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Terza tappa: Denver;
scopro di avere dei fantastici poteri
I |
l
mattino dopo non appena mi svegliai, rimasi immobile nel mio sacco a pelo: cosa
avrei detto a Paul e Nico di quello che mi era successo il giorno prima e di
come mi ero comportata?! Al loro posto, avrei voluto delle spiegazioni
al riguardo… Aprii piano gli occhi e vidi che fuori dalla tenda c’era un’ombra
che fischettiava allegramente, e solo quando dopo un po' capii che si
trattava di Paul. Alle mie spalle mi accorsi che c’era qualcuno che russava,
e quello doveva essere di conseguenza Nico. Arrossii, ma poi mi ripetei mentalmente che dovevo
smetterla e che avevo cose più importanti da fare, come per esempio andare a farmi
ammazzare negli inferi. Mi misi a sedere e, ancora tutta indolenzita, aprii a
fatica la cerniera della tenda, e uscii, ancora avvolta nel sacco a pelo,
strisciando per terra come un lombrico.
-
Buon giorno! – esclamò Paul, e scoppiò a ridere vedendomi per terra ancora nel
sacco a pelo. – Perché sei ancora nel sacco a pelo?! –
-
Ho freddo… - borbottai, e lui si limitò a ridacchiare continuando a bersi il
suo succo d’arancia. Dopo un paio di secondi, vedendo che me ne stavo ancora
per terra mezza addormentata, prese in mano il cartone di succo d’arancia e mi
chiese: - Ne vuoi un po’? L’ho preso prima al negozio… - Io annuii, e lui
subito me ne versò un po’ in un bicchiere di plastica. – Tu però metti un po’
di musica – suggerì. – Almeno ci svegliamo tutti, anche il bello addormentato
dentro la tenda… - aggiunse indicando con la testa la tenda nella quale Nico
continuava a russare pesantemente.
Presi
il succo e impostai l’iPod su riproduzione casuale: capitò Tickets dei Maroon
5, e io mi ritrovai subito a cantarla. Ad un certo punto però
Paul scoppiò a ridere.
-
Scusami…! – fece lui, ancora piegato in due dalle risate. – Ma come al solito è
stupendo sentirti cantare in inglese, hai una pronuncia italiana al cento
percento e ogni tanto inventi pure delle parole…! -
Incrociai
le braccia e lo guardai alzando le sopracciglia con un sorriso ironico sulle
labbra.
-
Beh, allora perché non mi insegni tu a cantarla? – gli proposi.
Lui
non se lo fece ripetere due volte, si sedette per terra di fianco a me.
-
Abbi pazienza perché in realtà la canzone non la conosco, non seguo i Maroon 5…
- mi disse.
-
E tu abbi pazienza e ricordati che sono italiana! – gli ricordai io.
Ascoltammo
prima tutta la canzone una volta, poi cercammo di cantarla con le
parole sullo
schermo. Io sbagliavo di tanto in tanto la pronuncia delle varie parole
e, altre
volte, non riuscivo a cantare certe frasi perchè venivano
cantate troppo velocemente. Paul invece sbagliava a cantare
perché non aveva ancora
bene a mente il ritmo della canzone. Dopo una decina di minuti sentendo
la
stessa canzone tre o quattro volte, eravamo tutti e due per terra a
sbellicarci
dalle risate.
-
Però la parte in cui fa “la, la, la, la, la, la, la, la” la sai cantare! – fece
lui asciugandosi le lacrime con la mano.
-
Tu invece finalmente ce l’hai fatta a impararla, ormai! – dissi io ridacchiando.
– E preparati perché la prossima volta sceglierò una canzone italiana, e allora
sì che mi divertirò io a prenderti in giro! –
-
Ne avete ancora per molto di fare questo casino? – fece una voce assonnata alle nostre spalle:
Nico si era svegliato.
-
Beh, buongiorno bell’addormentato! – esclamò Paul alzandosi in piedi scattante. –
Colazione veloce per te e partiamo? –
-
No, non importa… possiamo anche partire subito… - disse con un enorme sbadiglio.
Disfammo
la tenda, la restituimmo insieme ai sacchi a pelo e salimmo in macchina.
