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Autore: Albicocca    20/09/2012    3 recensioni
Duecento anni nel futuro. Niente calcio. Niente nazionali. Solo ragazzi pronti a combattere.
Il Giappone è sotto una dittatura impossibile, la popolazione vive nella paura e nel terrore, ma nessuno si oppone, tranne loro.
I ribelli. Ragazzi che hanno in comune solo una cosa: il desiderio di libertà.
“Questo è solo l’inizio. –X”
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo, Violenza
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Sei mesi prima.

 

 

– Cosa dobbiamo fare? – sussurrò Kanon osservando il fuoco che piano piano si ingrandiva ed emanava calore. Prese un marshmellow dalla busta e lo infilzò in un bastoncino di legno, per cuocerlo e poi mangiarlo.
– Vuoi che sia sincero? – domandò acido il biondo, voltandosi per guardarlo in viso spostando involontariamente lo sguardo sulla ferita al braccio risalente alla settimana prima.
L’altro mangiò tranquillamente poi prese parole – So che non lo sai. –  sospirò continuando a fissare il fuoco, come incantato.
– Allora perché me lo domandi ogni dieci minuti? –
– Perché spero che in dieci minuti ti venga un’idea! – sbottò alzandosi in piedi – Non riesco più a stare seduto qui mentre voi andate a rubare marshmellows ad una vecchietta. E sto prendendo anche a schifo questi così zuccherosi! –
Fey si avvicinò.
– Non possiamo fare niente, soprattutto tu. – disse, alludendo alla ferita.
Infondo lui si preoccupava per lui. Non voleva che gli succedesse qualcosa di più brutto di una cicatrice su un braccio. Era uno dei suoi migliori amici e non voleva, dopo tutto quello che avevano passato, perderlo. E anche Masato pensava le stesse cose.
Erano come tre fratelli nati da diversi genitori, completamente diversi ma anche uguali.
Kanon borbottò sedendosi di nuovo sul divano consumato della casetta in cui vivevano da qualche giorno. Una casetta che sembrava la versione horror di quella della nonna di Cappuccetto Rosso. Erano in un bosco dimenticato da Dio, lontano dalla città e soprattutto dai militari di Gamma che, sicuramente, ancora li cercavano. Non si sarebbero arresi presto, anzi, forse non si sarebbero proprio arresi.
Era bello sapere di essere stati i primi ad evadere da un carcere di massima sicurezza come l’Eternal Prison.
– Comunque – continuò Masato – per adesso è meglio che ti riposi. –
– Invece di pensare a dirmi di risposare, perché non ti fai venire in mente un’idea? Non voglio stare rinchiuso qui per il resto della mia vita. – disse Kanon, steso sul divano rattoppato mentre osservava il soffitto come se fosse molto più interessante dei suoi due interlocutori.
E forse era così.
Il ragazzo dagli occhi verdi guardò l’amico, alzando un sopracciglio.
– Hai un’idea folle delle tue, no, Kanon? –
L’altro sorrise, mettendosi seduto.
– Mi sto preoccupando – sussurrò il biondo.
– Ricordate quando vi parlai di mio nonno? – iniziò il giovane Endou, guardando i suoi due migliori amici farsi improvvisamente seri.
Sorrise, aveva ottenuto la loro attenzione.

 

 


trust.



 


