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Autore: _Pan_    22/09/2012    2 recensioni
Mikan è al suo primo anno di superiori, ma niente si prospetta come lei lo aveva immaginato: tra l'amore, inganni, e addii, la sua permanenza nella Alice Academy si preannuncia molto movimentata.
La storia tiene conto del manga (a tratti da capitolo 51 in su), quindi ci sono spoiler disseminati un po' ovunque. Inoltre, sarà raccontata alternativamente sia dal punto di vista di Mikan che che da quello di Natsume, ma non ci saranno capitoli doppi, nel senso che uno stesso capitolo non sarà raccontato da entrambi.
Coppie principali: Mikan/Natsume, Hotaru/Ruka (accennata)
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hotaru Imai, Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Ruka Nogi
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 23 - Pettegolezzi e problemi
(Mikan)


Parte 2

Sbuffai, le lettere erano troppo difficili da scrivere! Adesso che gli avevo raccontato tutto dovevo trovare una conclusione, ma... quale? “Beh, ci sentiamo”? “Per sempre tua”? Su quella avrei scommesso la sua faccia disgustata, seguita da un'espressione accigliata, perciò decisi di lasciarla, almeno per ora, incompleta, in modo da poter chiedere consiglio ad Hotaru o alle altre mie amiche.
Chissà se loro erano più esperte di me in lettere per un ragazzo, anche se non si trattava di uno qualunque ma di Natsume, e tutti sapevamo che carattere particolare avesse. Ogni tanto gli altri dicevano che era scontroso, e forse era così, ma negli ultimi tempi avevo cominciato seriamente a trovarlo adorabile, specialmente da quando non ce l'avevo più intorno.
Rilessi la lettera un paio di volte, solo per scrupolo: non volevo che si capisse che mi mancava, sapevo bene che Natsume non dimostrava affetto a parole o gesti espliciti, è sempre stato più il tipo che pensa al bene delle persone a cui tiene, e fargli sapere che ero triste perché non potevo più stare con lui, l'avrebbe sicuramente impensierito. Mi rendevo conto che non poteva tornare da me come e quando voleva, perciò avere solo vagamente l'idea che l'avrei voluto vicino anche fisicamente l'avrebbe spinto a trovare un modo per vedermi. E si sarebbe messo nei guai, di sicuro. L'aveva sempre fatto fin da bambino, per me e per Ruka-pyon.
Presa da un moto di nostalgia, afferrai il mio portafoto, e feci scorrere qualche immagine finché non trovai quella che stavo cercando: Natsume dormiva steso sul mio letto, si prendeva praticamente tutto lo spazio come al solito, ma l'espressione calma e rilassata mi aveva colpito in modo particolare e l'avevo immortalata: appariva così dolce e indifeso da fare tenerezza... e reale, tanto che sembrava quasi di poterlo toccare davvero. Sfiorai il vetro quasi inconsapevolmente, mentre la foto successiva prendeva il posto di quella che stavo guardando. Lui era praticamente nella stessa posizione ma sveglio, il fastidio era ben visibile nella sua espressione, e ricordai che mi aveva detto, dopo che gli avevo mostrato gli scatti, che erano imbarazzanti e mi aveva praticamente ordinato di cancellarli.
Ovviamente, non l'avevo mai fatto, e per fortuna lui non l'aveva più chiesto, perché ero un'incapacissima attrice e lui avrebbe capito subito, come quella volta che mi aveva regalato i nastri per capelli, e io non avevo saputo aspettare.
La sveglia suonò lasciandomi spiazzata: avevo pensato a scrivere la lettera tutta la notte? E adesso come avrei fatto a sopportare tutte quelle ore di lezione senza cadere addormentata sul banco?
Mi immaginavo Hotaru prendermi a gomitate, cercando, invano, di svegliarmi. Ma poi mi accorsi che, probabilmente, mi avrebbe lasciata dormire per rimproverarmi a lezione conclusa. Sospirai, fissando la sveglia che non aveva intenzione di accontentarmi e spostare le lancette qualche ora indietro per farmi recuperare un po' di sonno, e mi stiracchiai.
Con un sonoro sbadiglio, mi alzai e presi la divisa di scorta e l'occorrente per farmi una doccia. Dopo una notte completamente insonne, era senz'altro quello che ci voleva.

«Buongiorno.» biascicai, prendendo posto davanti a Hotaru, come quasi ogni mattina. Appoggiai la testa sul tavolo della mensa, e mugolai.
«Stai sbavando.» mi avvertii la mia migliore amica, con tono incolore. Stava immergendo le sue bacchette nel riso. «E non è un bel vedere, specialmente se stai mangiando.»
«Scusa.» borbottai, sollevandomi, con un sospiro. Cercai di stiracchiarmi ancora, senza allargare troppo le braccia per non rischiare di prendere a pugni i miei vicini, e mi ripetei mentalmente di non fare mai più una pazzia del genere.
«Mikan-chan.» mi chiamò Ruka-pyon, sempre premuroso. «Perché hai quella faccia? Sembra che tu non abbia chiuso occhio.» io mi limitai ad annuire, mentre bevevo il mio tè. «Sei preoccupata per i test di fine semestre?»
Quasi soffocai. «T-test di fine semestre?» chiesi, più per la speranza che avessi sentito male che per reale conferma.
Hotaru alzò gli occhi al cielo. «Sì, Mikan, esattamente come tutti gli anni.» posò le bacchette accanto alla ciotolina del riso e mi rivolse i suoi occhi di ghiaccio. «C'è ancora parecchio tempo, comunque, e non è da te preoccuparsi per lo studio, quindi... che ti prende?»