-
Dai, dobbiamo arrivare a Denver oggi. – dissi alla guida dell’auto.
Fortunatamente
la mattina stava trascorrendo anche meglio di quello che credevo: né Nico né
Paul mi fecero domande, anzi, si comportavano proprio come se nulla fosse
successo, e io facevo lo stesso; un’altra cosa bella della giornata era che non
avevamo ancora incontrato nessun essere strano che volesse metterci i piedi tra
le ruote. Almeno, così è stato fino al tardo pomeriggio, quando eravamo
arrivati circa sul confine tra il Nebraska e il Colorado.
-
Vuoi che ti dia il cambio, Robby? – mi chiese Nico ad un certo punto. – E’
tutto il giorno che guidi, non ci siamo neppure fermati per pranzo… -
Scossi
la testa. – Figurati, sto benissimo… e poi meno ci fermiamo, prima arriviamo.
Magari visto che il signorino qui dietro ha passato tutto il pomeriggio a
dormire, potremmo darci il cambio a fine serata così da non doverci fermare
tutti la notte… - proposi guardando dallo specchietto Paul che dormiva
spaparanzato nei sedili posteriori. Dallo specchietto però non vidi solo Paul,
purtroppo…
-
Cazzo! – esclamai in italiano senza troppi giri di parole, e accellerai come
una pazza, sorpassando quando potevo senza la minima prudenza.
Sentii
un “ouch” provenire da dietro, e capii che Paul era caduto dai sedili e si era
svegliato.
-
Si può sapere che ti sta succedendo?! – fece Nico preoccupato, attaccandosi
alla portiera dell’auto.
-
Ho un dejà-vu di quando ci siamo incontrati in Italia, Nico! – esclamai
sorpassando a tutta velocità l’ennesima macchina. – Ogni volta che vado in
macchina ci devono essere dei mostri che mi inseguono! –
-
Ancora stinfalidi? – domandò Nico preoccupando voltandosi.
-
Non credo! – esclamò Paul guardando dietro l’auto. – Sono delle ombre lontane,
ma camminano, o meglio, corrono… tra poco ci raggiungono, accelera! –
-
O ci schiantiamo o il motore si fonde!! – strillai disperata, con le mani
tremanti sul volante e gli occhi che continuavano a spostarsi dalla strada allo
specchietto e viceversa.
-
Sono in tantissimi, e corrono tra le macchine ad una velocità spaventosa!
Sembrano delle pantere! – esclamò Paul.
-
Ma hanno delle piume vicino alla testa! – fece Nico, guardandoli bene.
-
Grazie mille, sinceramente non me ne frega nulla di cosa sono, voglio
sapere se ce la faremo a scappare! – gridai disperata.
-
Basta, non ce la faremo mai a seminarli, si stanno avvicinando a noi troppo
rapidamente, dobbiamo uscire da quest’auto, e i ragazzi di Efesto hanno
provveduto a questo! – esclamò Paul che, senza lasciarci dire una parola in
più, si sporse verso il cruscotto ci slacciò le cinture di sicurezza e premette
un bottone rosso di fianco alle quattro frecce. Non riuscii nemmeno a rendermi
conto che il tettuccio si era aperto ed ero stata sbalzata fuori dal veicolo,
per aria.
Urlavo
come non avevo mai urlato in vita mia: non sapevo che fine avevano fatto gli
altri, avevo paura ad aprire gli occhi, e sentivo solo che ero stata sbalzata
fuori dal veicolo finendo molto, ma molto in alto... poi all’improvviso, la
discesa: l’aria fredda e gelida mi perforò la pelle, mi sentivo totalmente
circondata, e l’unica cosa che pensavo era: “Oddio, non voglio cadere, non
voglio cadere…”
Avevo
paura per me e per i miei amici, i mostri erano spariti nella mia testa,
l’importante era non cadere, eravamo finiti così in alto che l’impatto sarebbe
stato sicuramente fatale…
-
Robby! – esclamò la voce di Nico di fianco a me. Io trasalii.
-
Non voglio guardare! – feci terrorizzata.
-
Apri gli occhi! – mi ordinò.
