CAPITOLO 11: SPOSAMI
Quando la mattina seguente mi svegliai, Damon stava
ancora dormendo. Era voltato verso di me, il petto nudo e un’espressione
pacifica dipinta in volto.
Percorsi con un dito il contorno dei suoi muscoli
scolpiti. Guardarlo e accarezzarlo di prima mattina mentre stava ancora
dormendo era una cosa che adoravo.
Mi rifugiai tra le sue braccia e lui si mosse un
po’, stringendo involontariamente la presa attorno a me. Io seguitavo ad
accarezzargli il viso finché ad un tratto, aprì gli occhi.
«Buongiorno, raggio di sole». Mi salutò con voce
ancora impastata dal sonno.
«Buongiorno, amore mio».
«Che ore sono?»
«È ancora presto e soprattutto è sabato, oggi non
lavori. Rimettiti pure a dormire se sei stanco».
Lui non se lo fece ripetere due volte perché un
attimo dopo era già ripiombato nel mondo sei sogni.
Mi alzai dal letto e girai dal suo lato,
lasciandogli un bacio sulla guancia, poi mi rivestii e scesi al piano
inferiore.
Feci colazione con calma e mi dedicai alle pulizie
della casa; con il fatto che per una settimana eravamo stati via, non era in
buono stato e in quei giorni, dovendo andare a scuola, non avevo avuto il tempo
materiale per sistemare.
Dunque, mi misi di buona lena e cominciai dal
salotto, passando poi alla cucina, in cui tirai a lucido i fornelli e misi in
ordine la dispensa.
Ero arrivata a pulire il bagno, quando Damon scese
le scale; ormai erano le dieci passate.
«Sei un po’ più riposato di prima?»
«Prima?». Il suo tono era piuttosto interrogativo.
«Non ricordi di esserti svegliato anche stamattina
presto?»
«Mmm… no. Ho detto qualcosa di compromettente?».
Risi.
«C’è qualcosa di compromettente che avresti potuto
dire?»
«In effetti no».
«Allora va bene così. Mi hai soltanto salutata e poi
ti ho detto di rimetterti a dormire, sembravi ancora molto stanco. Erano solo
le sette mezza e noi ci siamo addormentati alle tre passate, quindi ti ho
lasciato riposare».
«E tu sei in piedi dalle sette e mezza?»
«Questa casa aveva davvero bisogno di essere
sistemata».
«Posso darti una mano», si offrì lui.
«Caspita… cucini, pulisci; sei una continua
sorpresa, Damon Salvatore… »
«Già, se fossi in te io mi terrei stretto», solito
sorrisino strafottente.
Io scoppiai a ridere, quel ragazzo era davvero
incredibile.
Continuammo le pulizie insieme; Damon era davvero
più efficiente di quanto credessi, era cambiato molto da quando stavamo insieme
sette anni prima.
Prendeva le cose più seriamente ed era diventato un
ottimo uomo di casa, oltre che essere molto bravo nel suo lavoro al dipartimento. Spesso mi
tornava in mente quell’immagine, di più di una settimana prima, quando aveva
colpito allo stomaco il mio aggressore con una ginocchiata. Gli si era
letteralmente lanciato addosso per salvarmi e, nonostante tutto, quella scena
non mi avrebbe mai abbandonata.
Damon mi aveva salvata; lo psicopatico che aveva
ucciso tutte quelle ragazze e quasi ucciso me, era veramente un folle senza alcun
barlume di lucidità e per anni ero stata terrorizzata dal suo viso sfregiato.
Quella cicatrice che gli attraversava il volto…
chissà che cosa gli era successo? Chissà come se l’era procurata. Magari anche lui era passato attraverso una
terribile esperienza che l’aveva indotto a commettere tutti quei terribili
omicidi.
Ma cosa stavo pensando? Cercavo davvero di trovare
un spiegazione a quel comportamento insensato e crudele? Dopotutto, io credevo
nel libero arbitrio ed ero fermamente convinta del fatto che una persona
scegliesse le sue azioni con la propria testa; se quell’uomo aveva deciso di
essere il mostro che era, non si poteva attribuire a nessun altro se non a lui,
quella colpa.
Mi chiedevo con quale sangue freddo si potesse
uccidere così una persona. Una persona innocente, che mai aveva incontrato
nella sua vita prima di allora. E soprattutto… con quale criterio sceglieva le
sue vittime? Fatta eccezione per l’età, in nessuno dei casi c’era un legame che
ci univa.
Mio Dio, che cosa atroce e crudele.
Fui riscossa da quei pensieri da un telefono che
squillava; era il cellulare di Damon.