Scrollai le spalle. «Cercavo qualcosa da scrivere a Natsume.» spiegai, poi. «Ma più leggo la lettera che gli ho scritto, meno mi sembrano cose interessanti. Chissà che sta combinando lui, là fuori... insomma, potrebbero sembrargli insignificanti le faccende che succedono qui. O forse non gli importa...»
«Non dire sciocchezze.» mi ammonì Ruka-pyon, serio. Sembrava volermi rimproverare davvero. «A Natsume importa di quello che succede qui, altrimenti non se ne sarebbe mai andato. Secondo me scrivergli è stata un'ottima idea, più che annoiato si sentirà solo.»
Mi accorsi di non averci mai pensato molto a lungo, anzi. Il solo pensiero che Natsume potesse sentirsi solo stonava con la sua personalità, non riuscivo a credere che sentisse la mancanza di qualcosa o di qualcuno, anche se era perfettamente plausibile. Di nuovo, annuii e basta, sentendomi improvvisamente in colpa per aver pensato solo a me stessa.
«Potresti avere ragione.» intervenne Hotaru, appoggiando il viso su una mano. «Anche se Natsume non è certo un sentimentale.» per qualche ragione, Ruka-pyon arrossì.
Io sbattei le palpebre: in effetti non lo era, almeno non in pubblico. «Ho capito.» dissi, allora, anche se non ero certa di aver afferrato il senso del discorso. «Adesso devo solo trovare una buona conclusione.» «Piantala di farti tutti questi film mentali.» sbuffò la mia amica, spazientita. «Tutti questi problemi per una stupida lettera, e non hai nemmeno dormito per questo.»
«Non capisco perché ti scaldi tanto...» osservai, dispiaciuta. Sembrava che non ne facessi una giusta quella mattina.
Ruka-pyon sorrise. «È solo preoccupata per te.» mi disse, comprensivo. «Lo siamo tutti e due, Mikan. Non hai parlato molto di lui da quando se n'è andato.» non avrei saputo cosa dire, ad essere sincera. Non era giusto tempestare i miei migliori amici con le mie paranoie.
«Piantala.» borbottò Hotaru, dandogli una leggera gomitata. Lo sguardo dolce che lui le rivolse mi fece sentire di troppo ed ebbi l'impulso di alzarmi e allontanarmi da lì. «Comunque,» rivolse l'attenzione a me. «perché non sei venuta subito da me quando ti sei accorta di non riuscire a tirare fuori niente di intelligente?»
Deglutii. «Non mi sono affatto accorta del tempo che passava.» confessai, sentendomi un po' stupida. Avevo pensato così a lungo alla cosa giusta da dire che avevo passato la notte a farlo e nemmeno me n'ero resa conto. Sì, suonava decisamente sciocco. «La prossima volta correrò da te, promesso.»
«Ma non ci fare l'abitudine.» rettificò lei, con un sorrisetto. «Mi ero quasi abituata a non avere più rompiscatole tra i piedi.» si alzò e il suo ragazzo la seguì, dopo avermi rivolto un cenno di saluto.
Io feci una smorfia offesa. «Hotaru!»

Mi spalmai sul banco come se fosse stato un cuscino, sperando di avere almeno un paio di minuti di relax prima che le chiacchiere dei miei compagni mi arrivassero alle orecchie. Non c'era ancora nessuno quando ero entrata in classe, e la cosa era parecchio bizzarra visto che ero sempre l'ultima a varcare la soglia, in ogni caso era riposante quel silenzio, sembrava quasi che l'intero edificio fosse vuoto.
Ovviamente, non lo era.
La porta si spalancò subito dopo e il vociare di alcune mie compagne di classe riempì l'ambiente. Sollevai, stancamente, lo sguardo e vidi Sumire, Wakako, Anna e Nonoko davanti alla porta, a parlottare di qualcosa. L'argomento mi era oscuro.
«In effetti, hai ragione.» stava dicendo Wakako, prima di ridacchiare. «È carino, ma è un po' strano.»
Sumire fece una smorfia. «Già girano pettegolezzi su di lui e Mikan.» non sembrava felice per la cosa, e io mi domandai che c'entrassi in quel discorso strano. «Eppure tutti sanno che è...» fece uno strano movimento con le sopracciglia, e tutte le altre annuirono.
«Già.» osservò Nonoko, cupa. «mi domando solo perché ce l'abbia tenuto nascosto.» io non mi mossi, anche se non sembravano avermi notata e ascoltai.
Anche Anna sembrava preoccupata per qualcosa. «Secondo me,» intervenne, con un sospiro. «si vergogna... insomma, ha solo diciassette anni, chi di noi vorrebbe ritrovarsi in una situazione del genere? Scommetto che è un grosso peso.» probabilmente, mi dissi, stavano parlando di Natsume e della sua lontananza, che carine che erano a pensare a me!
«Sicuro.» confermò Sumire, con convinzione. «Ma il peso è più leggero se lo condividi con le amiche.» girò la testa verso la classe e sembrò sorpresa. «Oh, Mi-Mikan...»
Le altre sembrarono a disagio. «Ehilà.» le salutai, abbozzando un sorriso, ma le palpebre mi si stavano abbassando da sole, e dovevo avere anche gli occhi gonfi per la mancanza di sonno. Si fiondarono tutte su di me, compresa Wakako, anche se non mi era mai sembrato che le piacessi molto. Erano tutte preoccupatissime, e le loro voci si accavallarono l'una sull'altra, impedendomi di capire.
«Mikan, come stai?»
«Cosa è successo?»
«Stai male?»
«C'è qualcosa che possiamo fare per te?»
«Vuoi bere qualcosa di fresco?»
«Perché non sei rimasta in camera a rilassarti? Lo sai che non ti devi affaticare!»