Era poggiata alla parete, la sua Beretta 92 FS puntata verso il corridoio mentre i suoi occhi osservavano attentamente l’unica parte da dove le guardie sarebbero potute venire. Non sentiva nessun passo e questo voleva dire che ancora nessuno si era accorto della loro presenza. Sospirò.
Si voltò a guardare il suo compagno all’interno della stanza buia. La torcia in mano e l’espressione concentrata, mentre connetteva gli ultimi cavi alla batteria.
Quando lo aveva visto la prima volta aveva giurato che fosse un’idiota. E lo era. Ma non quando avevano missioni del genere.
Far saltare in aria una delle basi militari più importanti dello stato non era certo un lavoretto da quattro soldi.
Borbottò l’ennesimo insulto verso Gazel e le sue missioni omicide.
Riprese a controllare il corridoio buio, scocciata. Doveva fare sempre lei il palo, anche perché comunque non s’intendeva di esplosioni come l’amico.
Sbuffò annoiata, appoggiandosi sullo stipite della porta – Hai fatto, Nep? – domandò, sperando in una risposta affermativa.
Il ragazzo le lanciò un’occhiataccia prendendo il palmare dalla tasca dei pantaloni. Smanettò per vari secondi sulla tastiera, per poi sorridere.
Lei sorrise sentendo il familiare ticchettio delle bombe di Nepper.
– Ora usciamo da qui – il ragazzo prese il borsone di fianco a lui e uscì, mentre la ragazza lo seguiva da dietro.
– Quanto tempo? –
– Quindici minuti. – rispose Netsuha, prendendo la sua Browning HP, impugnandola pronto a sparare, se fosse stato necessario.
Camminarono per vari metri. Il corridoio era sempre più buio, quando all’improvviso si sentì un forte rumore che spezzò il silenzio ed iniziarono ad intravedersi dei strani raggi di luce rossastra. E poi un urlo meccanico.
– Porca troia – sussurrò Shinobu, stringendo la presa sulla pistola.
– Chissà perché me lo aspettavo – commentò ironico il castano, iniziando a correre verso l’uscita, con la ragazza che lo seguiva da dietro.
Dovevano muoversi. Avevano poco tempo. Pochissimo tempo.
Senza nemmeno accorgersene, si ritrovarono in mezzo ad un conflitto a fuoco. Loro due contro una decina di guardie armate con dietro dei robot pronti a colpirli con un raggio che sarebbe bastato a farli fuori in meno di cinque secondi.
Shinobu iniziò a sparare uccidendo i primi poliziotti davanti a tutto. Alcune volte Nepper aveva paura della sua compagna: sapeva uccidere con estrema calma e freddezza, come se uccidesse una zanzara. E, soprattutto, aveva paura dello sguardo che aveva.
Non sembrava neanche umana. Ma forse nessuno era umano quando uccideva.
Nep, cazzo, usa quella dannata pistola! – sbottò la ragazza dai capelli rosa, tirando a sé il ragazzo, evitando che uno di quei raggi assassini lo prendesse in pieno.
– Sì – e cominciò a colpire i robot, in modo da fermare la minaccia più pericolosa.
Lanciò un’occhiata all’orologio sul polso e sgranò gli occhi.
Cinque minuti.
Con l’ultima pallottola mandò in cortocircuito il robot di fronte a lui, per poi prendere il polso la ragazza e correre verso l’uscita. Lui correva, tirandola, e lei uccideva le guardie che cercavano di seguirli per impedirgli di uscire.
Si lasciò sfuggire una risata; tra un po’ fermarli sarebbe stato inutile dato che sarebbero esplosi tutti, allegramente.
– Fermatevi, ve lo ordino in nome della dittatura! – urlò un uomo in divisa.
Netsuha fece una smorfia. Certo che erano ostinati. Ma non avevano tempo.
Diede un altro sguardo all’orologio e rabbrividì.
Tre minuti.
Gli sembrava di essere a Capodanno. Con un gesto avvicinò Shinobu e le disse chiaro e tondo di muoversi; non potevano permettersi di rimanere lì più del dovuto. Non dovevano morire. O almeno, non dovevano morire per mano di una sua bomba.
Quale artificiere sarebbe morto per colpa della sua opera? Solo un cretino. E lui di certo non era un cretino.
Lei sorrise, lasciando la mano di Nepper e andando in contro all’uomo, addirittura ferito, che impugnava tremante l’arma. Lo avrebbe fatto fuori in pochi secondi. Infondo non la chiamavano Shinobu la Sanguinara, per niente.
