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Autore: pk82    05/04/2007    4 recensioni
«Expelliarmus» La bacchetta volò lontano mentre il suo padrone si accasciò dolorante e sfinito al suolo. Alzò la testa per incrociare lo sguardo del suo nemico e sibilò: «Maledetto» «Stavolta è davvero finita… Avada Kedavra». Il settimo libro di Harry Potter secondo me. P.S. se vi avanzano cinque minuti mi farebbe piacere che recensiste, grazie. P.P.S: QUALCUNO MI HA DETTO CHE IL CAPITOLO 13 NON SI LEGGE. hO PROVATO A RIPOSTARLO. SPERO CHE ORA RIUSCIATE A LEGGERLO.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima che cominciate a leggere voglio scusarmi per questo ritardo, ma inimmaginabili forze aliene hanno tramato alle mie spalle per evitare di mettere in rete i capitoli delle mie storie

Prima che cominciate a leggere voglio scusarmi per questo ritardo, ma inimmaginabili forze aliene hanno tramato alle mie spalle per evitare di mettere in rete i capitoli delle mie storie. Insomma: prima il portatile che si è beccato un virus, poi lo spinotto del trasformatore che quasi si rompe e, per non rischiare, devo sistemarlo, infine la linea adsl che si blocca… qualcuno deve avermi fatto il malocchio.

Spero veramente che non accada più, perché stavo per rompermi la testa a furia di dare testate al muro.

Ne approfitto per ringraziare tutti i lettori e i recensisti (si scrive così? Esiste questa parola? Se non vado all’Ufficio Brevetti, così guadagno qualcosa)

Spero che anche questo chappy vi piaccia.

Ciao

Capitolo 15 – Ritorno a Hogwarts

Era passato quasi un mese da quando Doc se ne era andato da McBride Manor e non era ancora ritornato, ne aveva dato notizie su dove fosse o cosa stesse facendo. I primi giorni Alan e Sara non diedero molto peso alla cosa: avevano detto che ogni tanto Doc spariva per alcuni giorni, occupandosi di alcuni “affari personali”, come diceva lui, e poi tornava come se nulla fosse successo.

Ma dopo tutto questo tempo anche loro cominciarono ad essere preoccupati.

Gli unici a sapere cosa era davvero successo erano Max e Harry; il ragazzo con gli occhiali non aveva detto niente ai suoi amici.

In realtà, la mattina successiva alla partenza di Doc, Harry era intenzionato a rivelare a Ron, Hermione e Ginny quello che aveva sentito la sera prima, ma lo sguardo che gli lanciò Max mentre erano seduti tutti assieme per fare colazione lo fece desistere.

Non era uno sguardo di rimprovero; Harry non sapeva come spiegarselo ma aveva capito che Max sapeva che era stato presente alla discussione tenuta con Doc la sera prima. Con quello sguardo gli stava chiedendo semplicemente di mantenere il segreto, ed Harry, anche se non sapeva bene il perché, aveva accolto la sua richiesta.

Una mattina di fine Gennaio erano tutti insieme nel salone a fare colazione. Discutevano del più e del meno quando un rumore alla finestra li fece voltare, facendo piombare la sala nel silenzio: un bel gufo, tanto nero quanto Edwige era bianca, picchiettava sul vetro, osservando i ragazzi con i suoi occhi ambrati. Portava con sé una pergamena ed un pacco di forma cilindrica, grande quanto bastava per contenere una bottiglia di Burrobirra.

«Ma quello… è Zeus» sussurrò Sara.

Harry si voltò verso la bionda aggrottando la fronte: «Zeus?»

«Il gufo di Doc» rispose Alan per lei.

Sorpresa e speranza apparvero sui volti dei ragazzi: Harry, Ron e Hermione si erano affezionati a Doc e ai suoi strani comportamenti. A volte poteva sembrare completamente pazzo, con quella sua aria da scienziato, ma avevano imparato a conoscerlo. Anche Ginny lo aveva trovato simpatico, nonostante avesse avuto pochi giorni per conoscerlo.

Max si era alzato dal tavolo non appena si era accorto del gufo e si era avviato verso la finestra, aprendola e prendendo la pergamena e il pacco che l’animale portava. Osservò la busta per un attimo, mentre tutti gli altri lo guardavano in silenzio.

Il ragazzo cominciò a leggere la lettera.

