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Autore: _morph_    26/09/2012    2 recensioni
Salve a tutte!
La storia tratta di una tematica come la notte di Walpurgis, stravolgendo il le vicende che ci sono in seguito e prendendo maggiormente in considerazione le emozioni negative percepite dai personaggi.
Non avendomi mai entusiasmato il finale originale (né del manga, né dell'anime), ve ne propongo io uno alternativo.
Buona lettura a chi si vorrà avventurare con me in questa nuova storia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Io nell’esercito ci stavo come un pesce dentro l’acqua.
 
Chocola Meilleur camminò a brutto muso lungo la strada principale della cittadina dove abitava, sullo stesso marciapiede che l’avrebbe condotta a scuola. Si era distaccata oramai di molti passi da Houx e Soul, che avevano preferito librarsi in volo piuttosto che faticare.
Avevano un po’ insistito quella mattina, punzecchiando più volte su quel tassello debole e scoperto che era nei suoi occhi. Si vedeva perfettamente che la chioma rossa aveva perso un po’ di colore quella mattina, che il buon umore non era intenzionato a fare capolino sul suo volto, solitamente roseo e vitale. Si erano beccati entrambi avvertimenti certamente poco carini, che li avevano messi in una sola mossa a tacere.
Camminava a testa bassa, Chocola. La scelta intrapresa in realtà era stata compiuta unicamente con la speranza di incontrare qualcuno di sua conoscenza, qualcuno che le rivolgesse anche solo la più breve e anonima delle parole, che la risvegliasse e le facesse di nuovo vedere quanto brillava il sole, anche quel giorno. Anche se pioveva, anche se un tifone l’avrebbe travolta.
Contava ogni passo. Perché voleva distrarsi, perché non voleva pensare ad un’eventualità certamente sconosciuta. Lui non sarebbe passato di lì. Quello non era il suo lato del marciapiede, quello non era mai stato il lato giusto per lui. Calzava male sul gelido Principe, sul biondo ragazzo che l’unica cosa che aveva imparato nella vita era quanto il mondo girasse male per quelli come lui. O come quelli che avevano scelto di muoversi dal verso opposto. Sarebbe stato schiacciato, in un modo o nell’altro e questo lo sapevano tutti perfettamente. Sollevò appena il capo, e da lontano scorse il giovane, che comparso da una stradina, imboccava la sua stessa via. La vide anche lui, ma con una sola occhiata gelida la ignorò. A suo seguito quella che era stata la sua migliore amica.
Sicura lo sia mai stata?
Si bloccò. Lasciò che proseguissero senza di lei. Si lasciò indietro. Si lasciò cadere. Non era sicura di nulla, se non che era sola. Un amore odiato forse non è il più giusto, non è il più felice, ma è certamente quello che ti marca. E il segno che le aveva lasciato stava sanguinando.
Era a terra, e lei non era certamente il tipo che stava a terra, ma da quando erano arrivate sulla Terra il mondo aveva preso ad andare al contrario. Non era apprezzata, non aveva la sua migliore amica, non aveva più colore. Era sola. E questa parola le risuonava anche mille volte in testa.
 
