Nihil Difficile Volenti
Ogni uomo su questa Terra è diverso
dall'altro: ricchezze, famiglia, aspirazioni, sogni. Non potreste mai trovare
due uomini uguali in tutto e per tutto.
Ognuno svolge sul nostro pianeta un
cammino differente.
C'è chi ha la possibilità di vedere la
luce del giorno per poche ore prima di chiudere definitivamente gli occhi.
Certi hanno la fortuna di vedere molte primavere e molti inverni prima di
lasciare questo mondo.
Altri interrompono il loro cammino
quando sembrerebbe a chiunque, loro stessi compresi, che la strada da
percorrere sia lunga e soleggiata.
Secondo un famoso poeta italiano, Ugo
Foscolo, la morte dissolve tutto ciò che siamo: non c'è Paradiso né Inferno,
solo l'inizio di un sonno eterno che corroderà il nostro corpo. Tuttavia si può
continuare a sopravvivere nei ricordi delle persone che ci sono state care e
nelle storie che queste racconteranno su di noi: e quando qualcuno parlerà di
chi siamo stati, sarà come rivivere -anche se solo per pochi instanti- in
quelle parole.
Anche quando la nostra tomba sarà
distrutta, l'unica forza che riuscirà a contrastare la morte sarà la memoria
dei vivi.
Oh, Death, оh Death, oh Death,
Won't you spare
me over ‘til another year
La
canzone che sua cugina stava cantando era pregna di una profonda tristezza.
Helena
pensò che a sua nonna non sarebbe piaciuta. Era una donna allegra, che non si
era mai rassegnata: nemmeno di fronte alla malattia che avanzava aveva smesso
di sorridere.
Helena
aveva cinque anni, all'epoca, ma i suoi genitori le avevano già spiegato che
quando sua nonna avrebbe chiuso gli occhi senza preavviso non sarebbe stato per
il suo quotidiano riposino pomeridiano.
E ora che
era avvenuto, ora che lei era morta... Helena si sentiva un po’ più sola.
But what is
this, that I cant see
with ice cold
hands taking hold of me
Quella
volta sua nonna l'aveva chiamata nella sua camera alla clinica.
Era uno
stanzone grande e ben pulito in cui la nonna dormiva da sola; Helena aveva
sistemato il suo peluche preferito sul comodino perchè le tenesse compagnia e
sua madre provvedeva giornalmente a sistemare dei fiori nella stanza per
tentare di mascherare quella puzza di candeggina che volteggiava indisturbata
tra quelle quattro mura e per mettere un po’ di allegria.
Quando la
donna aveva chiesto della nipote, comunque, Helena stava mangiando un panino
alla mensa della suddetta clinica: la signora era stata ricoverata dopo un
attacco particolarmente potente. I medici sembravano semplicemente aspettare
che la fine arrivasse.
«Signora Baker?»
Sua madre aveva alzato lo sguardo dalla
pasta che stava mangiando e Helena stessa si era fermata dal raccontare la sua
mattinata a scuola.
Entrambe avevano guardato la vecchia
infermiera che sorrideva, triste.
«La signora Huggens
vuole vedere Helena» disse.
La mamma l'aveva guardata sconvolta, un
tremendo presentimento negli occhi improvvisamente lucidi.
When God is gone
and the Devil takes hold,
who will have
mercy on your soul?
Quando
Helena era entrata nella stanza, la nonna era stesa sul letto.
Si era
voltata verso di lei con un sorriso dolce, facendole cenno di avvicinarsi al
letto: era debole, le rughe che le segnavano il viso le davano un'aria stanca e
le mani tremavano ma i suoi occhi erano gli stessi di sempre, brillanti dietro
le lenti spesse degli occhiali e il suo sorriso era pieno di dolcezza e
d'affetto, come al solito.
«Ciao piccolina» la donna sorrise un po’
più ampiamente quando Helena si arrampicò sul letto e le diede un bacio in
fronte: le fece spazio perchè si sedesse accanto a lei e la osservò togliersi
le scarpe. «Oggi com'è andata a scuola?»
«Bene» rispose dolcemente Helena «Anche
se c'è quell'Alexis che è troppo prepotente, mi ha rotto la bambola! Che poi si
vanta tanto di averne di più belle, perchè non se la porta da casa? Poi non
capisco come fanno Hope e Odette
a essere amiche di una così! Posso capire Taylor che si diverte o Kim che..» la
bambina non notò il guizzo negli occhi della nonna, continuando a parlare. «...che
ha troppa paura per prenderla a pugni.»