Era
strano: perché non eravamo ancora caduti? Aprii un occhio e, incredibilmente,
scoprii che stavo volando. Sì, me ne stavo sdraiata a pancia in giù a
mezz’aria, le mani sul volto e l’espressione, molto probabilmente,
terrorizzata. Nico se ne stava sorridente alla mia destra, anche lui a
mezz’aria, mentre Paul se ne stava a sinistra, gli occhi ancora chiusi e le
mani sulle orecchie, forse ancora più terrorizzato di me.
-
Noi… stiamo volando?! – feci incredula.
-
Credo sia una tua capacità come figlia di Zeus, non
c’è altra ragione. – disse
Nico. – Credo che la paura di cadere ha controllato
l’aria… non solo attorno a te, ma pure attorno a noi.
-
Controllare
l’aria… sì, ora che lo diceva mi sembrava possibile. Non ci avevo mai pensato.
Mi sentivo avvolta proprio perché ero avvolta d’aria, un’aria che potevo
muovere e plasmare a mio piacimento.
-
Ti prego Robby fammi scendere che soffro di vertigini! – esclamò Paul tremante
di fianco a me.
-
M-ma… i mostri! – esclamai tornando in me.
-
Non possiamo viaggiare per aria. – disse Nico. – Tu non reggeresti il tragitto
fino a Los Angeles così, trasportandoti dietro noi, per lo più. Lascia giù me e
Paul, ce la caveremo… anche io per di più ho i miei assi nella manica in quanto
figlio di Ade… - commentò fiducioso.
-
Non vi lascio scendere a combattere i mostri da soli! – esclamai contrariata.
-
Invece credo proprio che dovrai farlo – rispose Nico velocemente. – Perché a
quanto pare ci stanno per raggiungere per aria i cugini dei mostri qui sotto,
solo che questi hanno le ali. –
Dietro
di noi, a mezz’aria, stavano arrivando cinque mostri come quelli che prima ci
inseguivano via terra, solo che sembravano più grossi ed avevano le ali. Deglutii
e annii. Mi concentrai sull’aria, e piano, piano, feci scendere Nico e Paul verso terra.
-
Buona fortuna! – mi disse Nico, sfoderando la spada mentre toccava terra.
Deglutii
nervosa, ma non mi feci scrupoli a sguainare Exusía e a far fuori con un
fendente il primo dei mostri che, di fronte al branco, aveva pensato di
attaccarmi senza aspettare i compagni: si disintegrò all’istante, diventando
una massa di polvere nera nell’aria.
-
Questa l’ha fatto fuori in un secondo! – esclamò terrorizzato uno dei due mostri
dietro; ora potevo osservarli meglio: avevano il corpo da leone e il volto di un aquila.
-
Smettila! Sei un idiota se questa figlia di Zeus ti terrorizza! – fece uno dei
mostri che stava davanti, digrignando i denti nel becco verso di me.
-
Si può sapere voi cosa siete?! – domandai tenendo stranamente fermo il mio tono
di voce.
-
Chi siamo, ragazzina?! – ringhiò l’altro mostro in prima fila. – Siamo grifoni,
stupida! –
-
E perché quelli là sotto sono senza ali? – chiesi tentando di prendere tempo
per farmi venire un’idea.
-
Loro sono la specie più antica, i grifoni in principio avevano
corpo felino,
faccia da aquila ma niente ali, mentre noi siamo più evoluti con
il classico corpo da leone e… - disse uno dei due dietro, ma
venne subito interrotto da quello davanti a lui.
-
Basta fare il sapientino! Facciamola fuori subito! –
ringhiò e tentò subito di attaccarmi: schivai l'attacco
ma feci cadere a terra la mia spada.
La
mia mente stava viaggiando alla ricerca di una soluzione: se tutti e
quattro
quei grifoni mi avessero attaccata, io non ce l’avrei mai fatta a
sopravvivere.
