UNA MAGICA
NOTTE STELLATA
-Esco anch'io! – esclamò allora Sabrina, la rabbia che le ribolliva dentro.
La signora Mancini guardò i due posti vuoti sospirando.
La situazione era insostenibile: non poteva rimproverare Alessandro sia perché
era un ospite, sia perché non poteva farlo, e non poteva neanche biasimare sua
figlia, perché aveva pienamente ragione. Avrebbe tanto voluto capire come i due
giovani si fossero conosciuti per aiutare sua figlia a tornare spensierata come
lo era prima, ma anche con lei aveva eretto un solido muro.
Anche Valentina era preoccupata per quello che stava accadendo e ne aveva
parlato con lei per trovare una soluzione, ma se i due ragazzi non
collaboravano, era tutto inutile.
-A cosa pensi? – le chiese suo marito, che in realtà aveva i suoi stessi
pensieri.
-A Sabrina ed Alessandro. Mi preoccupano, i loro rapporti peggiorano di giorno
in giorno. Mi chiedo se abbiamo fatto bene a…
-… a ospitarlo in casa nostra?… Maria, cosa dici? E proprio tu poi? Era…
nostro… tuo… dovere. Non potevamo rifiutare. L’abbiamo promesso…!
-Hai ragione. Comunque anche Valentina e tutti gli altri sono preoccupati. Se
solo trovassimo il modo per…
Il telefono squillò e il signor Mancini andò a rispondere. Restò circa dieci
minuti al telefono e quando tornò in cucina il suo volto preoccupato aveva
lasciato spazio ad un sorriso.
–Cara, abbiamo risolto il problema.
-Cosa? Dobbiamo restare da soli per tre giorni?!- esclamarono all’unisono
Sabrina e Alessandro, visibilmente disgustati all’idea –Ma perché?
-Perché- spiegò il signor Mancini –io e Maria siamo stati invitati da alcuni
amici a trascorrere tre giorni in campagna per la notte di San Lorenzo e non
abbiamo potuto rifiutare.
-Ma non potrei venire con voi?- chiese Sabrina in tono supplichevole –Dopotutto
sono vostra figlia!
-Non dire sciocchezze!- controbatté la madre –Alessandro è un nostro ospite,
non possiamo lasciarlo completamente solo!
-Ma per me non ci sarebbero problemi…
-Senza contare che per tre giorni il mondo non casca!- continuò la donna,
ignorando la protesta del ragazzo –Quindi siamo d’accordo. Noi partiremo
domattina. Ok?
-Si- risposero ambedue, anche se più che una domanda era sembrato un ordine. Si
guardarono disperati: come avrebbero fatto per tre lunghissimi giorni a
sopportarsi a vicenda? Si consolarono pensando che almeno avrebbero potuto
cercare di stare fuori casa il più a lungo possibile.
Tanto, pensò Sabrina, c’erano Valentina e la “summer band”…
-Devi… devi andare in vacanza con i tuoi!!!- aveva urlato Sabrina quasi sul
punto di scoppiare in lacrime, quando Valentina le aveva raccontato che anche i
suoi genitori, come tutti gli anni, avevano deciso di andare dai nonni in
campagna per godersi le stelle lontano dalle luci della città.
-Come ogni anno, te ne eri dimenticata?
-E’ vero!- aveva piagnucolato quando si era ricordata la verità –E io che avevo
sperato di passare il tempo con te!
-Non preoccuparti, Sabrina tanto ci sono gli altri della “summer band”!- aveva
cercato di consolarla Valentina.
“Ma non è la stessa cosa senza di te!” stava pensando in quel momento Sabrina,
mentre osservava il cielo, seduta in cortile sulla sedia sdraio preferita di
suo padre, cercando di intravedere qualche stella cadente per esprimere un
desiderio, magari quello che Alessandro se ne andasse il più presto possibile.
Era il secondo giorno che i suoi genitori erano partiti e la tristezza
cominciava a farsi sentire. Senza Valentina non era la stessa cosa e lei lo
sapeva: benché gli altri avessero cercato di tirarle su il morale, non ci erano
riusciti.
