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Autore: Violet 95    26/09/2012    2 recensioni
Dopo la battaglia che ha coinvolto i destini di molti, è tempo di cambiamento e rinascita. E non solo per gli uomini.
Una ragazza e un dio, entrambi sul punto di cadere in un cielo privo di nubi. Una ragazza che tenta una definitiva rinascita, che cerca un posto nel mondo. Un uomo che cela un odio orrendo, che cerca di "resettare" la propria vita. Un dio che medita un'atroce vendetta.
Questa è la storia di due mostri che ne formano uno, forse più umano di quello che sembra.
Questa è una storia di rinascita, di vendetta e di trasformazione.
Questa è la storia di Sofia e del mostro che si riflette nel suo specchio. E nel suo cuore.
E' la prima fan fiction che scrivo in questa sezione. Spero che vi divertiate a leggerla come io mi sono divertita a scriverla e spero che vediate, come Sofia, al di là del semplice riflesso.
Genere: Azione, Drammatico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Contatto, equilibrio infranto

 

 

 

 

“Perché parli al maschile?” domandò un giorno Dmitrij, alzando gli occhi da una carta planetaria e puntandoli su Sofia.

 

Per un attimo Sofia ebbe un brivido lungo la schiena, un senso di allarme la immobilizzò e lui le disse di stare attenta, perché da questo momento in poi tutta la perfetta e fragile facciata che si erano creati, insieme, sarebbe andata in mille pezzi.

Eppure l’eccitazione per il pericolo la invitò a essere imprudente, a tentare di camminare come una funambola sul filo spinato e rischiare. Per un attimo fu tentata di ignorarlo, ma lui era insistente: sembrava quasi preoccupato.

 

Per me? Per la mia incolumità?

 

“Per noi”

 

“Come, scusate?” domandò Sofia, aggrottando interdetta le sopracciglia e cancellando quel brivido di eccitazione che prima l’aveva scossa.

 

“Alcune volte, ho notato, parli di te al maschile. Perché?”

 

Sofia si alzò dalla sua poltrona e si diresse in punta di piedi – una cosa che, aveva notato Dmitrij, faceva spesso mentre pensava – verso la libreria, scorrendo assorta con il dito i vari titoli.

 

“Ho fatto teatro per un paio di anni e molto spesso ero costretta a interpretare ruoli maschili, dato che, alla fine, restavano solo quelli e io mi sentivo più… A mio agio in quelle vesti. Shakespeare era il mio preferito”

 

“Ti trovavi a tuo agio a fingere di essere un uomo?” chiese sorpreso Dmitrij.

 

“Sì. Credo sia un lato che tutte le donne possiedono, ma poche lo lasciano trapelare: io sono una delle eccezioni e, come vedete, è una brutta abitudine che persiste anche nella mia parlata” concluse, estraendo un volume dalla libreria e sfogliandolo mentre si dirigeva alla sedia della scrivania.

 

La sedia, come spinta da mani invisibili, si mosse con uno scatto nella sua direzione e la fece sedere, girando senza l’aiuto delle gambe di Sofia e spostandosi a zig-zag per la stanza. Sofia, come se ciò fosse la cosa più normale del mondo, sedeva a gambe incrociate, la fronte aggrottata e concentrata.

Dmitrij sospirò, di nuovo con rassegnazione, ormai abituato a quella scena che niente aveva di normale come lei voleva far credere; aveva rinunciato a estrapolarle altre informazioni sui suoi “trucchi”, come quello del piano che suonava da solo o degli oggetti che talvolta vedeva levitare per aria, con la figura statica di Sofia al centro e seduta beatamente sulla sua poltrona.

All’inizio aveva provato solo orrore, spavento per quei fatti inspiegabili e alquanto “sinistri”, soprattutto per l’aspetto di colei che ne era l’artefice: Sofia, in quei momenti, aveva gli occhi luminosi, di un verde quasi inusuale, i capelli che sembravano dotati di vita propria, il volto rilassato come poche volte l’aveva visto e uno strano sorriso, quasi malinconico, che le compariva sulle labbra. In quei momenti non sembrava neppure lei. Dmitrij aveva l’impressione di avere davanti un’altra persona, ma non osava mai ammetterlo ad alta voce.