Harry si ricordò di quando Alan, per prenderlo in giro, aveva detto a Max che non riusciva a mostrare in viso i suoi sentimenti. Un blocco di marmo lo aveva chiamato, ripensando a quei blocchi che prima di finire sotto lo scalpello di uno scultore non mostravano niente.

In effetti, da quando lo conosceva, Harry aveva visto solo in un’occasione Max mostrare un sentimento: quando Hermione gli si gettò addosso, riconoscente perché le aveva salvato i genitori, sul volto di Max era apparso un sorriso sincero.

Questa era la seconda volta che poteva leggere qualcosa sul suo viso; più lo sguardo di Max scendeva sulla lettera, più la sua espressione cambiava. Harry riconobbe due sentimenti su tutti: tristezza e rabbia.

Si voltò a guardare Alan e Sara e capì che anche loro erano sorpresi nel notare l’espressione di Max, e questo sembrò spaventarli non poco.

Quando Max finì di leggere chiuse per qualche secondo gli occhi; sembrava stesse lottando per mantenersi calmo e far tornare il suo volto inespressivo. Quando li riaprì Harry si accorse che il ragazzo aveva fallito nel suo tentativo: Max porse la lettera ai suoi due amici con la mano che tremava leggermente e si avviò lentamente fuori dalla sala, tenendo lo sguardo fisso davanti a lui, senza notare gli occhi dei presenti puntati addosso.

«Cosa gli è preso?» sussurrò Ron a Harry. Harry non rispose: aveva un presentimento, ma sperava davvero di sbagliarsi.

Ora la lettera era nelle mani di Sara e la stava leggendo insieme ad Alan, che gli era alle spalle. Harry e gli altri fecero meno fatica a distinguere le emozioni dei due: Sara aveva gli occhi lucidi e una mano sulla bocca mentre Alan, diventato bianco come un lenzuolo, le stringeva con le mani le spalle, per consolarla e per farsi forza. Sara fece scivolare la lettera dalle mani, che finì vicino al pacco incartato, e si alzò dalla sedia per abbracciare Alan, che la accolse fra le braccia cercando di consolarla e di farla smettere di piangere. Era difficile, dato che anche lui stava facendo molta fatica a trattenere le lacrime.

I quattro ragazzi non sapevano cosa dire o fare.

Si spaventarono quando sentirono un tonfo sordo provenire dal corridoio. Harry e Ron corsero fuori in tempo per vedere Max camminare verso la biblioteca a passo lento e con lo sguardo basso; Harry notò che aveva il braccio bloccato al fianco e capì il motivo quando, guardando alla sua destra, vide un’ammaccatura sul muro. Al centro di questa era presente una grossa macchia di sangue.

Rientrarono nel salone; a quanto pare Hermione aveva chiesto il permesso ad Alan di leggere la lettera, perché la ragazza si era alzata dal suo posto e stava prendendo in mano la pergamena. Ginny, Harry e Ron si avvicinarono a Hermione e cominciarono a leggere:

Cari ragazzi

Vorrei tanto che questa mia lettera vi porti delle belle notizie, ma non credo che sia così. Da quando ho lasciato McBride Manor non ho fatto altro che fuggire, nascondendomi da coloro che mi credevano morto fino a poco tempo fa e che mi stanno dando nuovamente la caccia. Questo è il solo momento tranquillo che ho trovato per scrivervi questa lettera e, se va come credo, sarà anche l’ultimo.

Per prima cosa vorrei ringraziarvi; non credo di averlo mai fatto fino ad ora, e questo può darvi la misura della situazione in cui mi trovo.

Grazie Sara, per esserti presa cura di me quando non ne ero in grado. Sei una ragazza stupenda, dolce e coraggiosa.

Grazie Alan, per aver passato del tempo con me, specialmente come cavia per i miei esperimenti. Grazie per avermi accolto in casa tua e spero che ti prenderai cura di Sara.

E grazie a te Max, per avermi accettato senza mai giudicare, anche quando sei venuto a conoscenza della verità.

Vi starete chiedendo perché vi dico tutto questo in una lettera.

Il fatto è che non credo che riuscirò più a dirvelo di persona; ormai sento il loro fiato sul collo ed è solo questione di tempo prima che mi trovino.

Vi prego di consegnare il pacco che vi ha portato Zeus ai nostri giovani amici: sono sicuro che gli sarà molto utile.

Questo è l’ultimo favore che vi chiedo.