«Non dovresti giudicarle così male:
prova a conoscerle.»
«Ma Alexis...»
«Helena, ricorda questo: non devi mai
giudicare un libro dalla sua copertina. Potresti trovarti molto male in
futuro... Io una volta ho fatto quest'errore e ne ho pagato a lungo le
conseguenze» sua nonna inspirò a fondo, il braccio piegato sullo stomaco. «Non
tutto è bianco e nero nella vita, Lena.»
Dall'alto dei suoi cinque anni di vita
Helena si chiese cosa esattamente sua nonna volesse dirle. Piegò il capo,
osservandola curiosa.
«Nonnina?»
Sua nonna sembrò riemergere da un sogno:
aprì gli occhi e girò la testa verso il soffitto, a fatica.
«Amore, fammi un piacere. Apri il primo
cassetto di quel comodino e prendi il bauletto che vi troverai dentro.»
Obbediente la bambina saltò giù dal
letto e aprì il suddetto cassetto, trovandoci dentro quello che era un
semplicissimo portagioie in legno nero su cui risaltava il dipinto di una rosa
bianca.
«E' belissimo
nonna!» commentò la bambina, stupita, rigirandosi il cofanetto tra le manine.
«Ma che cosa…»
«Questo bauletto apparteneva a una
principessa. L'ottenni anni fa ed è ora che tu lo prenda» sua nonna tossì
violentemente. «Ti chiedo… solo... un... favore.»
«Nonnina ma cosa…?»
«Promettimi che lo... che lo aprirai solo
quando troverai degli amici sinceri...» gli occhi neri della nonna la
scrutavano, fieri, nonostante il corpo fosse scosso dalla tosse e il fiato
andasse scemando. «Promettimi che… quando... li incontrerai...»
Si piegò in avanti, scossa dalla tosse
sempre più forte.
Oh, Death, оh Death, oh Death,
No wealth, no
ruin, no silver, no gold
Nothing
satisfies me but your soul
«Nonna, chiamo la mamma. Tu stai lì, va
bene? Io faccio presto, lo prometto e...» Helena si sentiva sempre più
spaventata e le mani che stringevano il bauletto tremavano mentre la voce si
spezzava in lacrime.
«No Hellie,
vie- vieni. Vieni qui. Va tutto bene tesoro mio, va tutto bene...» sua nonna le
prese una mano tra le sue. «Promettimi che quando li incontrerai tenterai di
essere felice. Promettimi che non proverai a giudicare un libro dalla
copertina, mai più. Promettimi che sarai forte. Per la mamma che ha tanto
bisogno di te, amore, per il tuo papà e per quei due mascalzoni dei tuoi
fratelli.»
La bambina singhiozzò, annuendo.
«Non piangere tesoro, non piangere...
Sorridi anche quando il dolore è tanto forte. Vedrai che riuscirai a fare
sorridere altri. Sii forte Hellie, ti voglio tanto
bene cucciola, la nonna te ne vuole tanto. Ti prometto che un giorno sarai
felice, ma tu devi essere forte per quelli che ti circondano. Ti voglio bene
bambina mia, ricordatelo sempre.»
I macchinari a cui la donna era
attaccata emettevano suoni sempre più forti. La porta si spalancò, facendo
entrare due medici e un'infermiera trafelatissimi.
«Riporti questa bambina da sua madre,
signora Pepper.»
Helena si sentì afferrare per le
braccia; provò a divincolarsi mentre la trascinavano via.
«NONNA! No! No! Lasciami stare, lasciami
stare... Nonna! Nonna!» continuò a scalciare anche quando la donna la portò
fuori dalla stanza, le mani strette ancora a un cofanetto che era stato sigillo
dell'ultima promessa fatta alla nonna.
Continuò a piangere anche quando sentì
le braccia della mamma intorno al corpo. E sua madre pianse con lei.
Oh, Death,
Well I am Death,
none can excel,
I'll open the
door to heaven or hell
Quando suo padre era arrivato nella
clinica, trafelato, il colletto della camicia storto e la cravatta mezza
slacciata, seguito a ruota dai suoi fratelli, Helena stava dormendo tra le
braccia della mamma, il viso ancora segnato dalle lacrime e le mani strette al
bauletto.
