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Autore: Ariadne_Bigsby    21/09/2012    3 recensioni
{OTTAVO CAPITOLO AGGIORNATO}
(ATTENZIONE, LA STORIA CONTIENE SPOILER)
Una Fan Fiction basata sul monologo di John Blake a Wayne Manor: l'infanzia "arrabbiata" di John, la perdita dei genitori, la scoperta dell'identità di Batman, la sua idea di giustizia e la sua crescita, da me immaginate ed elaborate in questa storia che ingloba luoghi e personaggi del film.
“John Blake hai detto? Ma, è il tuo cognome o quello della tua famiglia adottiva?”
“E’ il mio..”rispose Blake a voce bassa.
“Beh, è strano! Qui c’è un John Cain e un John Maislee, ma nessun John Blake.”
Blake si morse di nuovo il labbro e, senza volerlo, assunse un’aria colpevole che non passò ignorata da Shannon.
“Allora…non vuoi dirmi chi sei?” gli chiese in tono gentile. Quante volte aveva avuto a che fare con bambini del genere, che si rifiutavano di usare il loro cognome, usando quello della famiglia adottiva, quasi a voler rinnegare le loro origini?
“Robin. Mi chiamo Robin Blake..” cedette alle fine il bambino, abbassando gli occhi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Batman aka Bruce Wayne, James Gordon, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Ed eccoci qui al terzo  capitolo.

Vi ho lasciato col fiato sospeso? Bene, in questo capitolo fugherò tutte le vostre ansie per il piccolo Robin.

 Per questo capitolo ho dovuto pensare a un modo plausibile nel quale il nostro eroe sia riuscito a scappare da Roger &Co. Fra tutte le opzioni che ho analizzato e sperimentato, questa mi è sembrata la meno artificiosa e più plausibile. Spero che vi piaccia!

Aspetto con ansia i vostri commenti…enjoy the chapter

 

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Fear.

“Cosa dobbiamo fare con te?”

Robin chiuse istintivamente gli occhi, quando vide il sicario avvicinarsi per prendere meglio la mira.

Ma non ci fu alcuno sparo: inconsciamente Robin sperava che questo fosse dovuto al fatto che gli uomini avessero visto qualcuno che li aveva terrorizzati a morte, qualcuno che avrebbe atterrato Roger con un cazzotto ed avrebbe disperso gli altri. Ma non accadde nulla di tutto questo.

Roger scoppiò a ridere, una risata cattiva, senza gioia. Una risatina di scherno.

“Oh, ma guardatelo! Il povero uccellino, il piccolo pettirosso che trema!” sghignazzò Roger, indicando Robin agli altri con la canna della pistola.

Il bambino sentì le risate sguaiate degli altri e realizzò che Roger non aveva intenzione di farlo fuori subito: prima si sarebbe divertito un po’ e solo dopo gli avrebbe sparato. La sua mente galoppava: questo piccolo show, forse, avrebbe potuto regalargli qualche prezioso minuto di vita in più, ma come avrebbe fatto ad impiegarli bene? Come poteva scappare?

Mentre gli altri ridevano, Robin si guardò intorno con aria disperata: la fine del vicolo non era lontanissima, e lui era veloce a correre. Se solo fosse riuscito a scattare ….

Ma Roger, come se avesse intuito quello che stava per fare, lo afferrò per un braccio, che era sempre sopra la sua testa, e lo buttò per terra. Robin cadde lungo disteso, ma si impose di non lamentarsi. Volevano divertirsi? Bene, non gli avrebbe reso le cose semplici.

“Se solo potessi distrarli, in qualche modo…” pensò freneticamente “ Probabilmente non andrò lontano, ma avrò avuto la soddisfazione di farli penare, prima di uccidermi.”

“Dove pensavi di andare, orfanello?” lo derise Roger, avvicinandosi a passi lenti. Robin istintivamente si allontanò un poco, spostandosi con le braccia e con le gambe. Anche questo poteva tornargli utile.

“Eh? Dove volevi andare? Volevi scappare? Per andare dove, dalla mammina?” continuò Roger.

Robin cercò di assumere l’espressione più truce di cui fosse capace, cosa che l’uomo parve trovare incredibilmente divertente.

