anche loro cominciarono ad essere preoccupati.
Gli unici a sapere cosa era davvero successo erano Max
e Harry; il ragazzo con gli occhiali non aveva detto niente ai suoi amici.
In realtà, la mattina successiva alla partenza di Doc,
Harry era intenzionato a rivelare a Ron, Hermione e Ginny quello che aveva
sentito la sera prima, ma lo sguardo che gli lanciò Max
mentre erano seduti tutti assieme per fare colazione lo fece desistere.
Non era uno sguardo di rimprovero; Harry non sapeva
come spiegarselo ma aveva capito che Max sapeva che era stato presente alla
discussione tenuta con Doc la sera prima. Con quello sguardo gli stava
chiedendo semplicemente di mantenere il segreto, ed Harry, anche se non sapeva
bene il perché, aveva accolto la sua richiesta.
Una mattina di fine Gennaio erano tutti insieme nel
salone a fare colazione. Discutevano del più e del meno quando un rumore alla
finestra li fece voltare, facendo piombare la sala nel silenzio: un bel gufo,
tanto nero quanto Edwige era bianca, picchiettava sul
vetro, osservando i ragazzi con i suoi occhi ambrati. Portava con sé una
pergamena ed un pacco di forma cilindrica, grande quanto bastava per contenere
una bottiglia di Burrobirra.
«Ma quello… è Zeus» sussurrò
Sara.
Harry si voltò verso la bionda aggrottando la fronte:
«Zeus?»
«Il gufo di Doc» rispose Alan
per lei.
Sorpresa e speranza apparvero
sui volti dei ragazzi: Harry, Ron e Hermione si erano affezionati a Doc e ai
suoi strani comportamenti. A volte poteva sembrare completamente pazzo, con
quella sua aria da scienziato, ma avevano imparato a conoscerlo. Anche Ginny lo aveva trovato simpatico, nonostante avesse
avuto pochi giorni per conoscerlo.
Max si era alzato dal tavolo non appena si era accorto
del gufo e si era avviato verso la finestra, aprendola e prendendo la pergamena
e il pacco che l’animale portava. Osservò la busta per un attimo, mentre tutti
gli altri lo guardavano in silenzio.
Il ragazzo cominciò a leggere la lettera.
Harry si ricordò di quando Alan, per prenderlo in giro, aveva detto a Max che non
riusciva a mostrare in viso i suoi sentimenti. Un blocco di marmo lo aveva chiamato, ripensando a quei blocchi che
prima di finire sotto lo scalpello di uno scultore non mostravano niente.
In effetti, da quando lo conosceva, Harry aveva visto
solo in un’occasione Max mostrare un sentimento: quando Hermione gli si gettò
addosso, riconoscente perché le aveva salvato i
genitori, sul volto di Max era apparso un sorriso sincero.
Questa era la seconda volta che poteva leggere qualcosa
sul suo viso; più lo sguardo di Max scendeva sulla lettera, più la sua
espressione cambiava. Harry riconobbe due sentimenti su tutti: tristezza e
rabbia.
Si voltò a guardare Alan e
Sara e capì che anche loro erano sorpresi nel notare l’espressione di Max, e
questo sembrò spaventarli non poco.
Quando Max finì di leggere chiuse per
qualche secondo gli occhi; sembrava stesse lottando per mantenersi calmo e far
tornare il suo volto inespressivo. Quando li riaprì Harry si accorse che
il ragazzo aveva fallito nel suo tentativo: Max porse la lettera ai suoi due
amici con la mano che tremava leggermente e si avviò lentamente fuori dalla sala, tenendo lo sguardo fisso davanti a lui,
senza notare gli occhi dei presenti puntati addosso.
«Cosa gli è preso?» sussurrò Ron a
Harry. Harry non rispose: aveva un presentimento, ma sperava davvero di
sbagliarsi.
Ora la lettera era nelle mani di Sara e la stava
leggendo insieme ad Alan,
che gli era alle spalle. Harry e gli altri fecero meno fatica a distinguere le
emozioni dei due: Sara aveva gli occhi lucidi e una mano sulla bocca mentre Alan, diventato bianco come un lenzuolo, le stringeva con
le mani le spalle, per consolarla e per farsi forza. Sara fece scivolare la
lettera dalle mani, che finì vicino al pacco incartato, e si alzò dalla sedia
per abbracciare Alan, che la accolse fra le braccia
cercando di consolarla e di farla smettere di piangere. Era difficile, dato che
anche lui stava facendo molta fatica a trattenere le lacrime.
I quattro ragazzi non sapevano cosa dire o fare.
Si spaventarono quando
sentirono un tonfo sordo provenire dal corridoio. Harry e Ron corsero fuori in
tempo per vedere Max camminare verso la biblioteca a passo lento e con lo
sguardo basso; Harry notò che aveva il braccio bloccato al fianco e capì il motivo quando, guardando alla sua destra, vide
un’ammaccatura sul muro. Al centro di questa era presente una grossa macchia di
sangue.