Le estati precedenti era stato diverso: non aveva avuto un ragazzo con gli
occhi di ghiaccio che non sapeva ringraziare e che la trattava male, né i suoi
genitori erano partiti per una vacanza. Si sentiva sola, nonostante sentisse
che i suoi amici le volevano bene. Ma non le bastava, sentiva che mancava
qualcosa nella sua vita e ora più che mai riusciva a percepirlo, anche se non
capiva cosa fosse.
–Ma perché Alessandro è così? Se fosse stato un altro…- bisbigliò a se stessa,
mentre una stella cadeva dal cielo, ma Sabrina era talmente presa nei suoi
pensieri e ormai nel dormiveglia che non se ne accorse.
Quando aprì gli occhi Sabrina si accorse di essersi addormentata sulla sedia
sdraio e che aveva passato la notte all’aperto. Si alzò infreddolita e corse in
casa a prepararsi una buona tazza di latte caldo. Sentì i passi di Alessandro
giù per le scale ma non si scompose: da quando i suoi erano partiti, non si
erano mai rivolti la parola e quella volta non fece eccezione.
Alessandro terminò la sua colazione e senza dire una parola uscì.
Sabrina terminò la sua colazione, si cambiò e uscì anche lei per raggiungere
gli altri con la tristezza nel cuore.
-Coraggio Sabrina, sta allegra! Oggi è l’ultimo giorno! E poi ci siamo noi no?-
cercò di consolarla Paola.
-Già- rispose soprappensiero.
Si sentiva stanca, la testa le scoppiava e perciò decise di tornare a casa e
starsene un po’ da sola. Non salutò nessuno, convinta che non si sarebbero
accorti della sua assenza. E invece, quando ormai si era allontanata di qualche
metro si sentì chiamare. Era Michele.
-Sabrina dove vai?- chiese.
-Torno a casa. Oggi mi sento poco bene e non riesco a divertirmi.
Michele la guardò negli occhi e la scoprì mortalmente pallida e triste, come
mai l’aveva vista.
–Posso accompagnarti a casa? Sei pallida, non mi piaci proprio!
-Sei gentile, ma preferisco andarci da sola.
-Sei sicura?- chiese preoccupato.
-Certo, va pure a divertirti con gli altri!
-Come vuoi!- disse allontanandosi poco convinto. Sabrina lo vide allontanarsi e
sorrise. Michele era sempre lo stesso. Voleva bene a tutti, era gentile,
simpatico e spiritoso. Beata la donna che l’avrebbe sposato.
S’incamminò verso casa lentamente mentre la sua mente vagava lontano. Era
talmente assorta che non si era neanche accorta che le bianche e leggere nubi
che fin dalla mattina avevano coperto il cielo, si erano trasformato in
minacciosi nuvoloni scuri. Il vento aumentò d’intensità e i tuoni si fecero
sempre più forti.
Sabrina si destò dai suoi pensieri solo quando le prime gocce iniziarono a
bagnarle il volto. Alzò gli occhi al cielo e si accorse dell’imminente
temporale. Iniziò allora a correre disperatamente verso casa con i vestiti
inzuppati d’acqua, mentre la pioggia aumentava sempre più d’intensità.
Giunse a casa ormai fradicia. Aprì velocemente la porta e solo quando si trovò
al caldo in casa, potè tirare un sospiro di sollievo. Si sentiva stanca e
infreddolita e sentiva una grande voglia di addormentarsi.
“Sarà meglio che salga in camera” pensò e s’incamminò attraverso il soggiorno
barcollando e con fatica iniziò a salire i primi gradini che portavano al
secondo piano. Ma la scala sembrò non finire mai e Sabrina sentiva che non
aveva più energie. Le forze la stavano lentamente abbandonando e tutt’a un
tratto non vide più niente davanti a lei, solo il buio.
Era da tanto tempo che non lo sognava e le faceva uno strano effetto rivederlo,
rivedere quella spiaggia, quella luna, quel ragazzo dopo tanti giorni in cui
non aveva fatto altro che pensare alle parole di Alessandro.
Era qualcosa di magico, d’irreale rivederlo. E lo chiamava, lo chiamava con il
cuore in gola, cercava di fermarlo, di chiedergli chi fosse.
–Aiutalo- ripeteva la voce –Aiutalo, ha bisogno di te!- Chi sei? Continuava a
chiedere, senza ricevere una risposta. Eppure c’era qualcosa di diverso in quel
sogno. Qualcuno la chiamava… una voce che lei conosceva… che conosceva bene… e
se fosse stata la sua?
