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Autore: Lavi Bookman    21/09/2012    1 recensioni
- Mel? -
- Che c'è? -
[...]
- Riconosceresti me o Andrè? -
- Sei geloso? -
- Semplice curiosità... -
[...]
- Ok M... - Andrè si bloccò in cima alle scale e si riparò dietro al muro per non farsi vedere. Gli faceva male tutto ciò. Vedere la ragazza che amava abbracciata a suo fratello. Si chiese se non avesse magari ingigantito tutto e per un attimo volle crederlo con tutto se stesso. Eppure poteva vedere il dolore di Mel e Teo, poteva palparlo e lui si sentiva il coltello pronto a recidere ogni cosa.
La stretta di lei era così salda, e il suo pianto così silenzioso e così straziante. Si chiese come facesse Teo a non girarsi verso di lei per abbracciarla. Come facesse a resistere senza muoversi. Come potesse non piangere anche lui.
E poi se ne accorse.
Vide le lacrime di lui scendergli lungo le guance. Senza alcuna espressione dilaniante sul volto, senza nessun rumore. E rivide il vuoto nei suoi occhi. [Cap. 11]
La storia tratta l'incesto tra Mel e Teo, fratello e sorella. Tra problemi -ovvi- come le incertezze di lui, terze persone decise a rendere il tutto più complicato, incidenti e decisioni sofferte.
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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E per una volta lasciò che sua sorella potesse arrivare da sola alle conclusioni, senza bloccarla, senza dirle “no, non è come pensi”. La sua coscienza gli continuava ad urlare nelle orecchie nel cervello e nel cuore di lasciarla libera. Era come se l'involucro esterno avesse vita propria, e non rispondesse ai comandi degli organi principali. Lasciava che sua sorella lo fissasse con quello sguardo incuriosito e spaventato, senza voltare vigliaccamente lo sguardo. L'avrebbe baciata, e di questo ne era certo. Era anche sicuro che l'iniziativa sarebbe stata sua di lei.
- Quindi noi... Stavamo insieme? -
Sembrò pensarci prima di rispondere: - Insieme? No, non credo che potessimo descriverci una coppia. -
- Ma ci amavamo, giusto? -
- Tu mi amavi, io non te lo dissi mai. Facevamo sesso, anche se cercavo spesso di evitarlo. -
Mel girò leggermente il capo di lato corrugando la fronte. Per qualche secondo sembrò riflettere su ogni parola detta, poi rilassò le spalle e sorrise.
- Ora però lo hai detto! -
Sentì l'orrore di quella realtà scivolargli lungo la spina dorsale e irrigidirgli i muscoli. La paura fece capolino davanti a se e aveva l'aspetto slavato di una ragazza di vent'anni spettinata e assonnata. Rigettò l'idea di contraddirsi da solo e mentire ancora. Fece cenno d'assenso con il capo e mantenne l'espressione seria.
- Io non voglio più stare con Andrè... - confessò Mel abbassando lo sguardo.
- Perchè? -
Il brivido si ripresentò lungo la schiena appena sua sorella rispose “io amo te”.
Si alzò in piedi raggiungendo la cucina. Prese la moka del caffè e svuotò il filtro facendolo battere un po' sul lato del cestino, dopodichè lo lavo accuratamente, rimanendo sotto l'acqua tiepida per molto più tempo del necessario. Lo riempì, aggiungendo poi il caffè e accendendo il fuoco. E aspettò. Come sempre. Per un attimo fece una strana accostazione di idee “caffè-sorella”. Si era messo d'impegno per lavare e preparare quella bevanda così come aveva fatto cercando di crescere lei. Entrambi erano infondo due eccitanti e se presi a dosi maggiori del necessario, dannosi.
Si voltò verso la ragazza ancora seduta a terra con la schiena poggiata contro il divano e non la riconobbe. Lo sguardo basso a fissarsi le ginocchia, i capelli scompigliati e l'espressione insopportabilmente arresa sul volto. Lei, Mel, era confusa.
Pensò a non troppo tempo prima, quando era lui ad esserlo, quando uno solo sguardo di sua sorella era in grado di farlo smettere di ragionare. Aveva perso tutto con quell'incidente. La possibilità di una vita normale sembrava essersi comunque allontanata, nonostante i suoi tentativi di resistere e le sue bugie per spingerla tra le braccia di Andrè. Ora di lei rimaneva un contenitore con un miscuglio di sentimenti, sensazioni e paure.
“Sorridi sempre” ormai sembrava essere una stupida frase di circostanza e non più la base della sua vita, del suo modo di essere. E non aveva il coraggio di spiegarle tutto da capo, ancora. Aveva provato solo una volta in seguito all'incidente e omettere le parti più dolorose sembrava essere stata la scelta migliore. Lei non avrebbe mai saputo nulla più del necessario della loro vita precedente.
Versò il caffè in due tazze e tornò accanto a Mel.
- Non credo che lasciare Andrè sia una buona idea -
- A te lui neanche piace, Teo... - e si voltò piano verso suo fratello sorridendo sommessamente.
- Non sono io che devo starci, infondo. Rimani con lui -
- Non lo amo. Davvero vuoi questo per me? - chiese scivolando sul pavimento sino ad appoggiare il capo sul cuscino.
- Se lo lascerai, comunque non staremo insieme... - ammise Teo fissandosi le mani con falso interesse.
- Lo so, so che non vuoi neanche quest'altra alternativa... -
Fece un sospiro lungo. Ripensò a tutto ciò che era successo in quel periodo. Era stato così sicuro di non amarla, di non provare per lei nient'altro che affetto e attrazione sessuale, così sicuro di volerla abbandonare al suo male noncurante del resto. Così sicuro di volersi riprendere la propria vita, una vita dove lei non era calcolata.
L'aveva detestata così tanto che ora trovava inspiegabile l'essere lì, seduti entrambi sul pavimento del salotto a parlare del loro futuro-non-insieme come se fosse la rincuncia al Paradiso, e non la rivincita per l'insistenza passata di lei nel voler stare con lui. Era distrutta e la vedeva annegare tra i suoi pensieri.
- Vorrei che tu potessi sapere cosa eravamo prima, forse. Che tu ricordassi almeno una piccola parte di tutto ciò che siamo stati. -
- Mi dispiace... -
- Non è colpa tua, scema – e le scompigliò i capelli guidandole poi il capo contro la propria spalla. Avrebbe voluto tenerla così tutta la notte, raggomitolata contro di se. Se non fosse stata sua sorella, davvero non avrebbe voluto avere alcuna relazione con lei? E se ciò che provava fosse stato solo un sentimento amplificato dalla condizione in cui si trovavano?
- Teo? -
- Sì? -
Lasciò che sua sorella si sottraesse alla lieve stretta e la vide posizionarsi in ginocchio davanti a se. Lesse il labbiale senza alcun bisogno di ascoltare le parole sussurrate. “Ti amo”.
- Come puoi esserne sicura? Infondo per te sono quasi uno sconosciuto da dopo l'incidente... - e sentì le proprie parole prendere le sembianze di un pugno allo stomaco.
- Ora, con te, io sono a casa. -
Lo squillo del cellulare di Mel interruppe la conversazione facendoli sobbalzare entrambi. Svogliatamente andò gattonando fino a raccogliere il telefono infondo alla stanza e si sedette a gambe incrociate fissando lo schermo. Chiamata in entrata: Andrè.
- ... Perchè ti sta chiamando alle sei di mattina? -
Mel alzò il capo trovando gli occhi di Teo fissi sull'oggetto che teneva in mano. Vide una piccola rottura, una crepa, dentro suo fratello. Scosse il capo.
- Sa che sei qui? -
Non ricevette risposta, se non l'abbassarsi del capo.
- Mel... Perchè ora? -
- Si starà chiedendo perchè non sono a letto con lui immagino. Ma prima che tu possa dire qualsiasi cosa, sappi che gli ho lasciato un biglietto! - ammise la ragazza giocherellando con le mani che aveva in grembo.