Se mai un giorno dovessimo rincontrarci mi sdebiterò per tutto quello che avete fatto per me.

Con affetto

“Doc” Raphael Antony Brown

Harry alzò lo sguardo dalla lettera incrociando quelli dei suoi amici: avevano capito tutti che quella era una lettera d’addio, l’ultima di Doc.

Sara si era ripresa un po’, anche se stava ancora tra le braccia di Alan. Il ragazzo continuò ad accarezzarle la schiena mentre si rivolgeva ai quattro più giovani:

«Quel pacco è per voi»

Hermione si avvicinò al pacco e lo aprì: ne tirò fuori una bottiglia di vetro verde scuro. Al suo interno non c’era vino, ma una sostanza argentea che turbinava continuamente.

«E’… è un ricordo» disse stupita Ginny.

«Chissà se è di Doc?» s’intromise Harry avvicinandosi alla ragazza.

«Chissà che cosa mostra?» chiese Ron.

«Quello che mi chiedo io è: se il ricordo è di Doc perché darcelo solo ora?»

Hermione rilesse la lettera.

«Sono sicuro che gli sarà molto utile» ripetè Hermione rileggendo la lettera. «Lui sa»

Harry si voltò verso di lei e il discorso che aveva sentito la sera in cui Doc se ne andò parve acquistare più significato.

«Deve averlo scoperto in qualche modo»

«Ma in che modo?»

«Non lo so. Ma ora non è questa la cosa più importante»

Tutti lo guardarono in silenzio. Harry tornò ad osservare la bottiglia contenente il ricordo.

«Dobbiamo andare a Hogwarts» disse risoluto.

«Senti Harry, non sarebbe il caso di…» tentò Ron, ma venne fermato da Alan:

«No, Ron. Se Doc vi ha mandato quel ricordo significa che è importante. E voi avete una missione da portare a termine»

I quattro ragazzi si guardarono un attimo.

«Spedisco un gufo alla McGranitt per chiedergli quando possiamo andare» fece Hermione prima di uscire dalla stanza.

«Se non vi dispiace» disse Alan, «andiamo a vedere come sta Max» concluse prima di uscire, tenendo ancora abbracciata a sé Sara.

«Non riesco a credere che non lo rivedremo più» disse Ginny una volta che i due uscirono dalla stanza.

«Forse non sarà così» provò Ron, «forse è riuscito a trovare un posto sicuro dove nascondersi, e ora sta aspettando qualcuno che lo vada a prendere».

«Io non credo, Ron» disse Harry, guadagnandosi l’attenzione di Ron, Ginny e Hermione, ritornata nella sala dopo aver spedito la richiesta alla McGranitt.

«La sera che Doc se n’è andato ho ascoltato una conversazione tra lui e Max. Aveva detto che qualcuno lo stava cercando. Questi avevano scoperto dove si trovava e ha preso la decisione di andarsene, probabilmente per non intromettere anche noi»

«Quindi, secondo te, sapeva già che… che sarebbe andata a finire così?» chiese titubante Ginny.

Harry sospirò e annuì.

Ci furono alcuni minuti di silenzio prima che Hermione disse:

«Ho spedito la nostra richiesta alla McGranitt. Le ho chiesto una risposta veloce. Credo che non più tardi di domani riceveremo una sua lettera».

*

Nel tardo pomeriggio arrivò la risposta della McGranitt: li avrebbe aspettati il pomeriggio successivo ad Hogwarts per discutere della questione.

Nonostante quello che era accaduto, Harry, Ron e Hermione si sentivano emozionati nel ritornare nella scuola in cui avevano passato così tante avventure, dove era nata la loro grande amicizia, e da dove avevano cominciato il loro viaggio.

Quando si ritrovarono tutti insieme per la cena i giovani informarono Max, Alan e Sara del loro viaggio alla Scuola di Magia previsto per il giorno successivo.

«Se non vi dispiace vengo con voi» disse Max quando Harry smise di parlare. Il Bambino Sopravvissuto notò che il ragazzo aveva la mano fasciata.

«Non c’è problema. Venite anche voi?» chiese ad Alan e Sara.

«No» rispose Sara; aveva ancora la faccia stravolta da un lungo pianto.

«Resteremo qui a… fare il punto della situazione» continuò Alan.

Harry annuì.