 
«Vincerò io!» evidentemente appresa la notizia che cinque persone per classe avrebbero partecipato ad una piccola gara di pittura, aveva risvegliato l’allegria di Chocola. Questa iniziativa veniva svolta ogni anno, così da far accrescere l’amore per l’arte ai ragazzi più giovani, e, soprattutto, elevare il budget scolastico con le opere che sarebbero state vendute con un’offerta libera.
La rossa si era lasciata subito ammaliare dalla possibilità di catturare cuori grazie alle sue opere (ignorando deliberatamente la sua totale estraneità al mondo dell’arte).
Si ritrovò così, assieme a Vanilla, e altri tre compagni, con un pennello in mano, le trecce ferme ai due lati del capo, e un grembiule ancora intatto indosso. Un sorriso le temperò il volto nel vedere la tavolozza di colori che le era stata concessa su un estremità del cavalletto che teneva su la tela «evvai, sono certa che arriverò prima!» all’affermazione Vanilla si voltò il necessario verso di lei, arricciando appena le labbra in una smorfia intimidatoria.
«non starne certa, Chocola» subito la rossa venne ammonita nel suo angolino, accanto alle tinte che avrebbe usato. Da quando era la regina dei malefici, la bionda era solita scandire con molta più precisione e curanza le proprie parole, senza gettarle al vento come se non contassero nulla. Tentò di pronunciare anche lei qualche frase che attivasse la conversazione, ma la regina nera non ne volle sapere di scendere a patti con certi ricordi. Corrugò le sopracciglia. Si doveva concentrare! La gara era in mano sua, doveva solo stringere i pugni. Intinse il pennello nell’acqua, sciogliendo così il colore.
Iniziò a spennellare sulla tela senza un vero senso in ciò che stava facendo. Non appena iniziava un disegno, subito cambiava idea tracciando magari una linea opposta e di un differente colore a quella precedente. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Seppur si rendeva conto del grande pasticcio, optava per la scelta di darsi tante giustificazioni, come quella  che diceva che comunque, rispetto alle ragazzine di prima media, stava già facendo meglio. Con la coda dell’occhio scorse la sua vecchia amica passare con calma il pennello sulla superfice. Le colombe tinteggiavano il dipinto. Colombe nere. Colombe morte. La liberà è un privilegio che va conquistato.
Nella sala il silenzio calò nello stesso istante in cui, per l’ennesima volta, minacciava di dare forfait (spinta anche dai suo amici, nonché compagni di classe, che la prendevano in giro senza alcuna riserva). Si spostò leggermente verso destra, così da notare chi di tanto importante avesse ammutolito un’intera sala composta da più di cinquanta persone. Le socie del fan club fecero il loro clamoroso ingresso, chiudendo tutti nella nebbia di cui costantemente si circondavano.
Chocola vide cuori neri comparire nei petti di ragazze invidiose, e Pierre, che era in disparte, si godeva la scena sorridendo trionfante. Le guance si colorarono di un acceso rosso, carico di rabbia. Doveva stare calma. Doveva respirare. Doveva ignorare ciò che stava accadendo.
Yurika si accanì contro un ragazzo, intimandolo di distruggere la sua opera poiché non ne avrebbe ricavato nulla se non un’umiliazione. A quel punto il suo lato selvaggio prese vita «ehi tu, come diavolo ti permetti?» i lineamenti erano contratti dall’astio, gli occhi lampeggiavano come fari.
La fanciulla si voltò con regalità verso di lei, esaminando quel volto, quella minuscola figura quale era Chocola, immaginandosela come un insetto. Un insetto che andava schiacciato, prima che lei schiacciasse tutte loro.
«Chocola Meilleur, giusto?» non attese risposta, affamata com’era di vendetta per quel pubblico affronto. Posò una mano sulla spalla di Vanilla, affiancandola insieme anche alle altre ragazze «sarebbe il caso ti ritirassi anche tu, visto le scarse, se non inesistenti speranze che hai di vincere»
«ma come diavolo ti permetti?!» sbottò agitando gli arti superiori e replicando la stessa frase di prima, solo con più enfasi. La ragazza mora, anche lei membro del club, afferrò il bicchiere contenente l’acqua sporca dei colori, senza alcuna esitazione, rovesciandolo sul capo della rossa, che sobbalzò come colta di sorpresa. Doveva prevederlo.
«adesso sembri proprio uno sgorbio!» cantilenò esplodendo insieme alle altre in una fragorosa risata. Gli altri ragazzi dell’istituto, indotti dalla appena avvenuta conversazione e dall’ultimo gesto, presero a lanciarsi addosso acquerelli diluiti, piatti di carta contenenti tempere, acqua usata per pulire la strumentazione. E mentre Vanilla catturava cuori neri e s’indeboliva, Chocola cercava riparo alla situazione con un turbine di fiori, ma si sentiva cadere.
Andava giù. Stava precipitando. La bionda inghiottiva veleno e lei non aveva alcun antidoto. I colori si pasticciavano e scurivano, e le socie riempivano lo spazio con le loro grasse risa.
Le mani fredde e ceree di un volto conosciuto la spinsero ad uscire dall’uragano nato dalla brezza, avvolgendole saldamente le spalle. Con volto severo scrutò lo zigomo sinistro tinto da una piccola macchia azzurra, i capelli pasticciati di almeno altre dieci nuance.
«devi starne fuori» scandì con sguardo severo, avendo assistito alla catastrofe avvenuta. Una semplice e quieta operazione si era trasformata in una guerra a colpi di pennelli «la faccenda non ti riguarda»
«quella è la mia migliore amica!» ribadì il concetto con veemenza, scattando in avanti con il busto come se lo dovesse attaccare.
«era» ma fu colpita ugualmente nonostante gli sforzi. Pierre la osservò nuovamente per un lungo istante, desiderando sfiorare quelle dita che, durante la notte di Walpurgis, si erano rifugiate nel suo palmo per lasciarsi guidare in un ballo «non provare mai più ad intrometterti» chiarì mantenendo quella solita calma da serial killer, come se da un momento all’altro potesse far esplodere il mondo. E forse non era proprio un caso.
«non smetterò mai di lottare!» il ragazzo le diede le spalle, come aveva fatto lei l’ultima volta. Non si voltò. Non poteva. Sapeva che il cuore quella notte avrebbe ripreso a battere e l’agonia sarebbe ricominciata, nonostante da quando aveva incontrato lei non si fosse mai attenuata «mi hai sentito Pierre?! Io non smetterò mai di combattere, non mi fermerai!»
«non ti riguarda più» mormorò più a se stesso che a lei, consapevole che in qualche modo lei aveva sempre vinto, e avrebbe continuato. Annientato da Chocola Meilleur.
 