«Sai già la data per la prima radiografia?»
«Pensi che sia maschio o femmina?»
«Hai già le nausee?»
«Ma è vero quello che dicono di te e di quello nuovo?»
«Ragazze!» le interruppi, confusa. «Che state dicendo? Quale radiografia? Quello nuovo? Non l'ho più visto da quando mi ha chiesto dov'è la biblioteca, perché?»
Loro si scambiarono un'occhiata bizzarra. «Mikan...» fu Nonoko-chan a parlare. Mi prese una mano e la strinse, con delicatezza e partecipazione. «non c'è più bisogno che ce lo nascondi... ormai lo sa tutta la scuola.»
«Che cosa?» chiesi, curiosa. Io non stavo nascondendo niente, se non che Natsume si era diplomato in anticipo per fare qualcosa per il Preside delle Elementari, ma come facevano tutti gli altri a saperlo, se era un segreto della classe di Abilità Pericolose?
«Oh, andiamo!» sbottò Sumire, sbattendo una mano sul banco. «Già l'altra volta a Central Town hai fatto finta di niente e io non ho più chiesto per rispettare la tua privacy, ma ormai lo sanno tutti che aspetti un bambino.» si spostò i capelli dietro una spalla, con una strana smorfia in viso. «Il figlio di Natsume.»
Non risposi, scioccata. Non riuscivo a credere che quell'incidente avesse generato voci tali da far diffondere la falsa notizia per tutta la scuola. Come potevo risolvere un problema del genere? E, soprattutto, chi aveva diffuso la voce? Perché tutti quanti ci avevano creduto subito?
«Mikan...» fu il titubante intervento di Anna. «perché non ci hai detto nulla?»
«Avremmo potuto aiutarti.» rincarò la dose Nonoko, convinta. «Anzi, da adesso puoi contare su di noi. Siamo tue amiche.» mi fece l'occhiolino. «E le zie del bambino... o bambina. Quello che sarà, insomma.»
«Ragazze...» sussurrai, commossa dalle loro parole. «mi dispiace, ma... io non aspetto nessun bambino.» «Cosa?» stavolta sembrava essere Wakako quella scioccata e me ne chiesi il motivo. D'accordo che tutti lo credevano ma perché questa reazione esagerata? «Mikan, tu... hai perso il bambino?»
«Eh?»
Di nuovo fui sommersa dalle loro voci, e non capì più chi stesse parlando. Erano tutte concitate e con delle espressioni terribilmente dispiaciute stampate in faccia, addirittura Anna era sull'orlo delle lacrime. «Oh, cielo, Mikan, stai bene?»
«Ecco perché quegli occhi pesti, hai pianto!»
«Possiamo aiutarti in qualche modo?»
«Vuoi che firmiamo una petizione per farti uscire della scuola e dare la notizia al padre?»
«Mikan, ti saremo vicine!»
«So che la scuola ha messo a disposizione uno psicologo, perdere un bambino è un trauma, dovresti andare a parlarci!»
«Stai tranquilla, ti aiuteremo! Non ti lasceremo sola!»
Scossi la testa, cercando di dare un senso a quelle grida disperate. «Ragazze,» tentai, ma di nuovo la mia voce fu sovrastata dalla loro che mi pregavano di non dire nulla, che non si poteva esprimere a parole un simile dolore. Ma quale dolore? «Ragazze!»
Anna mi abbracciò, scoppiando a piangere. «Oh, Mikan!» sussurrò, con la voce impastata. «Quanto mi dispiace! Vorrei poter fare qualcosa per te. Vuoi uscire per svagarti un po', oggi pomeriggio? Devi pensare ad altro.» poi mi rivolse un'occhiata ammirata. «Sei così forte, amica mia!»
«Ragazze.» ripetei, più decisa. «Non sono incinta.»
«Certo,» convenne Sumire, in tono ovvio. «non più.»
Scossi la testa. «No.» scandii, in modo che capissero una volta per tutte. «Non lo sono mai stata.»
«Va bene.» acconsentì Nonoko, ma per qualche motivo mi parve che mi stesse dando il contentino, come faceva Hotaru qualche volta. «La fase del rifiuto è la prima che porta all'accettazione, così dicono.»
Cercai di discutere con loro per un altro po', ma era come gridare contro un sordo. Loro erano rimaste convinte che io fossi incinta e che avessi, successivamente, perso il bambino di Natsume. Ma come avrei potuto essere così spensierata se fosse successa una tragedia simile?
La folla davanti al mio banco si diradò, non appena entrò il professore e tutte presero posto ai loro banchi, ma non mi lasciarono senza occhiate compassionevoli. «Che idiote.» fu il commento di Hotaru, che aveva varcato la soglia due secondi prima del nostro insegnante, ma sembrava sapere tutto della discussione che avevamo appena avuto.
Io scrollai le spalle. «Si preoccupano per me anche loro.» osservai, con un sorriso. Lei mi lanciò un'occhiata dubbiosa, e poi aprì il libro di letteratura straniera. Spostai lo sguardo sul banco alla mia sinistra, sperando di trovare qualcuno che mi avrebbe creduta.
Ma era vuoto.
Chissà dov'era finita Kisaki-chan...

La rincontrammo a mensa, seduta al nostro tavolo: sembrava più stanca di me. Mi sedetti vicino a lei, aspettando che anche Hotaru e Ruka-pyon si unissero a noi. Il pranzo mi era sempre piaciuto, e non solo perché non c'erano le facce da funerale della mattina, ma anche perché tutti erano più propensi a chiacchierare ed era un ottimo distrattore dai pettegolezzi e dagli imminenti esami di fine semestre che si fondevano con l'altrettanto imminente preparazione del Festival.