“Ehi Roger!” esclamò uno del gruppo “non è che vuoi creare un altro Bruce Wayne, eh?”

Robin aggrottò la fronte: cosa c’entrava Bruce Wayne, il miliardario più giovane di Gotham con lui?

“No ragazzi, non ne ho la minima intenzione, anche perché questo qui è quanto di più lontano possa esserci da Bruce Wayne.”sghignazzò Roger, tornando a guardare Robin, indifeso ai suoi piedi.

“Allora..” continuò a provocarlo “vuoi andare dalla mammina? Ops! Forse ho toccato un tasto dolente..Vedi mio caro, noi sappiamo tutto di te e della tua bella famigliola. Sappiamo tutto della tua povera mammina, morta in un incidente, sappiamo tutto di tuo padre un povero fallito, capace solo di frignare e di perdere al gioco. Un codardo!”

Robin sapeva di dover restare calmo per non dargli soddisfazione, ma le ultime parole lo avevano fatto imbestialire.

“Non era un codardo..” disse Robin a bassa voce, guardandolo con aria di sfida.

“Oh, ma che sguardo cattivo!” continuò ad infierire Roger, cogliendo la palla al balzo “ora cosa farai, ti … vendicherai? Vendicherai quella nullità di tuo padre?” Si chinò lentamente su di lui, i loro nasi erano vicinissimi “Non serviva a nulla a questo mondo, era solo un piccolo codardo capace solo di implorare.”

Fece un attimo di pausa, per gustarsi l’espressione di rabbia di Robin, ma si rese conto  con disappunto che il bambino non aveva tradito nessuna emozione.

“Anche tu sei come lui” riprese, avvicinandogli la pistola al viso” sei un piccolo codardo, un niente di cui il mondo potrà fare a meno. Nessuno sentirà la vostra mancanza.”

Robin capì che gli erano rimasti pochi secondi per agire e doveva sfruttarli al meglio: si fece coraggio e gli sputò dritto in faccia.

Roger non realizzò subito cosa era appena successo: Robin aveva calcolato che si sarebbe asciugato la fronte e, confidando nella sua immobilità, si sarebbe alzato in piedi e lo avrebbe finito.

Non gli regalò nessun secondo extra: inspirò profondamente e gli assestò un calcio nello stinco, facendo scattare la gamba con tutta la forza di cui era capace.

Il resto accadde molto in fretta: Roger guaì di dolore, gli amici del sicario non ebbero neanche il tempo di realizzare cosa fosse successo e, mentre facevano due più due, Robin era scattato in piedi con un’agilità mai sperimentata prima di allora ed aveva iniziato a correre a perdifiato verso la fine del vicolo.

Gli sembrava una voce lontana centinaia di chilometri quella che urlava “Che aspettate, imbecilli?Prendetelo e riportatelo qui!” e il rumore di tre paia di piedi che si mettevano al suo inseguimento, gli pareva un rombo lontano.

Robin era già arrivato alla fine del vicolo e si trovava in una strada un po’ più illuminata e di ma completamente deserta. Non potendo concedersi il lusso di stare a pensare troppo, Robin si infilò in un vicolo parallelo a quello dove era stato in balìa dei sicari, sperando che il seguito di Roger fosse abbastanza stupido da credere che si fosse nascosto sotto una macchina, nella strada illuminata.

Continuava a correre, disperato, non trovando nessun posto utile per nascondersi.

“Tanto ti prenderanno, a che serve correre?” gli diceva una vocina nella sua testa. Si sentiva tutto d’un tratto stanco: era solo un bambino, era indifeso e loro erano in 4 e armati di pistole. Che speranze avrebbe avuto?

All’improvviso, Robin notò un particolare che lo fece quasi scoppiare a piangere dal sollievo: alla sua destra, al livello della strada, c’era la finestra aperta della cantina, appartenente ad un palazzo abbandonato. La finestra era abbastanza grande da permettere ad un bambino molto esile di entrarci. Senza indugiare, Robin si tuffò letteralmente  a destra calandosi senza fatica dentro la bocca oscura della cantina, benedicendo per la prima volta ,la sua costituzione esile. Scivolò nella cantina buia ed umida, toccando il suolo con un rumore lieve: notò che la finestra non era molto in alto e che, se l’avesse scampata, non avrebbe fatto troppa fatica ad uscire. Si concesse qualche secondo per permettersi di tranquillizzarsi e si lasciò scivolare per terra, con la schiena contro il muro.

