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Autore: nevertrustaduck    25/09/2012    7 recensioni
"...Guardando i suoi occhi per una volta mi sentii a casa. Per una volta credetti veramente di essere importante per qualcuno, sentii di essere nel posto giusto. Pensai che non sarei mai più stata sola..."
Jessica vive in un orfanotrofio da quando ha cinque anni. E' cresciuta sotto l'occhio severo e premuroso di Tess, la sua migliore amica, con la quale ha intenzione di scappare non appena compiuti i diciotto anni. Nessuno si è mai curato di lei, a scuola è una continua derisione per quello che non ha, ma un incontro sul lavoro le cambierà radicalmente la vita. Tutto è innescato da delle coincidenze.
E' proprio vero: la vita è quell'entità che si pone tre te e i tuoi piani per il futuro.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- If you are broke, I'll mend you



Stavo passeggiando con Joe per il parco. Mi era venuto a prendere, come aveva detto, e aveva insistito per offrirmi anche un gelato. Purtroppo non ero mai stata un granché a nascondere le cose, mi si doveva leggere in faccia che non avevo passato una giornata delle migliori, ma in fondo ero contenta che qualcuno fosse finalmente premuroso con me.
Con me che di premure non ne avevo mai ricevute.
Mi lasciai cadere su una panchina.
Non riuscivo a non pensare a come mi considerassero i miei compagni, a come avessero interpretato male il cambiamento. Era frustrante. E stancante, da un certo punto di vista.
«Giuro che se mio fratello ha detto qualcos’altro per ferirti lo uccido, anche se gli voglio bene» disse Joe sedendosi al mio fianco.
«No, lui non c’entra» dissi distrattamente.
«Davvero?» mi chiese quasi sorpreso.
Davvero?
In fondo anche lui aveva fatto la sua parte con il suo “non-rivolgermi-la-parola-in-pubblico”, però in confronto agli altri era minima come cosa.
Annuii sicura.
«Sono le considerazioni dei miei vecchi compagni che… »
Le parole mi morirono in gola.
Mi morsi un labbro, inspirando profondamente.
«Sono invidiosi che sia capitato a me. Sono invidiosi che io sia felice» dissi dopo un po’, cercando di non far tremare la voce.
«Io sono felice se tu sei felice, anche perché noi siamo felici di averti in famiglia» disse sicuro Joe. Corrugò la fronte, impegnato a districarsi da quella frase contorta.
La sua espressione mi fece ridere, sciogliendo la tensione che avevo accumulato a scuola.
«La gente parla, sembra che sia la cosa che riesce a fare meglio. Trova negli altri quello che vorrebbe trovare in sé e si preoccupa di distruggerlo perché non può averlo. Può essere cattiva e ingiusta, molto ingiusta, ma non tutti sono uguali per fortuna. Alcuni si limitano a gioire per le felicità di chi amano e a sostenere questi ultimi nei tempi difficili. Non sono molti, purtroppo, ma ci danno la forza di passare sopra alle critiche» disse poi facendosi serio.
Gli sorrisi rincuorata. Onestamente il giorno prima non avrei pensato che fosse il tipo da discorsi seri, ma in quel momento fui felicissima di essermi sbagliata.
Mi sorrise a sua volta, capendo di aver colto nel segno.
«È colato» disse poi indicando la mia mano.
Oh, il gelato. Me ne ero dimenticata.
Mi affrettai a leccare il bordo del cono, per evitare di fare altri danni.
Joe infilò prontamente la mano nella sua giacca e tirò fuori un fazzoletto dalla tasca interna. Me lo offrì e mi pulii la mano dalle scie appiccicose lasciate dal gelato.
«Ci credo che lo lasci colare! Con quale coraggio fai stare sullo stesso cono fragola e cioccolato?» mi chiese inarcando le sopracciglia cespugliose.
«Rispetto per il mio gelato, è quello che prendo fin da bambina» dissi con aria solenne. «Tu invece signor kiwi e caramello, hai qualcosa da dire a tua discolpa?» gli chiesi lanciando un’occhiata dubbiosa al suo cono.
«È un gelato normale!» protestò.
«Talmente normale che non lo prende nessuno!» ribattei con una risata.
«È una scelta che solo pochi eletti possono comprendere» disse sollevando la testa, con aria di superiorità.