«Kisaki-chan!» la salutai, posando il mio vassoio proprio accanto al suo. Lei mi rispose con uno sbadiglio sonoro. «Che succede?»
«Teppisti.» brontolò, con sguardo omicida, verso un altro tavolo, a cui erano seduti un paio di ragazzini con la divisa delle medie. Avevano delle facce familiari, ma non ricordavo dove li avevo già visti. «E sono così piccoli!»
Riportai lo sguardo su di lei, senza capire. «Che hanno combinato?» volli sapere, curiosa. Lei trafisse con una bacchetta un wurstel, quasi avesse commesso qualche terribile crimine.
«Hanno tappezzato il muro dei dormitori femminili delle medie con delle scritte per una ragazza.» spiegò, con una smorfia infastidita sul viso. «Proprio ieri pomeriggio, disgraziati. Hanno anche disertato la lezione della classe di Abilità. O sono usciti prima... boh. Insomma, non erano lì.»
«Oh...» commentai, senza sapere che altro dire. «E a che classe appartengono?»
«Dovresti conoscerli.» replicò lei, tetra. «Sono nella tua... non è che ieri hai notato niente di strano?» io scossi la testa, quasi nessuno andava più alle lezioni di Noda-sensei, proprio perché non eravamo mai sicuri di trovarlo. Ora che ci pensavo, non credo nemmeno che fosse tornato dal suo ultimo viaggio nel tempo. Magari stavolta era andato a trovare i dinosauri. «Piuttosto!» interruppe i miei pensieri con la stessa forza di una ruspa. «Cos'è questa storia che aspetti un bambino e che te la fai con quello nuovo? Credevo che fosse l'amico... speciale di Nonoko. Che è successo?»
Sospirai. «È tutto un grosso malinteso.» spiegai, sperando che almeno lei mi credesse. «Non sono incinta, ho problemi con... il mio Alice e... per quanto riguarda quello nuovo, è un po' che non lo vedo, non c'è neanche a lezione. Ho parlato con lui solo il primo giorno e c'eri anche tu.»
«Mah...» fece lei, dubbiosa. «quel tipo è strano. Credo che non si sia abituato a stare qua dentro e ci consideri un po'... fuori di testa. Ieri sera l'ho visto che girava per i corridoi nella nostra sezione, e quando l'ho beccato sembrava che dovessi ammazzarlo.» si mise in bocca lo sfortunato wurstel e masticò con forza, per mettere fine alla sua agonia. «Gli ho solo chiesto se si era perso ed è scappato via.»
Considerato che uno degli scherzi per il suo arrivo era la mia piovra, potevo capire benissimo che non si fidasse di nessuno. Probabilmente, venendo da una scuola tradizionale, essendo poi catapultato in un mondo diverso a diciassette anni, si sentiva scombussolato e non potevo dargli torto, lo ero stata io a dieci... a diciassette suonava come un brutto colpo da digerire. Forse era meglio entrare alla Alice da bambini, dopotutto. «Vedrai che, col tempo, si fiderà più di noi.»
«Beh, credo che gli convenga, se vuole vivere in pace, o lo prenderanno tutti di mira.» disse lei, in tono preoccupato, fissando i ragazzini che avevano vandalizzato il muro della nostra scuola. «Non si fa vedere nemmeno a mensa... credi che abbia qualche strano tipo di fobia?»
«Non lo so.» ammisi, perché di fobie non ne sapevo niente, esattamente come niente sapevo di quel ragazzo dagli occhi strani.
«O questo, o il suo Alice lo ricopre di pustole puzzolenti e schifose da guardare ogni volta che qualcuno lo fissa.» scherzò lei, con un sorriso sulle labbra, che poi si trasformò in una smorfia disgustata, forse perché si stava immaginando la scena. «A proposito... oggi che avete fatto a lezione?»
«Niente di nuovo.» fu Hotaru a rispondere, mentre il suo vassoio riempiva il posto vuoto di fronte al mio. Ruka-pyon prese posto accanto a lei, salutandoci con un breve cenno della mano. «Ha soltanto approfondito il commento sulla solita poesia di Wordsworth.»
«Ancora?» chiese Kisaki-chan, sconvolta. «Io di quel tipo non ne posso davvero più. Che ci sarà poi da dire su una poesia che parla di Londra nel 1802, tanto da starci tre lezioni?»
Ruka-pyon scrollò le spalle. «Secondo me,» disse, pensieroso. «crea un'atmosfera romantica il pensiero di Londra all'alba.»
«Ma che genio!» commentò Hotaru, arricciando le labbra. «È un poeta romantico.»
Ruka arrossì di nuovo. «Scusa... volevo solo dire che... ha reso l'idea di ciò che voleva davvero esprimere.» abbassò lo sguardo, e mi fece improvvisamente tenerezza: sembrava che lei lo stesse sgridando. «Fare una passeggiata all'alba... non sarebbe male, no?»
Lei gli indirizzò un'occhiata obliqua. «Sono solo ore rubate al sonno.» fu la sua lapidaria risposta. Ruka-pyon deglutì rumorosamente e non disse più nulla per il resto del pranzo, e mi dispiacque per lui, dopotutto potevo capirlo alla perfezione: sapevo anche troppo bene come ci si sentiva ad essere trattati così dal proprio fidanzato. Natsume lo faceva spesso, forse era una prerogativa dei geni, o chissà che.
Tentai di alleggerire la tensione. «In ogni caso,» dissi, infatti. «se ci stiamo tre lezioni significa che non facciamo niente di nuovo. E a me va bene, abbiamo già un sacco di compiti di cui occuparci.»