Che poteri potevo avere come figlia di Zeus? Non ebbi tempo di
riflettere che i
due grifoni in prima fila mi attaccarono di nuovo; fortunatamente mi
venne automatico manipolare l’aria attorno a me e spostarmi
all'improvviso, deviando il loro attacco. Questo era
un mio vantaggio: loro avevano delle ali ingombranti, mentre io potevo
sfruttare
l’elemento in cui stavo… ripensai a un modo per
sconfiggerli, a un potere che
potevo avere oltre volare… avevo sperimentato qualcosa di
strano? Sì…! Mi era
successo! Quando avevo lanciato una scossa a Nico in infermeria! Non
era stata
una coincidenza o una semplice scossa di elettricità
statica… ma come potevo
fare a ricreare una scossa simile, anche più potente? Mentre
pensavo
volteggiavo per aria avanti a indietro schivando rapidamente ogni
attacco dei
due grifoni, mentre gli altri due sembravano ridersela parecchio per la
situazione.
-
Tu smettila di fuggire e affrontaci! – esclamò uno dei due che cercava di
attaccarmi.
-
E voi due smettetela di ridere! – continuò l’altro rivolto agli altri due, ma
questi li ignorarono totalmente.
Ad
un certo punto uno dei due grifoni alzò una zampa e riuscì a graffiarmi sul
volto: sentivo bruciare e mi portai immediatamente la mano sulla guancia
sinistra. Quando rivolsi nuovamente
lo sguardo verso i due grifoni che mi attaccavano, vidi che quello che mi aveva
graffiato aveva le piume strane, mentre l’altro lo fissava con il becco aperto.
-
Mi ha dato una scossa! – esclamò quello.
Forse…
erano le forti emozioni che mi facevano dare scosse a chi mi
toccava… Serrai i pugni e tentai di incanalare nello
stomaco tutto quello che
provavo in quel momento: il bruciore della ferita, la voglia di farla
pagare a
quei due mostri, la voglia di farli fuori subito… iniziai a
sentire delle
scosse potenti per il corpo: dal petto passarono dritte alle spalle,
alle
braccia, per finire tra le mani, fino alla punta delle dita. Quando
guardai,
vidi che tra le mani avevo due palle di elettricità. Guardai con
un sorriso i due grifoni sconvolti.
-
Dai, che ne dite di giocare un po’ a palla avvelenata? –
proposi, e lanciai la
palla elettrica che avevo nella mano destra; cercai di fare la
supereroina, ma feci subito una figura a dir poco mediocre davanti
ai mostri: la palla mi cadde di
mano e finì per distruggere in un colpo solo almeno quattro
grifoni di terra sotto di
me. Paul stava lottando con il suo arco, mentre Nico aveva
sguinzagliato il suo
esercito di zombie, ma quando videro che in un colpo ne avevo fatti
fuori così
tanti, Paul mi sorrise, Nico mi mostrò il pollice e tornarono a
lottare.
Spostai lo sguardo verso i due grifoni che dovevo affrontare, e feci
finta di
aver lasciato cadere la palla apposta per intimidirli.
-
Ne volete un po’ anche voi? – domandai ironica. I due ora sembravano più restii
a battersi con me. I due grifoni dietro invece stavano facendo delle scommesse
sull’esito dell’incontro: uno scommetteva che i due loro compagni se la
sarebbero data a gambe, l’altro invece che io li avrei polverizzati in un
istante. Non aspettai un secondo di più: ora che avevo capito come funzionava
la storia dell’elettricità mi conveniva farli fuori subito. Unii le due palle
di elettricità, e ne uscì una grande come una palla da calcio… guardai i due
grifoni e tirai quella palla più forte che potevo.
Ancora
incredulo, uno dei due non ebbe i riflessi pronti per scappare, e si polverizzò
immediatamente.
-
Sì! – esclamai esultante alzando le braccia: forse non era il momento giusto,
ma non riuscivo a contenere la mia eccitazione. Mi sentivo come Goku dopo aver fatto l'onda energetica.
L’altro
grifone mi guardò con la rabbia nello sguardo e disse solo: - Per ora te la sei cavata,
figlia di Zeus, ma credimi, ci rivedremo, e nell’Ade non avrai possibilità di scampo… - E
fuggì via, portandosi dietro la mandria rimasta di grifoni di terra. Se solo
non avessi scaricato tutta l’energia che avevo in una volta sola, forse ce
l’avrei fatta a fare fuori l’altro grifone prima che scappasse.
Guardai
i due grifoni che erano rimasti, incerta sul da farsi.