«Immagino» dissi con un occhiata eloquente.
Tornai al mio cono, dando un’ampia leccata ad entrambi i gusti.
«Ti va un gioco?» gli chiesi poi fissando la strada all’orizzonte. Le macchine sfrecciavano rapide oltre il guard-rail: erano ipnotiche.
«Spara» disse allungandosi sulla panchina.
«È il gioco delle venti domande. Ognuno ne ha a disposizione dieci, ma dobbiamo rispondere entrambi a tutte» dissi spiegando brevemente le regole.
Non so da dove era nata quella proposta, non ero il tipo. Però se volevo conoscere meglio la mia nuova famiglia da qualche parte dovevo pur cominciare.
E poi volevo anche distrarmi un po’, a dirla tutta.
«Andata! Cominciano le donne, per cavalleria» disse fingendo un inchino.
«Nome completo» dissi arricciando le labbra in un sorriso.
«Joseph Adam» rispose senza troppo entusiasmo. Forse era troppo banale, ma non potevo mica cominciare con il chiedergli se conservava tutti i suoi denti da latte in un vasetto della marmellata.
«È il tuo turno» disse voltandosi verso di me.
«Jessica Anne» risposi con altrettanta scarsità d’entusiasmo. Anne era un nome che non mi apparteneva, mi sembrava di chiamare un’altra persona quando dovevo recitare tutta quella pappardella.
«Abbiamo le stesse iniziali» mi fece notare illuminandosi con un sorriso.
«È vero. Tocca a te!» dissi facendo altrettanto.
«Colore preferito» affermò sicuro.
Ci pensai un attimo.
Avrei risposto blu, come gli occhi di Tess, se non fosse stato legato a quell’idiozia delle divise di scuola.
Poi pensai al verde, a Denise e a quello che aveva fatto per me. Ai prati in primavera, alla concessione dei semafori e agli occhi di mia madre. Che verde meraviglioso, non avrei mai potuto dimenticarlo.
«Verde» decretai infine.
Mi guardò sorpreso. «Anche il mio» disse allegro.
Tornai per un attimo al mio gelato, per evitare che succedesse l’incidente di prima.
«Hai animali?» chiesi con la bocca non del tutto vuota.
«Intendi oltre a Kevin, Nick e Frankie?»
Scoppiai in una fragorosa risata. «Sul serio!» protestai.
«Ti assicuro, tra qualche mese sarai dello stesso parere. Comunque ho un salsicciotto di nome Winston, non so se l’hai visto gironzolare ieri» disse addentando la cialda del cono.
«Ho visto un cane, penso anche di stargli simpatica, ma non lo definirei proprio un salsicciotto» dissi pensando al Golden Retriever color miele che aveva implorato con occhi irresistibili la metà dei miei hamburger la sera prima.
«Oh, deve essere Elvis allora, il cane di Nick» disse arrivando quasi alla parte finale del cono con un solo morso.
«Io all’orfanotrofio non potevo tenerli, ma i cani mi piacciono molto» dissi assaggiando ormai solo la fragola, che era scesa in profondità.
«Quando questo mondo ha avuto il piacere di vederti per la prima volta?» disse Joe pulendosi le mani dalle briciole.
Mi grattai un attimo la testa, stupita. Nessuno mi aveva mai chiesto la mia data di nascita in maniera così teatrale.
«Il 23 marzo» dissi affrettandomi a finire il cono. «E tu?» gli chiesi con il solito sorriso.
«15 agosto» rispose alzandosi, vedendo che avevo finito di mangiare.
Buttò i tovaglioli in un secchio vicino e poi infilò le mani nelle tasche del suo giubbotto di pelle, affiancandomi mentre tornavamo alla macchina.
Lo sentii giocherellare con le chiavi, consapevole che fosse il mio turno per le domande.
«Stagione preferita?» domandai andando dalla parte del passeggero, girando dietro alla macchina.
«Estate» rispose lui inforcando gli occhiali da sole che conservava in una tasca interna.
Mise in moto e io aprii il finestrino, lasciando che il vento e il sole caldo della California giocassero sul mio viso.
«Primavera» dissi a mia volta, dopo aver chiuso gli occhi.
Sentii la sua mano scattare verso l’autoradio. Presto nella macchina si diffusero delle note bellissime, che catturarono completamente la mia attenzione.
Una voce incredibilmente dolce mi cullava, avrei rischiato di addormentarmi se tenevo ancora gli occhi chiusi.