«Giusto.» convenne Kisaki-chan, con un sorriso. «Vuol dire che non mi sono persa niente, no?»

«Certo che il povero Ruka-kun è davvero paziente con Hotaru.» osservò Kisaki-chan, mentre la accompagnavo alla sala in cui si sarebbe tenuto il prossimo consiglio del Comitato Studentesco. C'erano un sacco di carte da portare e mi aveva chiesto il favore di aiutarla. Non avevo potuto rifiutarmi e mi ero ritrovata in braccio dei pacchi di fogli senza neanche sapere bene come. Comunque decisi di non dire nulla a proposito della relazione che avevano i miei amici: niente effusioni in pubblico e nessun gesto di dolcezza da parte di Hotaru.
A pensarci era strano che fosse la ragazza quella più abbottonata dei due, ma pensare alla mia migliore amica che dispensa baci, abbracci e carezze... no, quello sarebbe stato definitivamente strano, anche se non era adatto per le storie da film di cui avevo sentito parlare da Anna. Pare che sua sorella e i suoi amici, ai loro tempi, avessero trovato un modo per sintonizzare la TV sui canali tradizionali e che avessero cominciato a guardare questi famosi telefilm. Ogni tanto, prima che lei si diplomasse, andava nella sua stanza, passava la serata tra lacrime e popcorn e poi ci raccontava tutto. Dopo che sua sorella se n'era andata, le sintonizzazioni illecite erano terminate, perché Hotaru non si era mai prestata a una cosa del genere. Sapevo che un po' tutti ce l'avevano con lei per questo, ma non potevo biasimarla per aver rifiutato di mettersi nei guai. «Insomma, se il mio ragazzo mi trattasse così lo pianterei su due piedi.»
Mi feci interessata più di prima. «Hai un fidanzato?» domandai. Lei nascose il viso dietro la sua pila di pacchi e si schiarì la voce. Che strano. «Kisaki-chan?»
«Beh... è complicato.» rispose, debolmente. «Diciamo che... la nostra non è una relazione tradizionale.» Mi chiesi che cosa potesse significare “tradizionale” in quel contesto, e sbattei le palpebre, confusa. «Cioè non è un Alice?»
Lei ridacchiò. «Intendo dire che non è... insomma, è più grande di me.» spiegò, con una vena di divertimento nella voce. «Probabilmente se ti dicessi tutto scapperesti via urlando.» «Anche Natsume è più grande di me.» osservai io, che proprio non capivo perché avrei dovuto scappare via dopo aver saputo l'identità del suo ragazzo.
«Sì, ma di quanto? Due mesi?» chiese lei, con un sospiro che mi parve sconsolato. «Ti parlo di uno... un bel po' più grande.»
Per un momento l'immagine di Narumi-sensei mi balenò in testa: era vero che Natsume lo considerava un pervertito che ci provava con le studentesse più grandi... anzi, aveva sempre avuto la fissazione che ci provasse con me, ma non credevo che lui, davvero... la sola idea mi fece rabbrividire per il disgusto. Narumi-sensei era troppo grande per noi! «D-di quanto è più vecchio?»
«Non lo so di preciso.» ammise lei, ridacchiando. «Ma non era di questo che stavamo parlando.»
«Hotaru tratta così Ruka perché gli vuole bene.» presi le parti della mia migliore amica perché la conoscevo come le mie tasche, e sapevo bene come si comportava, ormai. Kisaki-chan non poteva saperlo, perché Hotaru appariva fredda a quelli che non sapevano com'era fatta davvero. «Lo fa anche con me, ma so che lo fa per mascherare i suoi veri sentimenti. Ed è così anche per Ruka-pyon. Non credo che starebbe con lei, altrimenti, non trovi anche tu?» in più, aveva dimostrato molte volte di tenere a entrambi e io non avevo alcun dubbio in proposito.
Lei scrollò le spalle per quanto poté. «I maschi sono strani.» e suonò come la giustificazione di tutto, ma io non sapevo come ribattere a un'affermazione del genere. Dopotutto, non avevo neanche le prove per farlo, Natsume era davvero un tipo bizzarro a volte, con tutte quelle personalità diverse con cui dovevo combattere... anche se non avevo idea di cosa volesse dire “normale”, e in una scuola di Alice dubitavo che la normalità fosse di casa, ma rimasi comunque in silenzio. «Ed è strana pure lei, ma in senso buono.»
Sorrisi. «Hotaru è un genio!» e i geni erano strani per forza, dopotutto erano persone fuori dal comune.
«Beh, direi.» convenne lei. «È quasi sempre prima in tutti i test. Insieme al nostro capoclasse e a Ruka-kun.» invece io ero sempre tra gli ultimi, e questo mi fece pensare che ero l'unica nel nostro gruppo.
Arrivammo in aula poco dopo, e con mio grandissimo sollievo, anzi, delle mie braccia doloranti. Chissà a che servivano tutti quei fogli, ma non chiesi, perché non avevo idea se gli affari del Comitato Studentesco erano di dominio pubblico o meno. «Abbiamo finito?» chiesi, speranzosa.
«Prego di sì.» sbuffò lei, massaggiandosi un avambraccio, con una smorfia. «Problemi su problemi. L'anno prossimo spero che eleggano qualcun altro. Sono troppo vecchia per questo lavoro.»
«Ma hai solo diciassette anni!» le feci notare, con un sorriso. Lei non disse nulla, si buttò semplicemente su una sedia, appoggiando la testa allo schienale ed emise un lamento frustrato. «Però ti capisco, se dovessi farlo io... mi confonderei.»
Qualcuno bussò. Kisaki-chan sollevò la testa e lanciò un'occhiata perplessa alla porta. «Avanti.» brontolò, tornando nella posizione precedente.