Poi ci aveva ormai fatto l’abitudine e gli pareva quasi uno spettacolo abituale. Vederla levitare, suonare senza mani, trasformare l’acqua che gli serviva nei bicchieri in ghiaccio divenne per lui parte della sua nuova routine, e questo lo inquietò.

Gli sembrava di allontanarsi sempre più dalla sua realtà, dallo spazio che si era edificato intorno con tanta pazienza, e ogni volta si domandava se era un bene.

E, come ogni volta, non trovava mai una risposta.

Allo stesso modo non trovava risposta alle domande che poneva a Sofia. Così aveva smesso di chiedere, sicuro che prima o poi lei si sarebbe scoperta o che, semplicemente, l’avrebbe fatto tornare alla sua realtà, dimentico di ciò che aveva visto. Come se tutto fosse stato un semplice sogno.

Eppure sapeva che non era così.

 

“Un altro libro sulla mitologia nordica? Lo sai, vero, che non esiste solo quella?” la stuzzicò Dmitrij, ormai completamente deconcentrato dal suo lavoro.

 

Sofia parve non averlo sentito, assorta com’era nella sua lettura. La sedia continuava a trasportarla da un lato all’altro della stanza, fino a fermarsi accanto a lui. A quel punto, la ragazza alzò gli occhi dalle pagine e li fissò in quelli di Dmitrij.

Il Nulla sembrava esistere in quelle iridi.

 

“Lo so, ma io preferisco di gran lunga questa. La trovo più… Interessante, e avvincente”

 

Scandiva ogni parola con lentezza, quasi a volerle imprimere nella mente di Dmitrij.

Per la prima volta la sua voce, come poté notare solo più tardi Dmitrij, non era infastidita, ma sembrava più propensa a parlare, a spiegare.

Come se avesse l’impellente bisogno di comunicare finalmente con qualcuno, dopo tanto tempo.

 

“Avvincente? Hai mai letto l’Iliade? Lì puoi trovare tutta l’azione che vuoi, volendo”

 

“Per essere precisi, ho letto tutti i generi epici, nessuno escluso. Ma niente mi ha soddisfatto come le leggende nordiche”

 

“Perché?”

 

“Oggi fate un sacco di domande, batjuska

 

“E oggi tu hai voglia di rispondere” ribatté Dmitrij, sorridendo sornione.

 

Sofia ricambiò con soddisfazione. Chiuse il libro e se lo pose in grembo, sempre mantenendo quel sorriso compiaciuto: ora era disposta a rispondere.

 

“Perché le avventure degli eroi e degli déi dei poemi nordici mi affascinano più dei poemi greci o assiri. Soprattutto gli déi. Sono delle creature così affascinanti e capricciose… Per loro, i miseri mortali sono solo delle formiche da calpestare o graziare, che lavorare incessantemente alla ricerca di qualcosa. Gli déi, invece, non ne hanno bisogno, poiché possiedono tutto: immortalità, bellezza, forza, intelligenza…”

 

“Li stai praticamente osannando” le fece notare con disappunto Dmitrij.

 

Sofia gli lanciò uno sguardo di ghiaccio e il sorriso svanì dietro un’espressione seria, e alquanto adirata.

 

“Cosa c’è di sbagliato nel pensare questo? La mia è semplice stima, niente di più”

 

“A me sembrava più amore fanatico…”

 

“Questo non è amore! Tu che l’hai conosciuto dovresti saperlo molto meglio di me!” gridò Sofia, alzandosi di scatto in piedi e scrutandolo con disprezzo dall’alto.

 

Dmitrij rimase al suo posto, pacato, con una strana e fredda calma che gli permeava tutto il corpo. Restò in silenzio, attendendo pazientemente che lei si calmasse, o almeno tornasse a sedere; ma vedendo che non accadeva niente di tutto questo – la situazione invece stava forse peggiorando –, si ritrovò a sorridere tristemente nel vedere un altro spettacolo inusuale.

Negli occhi di Sofia, così accesi da forti sentimenti, vide la familiare presenza dell’odio, e un’altra ombra, così profonda che nessuno potesse scorgerla.

Dolore. E una profonda solitudine.

 

Lei è forse molto più sola di me…, pensò, senza smettere di sorridere.

