- Scritta per la sfida lanciata da AliH sul sito "White Pages"
La bella estate.
L'ultima estate.
La mia ultima estate toscana fu la punizione da scontare per un anno di poca scuola, tante sigarette e poco amore. Non avrei compiuto diciotto anni che in autunno. Non potevo fuggire, scappare, andare via. Il treno sferragliava lungo i binari e dietro i finestrini sudici di sporco il paesaggio si appiattiva; sempre più pianure e meno città. Stringevo i pugni, aspettando il miracolo che non sarebbe arrivato. E sognavo di notti sfrenate, notti passate a guardare le stelle sopra un tetto cadente. Avrei riconosciuto tutte le costellazioni e in questo postaccio sarebbero state le stesse. Era solo l'ultima estate.
L'ultima pioggia estiva.
La pioggia cadeva scrosciando sulla campagna toscana; una goccia, due gocce, che contavo e vedevo scivolare lungo il vetro della finestra della cucina. Era l'estate della mia condanna; costretta a passare in quel buco dimenticato da Dio i miei giorni di libertà. Ti conobbi sotto l'albero frondoso del campo, ma il tempo era già passato. Era già la fine di un agosto scolorito e due settimane erano poche per noi. Tu mi baciasti lo stesso mentre la pioggia infuriava e io capii che sarebbe stato vano tirarmi indietro. Sarei stata felice per poco tempo; tu mi accarezzavi i capelli bagnati.
Le tue ultime parole in un pomeriggio d'estate.
Il prato era giallo di grano e il vento soffiava. Tu eri bello, così come ti ricordo ora - anche se sono passati vent'anni e non sono stata più capace di amare. Mi dicesti che era una bella estate, che il tempo era passato in fretta e che l'indomani, alle otto, il mio treno sarebbe partito. Credo che in quell'esatto istante, in quell'infinito momento, il vento smise si soffiare. Furono le tue ultime parole in un pomeriggio d'estate, dopo nemmeno una lettera, un biglietto, una fotografia scolorita su cui piangere e con cui ricordare il tuo volto inondato di sole.
L'ultima cicala al mondo.
Posso vedere la tua tomba, toccare il tuo viso oltre il vetro della fotografia. Leggere il tuo nome, ripensare al tuo gettarti contro il treno per trattenermi qui. Al tuo morire in mezzo ai binari, spezzato, distrutto, morto. Posso odiare questo posto; posso pensare che vent'anni fa sia stata colpa mia; non sarei mai dovuta venire e non avrei dovuto amarti come ho fatto - e come ho continuato a fare. Ho sognato il tuo corpo distrutto per anni e ho sentito le tue labbra sfiorarmi nei sogni. E mentre sento frinire l'ultima cicala al mondo, capisco che non tornerai.