Aprì gli occhi lentamente ancora intontita. Si guardò intorno apatica, come se
non sapesse dove fosse. D’un tratto incrociò due occhi che la guardavano
sorridenti
–Alessandro!- esclamò con voce flebile.
Alessandro le sorrise e lei notò che era molto più carino quando sorrideva
–Ben svegliata!- disse –Mi stavi facendo preoccupare. Non facevi altro che
urlare “non te ne andare”. Hai fatto un brutto sogno?
Sabrina arrossì leggermente. Già, anche sua madre le aveva più volte chiesto se
avesse fatto un brutto sogno e cosa significassero quelle parole. Ma lei non
poteva raccontare quel sogno a nessuno, era parte di lei, così annuiva
mentendo. E così fece anche quella volta.
D’improvviso si rese conto che era nella sua stanza. Guardò Alessandro con tono
interrogativo sedendosi al letto.
–Ma cosa ci faccio qui? Io ero… ero… dov’ero?
Alessandro sorrise –Ero in spiaggia quando ha iniziato a piovere e così ho
deciso di tornare a casa. Quando ho aperto la porta ti ho visto svenuta per le
scale. Accidenti mi hai fatto prendere un bello spavento! I tuoi vestiti sono
là, erano completamente fradici.
-I miei vestiti?- chiese arrossendo violentemente. -Ma…
-Calma calma! Nell’armadio ho trovato quella vestaglia- disse indicandola. Lei
abbassò lo sguardo e notò che aveva la vestaglia che usava la sera quando
andava a letto –Non potevo lasciarti tutta fradicia, no? E in ogni caso… avevi…
hai il costume…!
Sabrina sorrise e notò che anche lui era arrossito. Improvvisamente vide la
stanza girare velocemente e cadde all’indietro. Alessandro le toccò la fronte e
le aggiustò le coperte.
–Stai tranquilla per un po’, non ti ho detto che hai qualche linea di febbre.
Tu devi essere completamente impazzita: prima ti stai tutta la notte
all’aperto, poi te ne vai in giro sotto la pioggia!
-Non sono pazza!- cercò di controbattere con voce flebile. Non voleva litigare
dato che non aveva forze, né tanto meno voglia: il comportamento di Alessandro
l’aveva talmente colpita da lasciarla senza parole.
-Vado a prenderti qualcosa da mangiare, avrai fame- disse e uscì dalla stanza
senza darle neanche il tempo per rispondere.
Sabrina aveva voglia di pensare, di capire ma sentiva la testa pesante.
Lentamente sentì che anche le forze che aveva recuperato, la stavano
abbandonando trasportandola nuovamente nel mondo dei sogni.
Quando Alessandro aprì la porta trovò Sabrina nuovamente addormentata. Appoggiò
il vassoio sulla scrivania e si sedette accanto a lei per osservarla.
Guardò il suo viso addormentato e le accarezzò i morbidi capelli castani.
Chiuse gli occhi e ripensò al colloquio che aveva avuto con Michele.
Quando aveva detto a Sabrina che era tornato a casa mentre iniziava a piovere,
aveva mentito. In realtà erano stati gli altri della “summer band” a
costringerlo a tornare a casa pieno di pensieri.
L’avevano fermato sulla spiaggia, accerchiandolo, in modo che non potesse
scappare. In fondo era stato meglio che Sabrina era andata a casa, così loro
avrebbero potuto parlare con Alessandro e costringerlo a cambiare comportamento
nei suoi confronti: era evidente che quella situazione la faceva star male.
Nessuno di loro voleva vedere Sabrina soffrire. Soffriva già troppo per Michele
e bastava quello oltre a quella famosa faccenda che nessuno, soprattutto lei,
avrebbe mai dimenticato.
A nessun membro della “summer band” era ignoto che a Sabrina piacesse Michele,
tranne, naturalmente, al diretto interessato. Benché Sabrina lo amasse dal
profondo del cuore non aveva mai provato gelosia nei confronti delle ragazze
con cui era stato, anzi quando Michele aveva deciso di lasciare Marika per
mettersi con Valeria, lei aveva cercato in tutti i modi di salvare la loro
storia, offrendosi persino di andare a parlare con lui. Era questa la qualità
che amavano in lei.