 

“Finalmente ci sei riuscita”

 

“A fare cosa?” domandò lei interdetta, stupita della domanda fuori argomento.

 

Che sia impazzito?

 

“A darmi del tu

 

La risposta spiazzò così tanto Sofia che Dmitrij non riuscì a trattenere una risata. Si accorse che era da tempo che non rideva, dato che sentiva i muscoli facciali gemere di dolore.

Rise perché aveva scoperto che c’era qualcuno più solo di lui.

Rise perché finalmente aveva trovato un punto di contatto con la figura evanescente di Sofia.

Rise perché gli aveva dato del tu, dopo le numerose discussioni su questo punto.

Sofia, invece, non trovò altrettanto divertente la faccenda e continuò a fissarlo con freddezza, come si guarderebbe un bambino che non vuol capire.

Alla fine si stufò di guardarlo e, stizzita, gli diede le spalle e si diresse a rimettere a posto il libro.

Dmitrij ci mise qualche secondo a finire di riprendersi e, vedendo che lei si era offesa, tentò di trovare una scusa per il suo eccesso di ilarità. Notò con fastidio che era sempre lui a doversi scusare per i suoi comportamenti “umani”; non l’aveva mai sentita ringraziare o anche solo scusarsi per i suoi atteggiamenti bruschi e, talvolta, alquanto altezzosi. Sembrava trattarlo come un essere inferiore.

Per questo si sorprese dopo aver sentito ciò che Sofia disse.

 

“Ti ringrazio”

 

Fu solamente un soffio, un sussurro leggero come la brezza di maggio, niente di più. Ma Dmitrij lo sentì, e per lui fece lo stesso effetto del calore che gli riscaldava le ossa e l’anima.

Sofia si voltò di nuovo. Un sorriso di sincera gratitudine era riaffiorato dai meandri più profondi di quella maschera di ghiaccio, di quell’impenetrabile gabbia dorata che si era costruita intorno alla sua umanità.

Quello era il sorriso della ragazza che era.

 

“Mi hai aiutato molto, nonostante io ti abbia costretto. Sarai ricompensato nel giusto modo” continuò, tornando seria e facendo sparire ogni traccia di quella strana smorfia che tutti chiamano “sorriso”.

 

“In verità, ci sarebbe un modo per pagare adeguatamente i miei servigi”

 

Sofia lo osservò incuriosita, e all’erta. L’uomo che le stava di fronte la osservava con i suoi profondi occhi neri, come se cercasse quasi di carpirle ogni segreto allo stesso modo in cui faceva lei. Per un attimo, si sentì nuda, scoperta.

Si sentì in pericolo.

 

Una parola. Basta una parola e tutto finirà.

 

“Una sola parola e non avrà neppure il tempo per pentirsene: morirà”

 

La sentenza gli parve più dura di quanto si aspettasse. E ne provò quasi dispiacere.

Attese in silenzio la mossa del suo avversario, tesa come la corda di un violino, gli occhi ridotti a due fessure fissi su di lui.

 

“Potresti suonare il piano?”

 

Come un piccolo serpente, anche l’ansia scivolò via nella sua tana, per lasciare il posto all’antica sicurezza e tranquillità.

 

“Tutto qui? Non vuoi del denaro?”

 

“Ne ho abbastanza di denaro. Voglio sentirti suonare. Con le tue mani, però” aggiunse Dmitrij.

 

Sofia sentì un brivido lungo la schiena e tutto, intorno a lei, parve vorticare e sfocare lentamente, come se perdesse i sensi. La stanza, Dmitrij, tutto svanì in una fitta nebbia, e i ricordi – i tristi fantasmi del passato – si ridestarono dal loro riposo, crudeli spietati.

Al centro del vortice di immagini, voci e suoni, nell’occhio del ciclone della sua anima, c’era lui, l’incubo che per i dieci anni della sua esistenza l’aveva tormentata: il pianoforte.

Poi il resto fu confuso.

Sentì una voce – una voce viva, familiare, presente – chiederle se stava bene, poi un grido angosciato, uno strappo nei suoi ricordi, frasi sconnesse, disperate, che le urlavano di svegliarsi, di andarsene, di abbandonare quel luogo.