-
Hey, non vorrai fare fuori pure noi! – esclamò uno dei due. – Non abbiamo
cercato di attaccarti in tutto questo tempo, e se non fossimo stati costretti,
ci saremmo anche risparmiati questo viaggetto spiacevole. -
-
Hem… - borbottai io: non ero per niente sicura.
-
Eddai, dacci il beneficio del dubbio! – m’implorò l’altro. – Possiamo anche
darvi un passaggio fino dove volete visto che quei cretini vi hanno
praticamente distrutto l’auto… E hai il diritto di polverizzarci se solo
proviamo a imbrogliarvi! –
-
Da chi siete stati mandati? – domandai ancora sospetta.
-
Una ragazza. – disse uno dei due. – Una mezzosangue, crediamo… Ma sappiamo per
certo che non è stata lei a prendere possesso dell’Ade: chi sta facendo tutto
questo probabilmente non vuole rivelarsi… -
-
Venite giù – ordinai loro. – Vi concedo fiducia, potreste tornarci utili in
fin dei conti… -
-
Grazie, figlia di Zeus! – esclamarono in coro.
-
Per favore, chiamatemi Robby – sbottai innervosita. – Io ho già un padre e
quello è mortale e si trova in Italia… - era la prima volta che esprimevo ad
alta voce i miei pensieri su Zeus, e mi stupii quando scoprii che non mi aveva
ancora fulminata.
Scesi
dal cielo e quando appoggiai i piedi a terra mi resi conto che mi tremavano le
gambe. Paul e Nico mi vennero incontro, anche loro sfiniti.
-
E loro due? – mi domandò Paul incerto, indicando i due grifoni.
-
Potrebbero tornarci utili… - dissi asciugandomi il sudore dalla fronte: solo in
quel momento mi rendevo conto di quanta fatica ci avevo messo per controllare
l’aria e l’elettricità.
-
E comunque, dì ai tuoi amici che abbiamo dei nomi! – sbottò uno dei due grifoni
irritati.
-
Io mi chiamo Buckbeak e lui è Godric –
Li
guardai con un sorriso enorme ed esclamai: - Buckbeak come l’ippogrifo di
Harry Potter e Godric come il fondatore di Grifondoro?! –
-
Certo! – esclamò fiero Godric. – Siamo fratelli, mamma è ancora fissata con
Harry Potter, io sono il fratello maggiore, lui è il minore. -
-
Non capisco che è saltato in testa a mamma di darmi il nome di un ippogrifo! –
sbottò Buckbeak. – Dannazione, noi siamo razza pura, gli ippogrifi sono solo
un incrocio assurdo di uno stupido grifone che ha avuto la brillante idea di
provare ad accoppiarsi con una cavalla…! –
-
Hem… che stai facendo, Robby? – mi chiese Nico guardandomi come se fossi pazza.
-
Secondo te che faccio?! Parlo con i grifoni! – risposi.
-
Non possono capirci loro – mi spiegò Godric. – Noi siamo creature per lo più
d’aria, tu puoi capirci perché sei figlia di… hem… come non detto, hai capito…
- fece alla fine, ricordandosi che non volevo che parlassero di Zeus.
-
La donna che sussurrava ai grifoni…! – ridacchiò Paul, e anch’io non riuscii a
trattenermi dal ridere, scuotendo la testa rassegnata alle sue battute idiote.
-
Come facciamo ad arrivare a Denver ora? – chiese dopo un po’ Nico, riportandoci
alla realtà.
-
Godric e Buckbeak si sono proposti prima di darci un passaggio. – dissi loro.
-
Pff, hanno anche dei nomi della saga di Harry Potter?! Ok, ora si capisce
perché c’è un certo feeling tra di voi… - commentò Paul, e io alzai le spalle
con un sorriso.
Salii
su Buckbeak, mentre Paul e Nico salirono su Godric, e ci alzammo in volo verso
Denver. Buckbeak era a dir poco logorroico: non stava mai zitto, durante tutto
il viaggio continuava a parlarmi di sua madre, della sua famiglia e di un sacco
di altre cose. Non gli dissi quello che pensavo semplicemente per non urtare i
suoi sentimenti, ma rimpiansi di non aver scelto di andarmene in volo per i
fatti miei fino a Denver.
