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Autore: RoxyDowney    24/09/2012    1 recensioni
Allison aspirante giornalista cerca la sua occasione nella grande mela ma la troverà altrove, mettendola nella condizione di dover prendere delle decisioni che cambieranno per sempre tutto ciò che la circonda. L'amore, l'amicizia e una nuova città da conoscere varranno ciò che dovrebbe lasciare a New York?
Genere: Erotico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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Per quel giorno era sicura di aver letto che non avrebbe avuto nessun incontro con il Sig. Downey, forse per impegni di lui pensò lei visto che non trovava altra valida ragione per perdere una giornata di lavoro. Ma allora, perché l’auto l’aveva accompagnata in quella grande villa anziché al suo albergo? Forse aveva un meeting con “Andrea” per definire i particolari.
Non chiese spiegazioni e seguì la persona che l’accolse alla porta, una governante immaginò, vista la tenuta. Si tolse gli occhiali da sole e si guardò intorno. Grandi spazi e moltissima luce naturale che entrava dalle grandissime portefinestre. L’accompagnò in salotto, ma non si mise a sedere perché nessuno l’aveva invitata a farlo, inoltre aver dormito per quasi tutto il viaggio, questo giocava a suo favore era molto riposata nonostante i tacchi.
-Ben arrivata sono Andrea, l’assistente personale di Mr. Downey.
Si voltò di scatto sorridendo per circostanza
-Grazie, Allison Collins.
Disse stringendo la mano dell’uomo che l’aveva appena raggiunta, lui ricambiò il sorriso, aveva circa 35/40 anni, snello di bell’aspetto, moro, occhi verdi. La invitò ad accomodarsi e sedettero entrambi, uno di fronte all’altro sui grandi divani del salotto.
-Come abbiamo anticipato Mr. Downey tiene molto a questo progetto ma onde evitare che ci siano fraintendimenti ho preferito realizzare quest’incontro prima che si inizi il lavoro.
Era la prima volta che qualcuno gestiva un’intervista in quel modo, lei era stranita, ma fece finta di essere abituata a situazioni diverse poi penso che era il caso di farsi spiegare bene di cosa si trattava, in modo da non oltrepassare limiti e rovinare tutto il progetto.
-Comprendo. Le chiedo la cortesia di aggiornarmi su tutto visto che fino a ieri ero impegnata con un'altra serie di interviste e non ho potuto seguire tutte le trattative.
Era compiaciuta di se stessa, se la stava tirando un po’, in fondo doveva dimostrare di non essere una novellina.
-Capisco. Nessun problema quest’incontro serve proprio a questo.
Sorrise il suo interlocutore
-Il progetto nasce dal desiderio di Mr. Downey di aprirsi e raccontare “direttamente” la sua vita, le sue esperienze e i suoi pensieri. E’ stanco che vengano a lui attribuite affermazioni e pensieri. Essendo un uomo molto impulsivo abbiamo chiesto che ogni dichiarazione e suo scritto prima di venir pubblicato venga vistato da me. Mr. Downey ha insistito perché questo sia un full immersion proprio perché venga colto ogni particolare del suo essere e non sia l’ennesima intervista costruita a tavolino tra giornalista e ufficio stampa.
Cosa intendeva per full immersion? Iniziava ad essere visibilmente preoccupata, ma non poteva farsi saltare i nervi, non con questo lavoro. Si limitò ad annuire di tanto in tanto, nella speranza che tutto fosse filato liscio come l’olio. Sapeva che Downey era un gran parlatore, che spesso nelle interviste andava fuori tema raccontandosi, ma questo particolare poteva solo favorire la riuscita del lavoro visto che doveva raccontare il vero Downey.
-Come ben saprà Mr. Downey aveva già in progetto una sua biografia, ma in questo momento non è quello che vuole. Sarebbe troppo impegnativa per una rubrica fissa sulla vostra rivista, così ci siamo inventati questa forma di blog che avrà sia la versione online, che la versione cartacea sulla rivista. Quando ne abbiamo illustrato il progetto a Trevor, ne era entusiasta.