E infine la suoneria di un cellulare.

Tutto riprese colore e la stanza familiare ricomparve al suo posto. Dmitrij le stava di fronte, una mano protesa verso il suo volto, l’altra che cercava frenetica nella tasca dei pantaloni. Gli occhi, fortunatamente, erano abbassati.

Sofia, sentendo il sudore imperlarle la fronte, si allontanò con uno scatto, tentando di ristabilire il respiro. Perfino lui, da dentro, sembrava esausto.

Per cancellare ogni immagine riguardante la visione di prima, si mise a osservare Dmitrij, che intanto aveva trovato il cellulare e aveva iniziato a gesticolare, preoccupato.

 

“Signor Stark, buongiorno! Come…? Sì, sto meglio, perché?”

 

“Perché sono due mesi e mezzo che non ti fai più vedere”

 

Dmitrij quasi lasciò cadere il cellulare dalla sorpresa. Due mesi e mezzo. Non se ne era reso conto: aveva perso ogni cognizione del tempo a stare con Sofia.

 

“Mi perdoni, signor Stark…”

 

“Se avevi ripreso i tuoi studi, potevi anche avvertirmi”

 

“Come lo sa?”

 

“Io so tutto di tutti, non c’è nulla che mi sfugga, e tu, al momento, sei l’oggetto dei miei interessi. Naturalmente dopo di me”

 

Che egocentrismo…

 

“Mi perdoni, ma all’inizio non lo pensavo nemmeno io di ricominciare a lavorare al mio progetto, quindi mi sono dimenticato di avvertire, e…”

 

“Non mi interessano i motivi per cui hai ripreso i tuoi studi, ma dovresti tornare da me qualche volta, se tieni al tuo lavoro. E alla tua salute. Come stanno le mie creature?”

 

Dmitrij sforzò impercettibilmente gli arti di metallo, fino a sentirli gemere.

Avevano bisogno di essere revisionati.

 

“Forse necessitano di un controllo”

 

“Me lo immaginavo. Puoi passare domani alla Stark Tower, o i tuoi studi ti tengono troppo occupato?”

 

“Credo di poter fare una pausa…” disse a disagio Dmitrij, lanciando un’occhiata a Sofia, che era sempre lì a fissarlo.

 

“Bene. Ti aspetto domani alle due”

 

Dall’altro lato sentì riattaccare. La conversazione era dunque terminata.

Dmitrij sospirò, sentendo dentro di sé il sollievo che gli rilassava le membra di carne. In quel delicato momento, in cui nemmeno lui era certo della sua sanità fisica – e soprattutto mentale –, non poteva fare a meno dell’aiuto, seppur riluttante, dell’aiuto di Tony Stark. Se fosse stato licenziato, e infine allontanato dalla Stark Tower, non avrebbe saputo cosa fare, né dove andare.

 

Potrei tornare all’università, oppure…

 

Si volse verso Sofia. La ragazza lo osservava in silenzio, tesa: una strana scintilla brillava impercettibile negli occhi impenetrabili, e di nuovo lontani.

Il breve attimo in cui, forse, si erano avvicinati, toccati, sembrava scomparso, come se si fosse trattato di una semplice illusione.

Ripensò a cosa avrebbe fatto nel peggiore dei casi, e l’immagine di Sofia pareva la sua ancora di salvezza, un porto sicuro e accogliente, seppur freddo e distante, dalla sua realtà caotica e ormai sconnessa.

Eppure, per quanto irraggiungibile, sapeva che prima o poi lo avrebbe raggiunto di nuovo. Senza poi allontanarsene più.

Scostandosi da questi pensieri, ritenne opportuno dire qualcosa per spezzare il pesante silenzio creatosi. Tossì, riordinando le parole che aveva scelto.

 

“Come avrai immaginato, mi hanno scoperto…” rise con voce roca, guardandola di sottecchi.

 

“Ho visto”

 

“Dunque domani devo ritornare da Stark per dargli una ragionevole spiegazione, per revisionare i miei arti meccanici, nella speranza che non mi licenzi”

 

Sofia non rispose, ancora tesa al suo posto. Dmitrij si rese conto che in tutto quel tempo non aveva mai sbattuto le palpebre.