§§§
 
Doveva pensare, doveva trovare una soluzione.
Non poteva lasciarsi abbattere da lei, l’idea non poteva nemmeno prenderla in considerazione. Gli faceva male, non aiutava.
Doveva pensare.
Fece pressione con i polpastrelli sulle tempie, cercando di acquietare il mal di testa. Stringeva in pugno un bicchiere di vino bianco, che scaraventò in un angolo della stanza non appena comprese che quello in cui si trovava era un labirinto, e finché ci fosse stata lei, non ne sarebbe mai uscito.
Doveva trovare una soluzione.
«padron Pierre» richiamò la sua attenzione Sylvette, aggiustandosi gli occhiali sulla punta del naso.
«cosa c’è?» non si degnò neanche di rivolgergli un’occhiata, lasciandosi cadere elegantemente sul divano.
«abbiamo dei problemi» in qualche modo quella frase sembrava trasudasse il nome della fanciulla dai capelli rossi, senza neanche che qualcuno ci facesse riferimento «Chocola Meilleur sta tentando di accedere alla villa, vuole che me ne liberi?» un terremoto si mosse nello stomaco del principe, nel saperla così vicina, così potenzialmente vittima. Avrebbe potuto ucciderla senza alcuno sforzo.
«no» decretò senza esitazione, puntando uno sguardo che non ammetteva repliche, su quello del consigliere «ci penso io».
Lo congedò con un gesto secco, affacciandosi dalla finestra principale del suo studio. Far diventare Chocola un malefico avrebbe aumentato la rivalità delle due, consacrando i cuori neri, ucciso anche la minima possibilità di vittoria da parte di Extramondo, e, soprattutto, sarebbe stato semplice starle accanto senza dover affogare nel dolore.
La strega si accaniva contro il portone, gettando incantesimi a raffica. Avrebbe aspettato che s’indebolisse, che perdesse tutte le forze che aveva in corpo. Sarebbe stato tutto più facile. C’era disperazione nel suo sguardo. Sarebbe stato facile.
 
 
Commenti dell’autore:
Aloha a tutte ragazze! Here I am!
Spero il capitolo vi piaccia nella sua semplicità. So che è un po’ corto, ma siamo ancora agli inizi e non vorrei scrivere una lettura troppo pesante! Beh, spero mi facciate sapere cosa ne pensate C:! Ciao a tutte!
PS vediamo chi indovina per prima di chi è la frase posta in cima.
Morph <3
   
 
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