-Lo eravamo tutti.
Altro jolly bruciato, ma doveva lusingarlo un po’ o era sicura che le avrebbe messo una marea di paletti da non oltrepassare. Lui sorrise
-In sintesi vogliamo che il pubblico che già ama Mr. Downey impari a conoscerlo per la persona meravigliosa che è nel privato.
Abbassò lo sguardo solo per un secondo ma Allison non poté non notarlo. Era il suo lavoro cogliere le sfumature e i particolari che a volte non venivano rivelati dalle parole.
-Questo è quanto, quando riterremo opportuno la aggiornerò su altri particolari.
C’erano dei particolari che nessuno conosceva e che lei non poteva sapere in anteprima? Guardò il suo interlocutore, era un esperto, non si sarebbe lasciato sfuggire nulla che non fosse stabilito. Così decise di non insistere e chiudere quella conversazione per andarsene in albergo, fumarsi una sigaretta e rilassarsi in vista del lavoro.
-Andrea! Non posso credere che tu non abbia offerto da bere alla signora.
Quella voce la conosceva bene. Lui era appena entrato nella stanza, con gli auricolari di un lettore multimediale nelle orecchie, degli occhiali specchiati, un cappellino con visiera e un sorriso dei suoi da fotografia ma più naturale. Le andò incontro e lei si alzò dal divano per salutarlo, nel frattempo venne accostato da Andrea che si precipitò per fare le presentazioni
-Miss Collins, Mr. Downey.
Allison sorrise, era ovvio che lei sapesse chi fosse lui e Robert ammonì il suo assistente
-Ma ti pare che io non conosca Miss Collins?!?
Risero, mentre lui le baciava la mano, anche se Allison fece finta di non curarsene sentiva quegli occhi che la stavano squadrando da capo a piedi. Lo trovò normale, in fondo lei sarebbe stata custode dei suoi segreti, doveva pur capire se si poteva fidare di lei.
-Mi chiami pure Allison.
Lui sorrise, gli piacevano le persone che non si davano troppe arie, lei doveva essere un pezzo grosso se avevano mandato lei per questo lavoro. La invitò ad accomodarsi e lui si mise a sedere su una poltrona li accanto, chiese ad Andrea di servire da bere, mentre lui stava in silenzio a guardarla con un mezzo sorriso. Si tolse gli occhiali ed accavallò le gambe
-Lei è di New York?
-Sì dalla nascita.
-Ed i suoi genitori?
Lei trovò strana quell’intervista a parti inverse, ma stette al gioco, questo poteva creare solo delle basi per i successivi quesiti in cui sarebbe stata lei a fare domande.
-Mio padre era newyorkese, mentre mia madre era italiana.
-Una mezzosangue come me.
Disse sorridendo, colse subito quel “era”, ma non lo diede a vedere alla donna, sarebbe stato molto scortese da parte sua farle affrontare un argomento tanto intimo e probabilmente doloroso. Lei ricambiò il sorriso annuendo, mentre ringraziava Andrea che portò ad entrambi una spremuta d’arancia.
-Bene, se ora vuole scusarmi
Downey si alzò dalla poltrona con uno scatto e lasciò il suo bicchiere ormai vuoto nel vassoio sul grande tavolo di cristallo. Allison si alzò di rimando, le strinse la mano e mentre glie la teneva ancora tra le sue finì la frase
-Vado a fare una doccia, le hanno già mostrato la casa? E la sua stanza?
Allison aveva intuito che era appena rientrato da una corsa, pensò di recuperare subito la macchina fotografica per fare qualche foto alla casa, già quella era un grande scoop, ma poi rimase un po’ bloccata all’ultima affermazione dell’uomo. Nessuno le aveva detto che avrebbe dovuto alloggiare li. Downey vedendo la sua espressione, intuì che quello non le era stato riferito
-Le ho fatto riservare una camera al piano superiore, con tutti i confort. Vedrà che si troverà bene, così potrà vivere “in diretta” questa lunga intervista e sarà più facile per entrambi. Mi fa compagnia per pranzo?
-Volentieri.
