Rescuers
~
{ that’s the thing about children }
Al signor Gold non capitava spesso di
ricevere visite.
Anni interminabili
erano trascorsi dal suo arrivo a Storybrooke, nel
Maine, e ogni giorno e ogni notte si erano succeduti esattamente identici a quelli
che erano venuti prima e a quelli che sarebbero venuti dopo. Non una sorpresa,
non un avvenimento degno di nota. Il signor Gold aveva imparato a vivere in una
casa enorme e silenziosa e a trascorrere il suo tempo eterno in un negozio dei
pegni vuoto, affollato di cose che nessuno veniva mai a reclamare, di vecchi
ricordi che nessuno voleva indietro. Forse, in cuor suo, aveva sempre solamente
aspettato.
Ma un giorno i
campanelli suonarono, la porta si aprì e non ne entrò né un affittuario latore
di una rata trascinata fino all’ultimo minuto né un possibile cliente annoiato
alla ricerca della distrazione di un articolo d’antiquariato.
Sulla soglia c’era un
bambino. Aveva le guance rosse come se avesse corso e gli occhi gonfi come se
avesse pianto.
Il signor Gold, levato
lo sguardo dai registri, lo vide e quasi sussultò.
Il bambino restò
immobile al suo posto a fissarlo, ignaro delle immagini che la sua comparsa
aveva liberato nella mente dell’uomo – su quella porta c’era un altro ragazzo che lo guardava con altri occhi troppo stanchi per piangere
e che era circondato da onde alte e verdi e che anche senza muovere un passo
sarebbe stato capace di ucciderlo lì e subito – poi Gold batté le palpebre, la
morsa che gli aveva stretto il cuore si allentò e il tempo tornò a essere una
distesa immota e incolore.
Fu lui il primo a
riprendersi, costruendo un sorriso gentile e chiamando in aiuto una voce appena
un po’ arrochita.
«Buon pomeriggio. Hai
bisogno di qualcosa?»
Il bambino s’irrigidì
sensibilmente alle sue parole, ma non indietreggiò. Forse ciò da cui era appena
scappato non gli faceva meno paura di quell’uomo che per un attimo l’aveva
guardato da lontano come si guarda un fantasma.
Non rispose, ma si
concentrò di colpo sul pavimento e quel gesto esprimeva a chiare lettere tutte
le cose che avevano guidato i suoi passi fin lì, alla porta più vicina o magari
a quella più lontana. Al signor Gold, che vedeva e sapeva, il cuore si strinse
ancora un po’. Fu una sorpresa scoprire di poter provare un dolore così familiare per qualcuno che non fosse se
stesso o che non fosse il ragazzo con gli occhi stanchi.
Abbandonò i registri
aperti sul banco, impugnò il bastone e zoppicò lentamente lungo il perimetro
del locale, fino a raggiungere una scaffalatura vuota che attendeva di essere
riempita del contenuto di uno scatolone posato sulla mensola più bassa.
«Stavo per catalogare
delle cose. Ti va di darmi una mano?»
Il bambino alzò il
capo di scatto e nei suoi occhi c’era un no
terrorizzato – non da lui; piuttosto dall’essere entrato, dall’essersi lasciato
alle spalle qualcuno che sicuramente lo stava cercando e che non era affatto
felice di doverlo cercare. Ma quegli stessi occhi avevano appena scorto il
primo degli oggetti che il signor Gold si era chinato a tirar fuori dalla
scatola, e il terrore già si venava di una punta di interesse, fino ad essere
del tutto spinto via da una crescente curiosità.
Era pur sempre un
bambino, dopotutto.
Il signor Gold sorrise
di nuovo, inclinando la preziosa lampada ad olio in favore dei raggi del sole
che piovevano dalla vetrina affacciata in strada. «È molto bella, vero? Si
raccontano cose interessanti su questo genere di lampade. Qualcuno sostiene
persino che siano in grado di esaudire i desideri.»
La sistemò su un
ripiano più in alto, quindi avvicinò a sé uno sgabello e si sedette più vicino
alla scatola, mettendo da parte il bastone per potervi affondare entrambe le
braccia. Con la coda dell’occhio vide che il bambino si era ritratto
impercettibilmente dalla porta, avvicinandosi a lui di un solo piccolo passo.
Finse di non essersene accorto.
«Questo, invece»
soggiunse, sollevando un uncino d’argento, «viene da molto lontano, da un paese
molto al di là del mare. Ti piacciono le storie sui pirati?»
Non attese risposta e
cominciò a raccontare. Ed erano così tanti anni che non parlava di niente che un po’ si stupì che le parole
affiorassero così volentieri alle labbra, che quelle avventure più antiche del
mondo – di questo mondo – riempissero di vita l’aria del suo negozio troppo
vuoto e troppo affollato. Continuò a parlare mentre lucidava l’uncino con un
lembo della sua giacca, fingendo ancora di ignorare la presenza sempre più
curiosa del bambino che aveva mosso un altro passo, solo un altro, proprio
verso di lui.