“She hates the sun
'Cause it proves she's not alone
And the world doesn't revolve around her soul
No
She loves the sky
Said it validates her pride”

Joe cambiò stazione.
Aprii gli occhi di scatto, sollevandomi velocemente dal poggiatesta. «Puoi rimetterla, per favore?» chiesi dolcemente, con il tono che sapevo essere vincente per le richieste.
«D’accordo» disse con un sorriso, esaudendomi.

And the black keys
never looks so beautiful
and a perfect rainbow never seems so dull”

Ormai ondeggiavo a tempo, completamente presa da quella canzone.
«Ti piace?» chiese felice Joe.
«Molto» dissi senza smettere di seguire la musica con la testa.
Era vero, mi piaceva molto quella canzone. Sia per il testo, sia per la musica, sia per quelle bellissime voci.
In orfanotrofio non avevo avuto molte occasioni per ascoltare gli ultimi artisti del momento, ma quei ragazzi erano molto bravi.
«Li conosci?» chiesi a Joe indicando la radio.
«Sì» disse distrattamente, concentrato sulla strada.
«Sono bravi» affermai con un sorriso.
«Se a te piacciono» disse dedicandomi un’occhiata veloce.
Mi limitai ad annuire, facendo inspiegabilmente allargare il sorriso sul suo volto.
«Lavori?» chiesi poco dopo, tornando ad appoggiarmi al poggiatesta.
«Era il mio turno per le domande!» protestò Joe voltandosi velocemente.
«Sei autorizzato a farmene due di seguito dopo» mi giustificai.
«Sì, lavoro con i miei fratelli» rispose arrendendosi.
«Forte! Di cosa vi occupate?» chiesi non riuscendo a tenere a freno la curiosità.
«Una domanda per volta» mi fece notare, sollevando il dito indice dal volante.
Mi morsi un labbro, sapendo che aveva ragione. Toccava a me rispondere.
Dissi di no, che ora non lavoravo più. Finché ero in istituto dovevo coprire dei turni in un negozio di abbigliamento, ma ora che ero fuori quel compito non mi spettava più.
Mi fece altre domande, continuando il mio gioco, senza mai rispondere però a quella che gli avevo posto precedentemete. Anche se ero molto curiosa al riguardo non tornai ad insistere, magari non voleva parlarmene, in fondo non ci conoscevamo da così tanto tempo per raccontarci tutta-la-nostra-vita-e-ogni-singolo-pensiero.
Mi trovai a domandare e a rispondere delle cose più svariate: se mi ero mai rotta qualcosa, se ero stata ricoverata in ospedale, qual’era il mio cibo preferito e quello che invece odiavo. Parlammo di sport, di partite e di squadre di baseball, ma Joe fu costretto ad abbandonare l’argomento perché non ero molto ferrata in materia.
Mi stava facendo passare un pomeriggio bellissimo, non penso di averlo mai ringraziato abbastanza per questo. Lo vidi sorridere mentre entravamo nel vialetto di casa, rallentando gradualmente.
Mi aveva liberata dai pensieri e mi aveva fatta ridere. Forse ci si sentiva così quando si trascorreva del tempo con il proprio miglior amico. Sperai davvero che un giorno io e Joe potessimo diventarlo.
«Tocca a me» dissi quando stavamo ormai parcheggiando.
«Le tre cose che porteresti su un’isola deserta» dissi sganciando la cintura di sicurezza, ponendogli l’ultima domanda che mi spettava.
«Non andrò mai su un’isola deserta!» disse strabuzzando gli occhi.
«Joe!» protestai ridendo.
«E va bene! Allora… Winston, una chitarra e una zattera gonfiabile» disse sfilando le chiavi dal quadro, mettendo a tacere il motore.