L’imboccatura della cantina era troppo in basso e non era esattamente il tipo di rifugio che i suoi inseguitori avrebbero visto a colpo d’occhio: Robin contava sul fatto che Roger e gli altri si sarebbero concentrati di più su quello che si trovava nel loro immediato campo visivo. E poi, se anche fosse venuto loro il dubbio, non sarebbero riusciti ad entrare nella cantina, perché l’imboccatura era troppo stretta ed il buio che lo avvolgeva  lo avrebbe protetto.

Sentì che gli inseguitori si avvicinavano velocemente e si premette le mani sulla bocca: aveva il fiatone per la corsa e per la tensione e questo  avrebbe potuto farlo scoprire.

“Dov’è andato? Dov’è andato?!” sbraitò Roger, assestando un calcio ad un bidone della spazzatura, che cadde, facendo un gran rumore e sparpagliando tutto il suo contenuto. “Cercatelo, guardate sotto le macchine, nelle nicchie, negli androni delle porte! Trovatelo!”

Robin spostò lentamente le mani dalla bocca e guardò verso l’alto e si arrischiò ad alzarsi lentamente per sbirciare dalla finestrella: con un brivido si accorse che Roger era in piedi proprio davanti al buco.

“Qui non c’è, Roger. E’ veloce il ragazzino..” replicò uno degli uomini più lontani.

Roger imprecò “Ve lo siete fatto scappare, razza di imbecilli.” Ringhiò, come se non fosse stato lui quello che si era fatto distrarre “a quest’ora sarà già sulla Main Street a picchiare contro la porta di un commissariato.”

“Cosa vuoi che facciamo allora?” chiese uno degli amici di Roger, quello che aveva parlato di Bruce Wayne.

Ci fu un lungo silenzio, poi Roger sospirò.

“Cosa vuoi che facciamo?Il ragazzino ormai è sparito, a quest’ora può essere ovunque..E se è nascosto qui da qualche parte, è nascosto fin troppo bene.”

“E lasci perdere così?” lo apostrofò uno degli sgherri, incredulo.

Roger lo fulminò con lo sguardo. “Si, lo lascio perdere così. Ormai il divertimento ce lo siamo perso, non ho voglia di rincorrere un ragazzino per mezza Gotham. Dovevo farlo fuori subito e basta, è stato più furbo di me, lo ammetto.”

Robin non osava quasi respirare: li aveva depistati così facilmente? O era una trappola?

“Non vale al pena perdere una nottata per cercare un orfanello. Tanto non potrà neanche denunciarci, ufficialmente, Roger Towers è morto. Anche se il ragazzino cantasse, si smuoverebbero le acque per due o tre giorni al massimo, poi tornerebbe la tranquillità. Andiamocene, è ancora presto e volevo andare al club.”

Robin fissò, con un misto di incredulità e paura i piedi degli sgherri sfilare davanti alla finestra, mentre si allontanavano. Sentì il rumore dei loro passi diventare sempre più flebili, fino a scomparire, dopo pochi minuti.

“Aspetterò 10 minuti e poi uscirò da qui..” si disse Robin.

Invece passò un’ora, un’ora nella quale il bambino, provato da tutti gli eventi, dalla paura e dallo shock, cadde addormentato, senza rendersene conto.

Nel suo sogno c’era un vicolo buio ed un uomo con la pistola. Sentiva uno sparo, ma non capiva da dove fosse venuto. Gli sembrava che qualcuno lo chiamasse per nome, ma non riusciva ad identificare la voce. Poi vedeva una figura femminile, vaga ed indistinta che lo salutava dal fondo del vicolo. Lui le si avvicinava, con circospezione, ma il volto della donna rimaneva in ombra.

“Eccoti qua, Robin. Ti aspettavo!” gli carezzava il viso, ma quando ritraeva le mani, erano sporche di sangue.