Netsuha si ricordò le parole che Nagumo gli disse tempo prima, quando lui scoprì di essere in coppia con la tizia “strana”: “L’ultima cosa che vede la vittima di Shinobu è un sorriso malvagio. Un sorriso che mette i brividi e fa desiderare di morire al più presto.”
Il ragazzo sperò di non trovarsi mai di fronte all’amica mentre era armata. Mai, per nessuna ragione.
Poi sentì due spari e un urlo femminile – e no, quella non poteva essere una guardia donna - seguito da un altro maschile. Pregò tutte le divinità che conosceva che quella per terra non fosse Shinobu con una gamba sanguinate.
No, era proprio lei. E aveva fatto fuori la guardia.
Molto probabilmente l’uomo aveva cercato di uccidere la sua assassina. E ci era quasi riuscito. Infatti la ragazza era ancora viva, ma stava urlando dal dolore.
Nepper si avvicinò in fretta e furia alla compagna, levandosi la bandana rossa e bianca, dai capelli. Doveva fasciarle la ferita. Sospirò pensando al fatto che dopo avrebbe dovuto buttare un’altra fascia per colpa della Takanashi.
– Quel figlio di puttana! – urlò la ragazza, stringendo i denti inveendo contro la, ormai morta, guardia.
Netsuha le legò la fascia alla bella e meglio e poi la prese in braccio, guardando con la coda dell’occhio l’orologio.
Quaranta secondi.
Erano bellamente fottuti. Dovevano uscire. Di corsa.
Da lì a poco sarebbe esploso tutto.
Sentì le urla delle guardie che li cercavano, il rumore dei passi dei robot, spari e chissà che altro.
– Muoviti! – gli gridò in un orecchio la ragazza, fissando con astio il timer.
Anche se Shinobu a volte sembrava che lo detestasse, Nepper sapeva che si fidava completamente di lui. E anche lui si fidava di lei. Aveva completa fiducia in lei e nelle sue capacità.
Venti secondi.
– Non ti facevi ferire, idiota! -
– Non è di certo colpa mia se quella testa di cazzo aveva più coraggio di quanto sembrasse! – sbraitò Shinobu, dimenandosi tra le braccia del compagno.
Nepper velocizzò il passo fino a raggiungere l’uscita. Si guardò attorno e notò una specie di discarica. Poco lontana, ma a distanza di sicurezza in modo che i residui della base non li avrebbero colpiti.
Incominciò a correre sempre più veloce fino a buttarsi tra la spazzatura.
Urlò a Shinobu, dopo averla malamente buttata per l’aria, di tapparsi le orecchie, poi l’esplosione avvenne.
– Credo di essere diventata sorda – sussurrò la ragazza, spostando con un certo stizzito, il ciuffo che le ricadeva sull’occhio destro, come a coprirlo. Si spolverò la maglietta.
Netsuha spostò da dosso un pezzo enorme di compensato bruciacchiato e rise, poi prese il palmare dalla tasca dei jeans – Missione compiuta. Abbiamo i file e la base è esplosa. –
Dall’altra parte una voce fredda sussurrò un “Ottimo lavoro. Rientrate.”
Si alzò in piedi pulendosi il pantalone sporco di polvere. Poi porse la mano alla ragazza, aiutandola ad alzarsi. La fece appoggiare alla sua spalla, sorridendole.
– Oggi ti offro io da bere – 
– Uuuh, mi sento lusingata Nep, ma prima farei volentieri una visitina da Kitami – disse, dandogli uno schiaffetto dietro alla nuca, ridacchiando.
Tranne un urlo di dolore dopo aver urato qualcosa con la gamba ferita.
– Sì, forse è meglio – il ragazzo la prese in braccio, e ovviamente, Shinobu, si lamentò, portandola fino all’auto parcheggiata a pochi isolati dalla base del governo. O meglio, da dove prima si trovava la base del governo.
Netsuha sorrise, toccandosi il graffio sulla guancia provocato da uno scontro con una guardia.
– Amo questo lavoro – bisbigliò e poi mise in moto, dirigendosi verso casa.
– Chiamalo lavoro –  sussurrò Shinobu, stringendo la benda intorno alla ferita, che ancora sanguinava.
A pochi metri da dove si era verificata l’espolosione, una persona, correva dalla parte opposta con in mano un computer portatile. Era ferita, ma aveva un sorriso stanco disegnato sulle labbra. In sangue le colava da una ferita alla testa un po’ profonda.
Se qualcuno non l’avrebbe curata al più presto, sarebbe morta.
All’improvviso un camioncino bianco la raggiunse e la persona salì sopra, aiutata da un’altra.  Si diedero il cinque e poi chiusero le porte e partirono.