«Kisaki-sempai?» fece una voce, prima che una testa comparisse dallo spiraglio che aveva aperto. «Sei tu?»
«No.» rispose lei, senza enfasi, e mi domandai perché mentire. «È la befana.»
La ragazzina che era entrata indossava la divisa delle medie, e sembrava essere un po' turbata. «Beh...» abbassò lo sguardo a terra, quando vide che c'ero anche io. «scusa... è sempre meglio essere sicuri.»
Pensai di presentarmi per prima. «Io sono...»
Lei sorrise. «Lo so chi sei.» mi bloccò, lasciandomi di stucco. «Sakura Mikan, sei parecchio famosa in tutta l'Accademia. Io sono Tsuruga Aki.» mi guardò con occhio critico, come se mi stesse studiando, mentre io non riuscivo a mettere insieme nemmeno due parole. Possibile che sapessero tutti chi ero? «Non sembri incinta...»
«Non lo sono.» spiegai per l'ennesima volta, mentre Kisaki-chan rideva. «E non vedo quello nuovo da quand'è arrivato.» era meglio metterlo in chiaro, prima che anche lei mi chiedesse se l'avevo visto, come tutti gli altri.
«C'è chi sostiene che tu l'abbia incatenato in camera tua.» disse lei, come se non stesse parlando di una persona imprigionata ma del tempo. «Dicono che è per questo che non si vede in giro.»
«Incatenarlo? E per farci cosa?» domandai, incredula. Insomma, non credevo di essere il tipo che appare come qualcuno a cui piace torturare la gente! Come avrei potuto incatenare il povero Yahiro-kun? Non aveva fatto niente di male, dopotutto.
La ragazzina assottigliò gli occhi e poi li rivolse a Kisaki-chan. Avevo la sensazione di starmi perdendo qualcosa. «Hai saputo chi ha scritto quelle cose sulla mia amica?» le chiese, e io realizzai che doveva trattarsi della faccenda di cui mi aveva parlato a mensa. La mia compagna di classe annuì. «E chi sono quegli imbecilli? Lo sai quanto ci è rimasta male? Adesso non vuole nemmeno uscire dalla stanza.»
«Che cos'è successo?» volli sapere, curiosa. Non avevo potuto trattenermi.
«Tre idioti.» iniziò Aki-san con astio. «Hanno scritto delle cose orribili sulla mia migliore amica proprio sul muro sotto la sua finestra. Che stronzi.»
«Ehi,» la rimproverò Kisaki-chan, con la fronte aggrottata. «modera i termini, signorina. Siamo in una scuola.»
Aki-san deglutì, ma non si scusò. «Beh, è così. Che io lo dica o no.» rispose, incrociando le braccia al petto. «Non è che verresti con me, cercando di aiutarmi a tirarla fuori dal letto? Stamattina non ha nemmeno avuto il coraggio di venire a lezione. E quelle oche delle nostre compagne, come se non bastasse, le ridevano dietro.» borbottò qualcosa che non riuscii a capire, ma dall'occhiataccia di Kisaki-chan, non dovevano essere belle parole. «Io queste cose davvero non le sopporto. Se non fossi venuta io a dirtelo, senpai, nessuno si sarebbe disturbato a preoccuparsi di questa faccenda.»
Mi chiesi cos'avrei fatto io se mi avessero preso a male parole su un muro e mi accorsi che, magari, nemmeno io mi sarei fatta vedere in giro. Per fortuna avevo delle amiche fantastiche che mi sarebbero state vicino, proprio come cercava di fare Aki-san. «Ma sì.» intervenni, con entusiasmo. «Dobbiamo consolarla!»
Lei mi rivolse un'occhiata dubbiosa. «Non so se è una buona idea andare in tanti, Yumi è una ragazza molto timida. Sarà rassicurata certamente dal fatto che il Presidente del Comitato si è personalmente interessato alla faccenda. Tutto qui.»
Io rimasi delusa, e pensare che avevo creduto che qualcuno potesse avere bisogno del mio supporto. «Capisco...» sussurrai, mogia. Kisaki-chan si avvicinò e mi mise una mano sulla spalla, nel tentativo di confortarmi.
«Non te la prendere.» mi consigliò, prima di seguire Aki-san che era già sparita oltre la porta. «Grazie per l'aiuto, Mikan. Ora è meglio se vai a studiare, non mi perdonerei mai di essere la causa di un esito negativo nei prossimi test.» quando sparì anche lei, la stanza piombò nel silenzio, e mi chiesi come tornare al dormitorio femminile, dato che non sapevo più orientarmi, con tutti i corridoi che avevamo fatto, strada per prendere la roba che avevamo portato lì compresa.
Sospirando, mi diressi verso la porta e pestai qualcosa. Quando sollevai la scarpa, notai che era una specie di braccialetto, con una lettera appesa “A”, e non poteva essere che di Aki-san, a meno che non fosse di qualcuno dei membri del Comitato. Comunque fosse, era meglio accertarsene.
Sperando che tutte e due non fossero andate molto lontano, lo raccolsi e le inseguii.
Quando imboccai un corridoio, temetti di essermi persa, ma i capelli lunghi e mossi della mia compagna di classe comparvero in fondo al corridoio un momento prima che mi disperassi.
«Kisa-chan, Aki-san!» chiamai, prima che si allontanassero troppo e rischiassi di perderle di vista. Loro si girarono quasi sorprese, e la mia amica aveva la fronte aggrottata. Io mi fermai davanti a loro, col fiatone: non ero abituata a fare attività fisica. «Ho...» boccheggiai, in cerca d'aria, così allungai il braccio, in modo tale che il braccialetto parlasse per me.
