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Autore: Shichan    26/09/2012    3 recensioni
Kise, indietro, ci sarebbe voluto tornare.
[KasaKise se la cercate bene; episodio 25]
Genere: Angst, Introspettivo, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi sono di Fujimaki Tadatoshi - che per inciso, sta monopolizzando il mio neurone superstite.
La frase in apertuta è presa dalla canzone "I'm not him" (Lovers and Liars).
Note: io volevo scrivere una KasaKise. Così, per provare, anche se non sono il mio pair preferito - anche se mi ci sono avvicinata da poco e solo per colpa della Rota, dannata. E volevo farla carina, e fluff, e avevo promesso che Kasamatsu sarebbe stato felice; sono una bruttissima persona.
Episodio 25.
 
 
 
You smile on the outside,
and die from within.
You lock away your secrets,
behind your body and skin.
 
Kise, indietro, ci sarebbe voluto tornare.
 
Colpisce l'armadietto con un pugno, e ci scarica dentro tutta la forza, la rabbia, l'adrenalina che non è ancora sparita del tutto; ci mette dentro la frustrazione di una sconfitta.
La verità è che è arrabbiato, non solo per la partita persa - e già non è poco - ma per quello che ha visto, perché alla fine non li ha saputi guidare fin dove avrebbe voluto; è stato solo capace di dirgli una cosa scontata come l'uscire a testa alta, e tirare su Kise quasi di peso, e portarlo fino al saluto.
Ma lo sa che non basta, lo sa che la ferita non è solo l'Inter High. La ferita, quella vera, quella che fa piangere quello stupido biondo che si ritrova come kohai è un'altra: non avercela fatta contro Aomine. E Yukio francamente non ha idea di tutti i trascorsi fra di loro, e a dirla proprio tutta non li vuole nemmeno sapere: l'unica cosa di cui è conscio è che Aomine Daiki è il mostro che è, e che Kise - che non ha mai reputato inferiore a nessun altro della Generazione dei Miracoli, sebbene sia lungi da lui l'ammetterlo di fronte al diretto interessato - è sempre stato legato a lui. Quello che Yukio sa è che Kise pur di aiutarli e garantire alla squadra la vittoria ha preso dei sentimenti, e qualunque essi fossero li ha stracciati, buttati a terra e calpestati fino a renderli irriconoscibili, ad allontanarli per il tempo necessario a non farsi influenzare da essi.
Ed è questo, che lo irrita. Il pensiero di non aver saputo difendere nemmeno quelli: che capitano è, lui, se non riesce nemmeno a proteggere i compagni di squadra? Se alla fine la sconfitta sul campo è forse il male minore in confronto a tutto il resto?
Lascia scivolare i pugni lungo la superficie fredda dell'armadietto e li segue, piega le ginocchia fino a toccare terra, e soffoca un gemito, si morde il labbro inferiore - non può piangere, lui.
Se le concede, però, alla fine; le lacrime se le concede e si accusa di essere debole, se le concede e pensa a quelle di Kise, che avranno significato chissà cosa che lui non poteva consolare in alcun modo, perché non è da lui, perché non ne è in grado - come se si consola qualcuno se non ti senti capace di capirlo, almeno?
Sempre a nascondere dietro commenti quasi provocatori parole gentili che non ha mai pronunciato, perché quello è l'unico tipo di capitano che è stato capace di diventare, quello che ti sprona forse troppo duramente ma che è lì, sarà sempre lì: era questo, che pensava di essere diventato.
Ha fallito.
 
Kise, indietro, ci sarebbe voluto tornare, e se non l'ha fatto non è stato soltanto il rispetto per il senpai ad impedirglielo.
Non vuole vedere un'espressione delusa - perché Kasamatsu ha detto che si rifaranno, che sono orgogliosi di lui, ma Kise l'ha sentito: come avrebbe potuto non sentire il tremore della mano del senpai sulla propria testa?
   
 
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