«La McGranitt ha detto che hanno attivato una linea diretta con la Metropolvere, per arrivare direttamente nel suo vecchio studio» disse Hermione.

«D’accordo» disse Max, «ci vediamo domani» concluse prima di augurare a tutti la buonanotte.

Anche i quattro ragazzi si ritirarono nelle loro stanze, eccitati dal dover tornare nella loro vecchia scuola, e nervosi, per quello che avrebbero visto nel ricordo.

*

«Mi fa piacere vedere che state tutti bene»

La McGranitt stava dando loro il benvenuto, mentre Harry, Ron, Hermione, Max e Ginny si stavano scrollando di dosso la cenere.

Ginny era riuscita a convincere Harry a portarla con loro; la ragazza aveva davvero tanta nostalgia della scuola, e questa era una cosa che Harry capiva perfettamente.

Quella scuola è stata per Harry come una casa, l’unico luogo in cui si era sentito felice, fatta eccezione naturalmente per la Tana. Camminare per i corridoi vuoti lo faceva sentire strano: era emozionato a rivedere tutto questo, ma il silenzio presente nell’edificio, interrotto solo dal rumore dei loro passi, lo faceva stare male. Quella scuola era stata sempre piena di vita, ed ora che non c’era nessuno sembrava aver perso la sua anima. E’ così infatti, si ritrovò a pensare Harry, perdere Silente per questo luogo ha significato perdere la propria anima.

Ancora nei suoi pensieri non aveva preso parte minimamente alla discussione tra la McGranitt e Hermione:

«…è per questo che siamo qui: ci occorre il pensatoio del professor Silente per poter vedere cosa c’è in questo ricordo» concluse la riccia, mostrando alla professoressa McGranitt la bottiglia contenente il ricordo.

«Certamente, signorina Granger» rispose la McGranitt.

«Speriamo solo che serva a qualcosa» disse Ron.

«Da quello che mi avete raccontato» si rivolse a lui la McGranitt, «il dottor Brown deve aver corso un bel rischio per farvi avere quel ricordo. Quindi credo che troverete informazioni utili, signor Weasley»

Si ritrovarono davanti al gargoyle di pietra che nascondeva l’entrata dell’ufficio del preside, in attesa della parola d’ordine:

«Panna cotta al caramello» (lo so, è stupida come parola d’ordine, ma ne stò mangiando una porzione proprio ora che scrivo, e non ho potuto farne a meno, NdA)

Il gargoyle si spostò di lato, mostrando la scalinata a chiocciola che salirono, per trovarsi davanti al portone di legno.

L’ufficio, che ora era della McGranitt, era ancora pieno zeppo di tutti quegli oggetti appartenuti a Silente e il cui funzionamento Harry non aveva mai capito. Il trespolo sul quale si posava sempre Fanny, la fenice del vecchio preside, era vuoto; la fenice non era più tornata a Hogwarts.

Ron, Hermione e Ginny avevano un’espressione tra l’onorato e il timoroso; per la riccia era la prima volta che metteva piede in quella stanza. Si sentiva emozionata nel poter osservare tutti quegli oggetti sui tavoli e, soprattutto, tutti i libri sugli scaffali. Anche per i due Weasley la si poteva considerare la prima volta, perché le uniche due volte in cui vi erano entrati era stato in momenti non proprio felici (subito dopo essere usciti dalla Camera dei Segreti, ancora scombussolati da ciò che era successo, e quando li informarono dell’attacco al padre, durante il quinto anno di Harry, Ron e Hermione).

La professoressa McGranitt aprì un armadio, dal quale ne tirò fuori un bacile di pietra, con degli strani simboli appena sotto il bordo, e lo posò sulla scrivania.

«E così, questo è un pensatoio?» chiese Ron.

Harry sorrise: in effetti, lui e Hermione non ne avevano mai visto uno.

Hermione si avvicinò al pensatoio, aprì la bottiglia e ne versò il contenuto.

«Vi dispiace se vengo anch’io?»

Harry si voltò verso Max e annuì immediatamente; sapeva che Max voleva scoprire il motivo del comportamento di Doc e sapeva anche che se nel ricordo ci fosse stato qualcosa riguardo Silente, Sirius o i suoi genitori avrebbe fatto la stessa richiesta.

Così solo la McGranitt rimase nell’ufficio, mentre gli altri cinque ragazzi si avvicinavano al Pensatoio, finendo all’interno del ricordo.

  
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