Si sistemò il cappuccio della felpa nera mentre la pioggia continuava a cadere incessantemente, bagnandolo. Percorse vari vicoli pieni di rifiuti, stringendo la presa sull’arma che aveva in tasca ogni volta che sentiva un rumore sospetto.
Fece vagare lo sguardo intorno a lui. Studiò con attenzione estrema ogni singolo centimetro delle pareti intorno a lui. Poi alzò gli occhi verso il cielo – o meglio, verso quello che poteva intravedere per via degli enormi grattacieli – da dove continuavano a cadere gocce d’acqua. Li chiuse un paio di volte per evitare che la pioggia vi entrasse, appannandogli la vista.
Sorrise sghembo, tirando fuori la pistola per puntarla contro il muro di pietra; uno dei pochi di Tokyo. Infatti quei muri vecchio stile potevano contarsi sulle dita delle mani. 
Abbassò l’arma solo quando le varie mattonelle rossastre del muro incominciarono ad aprirsi come a creare una porta. Si avvicinò all'entrata e notò, con divertimento, che c'era un biglietto attaccato alla parete del corridoio scuro.
Togliti le scarpe. E non toccare niente – lesse ad alta voce, con un tono che assomigliava vagamente a quello dell'amico.
Si guardò intorno e poi con un passo deciso entrò, lasciando che la parete dietro di lui, si richiudesse da sola, come se qualcuno la comandasse. Ed era proprio così.
Avanzò fino ad arrivare alla porta principale, si abbassò e prese la chiave da sotto lo zerbino. Prima di aprirla, si tolse le scarpe.
Non aveva voglia di sentire i rimproveri del compagno. Proprio per niente. Almeno per quella sera.
Avevano cose più importanti di cui discutere. O almeno così gli era sembrato.
Attraversò metà della casa dirigendosi nell'ufficio di Suzuno Fuusuke dove, era sicuro, lo avrebbe trovato. Gazel ci viveva, lì dentro. E probabilmente non aveva mai usato la sua camera da letto, anche se lui non era sicuro che l'avesse.
Non era ritenuto a sapere, in verità. Tutto quello che sapeva di Suzuno era uno stretto necessario, niente di più, niente di meno. Non sapeva cosa aveva passato durante l'infazia e a volte pensava che non l'aveva nemmeno vissuta.
Gazel non amava parlare di sé stesso e a lui, anche se lo conosceva da ormai quattro anni, andava bene. Poteva sempre fidarsi di Fuusuke, anche se non sembrava.
Si appoggiò allo stipite della porta dell’ufficio, fissando l'amico smanettare vicino al suo computer. O meglio, vicino ai suoi computer.
Haruya si accorse di una cosa che non aveva mai notato: Fuusuke portava gli occhiali da vista.
– Vuoi farmi una fotografia? – domandò l'albino, voltandosi verso di lui e guardandolo con i suoi occhi azzurri ghiaccio. Si levò le lenti e le poggiò sulla scrivania, per alzarsi in piedi e avvicinarsi al rosso.
Gli fece segno di seguirlo. Nagumo era visibilmente stranito, infondo nelle poche volte che era andato a casa sua, Suzuno non era uscito dal suo ufficio e gli aveva vietato di andare in giro a curiosare.
In poco tempo Haruya si ritrovò seduto al tavolo della cucina dell'abitazione, osservando Gazel trattenersi dall'insultare la macchinetta per fare il caffé. Ridacchiò.
– Odiosa macchinetta. Perché non vuoi funzionare... argh. – sbottò.
Per Nagumo era la prima volta in cui vedeva Suzuno litigare con qualcosa di tecnologico. Insomma, non era lui il genio? Quella giornata era assolutamente strana. E Fuusuke sembrava un altro. Un altro che Haruya non aveva mai visto in quattro anni.
– Vuoi che..? – incominciò, facendo per alzarsi.
– Sta' seduto. – sibilò l'albino, fissando con astio la macchinetta.
– Cosa ti rende nervoso? – domandò dopo un paio di minuti, Nagumo.
Fuusuke sbuffò, chiedendosi come avesse capito che c'era qualcosa che non andava. Probabilmente aveva sparato una frase a caso, giusto per. Oppure lo conosceva talmente bene che capiva anche quando aveva i nervi a palla.
Esculse la seconda.