Il terzo oggetto era
un comune berretto a punta intessuto in una stoffa ruvida, stelle dorate su
sfondo blu. Anche questo aveva una sua storia, anche questo riuscì a sciogliere
la lingua e i pensieri e le sensazioni dell’uomo e a catturare l’attenzione del
bambino che si avvicinò ancora, questa volta di due passi, due brevissimi
passi.
Il signor Gold si
rendeva conto appena di ciò che stava succedendo. Non aveva premeditato nulla,
si era semplicemente seduto a cercare di asciugare pian piano la tristezza dal
visetto di un ragazzino che aveva appena conosciuto – sebbene, oh, lo
conoscesse da sempre – e che non gli aveva neppure rivolto la parola. Non si
era reso subito conto di stare aiutando soprattutto se stesso, perché per una
volta – no, per la prima volta da
tutto quel tempo interminabile si ritrovava a condividere qualcosa con
qualcuno. Gli oggetti sugli scaffali si susseguivano uno dopo l’altro: una
scarpetta di vetro, una vecchia pipa, un orologio a cucù, una scacchiera, un
arco di legno rigido, una bussola. A ciascuno di essi un racconto, a ogni
racconto un colore in più nel mondo di silenzio che li circondava, a ogni
colore qualche passo del bambino che alla fine gli fu abbastanza vicino da
sfiorarlo.
Lo fece.
Il signor Gold si
voltò e si ritrovò a guardare negli occhi puliti di una personcina che aveva
superato qualunque paura per accostarsi a lui e chiedergli in silenzio perché
piangesse.
Sorrise ancora una
volta. «Ti prego di perdonarmi. C’è molta polvere in questo posto.»
Il bambino annuì.
Sempre in silenzio, tornò a studiare con lui i tanti piccoli pezzi di vita che
senza immaginarlo, forse senza volerlo, avevano condiviso.
Solo molto più tardi,
quando lo guardò andare via col sorrisetto incerto di chi ha trovato un bel
posto e intende tornarci, al signor Gold venne in mente che, se Henry Mills era riuscito senza una parola a portare un po’ di
speranza a lui, anche lui con la stessa discrezione avrebbe potuto portare un
po’ di speranza a Henry Mills.
Zoppicò verso il retro
del negozio, in cerca di carta e inchiostro. Si ritrovò a chiudere per un
attimo gli occhi, e questa volta non vide la stanchezza in quelli del ragazzo.
Gli sembrò di aver finalmente ricominciato a vivere.
Al signor Gold non
capitava spesso di ricevere visite. Fu quella di Henry Mills
a ricordargli di essere ancora un uomo.
Spazio dell’autrice
Il prompt ‘rarità’ suggeritomi da Ilovewrite
poteva essere sviluppato davvero in molti modi, ma, non so perché, una volta
superato il blocco d’ispirazione il mio primo pensiero è andato alla solitudine
di Mr. Gold. Ho la quasi totale sicurezza che nessuno a Storybrooke
– specie durante quei ventotto anni di attesa – si sia presentato mai al
negozio dei pegni, se non forse per consegnargli qualche rata d’affitto. Quindi,
mi sono detta, una cosa rara potrebbe essere un incontro a tu per tu con Henry
che lo convinca del suo non essere
impotente, di poter ancora influenzare il futuro dal momento che il passato non
vuole lasciarlo in pace.
Questa shot vuole essere una sorta di prequel di un’altra mia storia.
Quando scrissi Es War Einmal
ero fortemente convinta che Gold ricordasse tutto già prima dell’arrivo di Emma a Storybrooke.
Ora ho dei dubbi, perché sembra che gli autori abbiano dichiarato che invece è
stato proprio il nome di Emma a fargli tornare la memoria. Beh, non so ancora
come stiano davvero le cose, ma sinceramente non penso che uno stregone della
portata di Rumpelstiltskin si sia lasciato sopraffare
dalle ripicche personali di Regina – e sì, sono ancora dell’idea che potrebbe
essere stato lui a rilegare il libro che Mary Margaret ha successivamente
regalato a Henry.
L’avvicinamento
tra Henry e Gold in questa nuova shot vuole infatti
ruotare attorno all’ipotesi che Gold abbia deciso di spingere Henry verso Emma
dopo che il ragazzino si dimostra essere l’unica presenza ‘amica’, l’unico suo
contatto con la vita in un mondo in cui Rumpel, dopo Bae e dopo Belle, è più solo che mai. Probabilmente (se la
mia teoria sul suo ricordare tutto è vera) era sua intenzione fin dall’inizio,
ossia da quando ha procurato l’adozione a Regina, ma mi piaceva pensare che
Henry potesse essere un accenno di riscatto ai suoi sempiterni sensi di colpa.
Il titolo si riferisce al fatto che in un certo senso i due si stanno
‘salvando’ a vicenda, mentre il sottotitolo è tratto dal discorso di Gold a
Emma nell’1x08.
Gli
oggetti che ho citato provengono più o meno esplicitamente dai classici Disney Aladdin, Peter Pan, Fantasia, Cenerentola, La sirenetta, Pinocchio, Alice nel Paese delle Meraviglie, Robin Hood e Pocahontas. I primi tre (la lampada, l’uncino e il berretto a
punta) si trovano di sicuro nel negozio dei pegni di Gold, gli altri
considerateli mie licenze poetiche.
Aya ~