«Ciao, fratellino… », rispose.
Parlarono per qualche istante, poi il mio uomo,
disse: «Devo discutere di una cosa con Stefan, Rox. Vado al vecchio pensionato,
ci vediamo più tardi». E detto questo, si avvicinò per darmi un bacio e poi
scomparve oltre la porta.
Probabilmente dovevano discutere su qualcosa
riguardante il matrimonio, non mi preoccupai troppo.
Verso sera, Elena venne da me e mi disse che durante
il pomeriggio avevano organizzato una cena tutti quanti al pensionato dei
Salvatore, quindi ci avviammo insieme verso quella che a breve sarebbe
diventata la casa dei neo sposini Salvatore-Gilbert.
Quando arrivammo, Stefan, Caroline, Bonnie e Damon
erano seduti nel grande soggiorno del pensionato e sembrava stessero parlando
di una cosa molto importante, ma non appena io ed Elena facemmo il nostro
ingresso, improvvisamente si zittirono tutti.
Li guardai per un momento, vedendo come stessero
tutti fissando l’amica al mio fianco, così immaginai che probabilmente stavano
organizzando qualcosa per il matrimonio di cui Elena non fosse ancora a
conoscenza.
I due fratelli Salvatore vennero subito a salutarci,
abbracciandoci, poi cominciammo tutti a preparare per quella sera, chi
cucinando e chi apparecchiando la tavola.
Dopo più o meno un’ora, tutti erano arrivati:
c’erano Matt e Rebekah, Tyler, Rick e Jenna con la loro squadra di bambini e
infine arrivò Jeremy.
Quella sera, la tavola era imbandita e rumorosa; il
piccolo James continuava a correre di qua e di là, facendo impazzire i poveri
genitori, i quali intanto stavano cercando di far calmare la piccola Miranda,
che quella sera pareva piuttosto irrequieta, mentre il gemello Nicholas dormiva placidamente nel passeggino.
Fui molto contenta di poter passare finalmente una serata
normale in mezzo a tutti i miei amici; ne avevo veramente bisogno.
Mangiammo e parlammo per tutto il tempo; i primi ad
andarsene ovviamente furono Rick e Jenna, che dovevano mettere a letto i
bambini, ma noi restammo lì fino a mezzanotte inoltrata e parlare di tutto e di
niente come ormai non facevamo da troppo tempo.
A fine serata, eravamo sazi e assonnati, così,
poco alla volta, ognuno tornò a casa propria.
«Allora… ti sei divertita stasera?», mi chiese Damon
mentre guidava sulla via del ritorno.
«Certo che mi sono divertita, sono stata proprio
bene», feci una pausa. «Lo sai che ti amo, vero?».
«Lo so, Rox. E ti amo anch’io». Damon si sporse per
baciarmi, poi tornò a concentrarsi sulla strada.
Una volta giunti a casa, ci preparammo e poi andammo
a letto; eravamo entrambi stanchi, ma felici.
[…]
La mattina seguente, quando mi svegliai, Damon non
era al mio fianco, così guardai l’orologio: erano le nove e mezza, quindi
doveva già essere andato al lavoro.
Telefonai a Caroline per chiederle un po’ di
compagnia, ma lei mi disse che non poteva raggiungermi subito perché doveva
discutere di una cosa con Stefan riguardo al matrimonio e che però sarebbe
venuta da me non appena avrebbe potuto.
Bene, quindi per il momento ero sola in casa senza
nulla da fare, non avevo neanche compiti da correggere.
Ormai mancavano poco più di due settimane alle nozze
dei miei amici e questo evento stava creando una certa tensione in città, ma
non era una tensione negativa; più che altro era… una sorta di trepidante attesa.
Trascorsi più di metà pomeriggio a leggere e, solo
verso le cinque, finalmente Caroline suonò alla porta.
«Ciao, tesoro! Scusami se non sono riuscita a
liberarmi prima, ma stavo parlando con Elena e Stefan».
«Elena e Stefan? Ma allora non state preparando una
sorpresa per Elena…?».
Per un attimo la mia amica mi parve interdetta.
«Certo che le stiamo preparando una sorpresa, ma non
era di questo che abbiamo parlato stamattina», rispose con un gran sorriso.
«E la sorpresa in cosa consisterebbe?», domandai
curiosa.
«Mi dispiace, Roxy, ma non avrai alcuna
anticipazione questa volta!»
«Che cosa? E perché?!».
«Perché sarà una grande sorpresa!»
«Ma…!»