“Amare vuol dire voler bene a qualcuno e non esserne gelosi. Se io gli voglio
bene veramente, non devo provare gelosia, ma essere felice se lui lo è.
Oltretutto chi sono io per provare gelosia? Lui mica mi ama! Amare è
condividere la felicità dell’altro. Questo è amore” diceva sempre Sabrina
quando le chiedevano perché continuasse ad amare Michele nonostante tutto.
Così quando avevano visto Alessandro che camminava sulla spiaggia, avevano
capito di aver trovato il momento giusto per parlargli.
-Che volete?- aveva chiesto in modo scontroso.
-Parlarti.- aveva risposto serio Michele –Parlarti di Sabrina.
-Io non ho nulla da dirvi soprattutto su di lei! E ora lasciatemi andare!
-No!- aveva controbattuto Gaetano, prendendolo per la maglia, cosa che faceva
sempre quando perdeva le staffe, cosa che in realtà accadeva fortunatamente,
molto di rado –Siamo stufi, hai capito, stufi! Ti odiamo, ti odia Sabrina, ti
odiano i suoi genitori, ti odiamo tutti! Per colpa tua Sabrina è cambiata, è
sempre pallida e triste e arrabbiata. Cosa le hai fatto?
-Pallida e triste? Ma se con me non fa altro che urlare!
-Ti sbagli- s’intromise Michele –tu non la conosci, è normale che parli così.
Devi sapere che Sabrina, nonostante sia sempre una ragazza forte, è molto
insicura e se qualcuno la critica per qualcosa, ci rimugina su, chiedendosi
sempre in cosa ha sbagliato e si cruccia perché è fatta così. Ha paura di
sbagliare, anche nelle cose più semplici. Ti preghiamo, t’imploriamo, falle le
tue scuse se le hai fatto qualcosa o ritira quello che le hai detto, o si
ammalerà a furia di pensarci! Non abbiamo altro da dirti- aveva terminato e il
gruppo in poco tempo si era diradato e dopo pochi secondi era rimasto solo con
i suoi pensieri.
Ma perché Sabrina era così amata da tutti i suoi amici? Cosa aveva di speciale
per renderla tanto unica? Quasi senza accorgersene aveva iniziato a camminare
verso casa curioso di scoprire cosa rendesse magica quella ragazza. Quando
aveva aperto la porta il temporale si era già scatenato violentissimo. Era
ancora scosso quando entrato in casa, si era guardato in giro cercandola. Ma
poi l’aveva vista, là svenuta per le scale che conducevano al secondo piano.
–Sabrina!- aveva urlato precipitandosi a soccorrerla. Per un attimo una paura
fole si era impadronita di lui. No, non di nuovo! Tutto ma non quello! Le aveva
toccato la fronte, l’aveva sentita bollente e si era accorto immediatamente che
era fradicia. L’aveva presa fra le braccia e l’aveva condotta nella sua stanza.
Non senza imbarazzo le aveva tolto gli abiti fradici e l’aveva coperta con una
vestaglia che le aveva visto spesso indossare.
Restò a guardarla mentre dormiva e solo allora per la prima volta si rese conto
che Sabrina era carina. La sua pelle era rosea e i capelli sembravano
cioccolata. I lineamenti erano dolci, come non li aveva mai visti. La scoprì…
diversa e iniziò a chiedersi come mai una ragazza così carina, simpatica e
amata da tutti potesse avere poca fiducia in se stessa.
Aveva avuto ragione Michele quando gli aveva detto che lui non la conosceva per
niente. Quella era stata la prima volta in due settimane che avevano avuto una
conversazione normale e forse era colpa sua. Non era questione di
quell’incidente. Era così e basta.
Quella mattina Sabrina si svegliò che era appena l’alba. Si toccò la fronte
convinta di aver sognato tutto e si guardò in giro. Rimase molto sorpresa
quando vide Alessandro su una sedia accanto a lei appisolato. Sorrise, contenta
di non aver sognato tutto e decise di alzarsi, poiché sentiva che le forze le
erano tornate.
Guardò ancora una volta Alessandro chiedendosi se a mente più lucida avrebbe
potuto indovinare la causa del cambiamento del ragazzo. Il suo sguardo cadde
sulla sedia su cui aveva appoggiato i suoi indumenti bagnati e arrossì prima di
decidersi a scendere dabbasso.