- Sei una stupida, cazzo! Una stupida! - sbottò Teo guardandola dall'alto in basso. Sicuramente Andrè sapeva che Mel era lì, così come era altrettanto sicuro che fosse già in macchina per andare a riprenderla. - Quando arriverà, cosa credi di dirgli, eh? -
Vide la sorella alzarsi a fissarlo. Ancora non era alla sua altezza ma era già un miglioramento. Notò la rabbia e l'incazzatura farsi avanti e per un momento ebbe il tempo di stupirsi e pensare a quanti lati del suo carattere non aveva mai dato spazio prima di uscire. A quanto si fosse dovuta trattenere sorridendo e basta. E si stupì di vedere per la prima volta in vita sua quell'espressione sul suo volto.
- Non abbiamo fatto niente di male! - urlò puntando bene i piedi a terra e scagliandosi a pochi centimetri dal volto del fratello – siamo fratello e sorella, cazzo! E' normale che se ho dei brutti momenti vengo da te a sfogarmi! - e si avvicinò ulteriormente, stringendo tra le mani la stoffa della maglia di Teo. - E'... E' normale... No? E' normale... Sì... -
Avrebbe pianto e lui non era sicuro di essere in grado di sopportarlo in quel momento in cui sentiva la stanchezza e la pesantezza di giorni, mesi e anni gravargli sulle spalle. Non avrebbe retto alle lacrime della sorella. Le mise una mano dietro il capo e glielo spinse contro, facendole poggiare la fronte al torace, cingendole le spalle con l'altra mano.
- E' normale Mel, hai ragione, è normale... -
Le mani di lei strinsero più forte la presa per qualche istante, poi le lasciò scivolare lungo la schiena del fratello, stringendolo come se fosse l'unica cosa che potesse farla respirare.
Rimasero per così, fermi. Lei capace di piangere in silenzio, e lui incapace di non sentire. La spostò un po' per guardarla in viso e le alzo il mento con l'indice. Sapeva che aveva violentato se stesso standole lontano. Non stringendola, baciandola, non vedendola per più di due settimane. Ricordava la sensazione di astinenza, l'amaro della consapevolezza e l'acidità della realtà. Ricordava ogni singola cosa. E riconosceva il momento di cedimento ormai, e sapeva che stava facendo crollare tutto. Ancora poco e si sarebbero baciati, dicendo addio per l'ennesima volta alle loro -sue- fatiche.
- Anche questo è... Normale, quindi? - chiese lei senza sottrarsi alla presa del fratello.
- Possiamo fermarci qui, non abbiamo ancora fatto nulla... -
- ... Resterei nella mia innocenza -
Ed ora, con un ribaltamento inaspettato delle parti, era lui Eva, era lui a tentare un Adamo al femminile ancora rivestito di purità. E Dio era in strada per raggiungerli e separarli. Si chiedeva quando li avrebbe lasciati andare, quando avrebbe smesso di accettare i loro continui morsi a quella mela e li avrebbe cacciati dall'Eden.
- Sì -