-
Siamo arrivati a Denver! – esclamò Godric che volava di fianco a Buckbeak con
ancora in groppa Nico e Paul.
-
Dove avete intenzione di parcheggiarvi? – domandai a Godric, visto che sembrava
lui quello che sapeva in che direzione stavamo andando.
-
Laggiù tra i grattacieli vedo un hotel. – disse Nico. – Intanto i soldi ce li
abbiamo, una notte in un hotel mi sembra l’unica soluzione. –
-
Ed è pure fighissimo da fuori! – esclamò soddisfatto Paul mentre i nostri
grifoni scendevano di quota. – Dopo tutti questi giorni senza doccia ho proprio
bisogno di qualche comfort… -
Non
appena scendemmo dai grifoni, chiesi per gentilezza se volessero raggiungerci
in stanza dalla finestra; Buckbeak stava per rispondere di sì, ma Godric lo
fermò e disse con un sorriso sul suo becco: - Non ti preoccupare, noi grifoni
siamo abituati a dormire all’aperto… poi al chiuso distruggeremmo metà stanza…
-
Buckbeak
si voltò contrariato senza dire una parola, ma Godric mi fece l’occhiolino e mi
sussurrò: - So che mio fratello è un po’… come dire… loquace e pesante. Ma credimi
che è un bravo grifone, è solo giovane e un po’ ingenuo. –
Gli
sorrisi e lo accarezzai sul becco: nonostante gli animali con le piume e il
becco non mi piacessero affatto, quei due grifoni non erano per niente male.
-
Vi aspettiamo nel parco qui accanto domani mattina, intanto i mortali non
possono vederci…! – disse Godric allontanandosi.
Paul
andò ad ordinare una stanza e l’uomo alla
reception sembrava non vedere di buon occhio l'idea di consegnare una
stanza nelle mani di tre ragazzi che sembravano non lavarsi
da parecchi giorni, ma non ebbe nulla da ridire quando Paul lo
pagò. Il tipo alla reception ad un certo punto incrociò
il mio sguardo, e sembrò impallidire: ma
avevo forse qualcosa di strano?! Nico all’improvviso mi mise una
mano attorno alla
vita e mi fece voltare dando le spalle alla reception. Io mi sentii
improvvisamente accaldata e, per qualche strano motivo, trattenei il
respiro.
-
Hai un graffio di artigli enorme sulla guancia, credo che il tipo alla
reception si stia chiedendo che tipo di delinquente sei… –
mi sussurrò in un orecchio.
Oh, cavoli, è vero… pensai io, ma quello non mi sembrava il problema più serio al momento: Nico continuava a tenermi una mano alla vita.
-
Puoi, hem… darmi un po’ di ambrosia? – gli chiesi, e
lui subito mi lasciò
andare e trafficò nel suo zaino. Io tirai un sospiro di sollievo
e ripresi a respirare quando mi lasciò; dopo di che guardai il
mio riflesso allo specchio: era davvero un graffio enorme e profondo,
ancora
sanguinava un po’… ringraziai il cielo che gli artigli
avessero mancato di poco
l’occhio.
-
Ecco… - disse Nico porgendomene un po’. La mangiucchiai piano, piano,
osservando la mia ferita allo specchio: si stava rimarginando velocemente.
-
Ecco le chiavi! – fece allegramente Paul arrivando alle nostre spalle.
Prendemmo l’ascensore, scendemmo al ventitreesimo piano, e non appena Paul aprì
la porta della nostra camera, rimanemmo a bocca aperta: c’era un’incredibile e
lunga vetrata che dava su una Denver notturna, con i suoi grandi edifici
illuminati e le strade ancora vive anche se era tardi.
C’erano
due letti matrimoniali enormi, con una marea di cuscini sopra, e non resistetti
alla tentazione di prendere la rincorsa e buttarmici sopra.
-
Questo posto è la fine del mondo! – esclamai entusiasta.
-
A chi lo dici! – fece Nico guardandosi intorno.
-
E non avete visto il meglio! Venite a vedere – disse la voce di Paul da
un’altra stanza.