Rientrarono nel salone; a quanto pare
Hermione aveva chiesto il permesso ad Alan di leggere
la lettera, perché la ragazza si era alzata dal suo posto e stava prendendo in
mano la pergamena. Ginny, Harry e Ron si avvicinarono a Hermione e cominciarono
a leggere:
Cari ragazzi
Vorrei tanto che
questa mia lettera vi porti delle belle notizie, ma
non credo che sia così. Da quando ho lasciato McBride
Manor non ho fatto altro che
fuggire, nascondendomi da coloro che mi credevano morto fino a poco tempo fa e
che mi stanno dando nuovamente la caccia. Questo è il solo momento tranquillo
che ho trovato per scrivervi questa lettera e, se va come credo, sarà anche
l’ultimo.
Per prima cosa
vorrei ringraziarvi; non credo di averlo mai fatto fino ad ora, e questo può
darvi la misura della situazione in cui mi trovo.
Grazie Sara, per
esserti presa cura di me quando non ne ero in grado.
Sei una ragazza stupenda, dolce e coraggiosa.
Grazie
Alan, per aver passato del tempo con me, specialmente
come cavia per i miei esperimenti.
Grazie per avermi accolto in casa tua e spero che ti prenderai cura di Sara.
E grazie a te Max, per avermi accettato senza
mai giudicare, anche quando sei venuto a conoscenza della verità.
Vi starete chiedendo
perché vi dico tutto questo in una lettera.
Il fatto è che
non credo che riuscirò più a dirvelo di persona; ormai sento il loro fiato sul
collo ed è solo questione di tempo prima che mi trovino.
Vi prego di
consegnare il pacco che vi ha portato Zeus ai nostri giovani amici: sono sicuro
che gli sarà molto utile.
Questo è l’ultimo
favore che vi chiedo.
Se mai un giorno dovessimo rincontrarci mi sdebiterò per tutto quello che
avete fatto per me.
Con
affetto
“Doc”
Raphael Antony Brown
Harry alzò lo sguardo dalla lettera incrociando quelli
dei suoi amici: avevano capito tutti che quella era una lettera d’addio,
l’ultima di Doc.
Sara si era ripresa un po’, anche se stava ancora tra
le braccia di Alan. Il
ragazzo continuò ad accarezzarle la schiena mentre si
rivolgeva ai quattro più giovani:
«Quel pacco è per voi»
Hermione si avvicinò al pacco e lo aprì: ne tirò fuori
una bottiglia di vetro verde scuro. Al suo interno non c’era vino, ma una
sostanza argentea che turbinava continuamente.
«E’… è un ricordo» disse
stupita Ginny.
«Chissà se è di Doc?»
s’intromise Harry avvicinandosi alla ragazza.
«Chissà che cosa mostra?» chiese Ron.
«Quello che mi chiedo io è: se il ricordo è di Doc perché darcelo solo ora?»
Hermione rilesse la lettera.
«Sono sicuro che
gli sarà molto utile» ripetè Hermione rileggendo
la lettera. «Lui sa»
Harry si voltò verso di lei e il discorso che aveva
sentito la sera in cui Doc se ne andò parve acquistare
più significato.
«Deve averlo scoperto in qualche modo»
«Ma in che modo?»
«Non lo so. Ma ora non è questa la cosa più importante»
Tutti lo guardarono in silenzio. Harry tornò ad
osservare la bottiglia contenente il ricordo.
«Dobbiamo andare a Hogwarts» disse risoluto.
«Senti Harry, non sarebbe il caso di…» tentò Ron, ma venne fermato da Alan:
«No, Ron. Se Doc vi ha mandato quel
ricordo significa che è importante. E voi avete una missione da portare a
termine»
I quattro ragazzi si guardarono un attimo.
«Spedisco un gufo alla McGranitt per chiedergli
quando possiamo andare» fece Hermione prima di uscire dalla stanza.
«Se non vi dispiace» disse Alan,
«andiamo a vedere come sta Max» concluse prima di
uscire, tenendo ancora abbracciata a sé Sara.
«Non riesco a credere che non lo rivedremo più» disse
Ginny una volta che i due uscirono dalla stanza.
«Forse non sarà così» provò Ron, «forse è riuscito a trovare un posto sicuro dove nascondersi, e ora
sta aspettando qualcuno che lo vada a prendere».
«Io non credo, Ron» disse Harry, guadagnandosi
l’attenzione di Ron, Ginny e Hermione, ritornata nella sala dopo aver spedito
la richiesta alla McGranitt.
«La sera che Doc se n’è andato ho ascoltato una
conversazione tra lui e Max. Aveva detto
che qualcuno lo stava cercando. Questi avevano scoperto dove si trovava e ha preso la decisione di andarsene, probabilmente per non
intromettere anche noi»
«Quindi, secondo te, sapeva
già che… che sarebbe andata a finire così?» chiese titubante Ginny.