«Niente “ma”! Ora togli quel broncio e andiamo a
fare un po’ di sano shopping; sono stressata!».
«E io allora cosa dovrei dire, dato che mi tenete
all’oscuro di tutto?»
«Suvvia, basta con le storie! Forza, andiamo!».
Cos’altro avrei potuto fare? Imporsi con Caroline
sarebbe stato inutile; la mia amica avrebbe sempre prevalso e io non avevo
alcuna voglia di oppormi, anche perché non avrebbe portato a nulla.
Tornammo a casa che erano le otto passate; Caroline mi
lasciò all’inizio della mia via perché lei era già in ritardo per un
appuntamento con Tyler e Damon mi aveva telefonato per dire che non sarebbe
tornato a casa prima delle dieci, forse anche oltre.
Quella sera la strada era scarsamente illuminata;
c’erano problemi con la luce già da qualche giorno ed i lampioni non
funzionavano bene.
Ero stracolma di buste; la mia amica mi aveva
costretta a prendere un sacco di cose, ma dopotutto mi ero divertita molto, anche
se fare shopping con Caroline, la maggior parte delle volte si rivelava essere
una missione suicida.
Avevo appena infilato le chiavi nella toppa, dopo
averle cercate per quasi un minuto nella borse, ma feci un salto quando udii
una voce alle mie spalle.
«Ciao, Roxanne… ».
Mi voltai di scatto. «Oh… oh, mio Dio, Elijah, mi
hai fatto prendere un gran spavento».
Lui sorrise debolmente, come per scusarsi.
«Mi dispiace, non era mia intenzione. Aspetta,
lascia che ti aiuti a portare tutte quelle buste», e detto questo ne prese la
maggior parte, mentre io aprivo la porta d’ingresso e accendevo la luce
dell’atrio.
«Posale pure qui per terra, ci penso io a sistemare
tutto, dopo», dissi intanto che finivo di portare dentro le rimanenti.
Per qualche istante, seguì un silenzio imbarazzato.
«Ehm… sei arrivato qui da Atlanta?», gli chiesi per
cercare di spezzare quella tensione.
«Sì, io… volevo vederti, sai… ho saputo del ritorno
di quell’uomo, di ciò che è successo e non sono riuscito a liberarmi prima per
vedere come stavi».
«Sarebbe bastata una semplice telefonata, Elijah,
non c’era alcun bisogno che ti disturbassi a venire fino a qui… ».
«Roxanne… venire a trovarti non è mai un disturbo».
Mentre parlava, il suo sguardo era serio e i suoi
occhi fissi nei miei.
«Damon… beh, senza di lui e di alcuni suoi colleghi
probabilmente ora non sarei qui a parlare con te».
«Lui adesso non c’è? Damon, intendo… ».
«No, è ancora al lavoro».
«Io non ti lascerei mai più da sola… avrei troppa
paura di perderti».
Ma che cosa gli stava succedendo? Dov’era finito il
pacato e impassibile Elijah che avevo conosciuto anni addietro?
«Elijah, io… »
«No. Sono venuto qui per parlarti e ti prego,
Roxanne… devi lasciarmi finire, altrimenti non ne avrò più il coraggio… ».
Ok, adesso cominciavo veramente ad essere perplessa
e confusa.
«Io ti amo, Roxanne. Ti ho amata da quando ti ho
vista in ospedale, mentre lottavi tra la vita e la morte. Avevi soltanto diciotto
anni, ma eri già così incredibilmente forte e io rimasi subito colpito».
Fece una pausa, come se neanche lui sapesse bene
come continuare. Tra noi calò un silenzio di tomba, che fu interrotto da un suo
frugare in una tasca interna della giacca. Solo allora, capii cosa stesse per
succedere, e subito sentii il sangue defluirmi velocemente dal volto e dalle
mani, in modo da farmi impallidire.
Ne estrasse una piccola scatolina blu in velluto e
quando l’aprì, vidi un bellissimo anello di fidanzamento.
«Sposami, Roxanne. Sposami».
NOTE:
Eeeeeh, sì. Sono stata perfida. Lo so che sono stata
perfida, probabilmente la proposta di matrimonio ve la sareste aspettata dal
bel poliziotto sexy e non dal dottore austero e distaccato, ma sapete com’è… le cose
si movimentano un po’, adesso!
Non che fino ad ora non lo siano state, ma… ormai siamo alla stretta finale; mancano solo alcune settimane al matrimonio e ancora dovranno succedere un paio di cose parecchio importanti, quindi, per scoprire di cosa si tratta… non vi resta che seguire i capitoli finali!
Un bacio a tutti!