«Oh...» sussurrò Aki-san, sorpresa. Allungò un braccio ma lo fermò a mezz'aria, quasi che avesse avuto paura di toccarmi. «è... è mio.» sorrisi, incoraggiante e le presi una mano, prima di appoggiare il braccialetto sul suo palmo.
Fu allora che avvertii qualcosa di strano.
Era una sensazione mai provata prima, come se stessi risucchiando qualcosa con le mani, che sembravano essere diventate l'equivalente di una ventosa umana, eppure sotto i miei occhi niente era cambiato. Serrai la mano che non era a contatto con Aki-san e il mondo iniziò a girare, esattamente come tante altre volte nel corso degli ultimi mesi. Terrorizzata all'idea di svenire ancora, cercai di aggrapparmi a qualcosa ed ebbi la sensazione di scivolare.
Qualcuno chiamò il mio nome e mi strinse le braccia, impedendomi di cadere, e mi parve di risvegliarmi da un sogno.
«Che ti è successo?» chiese la voce preoccupata di Kisaki-chan. Aki-san mi guardava quasi spaventata, stringendosi il polso, mentre tratteneva tra le dita il suo braccialetto. «Ti senti male?»
Scossi la testa, e mi resi conto di essere seduta sul pavimento, abbracciata alla mia amica. «Sto... sto bene.» tentai di alzarmi e lei mi aiutò a stare in piedi. «Almeno credo.» sbattei le palpebre un paio di volte, per assicurarmi che niente si stesse muovendo e di essere perfettamente cosciente.
Non era mai capitato.
Kisaki-chan mi prese l'altra mano, ancora chiusa a pugno, e dal suo sguardo capii che c'era qualcosa che non andava. «Ehm...» si girò verso Aki-san, ancora un po' spaesata. «senti... io... l'accompagno in infermeria... più tardi verrò dalla tua amica, tu aspettami da lei e non muoverti dalla sua stanza, è meglio che non resti da sola, se c'è qualcuno che ce l'ha con lei. Mi raccomando.» mi rivolse uno sguardo estremamente serio e pensai che fosse davvero preoccupata per la mia salute. Poi, avvolse una mano sulla mia, stringendo più forte di quanto fosse necessario. Mi trascinò nella direzione da cui ero venuta, dato che non riuscivo a reagire in nessun modo, sebbene fossi almeno mentalmente lucida. Non appena girammo l'angolo mi lasciò andare, ma prima si guardò intorno con fare circospetto, come se stessimo facendo qualcosa di male.
Non appena le mie dita furono libere di muoversi, si rilassarono senza che io lo volessi e qualcosa tintinnò sul pavimento. La mia amica non abbassò lo sguardo, ma io seguii quella che sembrava essere... sussultai quando compresi cos'era. «Una pietra Alice...» sussurrai, incerta se recuperarla o meno.
Ci pensò la mia compagna di classe, con un gesto secco, facendomela sparire da sotto gli occhi. Non seppi dire se era più arrabbiata o più preoccupata. La pietra che teneva in mano, grossa quanto una mela, era di un blu intenso, e veniva attraversata dalla luce creando dei riflessi celesti sul pavimento. Li avrei considerati splendidi, se solo non avessi avuto la consapevolezza che quello che avevo di fronte era l'Alice di qualcuno che non me l'aveva concesso di sua spontanea volontà. Non ebbi nemmeno il coraggio di guardare Kisaki negli occhi... chissà che stava pensando di me. Probabilmente mi avrebbero cacciata dall'Alice Academy perché ero una minaccia per tutti gli studenti. «Mikan...» mi chiamò lei, rigirandosi la pietra tra le mani. «il Preside delle Superiori... lo sa?»
Io deglutii, prima di annuire. «Mi ha proposto di esercitarmi con lui, ma...» non volevo confessare di non esserci mai andata perché avevo paura di combinare guai, di non essere in grado di restituirgli il suo Alice e che, a causa di questo, lui mi avrebbe fatto rinchiudere in quelle prigioni di cui mi aveva parlato Hotaru, così non aggiunsi altro, non sapendo come giustificarmi.
«Beh, questo è un problema.» osservò, con un sospiro. «Dobbiamo trovare il modo di restituirle l'Alice prima che si accorga che non ne ha più uno e senza che si renda conto di quello che stai per fare.»
Alzai lo sguardo, senza capire. «Ma io non ne sarei capace...» mugugnai, ben sapendo che avrei peggiorato la situazione se solo avessi provato ad essere discreta. Purtroppo, non rientrava nelle mie abilità.
«Beh, se non ci riesci, tutta la scuola lo saprà.» mi mise la pietra Alice sotto il naso, come a voler sottolineare anche fisicamente il concetto. Mi si chiuse la gola per la paura. «E non mi pare che sia una buona idea. Tutti gli studenti saranno spaventati a morte quando sapranno quello che sai fare. Credo che sia meglio che tu eviti di farglielo sapere, non credi?»
Già... tutti gli studenti mi avrebbero evitata come la peste... ma... «Tu non hai paura di quello che posso fare?» domandai, stupita e, quasi, consolata dalla prospettiva che almeno una delle mie amiche non mi avrebbe abbandonata.
«Mikan, io sono nelle Abilità Pericolose da quando sono arrivata qui.» mi ricordò, e mi accorsi che aveva ragione. «Ho visto cose ben peggiori di persone che estraggono pietre Alice da altri inavvertitamente, credimi. Nessuno sa cosa sa fare il mio Alice e,» aggiunse, guardandomi quasi con rimprovero. «preferirei che le cose rimanessero così. Non credere che non sappia cosa voglia dire dover nascondere qualcosa. Capisco perché non hai detto niente, ma ti prego.» mi rimise in mano il corpo del mio reato, che rimasi a fissare per un po', prima di essere in grado di distogliere lo sguardo. «ti prego di partecipare alle lezioni che il Preside intende darti, okay?»