Non disse mai cosa sua nonna le avesse
detto e per tre giorni si rifiutò di parlare. Si limitava a sedere sul letto
della propria stanza osservando il cofanetto e sentendo sua madre piangere
nella stanza accanto.
Poi, la terza notte, la voce della nonna
tornò a farsi sentire nella sua testa.
Promettimi che sarai forte. Per la mamma
che ha tanto bisogno di te, amore, per il tuo papà e per quei due mascalzoni
dei tuoi fratelli
E Helena, pur non capendo esattamente
cosa sua nonna intendesse con ''forte'', si alzò e s'infilò nel lettone dei
suoi genitori.
Quella notte dormì un sonno senza sogni.
Oh, Death, оh Death,
my name is
Death and the end is here...
Una volta
sua nonna le aveva detto che non esistevano addii, ma solo lunghi arrivederci.
E quando
posò il fiore sulla bara seppe che quello sarebbe stato un lunghissimo arrivederci.
Perchè quella era, almeno per il momento, la fine.
Due
giorni dopo il funerale, i suoi genitori ricevettero una lettera dal notaio -un
signore che, come le spiegarono, si occupava di ''sistemare le carte'' di una
persona- a cui l’anziana donna si era rivolta quando la malattia aveva iniziato
ad avanzare troppo per essere fermata.
Lo studio
del notaio in questione non era molto lontano da casa loro, quindi i Baker,
quella mattina, non avevano nemmeno avuto bisogno della macchina: tuttavia,
mentre Robert e Peter avevano la scuola anche il sabato, quel giorno l'asilo
chiudeva e Helena andò con i suoi genitori.
Sua mamma
era pallida quando la svegliò, le labbra strette in una linea sottile e gli
occhi lucidi: Helena lasciò che la vestisse docilmente e mangiò in silenzio.
Suo padre le allacciò il cappottino e la prese in braccio e poi, tutti e tre,
si diressero verso lo studio del notaio.
Ci
vollero appena dieci minuti di strada prima che giungessero sotto l'elegante
palazzo in cui lavorava il notaio: fu sua madre a suonare.
«Si?» chiese una voce femminile,
annoiata.
«Sono la signora Baker. Ho preso un appuntamento
qualche giorno fa.»
«Oh sì, salga pure. Primo piano.»
Il portone si aprì con un crac
metallico e i tre entrarono nell'elegante androne del palazzo: a dire il vero
Helena si sentiva sinceramente intimorita. Che carte aveva sistemato questo
notaio? Che cosa doveva dire loro?
Quando arrivarono davanti alla porta di
legno accanto a cui era stata appesa la targa dorata col nome dell’uomo, la
mamma non ebbe nemmeno bisogno di bussare: ad aprire fu una signorina graziosa,
dai capelli di un biondo acceso e le unghie affilate, laccate di rosso.
«Buongiorno!» trillò entusiasta, per
nulla scoraggiata dalle espressioni di puro sconcerto comparse sul volto dei
tre. «Io sono la segretaria del signor Streamer!
Prego, prego, accomodatevi.»
Suo padre la fece scendere dalle sue
braccia e immediatamente Helena si attaccò alla gonna della madre, pregando
silenziosamente che non lasciassero in compagnia di quella che sembrava la
figlia segreta dell'Uomo Nero e di Barbie.
Tuttavia sua madre si piegò verso di
lei.
«Hellie,
amore, puoi restare con la signorina qualche minuto? Il signor Streamer…»
«Oh no signora, il signor Streamer ha raccomandato che perlomeno per i primi cinque
minuti ci fosse anche la bambina! Ma come sei tenera, tesoro!» aggiunse la
biondina, chinandosi a tirare leggermente una guancia di Helena. Col risultato
di graffiarla.
La bambina le scoccò un'occhiata
arrabbiata, imbronciandosi.
Come se non fosse successo assolutamente
nulla quella... oca, non c'era modo migliore per definirla, ridacchiò e
pregò i tre di aspettare nella sala mentre lei sarebbe andata ad annunciare il
loro arrivo al signor notaio: non dovettero comunque rimanere lì granché
perchè la strana segretaria tornò dopo qualche minuto dicendo che il dottor Streamer era pronto a riceverli.