Non riuscì ad aggiungere altro. Andrea le sorrise, mentre lui saliva di corsa le scale.
-Che ne pensa? riuscirà a scrivere di lui? ora la accompagno nella sua camera e se non ha impegni nel pomeriggio le prometto che faremo un giro della casa per le fotografie. Ora purtroppo ho un'altra riunione in centro. Mi dispiace lasciarla cosi.
Annuì, sembrava seriamente dispiaciuto di lasciarla li ad aspettare senza nulla da fare. La precedette per accompagnarla nell’ala della villa dove sarebbero stati i suoi alloggi.
-Non si preoccupi, me la caverò ed inizierò a buttare giù le prime impressioni.
Disse sorridendo, ostentando tanta sicurezza che in realtà sapeva bene di non avere, tanto da aver pensato almeno 50 volte negli ultimi minuti di aver tirato troppo la corda convincendo Trevor che era in grado di gestire tutto questo. Andrea la condusse nell’ala a ovest, ed aprì la doppia porta. Allison spalancò gli occhi, era in quella che sarebbe stata la sua camera per i prossimi mesi. Ma davvero poteva chiamarla camera? Si trovò in un salotto con due chais longue una a fianco all’altra, alla parete di fronte a quelle poltrone che le davano l’idea di essere comodissime, c’era un megaschermo e una serie di ripiani pieni di dvd. Sul lato opposto un camino acceso e una libreria ben fornita. Ruotò su se stessa, vide una penisola con degli sgabelli e una piccola cucina fornita di tutto. Un piccolo disimpegno portava alla camera, mentre nell’angolo c’era una grande finestra che dava su una terrazza dove vide la piscina e l’idromassaggio. Decise di dare un occhiata anche alla camera da letto. Una parete faceva da appoggio al grande letto da un lato e dall’altro formava una cabina armadio dove vide che erano già stati riposti i suoi vestiti e accessori. Le porte finestre della camera da letto davano sulla terrazza da cui si poteva vedere l’oceano. Fuori dalla finestra della camera da letto c’erano dei lettini da solarium mentre in corrispondenza dell’uscita dal salotto c’era un tavolo con delle sedie la vista da li era sulla città. Mancava solo una cosa che Andrea non le aveva ancora mostrato. Lo seguì e scoprì che quel il bagno era almeno tre volte il suo. Jacuzzi, doccia che all’occorrenza poteva essere bagno turco ed uno specchio immenso. Andrea le sorrideva, sapeva che in nessun albergo si sarebbe potuta trovare meglio di li.
-E’ tutto di suo gradimento?
Le chiese Andrea prima di uscire dalle grandi porte iniziando già a socchiuderle
-Assolutamente grazie.
Si congedò e le ricordò che alle 13 Mr. Downey l’avrebbe attesa per il pranzo.
La prima cosa che fece fù buttarsi su letto, chiudere gli occhi per un istante per fare mente locale. Prese la borsa e si accorse che sul bancone della penisola c’era un deck per il lettore mp3, ma si stava ancora domandando dove fossero le casse quando lo agganciò. La sua domanda trovò risposta immediata, la musica iniziò a riprodursi e si rese conto che era filo diffusa. Si rese conto che mancava meno di un’ora al pranzo così si spogliò e si fece una doccia, poi cercò tra i vari completi quello che era sicura di aver visto etichettato come “pranzo di lavoro” fece un sorriso compiaciuto quando lo trovò. Indossò quell’abito nero, lungo fin sotto il ginocchio. Si guardò allo specchio, si sentiva a disagio. Quella non era lei. Fece scorrere i vestiti finché non trovò una camicia bianca ed un paio di jeans. Così poteva andare anche se Patrick sarebbe svenuto per quell’abbinamento. Sorrise pensandoci ma li indossò ugualmente. Si truccò quel poco e scese le scale per raggiungere la sala da pranzo, anche se non sapeva dove fosse. Pensò che una volta in salotto avrebbe potuto chiedere la governante e farsi dare delle dritte da lei, era in leggero anticipo. Ottimo piano.

   
 
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