Forse capì ciò che la turbava, e tentò la sorte, come faceva ogni volta che parlava con lei.

 

“Non temere, non farò il minimo accenno su di te e sulla tua richiesta” promise, voltandosi e prendendo la direzione della porta.

 

Con la coda dell’occhio vide Sofia rilassare per poco i muscoli tesi fino allo spasmo. Il suo volto fu più calmo e di quello strano attacco di panico che l’aveva colpita poco fa non sembrava esserci più traccia.

Ma un’ombra le oscurò gli occhi, mentre un proposito già da tempo meditato cominciò a farsi strada nella sua mente.

E di ciò, Dmitrij non se ne accorse.

 

“Lasci qui tutto?” domandò Sofia, indicando la mappa stellare e i fogli sul tavolo.

 

Dmitrij scrollò le spalle indifferente e aprì la porta.

 

“Sì, mi fido. Posso contare nel ritrovarli al loro posto domani?”

 

Nel suo tono trovò quasi un accento di ordine, cosa che la infastidì un poco.

 

“Certo” fu la sua risposta secca.

 

Dmitrij la salutò con una mano e, chiudendosi la porta alle spalle, sentì per la prima volta tutta la stanchezza di quei pesi sulle spalle. Guardò fuori da una finestra del palazzo: era buio.

Con il segreto delle tenebre, zoppicò stancamente per le scale, per poi uscire nel gelo e sparire nella notte di New York, ombra su ombra.

Sofia, invece, rimase al suo posto, gli occhi verdi ancora fissi sulla porta da poco chiusa.

Un’agitazione che ben conosceva la faceva scuotere dai brividi di eccitazione.

 

“Dunque è arrivato il momento…”

 

“Alla fine è stato un buon piano aspettare: Stark non è un uomo così paziente e si irrita quando non ha più notizie delle sue cose

 

“Allora domani?”

 

“Sì. Domani forse tutto finirà…”

 

“E tu riavrai la tua vendetta”

 

“Non ancora, ma avrò il piacere di veder strisciare Stark ai miei piedi. O meglio, ai tuoi piedi. Ne sei ancora certa?”

 

“Non sono arrivata a questo punto per poi tirarmi indietro, Loki

 

“Bene, sono fiero di te”

 

Loki?”

 

“Cosa?”

 

“Dopo aver fatto ciò, non mi abbandonerai, vero?”

 

Il silenzio dall’altra parte la spaventò. Ma non appena sentì la familiare presenza confermare le parole che da quattro anni le ripeteva, si sentì di nuovo tornare indietro agli anni in cui era rimasta rinchiusa in quella bianca prigione.

 

“Siamo destinati a restare insieme, come vedi. Non posso abbandonarti, come tu non puoi fare altrettanto con me. Il destino ci ha fatti incontrare e sempre esso ci terrà uniti, finché il suo capriccio vorrà: quando tutto ciò sarà finito, tu verrai insieme a me ad Asgard

 

“E quell’uomo?”

 

“Molto presto non ci sarà più utile; semplicemente, ce ne sbarazzeremo, non sei d’accordo?”

 

Sofia sentì qualcosa di più vicino al dispiace che al sollievo. Loki parve accorgersene.

 

“È forse dispiacere quello che sento riecheggiare?”

 

“Affatto, solo pietà. Ha sofferto molto”

 

“Tutti si soffre. Tu più di tutti”

 

Sofia finalmente si mosse e si diresse verso la porta della sua stanca: si sentiva stanca.

Aveva bisogno di recuperare forze per domani.

Domani.

 

“Domani tutto finirà”

 

“Finalmente”

 

 

 

 

 

 

SPAZIO DELL’AUTRICE:

sono in mega-ritardo, lo so. L’inizio della scuola, i compiti (tanti!), la danza… E l’indecisione per questo capitolo. Sì, perché all’inizio doveva racchiudere due eventi importanti, ma mi sono accorta della lunghezza eccesiva e ho avuto pietà di chi doveva leggerlo XP… Così l’ho diviso.

La seconda parte verrà pubblicata a breve, non appena avrò tempo (spero presto!).

Ringrazio per la recensione: Shi_Tsu_Geass, SenzaNome.

See you again!

  
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