Li condusse lungo un piccolo corridoio e
fece loro cenno di entrare nella stanza con un sorriso a trentacinque denti -e
ne aveva solo trentadue!- accarezzando la testa di Helena quando questa passò,
rivolgendole un sorriso quando la bambina si voltò a guardarla male.
Poi la porta si chiuse e l'attenzione di
Helena fu attirata dalla stanza in cui era appena entrata.
Era grande, luminosa ed elegantemente
arredata: c'era una scrivania in legno scuro con un pc
nero ultimo modello, una libreria, diversi vasi con dentro fiori coloratissimi,
poltrone dall'aspetto comodo con cuscini riccamente ricamati. C'era persino un
piccolo frigo bar e un moderno climatizzatore, in quel momento spento.
Ma ciò che piacque di più a Helena
furono sei quadri posti alle spalle dell'uomo che ora si stava alzando per
stringere la mano ai suoi genitori e sorriderle: rappresentavano sei ragazzi,
cinque donne e un uomo, in compagnia di altrettanti animali.
Un delfino, un unicorno, un lupo,
un'aquila, un leone e persino un uccello infuocato con dei lucenti occhi
smeraldini.
«Volete qualcosa da bere?»
La voce del notaio la riportò coi piedi
per terra e si voltò ad osservarlo mentre si avvicinava al frigo bar.
« Posso avere un succo di frutta?»
chiese timidamente.
L'uomo le rivolse un sorriso e annuì,
passandole la bottiglietta; Helena l'aprì con un po’ di difficoltà,
portandosela alle labbra.
«Allora, il fatto è questo. La signora Huggens ha lasciato il testamento e una parte di questo
riguarda direttamente Helena...» l'uomo frugò nel cassetto della scrivania,
tirandone fuori una splendida collana dorata con un ciondolo a forma di cuore
su cui era stata incisa un'aquila dalle ali spalancate. «...questo medaglione
ha, credo, un meccanismo per poter essere aperto. L'unica imposizione del
testamento è che la bambina debba portarlo con sé e non separarsene mai; fino
ai diciassette anni, per volere della mia assistita, la bambina non deve mai
aprirlo.»
La mamma aggrottò le sopracciglia,
perplessa, probabilmente pensando alla stranezza di quella richiesta ma non
fece domande. Passò il ciondolo alla figlia con un sorriso e le chiese di
uscire un momento perchè lei e il papà avevano da discutere con il signore.
«Va bene mamma. Grazie per il succo di
frutta, signore.» mormorò educatamente la bambina.
Il notaio le sorrise mentre apriva la
porta e usciva, continuando a bere ciò che restava del succo: buttò la
bottiglietta nel primo cestino che vide, tenendosi il tappo -ne faceva la
collezione- e prendendo a girarsi il ciondolo che la nonna le aveva lasciato
tra le mani.
Era bello... Ma cosa c'entrava con lei?
C'erano foto di loro due insieme, dentro?
Fu una scritta dietro ad attirare la sua
attenzione.
''Nihil
Difficile Volenti''.
Che lingua era? E soprattutto: cosa
poteva significare?
«Ciao!»
Sussultò.
Era riuscita a tornare miracolosamente
indietro ma la segretaria strana stava parlando al telefono e non si era
nemmeno accorta di lei; a salutarla, in effetti, era stato un ragazzino biondo
di due o tre anni al massimo più grande di lei, intento a leggere un piccolo
libriccino.
«Ciao.» mormorò perplessa.
Lui le sorrise -e gli occhi azzurri
scintillarono, quasi riflettendo la luce di quel sorriso- e chiuse il libro,
avvicinandosi a lei; guardò di sfuggita il ciondolo che la bambina stringeva e
si fermò a pochi centimetri da lei.
«Perchè sei triste?»
La domanda la sorprese.
Era vero, era profondamente triste. E si
sentiva sola. Ma lui come aveva fatto a capirlo?
Piegò la testa, osservandolo curiosa.
«Tu come lo sai?» gli chiese.
«Non si risponde a una domanda con
un'altra domanda» ribatté lui e Helena chinò appena il capo.
«Mia nonna è morta» borbottò,
ricacciando a forza le lacrime. Per qualche motivo non voleva piangere, non davanti
a lui. Non voleva che la prendesse per una bambina piagnucolosa, anche se non
riusciva ad afferrare bene il perchè.