Gli dava possibilità di scelta. Faceva ricadere su di lei ogni responsabilità, preparandosi sia per una che per l'altra eventualità. Se si fossero baciati sarebbe stata la rottura della promessa di lasciarla fuori da tutto quello schifo. In tal caso, sarebbe davvero stato in grado di perdonarsi? Non gli importava, non era abbastanza importante in quel momento. Al contrario, se si fosse rifiutata e tirata indietro l'avrebbe capita, così come avrebbe capito di aver perso sua sorella.
- Cosa devo fare, Teo? -
- Tu, cosa vuoi fare Mel? -

Avvertì sul proprio petto le mani della sorella a palmi aperti che con una leggera resistenza lo spingevano lontano. Rilassò le proprie braccia lasciandola libera di muoversi.
- Forse dovrei andarmene... Andrè si starà preoccupando -

- Sì, hai ragione... Vado a prenderti una maglia, credo che fuori piova... -
Si allontanò dal corpo di lei forse troppo velocemente, ma non gli importò. Salì le scale misurando la velocità del passo così da non farle capire la sua frustrazione, per poi ripararsi dietro il muro in cima, appoggiandosi alla parete.
L'aveva persa. Il momento in cui lui sarebbe stato disponibile a cedersi con tutto se stesso, il momento in cui aveva ammesso a se stesso liberamente di essere pronto ad accettare le conseguenze di tutto, lei lo respingeva. Lei che per anni lo aveva rovinato. Lo aveva portato ad essere un peccatore, ed ora era “il” peccatore. L'unico.
Cercò di razionalizzare la cosa, sezionando gli eventi e guardando la situazione dal di fuori. La capiva: doveva capirla. Mel aveva deciso la cosa migliore per entrambi, e lui non era stato capace.
Si diresse verso l'armadio in camera tirandone fuori una felpa nera con zip e uscì dalla stanza lasciando la porta aperta come l'aveva trovata.
Era ancora al primo gradino quando si accorse che sua sorella non era più in salotto. E lo sapeva, era certo, che non fosse neanche più in casa.
Si sedette su quel gradino, e pianse.

  
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