Harry sospirò e annuì.
Ci furono alcuni minuti di silenzio prima che Hermione disse:
«Ho spedito la nostra richiesta alla McGranitt. Le ho chiesto una risposta veloce. Credo che non più tardi di
domani riceveremo una sua lettera».
*
Nel tardo pomeriggio arrivò la risposta della
McGranitt: li avrebbe aspettati il pomeriggio successivo ad
Hogwarts per discutere della questione.
Nonostante quello che era accaduto, Harry, Ron e
Hermione si sentivano emozionati nel ritornare nella scuola in cui avevano
passato così tante avventure, dove era nata la loro grande amicizia,
e da dove avevano cominciato il loro viaggio.
Quando si ritrovarono tutti insieme
per la cena i giovani informarono Max, Alan e Sara
del loro viaggio alla Scuola di Magia previsto per il giorno successivo.
«Se non vi dispiace vengo con voi» disse Max quando Harry smise di parlare. Il Bambino Sopravvissuto
notò che il ragazzo aveva la mano fasciata.
«Non c’è problema. Venite anche voi?» chiese ad Alan e Sara.
«No» rispose Sara; aveva ancora la faccia stravolta da
un lungo pianto.
«Resteremo qui a… fare il punto della situazione»
continuò Alan.
Harry annuì.
«
«D’accordo» disse Max, «ci vediamo domani» concluse
prima di augurare a tutti la buonanotte.
Anche i quattro ragazzi si ritirarono nelle loro
stanze, eccitati dal dover tornare nella loro vecchia scuola,
e nervosi, per quello che avrebbero visto nel ricordo.
*
«Mi fa piacere vedere che state tutti bene»
Ginny era riuscita a convincere Harry a portarla con
loro; la ragazza aveva davvero tanta nostalgia della scuola, e questa era una
cosa che Harry capiva perfettamente.
Quella scuola è stata per Harry come una casa, l’unico
luogo in cui si era sentito felice, fatta eccezione naturalmente per
Ancora nei suoi pensieri non aveva preso parte
minimamente alla discussione tra
«…è per questo che siamo qui:
ci occorre il pensatoio del professor Silente per poter vedere cosa c’è in
questo ricordo» concluse la riccia, mostrando alla professoressa McGranitt la
bottiglia contenente il ricordo.
«Certamente, signorina Granger» rispose
«Speriamo solo che serva a qualcosa» disse Ron.
«Da quello che mi avete raccontato» si rivolse a lui
Si ritrovarono davanti al gargoyle di pietra che
nascondeva l’entrata dell’ufficio del preside, in
attesa della parola d’ordine:
«Panna cotta al
caramello» (lo so, è stupida come
parola d’ordine, ma ne stò
mangiando una porzione proprio ora che scrivo, e non ho potuto farne a meno, NdA)
Il gargoyle si spostò di lato, mostrando la scalinata a
chiocciola che salirono, per trovarsi davanti al portone di legno.
L’ufficio, che ora era della
McGranitt, era ancora pieno zeppo di tutti quegli oggetti appartenuti a Silente
e il cui funzionamento Harry non aveva mai capito. Il trespolo sul quale si
posava sempre Fanny, la fenice del vecchio preside, era vuoto; la fenice non
era più tornata a Hogwarts.
Ron, Hermione e Ginny avevano un’espressione tra
l’onorato e il timoroso; per la riccia era la prima volta che metteva piede in
quella stanza. Si sentiva emozionata nel poter osservare tutti quegli oggetti
sui tavoli e, soprattutto, tutti i libri sugli scaffali. Anche per i due
Weasley la si poteva considerare la prima volta,
perché le uniche due volte in cui vi erano entrati era stato in momenti non
proprio felici (subito dopo essere usciti dalla Camera dei Segreti, ancora
scombussolati da ciò che era successo, e quando li informarono dell’attacco al
padre, durante il quinto anno di Harry, Ron e Hermione).
La professoressa McGranitt aprì un armadio, dal quale
ne tirò fuori un bacile di pietra, con degli strani simboli appena sotto il
bordo, e lo posò sulla scrivania.
«E così, questo è un
pensatoio?» chiese Ron.
Harry sorrise: in effetti, lui e Hermione non ne avevano mai visto uno.
Hermione si avvicinò al pensatoio, aprì la bottiglia e
ne versò il contenuto.
«Vi dispiace se vengo anch’io?»
Harry si voltò verso Max e annuì immediatamente; sapeva
che Max voleva scoprire il motivo del comportamento di Doc e sapeva anche che
se nel ricordo ci fosse stato qualcosa riguardo Silente, Sirius o i suoi
genitori avrebbe fatto la stessa richiesta.
Così solo