«E come la gonfieresti, scusa?» chiesi inarcando un sopracciglio.
«Ho dei polmoni molto buoni» disse inspirando fortemente.
«E se si buca?»
Scosse la testa esasperato, venendo ad aprirmi la portiera.
«Sentiamo, tu cosa porteresti?» mi chiese una volta fuori dal garage.
«Un iPod, il suo caricatore ad energia solare e un manuale di sopravvivenza che fornisce istruzioni dettagliate per costruire zattere che non possono bucarsi» dissi enfatizzando l’ultimo punto con superiorità.
«Ammettilo, sono più furba di te» continuai dandogli un leggero colpetto sul braccio.
«Non lo so. Quoziente intellettivo?» mi chiese precedendomi sulla veranda.
«Io ho parlato di furbizia» gli feci notare.
«Fa lo stesso. Quoziente intellettivo?» ripeté.
«Sicuramente più alto del tuo» dissi facendogli la linguaccia, spingendo la porta di casa che aveva appena aperto.
«Ma sentila! “sicuramente più alto del tuo”» disse scimmiottandomi. Mi arrivò di sorpresa alle spalle, cominciando a farmi il solletico.
Risi d’impulso, anche se ai fianchi non lo soffrivo veramente.
«È inutile Joe, tanto non lo soffro» dissi però senza smettere di ridere.
«Come no, e io sono Mago Merlino» disse passando al collo.
«Oh, ciao Mago! No, il collo no! Non vale!» protestai cercando di piegare la testa.
«Ah ah! Lo sapevo! Bastava trovare il punto debole» esclamò vittorioso senza smettere di farmi contorcere.
Per fortuna arrivò a salvarmi la suoneria del suo iPhone.
Continuò a ridere anche dopo aver risposto al telefono, poi si fece d’un tratto serio. «Oddio, Dani e Mikey» disse battendosi una mano sulla fronte.
«Scusa Kev, hai ragione! Vi raggiungo subito!» disse chiudendo la telefonata in quattro e quattr’otto.
«Ti reclamano?» dissi intuitiva.
«Così pare. Mamma e papà hanno accompagnato Frankie a una partita di basket, non saranno qui prima delle dieci e mezza» mi spiegò brevemente, lasciando che indovinassi da sola con chi avrei dovuto passare la serata.
È simpatico? No.
Dovrà recitare Shakespeare con me? Sì.
Vorrei prenderlo a padellate in fronte? No, molto peggio.
Non era invitante come partita di Indovina Chi? , ma era l’unico gioco a disposizione.
«Per favore, non toccate i coltelli. Unicamente perché sono in ceramica, si rompono se mancano il bersaglio» si raccomandò Joe tornando sui propri passi, verso la porta.
«Naa, tranquillo. Gli schizzi di sangue mi hanno sempre infastidita» lo rassicurai con un sorriso affabile.
«Fammi stare tranquillo» disse accompagnandosi con un indice.
«Certo. Puoi fidarti di me»
Sembrò soddisfatto della risposta, perché fece dietro-front e finalmente uscì.
Ora la domanda era: dopo aver rassicurato tanto Joe, ero davvero sicura di potermi fidare di me?



Hello everybody!
Scusate per il ritardo colossale, ma con la scuola, l'altra FF e non so più neanche cosa, sono riuscita a pubblicare solo oggi :)
Cooomunque mie care, devo dirvi più spesso che i miei capitoli non mi piacciono :P al precedente c'è stato un picco di 7 recensioni! *ww*
Non so più come fare a farvi capire che siete fantastiche! Dai, se questo lo fate arrivare a otto pubblico prima di sabato, promesso! ;)
Detto ciò vi auguro una buona settimana e vi mando un grandissimo bacio ♥
A presto!
Miki
   
 
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