Haruya era troppo stupido per capire cose del genere. O almeno tentava di autoconvincersi.
– Niente. – rispose.
Burn inarcò un sopracciglio, scettico. Lo guardò per qualche secondo: – Cos'è successo? –
– Sospettano. – sussurrò.
Il rosso sgranò gli occhi.
"Sospettano". L'ultima cosa che avrebbe voluto sentire.
Suzuno ricominciò a trafficare con la macchinetta per fare il caffé, trattenendo qualche imprecazione colorita.
– Smettila di cercare di fare quel cazzo di caffè. Ti viene uno schifo. Sembra diluito con l’acqua. E ora, spiegami in che senso "sospettano" – esclamò Nagumo, avvicinandosi e levando dalle mani dell’albino la macchinetta.
Fuusuke lo guardò gelido.
– Hai capelli bagnati -
– Muoviti – sibilò il rosso.
Suzuno sospriò, mantendedo sempre quell’aura di menefreghismo gelido e assoluto, e si sedette. Haruya lo imitò.
– Pattugliano il bar – incominciò – Probabilmente avranno riconosciuto uno di noi. Forse non ho disattivato tutte le telecamere in una delle ultime missioni – rivelò, abbassando lo sguardo e stringendo i pugni.
Per un suo errore tutti avrebbero potuto rischiare. E se li avessero scoperti, addio a tutti i piani. Addio alla vendetta.
– Se succedesse qualcosa ai ragazzi.. io… sono sei mesi che ci conosciamo. Da quando quei tre ci hanno.. convinto ad unirci a loro. Non potrei permettere che, per un errore stupido, finissero tutti nei guai –
Haruya lo fissò per vari secondi.
– Non è colpa tua –
– Invece sì – sbottò Fuusuke, alzandosi in piedi – E’ colpa mia perché sono io che mi occupo della parte tecnica delle missioni, sono io quello che da gli ordini. E poi che faccio? Metto tutti nei guai. –
– No, non lo è. Poteva capitare a chiunque. – continuò Nagumo, alzandosi e mettendo in moto la macchinetta per il caffè.
Gazel borbottò qualcosa simile ad un “perché ora funzioni, aggeggio demoniaco?”, facendo sorridere il rosso.
– Comunque non doveva capitare. Non posso permettermi questi errori – bisbigliò l’albino.
– Loro lo sanno? – domandò l’altro prendendo delle tazzine.
– Sì. Kanon ha detto che andrà tutto bene e che non ci dobbiamo preoccupare. Fey non ha detto niente e Masato stava per farsi venire una crisi isterica – rispose, poi aggiunse un “senza zucchero… e lascialo lì, è troppo caldo.” riferendosi al caffè.
– Come al solito. Stanno bloccati lì sotto e noi dobbiamo fare tutto – sussurrò Nagumo sorseggiando il caffè.
– Sono ricercati – gli ricordò Suzuno, guardandolo male.
Haruya si avvicinò pericolosamente al volto di Fuusuke.
– Questo non vuol dire che possano vivere sotto al mio bar, tranquillamente. Potrebbero fare qualcosa di costruttivo, oltre a leggere file e a indire riunioni – bisbigliò.
– Stanno cercando una soluzione – continuò Gazel.
Haruya era sempre più vicino.
– Già sappiamo qual è – disse Haruya, allontanandosi di scatto dal volto dell’amico. Bevve l’ultimo sorso di caffè e poi posò la tazzina.
Uscì dalla cucina, con Fuusuke che lo seguiva da dietro.
Si alzò il cappuccio della felpa e mise le mani in tasca, toccando la sua amata pistola. La strinse.
– Ora vado. Apriamo tra mezz’ora. -
– Sarò lì alle cinque – disse l’albino, guardando l’orologio – E se vedi uno degli uomini di Gamma in uniforme, tira avanti. Non te li cagare –
Prima di uscire Nagumo si voltò, passandosi una mano tra i capelli. – Prova a parlare di nuovo con Masato e Fey. Convincili. E’ l’unica soluzione. E poi, solo tu puoi farlo – poi aprì la porta ed uscì. Si rimise le scarpe e si avviò verso il bar che distava parecchio dall’abitazione segreta di Suzuno.
Rimasto solo l’albino ritorno nel suo studio. Notò che gli era arrivata una e-mail. L’aprì.
Povero piccolo Gazel. Ti senti in colpa? Hai paura che possa succedere qualcosa al tuo piano? Dovresti dirlo ai tuoi amici… loro si fidano di te. O vuoi che sia io a farlo? Convincili o dirò tutto. –X
Suzuno ringhiò, stringendo i pugni.