Il bambino la sorprese ancora,
poggiandole una mano sul braccio: in qualche modo si sentì protetta come quando
abbracciava la mamma o il papà.
Era una bella sensazione di calore che
partiva dal punto in cui lui le aveva sfiorato il maglioncino che indossava e
si irradiava lungo tutto il suo corpo, fino a toccarle il cuore.
«Se sei triste piangi. Se sei arrabbiata
sfogati. Tenerti tutto dentro non risolverà nulla» le sorrise, passandole con
dolcezza la mano lungo tutto il braccio. «So che sei forte, so che sei
coraggiosa. Supererai tutto questo e molto altro.»
«Come fai a esserne sicuro?»
Gli occhi azzurri del bambino di fronte
a lei s'intristirono: lanciò una breve occhiata alla segretaria che stava
ancora parlando al telefono e si avvicinò al suo orecchio, come se quello che
le stesse dicendo fosse un segreto.
«Io ti conoscevo, ma te ne sei
dimenticata. Ma non è colpa tua, non lo è mai stata. Non ho saputo darti la
protezione che meritavi.»
Lo guardò intristita.
Non capiva a cosa si riferisse con ''ti
conoscevo'' e ''non è colpa tua'' e meno che mai poteva capire cosa intendesse
esattamente con ''protezione'', però…
«Sono sicura che non è stata colpa tua.
Hai fatto quello che potevi» disse semplicemente. Era un tentativo di
rassicurarlo, ma sembrò sortire immediatamente l'effetto sperato perchè la
traccia di tristezza sparì dagli occhi del bambino: a ogni buon conto Helena
aprì la mano e gli porse il tappo.
«Faccio la collezione» gli spiegò
allegra. «Ecco, prendilo! Così quando me lo mostrerai di nuovo io saprò che sei
tu e non mi dimenticherò di averti incontrato. Promesso.»
Il bambino sembrò felice di quel regalo:
lo prese con un sorriso che contagiò anche Helena, facendoselo scivolare in
tasca.
«Ti faccio anche io una promessa» le
disse e le porse il mignolo. «Quando ci incontreremo di nuovo io sarò grande e
forte e ti proteggerò. E poi ci sposeremo! Ti farò felice e ti aiuterò» aggiunse,
serio.
Helena non sapeva esattamente cosa
volesse dire ''sposati'' ma in qualche modo si sentì contenta di quelle parole
e gli strinse il mignolo.
Poi il bambino si sporse appena e sfiorò
le sue labbra con le proprie. Helena sbatté le palpebre, perplessa e lo guardò
con aria sorpresa.
«E questo cos'era?» chiese stranita.
«Si chiama bacio.»
Bacio... Helena
ricordava vagamente certi discorsi delle sue compagne d'asilo quando parlavano
dei maschi e di cose che gli innamorati si davano, tra cui fiori e baci.
E lei che aveva pensato che fossero cioccolatini!
«E perchè me lo hai dato?» gli chiese
ingenuamente.
Lui le sorrise.
«Diventerai mia moglie… Devo pur
assicurarmi che in qualche modo io ti rimanga impresso!» esclamò con solennità.
No, Helena decisamente non capiva ma il
sorriso del bambino che aveva di fronte le piaceva e lasciò perdere. Gli
sorrise a sua volta e rimase quasi delusa quando sentì la voce di sua madre
chiamarla e vide i suoi genitori entrare nella stanza.
Prima di correre verso di loro si voltò
verso quello strano bambino.
«Ricordati della promessa.» gli disse.
Lui annuì.
«E tu ricordati della tua» le mormorò;
Helena gli sorrise e gli donò un bacio sulla guancia. Poi la bambina corse via,
verso i suoi genitori, facendosi riallacciare il cappottino da suo padre. Quando
la mamma la prese in braccio, comunque, si voltò verso il bambino.
Si sorrisero un'ultima volta e poi,
quando la porta si frappose tra loro, Helena si ricordò di non avergli chiesto
il nome.
Pazienza. Sarebbe stata per un'altra
volta.
Dopotutto Helena era abbastanza sicura
che lui avrebbe cercato in tutti i modi di mantenere la sua promessa come lei
avrebbe mantenuto la propria.