Giunse in cucina e, con la mente ancora rivolta verso Alessandro, aprì la
portafinestra che dava sul giardino pieno di pini e aranceti respirando a pieni
polmoni l’aria fresca dell’aurora. Gli alberi ricoperti da una leggera brina
luccicavano a quel leggero chiarore, creando intorno a lei un’atmosfera magica.
Sabrina guardò quel cielo estasiata e lentamente girò lo sguardo fino ad
incrociare la sfera rossa solare nascente dall’acqua del mare, colorandolo di
soffici tonalità fra il giallo e il rosa pallido.
Rimase a fissare quello spettacolo che ormai conosceva a memoria, ma che ogni
volta le dava la stessa, magica sensazione.
-Cosa ci fai qui fuori?- sentì una voce chiederle alle spalle.
Si voltò di scatto e sorrise –Alessandro! Mi hai spaventata!
-Scusami non volevo, ma ti conviene rientrare se non vuoi riammalarti!
-Non preoccuparti ora sto bene. Piuttosto… - abbassò lo sguardo e giocherellò
con le dita prima di dire –ieri non ho avuto modo di ringraziarti per quello
che hai fatto per me. Sei stato davvero molto gentile.
-Non devi ringraziarmi, ho fatto solo il mio dovere. E poi….
-E poi…?
-Poi… dovevo farmi perdonare per come ti ho trattato quella mattina… sono stato
scortese nei tuoi confronti… scusami.
Sabrina non seppe cosa dire, non ancora abituata al cambiamento di Alessandro.
–Non devi scusarti- disse infine –è stata colpa mia… non mi dovevo immischiare
nella tua privacy. Il problema è che sono troppo curiosa! Cosa posso farci?
Sono fatta così!- esclamò sorridente –Ma…- continuò mentre i suoi occhi
luccivano maliziosi –giusto che siamo in tema… non è che puoi dirmi cosa facevi
là a quell’ora?
Alessandro la guardò e scoppiò a ridere così forte che gli vennero le lacrime
agli occhi. Ma quelle lacrime non erano, come invece credeva Sabrina, lacrime
derivanti da una risata esagerata, ma era qualcosa di più.
Stava ridendo! Ridendo come non faceva da tempo. Proprio lui che aveva giurato
che non avrebbe mai più riso e che non avrebbe mai più stretto amicizia con
qualcuno rischiando di perderla! Cominciava proprio a capire cosa rendesse
quella ragazza tanto speciale.
Sentirono il motore di un’auto avvicinarsi e dopo poco tempo videro una Tipo
posteggiare davanti al cancello. La portella si aprì e Sabrina vide sua madre
uscire e andarle incontro.
-E allora?- chiese la signora Mancini quando vide i due ragazzi insieme –Come
sono andati questi tre giorni?
-Divinamente!- rispose Sabrina incrociando lo sguardo del ragazzo.
Il volto della signora Mancini s’illuminò dalla gioia -Davvero! Oh come sono
felice! Carlo hai sentito? Come sono felice! No, non voglio saper com’è andata,
l’importante è che adesso siate amici. Su, venite dentro a festeggiare!-
esclamò precedendoli in casa.
-Ah a proposito!- sembrò ricordarsi d’un tratto la signora Mancini, facendo
sbucare la testa dalla portafinestra –Da Giulio ho incontrato Valeria, la tua
amica e ha detto che sarebbe davvero felice di rivedere te e gli altri!
Alessandro guardò Sabrina per chiederle chi fosse quella ragazza, ma non riuscì
a farle alcuna domanda. I suoi occhi avevano perso tutta la loro gioia ed era
impallidita di colpo.
Alessandro la guardò stupito e si chiese quale fosse il motivo di un tale
cambiamento.
Eh, sì, devo dire che con questo capitolo il periodo di noia è finito e inizia
la storia vera e propria! Mi scuso per aver creato capitoli così noiosi! (però
erano piccolini, vero? ^_^ Mentre questo è stato più lungo e, credo, più
divertente!). Quando creai la storia, non mi resi conto di questo squilibrio
interno! Eh sì, devo dire che pubblicarlo mi aiuta a capire meglio gli errori
commessi.
Ringrazio anticipatamente tutti coloro che leggeranno e commenteranno (o
leggeranno solo) questa mia storia. Grazie di cuore a tutti!