Schioccò le dita e gli schermi dei computer intorno a lui, si accesero. Sotto i suoi occhi scorrevano immagini e dati personali. Girò con la sedia girevole e  si avvicinò ad un altro computer portatile. Vecchio modello. Se qualcuno l’avesse visto lo avrebbe classificato come pezzo d’antiquariato. Probabilmente risaliva a duecento anni prima.
Sorrise e prese in mano il palmare che si trovava sulla scrivania. Digitò qualche lettera sulla tastiera e premette invio.
Si voltò verso una schermata che trasmetteva un paio di ragazzi seduti intorno ad una tavola. Sorrise quando ad uno di loro squillò il cellulare.
Questo è solo l’inizio. –X” ridacchiò a sentire la voce stranita del ragazzo che leggeva il suo messaggio.









Albicocca~ 
Salve gente. 
C'è da dire che sto morendo di sonno, ma resisto. Ho deciso di aggiornare ora perché così mi levo il pensiero e domani non ci penso. 
Questo capitolo è in scrittura da un po' di tempo, ma solo un'ora fa sono riuscita a finirlo di scrivere. Tipo che l'ho fatto leggere un po' a tutti perché.. boh. 
Comunque il risultato finale non è malaccio, insomma. Poteva uscire qualcosa di peggio, no? 
Ho introdotto quattro personaggi importanti, quali Suzuno, Nagumo, Shinobu Takanashi e Nepper. 
Vi dico che questi personaggi si trovano in duecento anni nel futuro, quindi non hanno nessuna connessione con Endou e i suoi, o almeno per adesso. Come avete notato ho introdotto anche un quinto personaggio che si trovava già nel prologo. 
Ora ha anche un nome: X. 
X perché quando ho pensato a questa long non la volevo fare AU, volevo farla basandomi su Chrono Stone, però non sapendo una minchia ho deciso di fare un'AU. E' X sarebbe l'Aiutante X. (per chi segue GO e Chrono Stone non sarà difficile capire chi è. Appare pure nella nuova sigla di CS) 
Solo che questo X è stronzo. E sorride sempre. Ed è ispirato a -A di Pretty Little Liars. 
Amo sto fatto che manda messaggi e e-mail minacciando i protagonisti. Il primo messaggio è per Suzuno, appunto perché lui nasconde molti segreti che neanche Nagumo conosce. 
Poi Suzuno è asociale, come me. Ci capiamo io e mio fratello.
Anyway, parliamo di Shinobu e Nepper. Sono in coppia insieme, non intesa come coppia amorosa, sono solo compagni di squadra e amici.  Entrambi passato difficile (tutti hanno un passato difficile, ora che ci penso) e parlano di tutto e si fidano anche se non sembra.
Shinobu è un personaggio interessante perché è la prima ragazza che gioca in una squadra scolastica - senza contare Touko, Rika e Kinako, ovviamente -. Shinobu è perfetta per essere un'assassina secondo me.
Poi Nepper l'artificiere di bombe.
Scusate ma ce lo vedo troppo lol.
Nel prossimo capitolo conto di inserire tutti i membri della resistenza/ribelli. Questo capitolo fa da introduzione alle vicende che verreanno in seguito. 
Tutto dipende da questo capitolo, penso. I membri hanno tutti un motivo (in questo ho cercato di far capire il motivo di Suzuno.) e piano piano si scopriranno. E fanno parte di tutte e tre le generazioni di Inazuma, quindi non stupitevi.
Vi avviso: quando arriveranno i personaggi di IE classic e IE GO i loro caratteri saranno completamente diversi (tipo Akane sarà una puttanella) per esigenze di trama, quindi.
Spero solo che questo capitolo vi sia piaciuto, che abbia descritto bene le scene angst e tutto il resto appresso. 
Ah sì, vorrei ringraziare Camy (delle Malboro_Ohana), la mia MaceH (_Kya_) che aspettava questo capitolo e mi ha stressato e Angelica, che non ha fatto niente, ma la ringrazio lo stesso. Mi hanno aiutato moltissimo, soprattutto le prime due.
Camy con la parte di Shinobu e Nepper e la MaceH con quella di Suzuno e Nagumo. Spero che questo capitolo sia piaciuto  molto a loro, sul serio.
E poi ovvio, chi legge e recensisce. 
Me la regalate una recensione, vero? Piccola piccola? Vi plisso. 
Fate felice questa povera ragazza che domani - oggi tra dieci minuti - ha due ore di matematica e due di italiano e deve alzarsi alle sei e mezza e prendere un pulman alle sette e venti <3<3
Vi voglio bene, 
vostra, 
Miam.

ps. che note lunghe °u° 
   
 
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