Io annuii, sperando che niente di tutto ciò che temevo si sarebbe realizzato. «Cosa credi che succederà se non riesco a... restituire l'Alice ad Aki-san?» mandai giù la saliva più per forza di volontà, dato il nodo che mi aveva stretto la gola.
Kisaki-chan mi mise una mano sulla spalla, ma dalla sua espressione non ricevetti una buona sensazione. «Spero che non lo sapremo mai.»

Aki-san non si era presentata a cena, e scoccai un'occhiata in direzione del tavolo del Comitato Studentesco, ma la Presidentessa non stava ricambiando lo sguardo, così cercai di tranquillizzarmi, finché qualcuno mi toccò e sobbalzai, spaventata.
«Ehi,» era la voce di Hotaru, e mi sentii rassicurata per un attimo, pensando che avrei potuto raccontarle tutto. «sembri seduta su degli spilli, si può sapere che ti è successo oggi? Di solito sei una gran chiacchierona, a cena.» ma se poi avesse dovuto scappare lontano da me? Hotaru era orgogliosissima del suo Alice, non ne faceva un mistero, e le sue invenzioni erano la cosa più importante del mondo. Come avrebbe reagito se avesse saputo che avrei potuto rubarle il suo potere? Insomma... anche farlo senza volerlo era un grosso pericolo, forse anche più grosso della possibilità che fosse intenzionale. Un potere incontrollato era peggio di una bomba inesplosa. Il Preside aveva detto che il dottore sapeva, ma non riuscivo a ricordare se conoscesse tutti i dettagli del mio nuovo Alice e, in ogni caso, non avevo idea di quanto avesse potuto dire a Hotaru.
«Ho avuto un pomeriggio difficile.» ammisi, però, e Ruka-pyon si fece improvvisamente comprensivo, il che mi fece sentire anche peggio. «Preferirei non parlarne.»
«Che hai combinato, stavolta?» mi domandò la mia migliore amica, gettando una dubbiosa occhiata ai suoi onigiri. «Jinno ti ha spedita a pulire i condotti fognari?»
Sorrisi nervosamente alla prospettiva. «No...» e sperai sinceramente che non gli venisse mai un'idea tanto disgustosa. «Ma... credo di aver combinato un pasticcio.»
«Io l'avevo detto a Prez di non portarsi dietro una sbadata come te.» fu il suo commento, mentre prendeva a morsi una delle sue palline di riso. «Scommetto che hai perso dei fogli importanti, o che l'hai distolta dal suo lavoro.»
Deglutii: l'avevo distolta eccome dal suo lavoro. «Qualcosa del genere...» ammisi, appoggiando la testa sul tavolo. Come potevo restituire l'Alice a quella ragazza se nemmeno la vedevo a mensa? E come potevo fare se non sapevo nemmeno da dove cominciare? Emisi un sospiro frustrato, e il bello era che non c'era nessuno che potesse aiutarmi, perché in tutta l'Accademia non esisteva un Alice uguale al mio. Era successa la stessa cosa per quello dell'Annullamento, ma almeno non era dannoso per gli altri...
«Ne ero certa.» concluse lei poi, allungando distrattamente qualche chicco al coniglietto del suo ragazzo che emise uno strano suono di apprezzamento.
«Sono certo che non l'hai fatto apposta, Mikan, qualunque cosa sia successa.» cercò di rassicurarmi Ruka-pyon ma io non riuscii a rispondere, con la gola di nuovo chiusa dal magone che rischiava di soffocarmi.
«Questo non evita di renderla una pasticciona.» continuò Hotaru, tornando a rivolgere l'attenzione alla sua cena, ma poi fece un sorriso sottile, nella mia direzione. «Ma, a quel punto, non ci sarebbe più niente di divertente, immagino.»
Mi limitai a scuotere le spalle, in risposta, prima che qualcuno mi picchiettasse una spalla. Improvvisamente mi si fermò il respiro, pensando che Aki-san fosse tornata a reclamare il suo Alice e che mi avrebbe accusata davanti a tutta la mensa, invece quando mi voltai c'era Kisaki-chan, ma non mi sentii affatto sollevata. «Il Preside vuole vederci.»
«Oh, mamma...» mugolai, aggrappandomi al suo braccio in cerca di conforto. Non era una gran bella notizia: non solo non avevo accettato il suo aiuto, ma avevo anche combinato un guaio gigantesco, e avevo paura che non sarebbe stato comprensivo come l'ultima volta.
Questo era un bel problema.

*****

Dunque, eccoci arrivati alla fine di capitolo 23, tanto per ricordarvelo, visto che sicuramente – dato il tempo passato – nessuno se lo ricorda, il capitolo si conclude con la stessa battuta di Natsume in capitolo 22.
Entrambi i piccioncini sono nei pasticci! *Mwhahahahahahahaha*
In ogni caso mi pare – ad un'occhiata alla scaletta – di aver gestito i capitoli in modo ignobile, quindi qualcosa potrebbe slittare di un po', tipo l'incontro tra i due, avevo deciso che (e l'avevo pure scritto) sarebbe stato dal punto di vista di Natsume, ma non si può più fare, ci sarà solo un assaggino e solo perché avete aspettato tanto XD, il resto si rimanda al 25, può farlo Mikan, e forse è pure meglio.
Adesso mi dileguo, aspettando di trovare una data – e un po' di tempo per scrivere – per pubblicare il prossimo :)
A – non tanto – presto :)

  
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