“Robin..” lo chiamava di nuovo la voce. Ma stavolta non era una voce di donna. Era la voce di Roger.

Robin si svegliò di soprassalto: era madido di sudore, nonostante il freddo pungente e tremava di paura.

“E’ stato solo un incubo..” si disse.

 Poi la forza della realtà lo colpì, come un pugno allo stomaco. Non era tutto un incubo: suo padre era morto, era solo al mondo ed era appena scampato per un soffio alla morte.

Di tutte queste considerazioni, una in particolare gli martellava in testa. “Sono solo al mondo..” mormorò.

Rimase immobile ancora per qualche secondo, per dare il tempo ai muscoli di uscire dal torpore del sonno e poi si issò fuori dalla finestra: avrebbe voluto correre dal padre nel vicolo accanto ma non osava. E se i sicari si fossero appostati da qualche parte, aspettando che lui uscisse?

Robin rabbrividì e si strinse addosso il cappotto. Era completamente solo. Non una persona, non un cane o un gatto girava per quel vicolo.

Lentamente, senza fretta, si incamminò verso la fine del vicolo che gli aveva offerto protezione: da lì sarebbe sbucato in una strada più trafficata, con la gente. Qualcuno lo avrebbe aiutato. O forse doveva andare dalla polizia. Non aveva il coraggio di tornare a casa, aveva il terrore di varcare di nuovo quella porta ed infatti non ci sarebbe più entrato.

Continuò a camminare senza meta, le mani in tasca, il viso sporco di polvere nera che gli si  era appiccicata addosso nella cantina. Aveva i pantaloni strappati sul ginocchio destro, a causa della sua caduta , ed aveva la mente annebbiata dal sonno e dalla confusione.

All’improvviso urtò contro qualcosa di morbido. Se ne staccò.

“Ehi, piccolo, tutto bene?”

Era appena andato a sbattere conto un poliziotto: il distintivo con su scritto GCPD  brillava sul lato destro della sua giacca di servizio invernale.

Robin lo guardò e per un attimo desiderò essere come lui: un adulto, forte e armato. Un poliziotto coraggioso, al servizio della giustizia.

Se ci fosse stato lui nei paraggi, tutto quello che gli era accaduto non sarebbe successo.

“Ragazzino, stai bene?” gli chiese il poliziotto  inginocchiandosi ed afferrandolo per le spalle con gentilezza.

Robin sentì una lacrima che gli solcava il volto: aveva retto troppo per quella notte, non aveva tradito nessun segno di debolezza davanti alla pistola di Roger e non si era fatto prendere dal panico in quella cantina buia. Ma ora non ce la faceva più.

“Non proprio…” rispose  asciugandosi la guancia con la manica “sono appena scappato da una cantina, c’erano degli uomini che hanno ucciso mio padre e hanno cercato di fare lo stesso con me. Può aiutarmi, per favore?”

 

E anche questa è fatta! Eravate tutti/e lì, con gli occhi sbarrati e le dita aggrappate al bordo del tavolo a fare il tifo per Robin? Lo spero J

Anche  per questo capitolo ho attinto da una fonte, per un particolare: il calcio che Robin assesta a Roger è preso pari pari dal film “Brick” con…indovinate un po’? Il caro Joseph Gordon-Levitt! (eccovi il trailer, ve lo consiglio tantissimo come film! http://www.youtube.com/watch?v=4Zfw8__A7ps)

Nella scena, lui è coinvolto in una zuffa con un tizio che è ehm, tipo il doppio di lui, che l’ha buttato per terra. Joe lo guarda malissimo e gli tira il calcio che ho appena descritto ( e l’energumeno è pure così idiota che ci casca per due volte). Pensavo che mi sarebbe tornata utile e l’ho “riciclata” per questo capitolo.

La fortuna mi ha assistito anche nella ricerca di una foto di inizio capitolo adatta: la foto inserito è più che adatta, secondo me. Rappresenta il momento in cui Robin è nella cantina ed ascolta quello che i tizi dicono, sopra di lui.

Bene, dire che ho finito con i chiarimenti. Un grazie grosso come una casa a chi segue la storia e un grazie “futuro” a chi la leggerà e la recensirà.

Besos!

 

   
 
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