Mi
alzai dal mega letto e andai a vedere dove era andato a finire Paul; era nel
bagno, ma non un bagno normale: era un bagno enorme, tutto fatto con mosaici
sull’azzurro, con uno specchio che occupava praticamente tutta una parete e,
attenzione, attenzione… un’enorme vasca idromassaggio.
-
La vasca idromassaggio! – esclamai.
-
Vi prego, possiamo farci un bagno tutti insieme?! – propose Paul. – Alla
reception mi hanno detto che c’è un negozio aperto ventiquattr’ore su
ventiquattro, possiamo andare a prenderci dei costumi! –
-
Direi che un po’ di relax ce lo siamo meritato. – fece Nico, guardando la vasca
idromassaggio con occhi adoranti.
-
Allora vado a prendere i soldi nello zaino! – esclamò Paul uscendo dal bagno.
-
E io vado a lasciare giù lo zaino! – disse Nico seguendolo.
Rimasi in bagno e mi guardai allo specchio: l'idea di mostrarmi in costume da bagno mi metteva
in imbarazzo. Mi sedetti sul bordo della vasca idromassaggio e la contemplai: era stupenda,
chissà quanti getti aveva… come potevo rinunciare a un bagno in una vasca simile per puro imbarazzo?!
-
Che fai, vieni? – mi chiese Paul affacciandosi al bagno. Mi voltai verso di lui
e dissi: - Io… stavo pensando di iniziare a riempire la vasca… -
Paul
sorrise malizioso e disse: - Bene, allora ci pensiamo noi al tuo costume… che
taglia di reggiseno porti? – mi domandò, dopo di che i suoi occhi caddero sul
mio seno e pensieroso disse: - Mmm, ad occhio e croce una quarta? –
Mi
alzai e senza il minimo tatto gli mollai un ceffone sulla nuca.
-
Ahi, ma sei manesca! – esclamò lui toccandosi la testa dolorante.
-
Scusa, non era mia intenzione… - dissi io per niente dispiaciuta, con un
sorrisetto compiaciuto per aver avuto la mia piccola vendetta.
Quando
tornammo in camera con i costumi ci cambiammo a turni in
bagno, dopo di che entrammo nella vasca con un sospiro di sollievo. Non
appena
facemmo partire i getti ci ritrovammo come tre mongoli con il viso
rivolto
verso il soffitto e gli occhi chiusi assaporando un po’ di
comfort dopo il
tempo passato in auto e in campeggio. Al diavolo l'imbarazzo del
rimanere in costume: quei getti di acuqa calda erano a dir poco
paradisiaci.
-
Quindi ti hanno detto che è stata una ragazza a mandare i grifoni? – chiese ad un certo
punto Nico. Annuii.
-
Sì, ma dicono che secondo loro non è lei la vera artefice di quello che sta
succedendo nell’Ade… - riferii loro.
-
Credi che possa essere Chiara quella ragazza di cui parlano? – ipotizzò Paul mettendosi a
sedere meglio nell’acqua.
Scossi
la testa.
-
Non credo… era imprigionata insieme ad Ade e Persefone… -
-
Forse finge – disse Paul alzando le spalle.
- Quindi pensi che mio padre è tanto fesso da farsi mettere nel sacco da una mezzosangue?!
– fece Nico un po’ alterato.
- No, certo che no… - borbottò Paul imbarazzato: di certo non voleva dare dello stupido al signore dei morti.
Beh, pensai senza il coraggio di esprimere il mio pensiero ad alta voce. Se l’Ade è
in questo casino, suo padre deve essere stato fregato da qualcuno, anche se non
glie ne farei una colpa…
- Come fa ad importarti tanto di tuo padre? –
gli chiesi, probabilmente senza il minimo tatto.
Nico mi
sorrise in modo quasi compassionevole, ed io mi sentii bruciare in viso.
-
Credo che sia qualcosa impossibile da spiegare… - rispose lui. – Me lo sento e
basta. -
-
Mia madre diceva sempre che il rapporto di noi umani con gli dei è semplicemente
onirico: i sogni hanno un senso e un significato, ma spesso sono così intimi
che spiegarli viene difficile… - raccontò Paul.
-
Che fine ha fatto tua madre? – gli domandai con un filo di voce: ricordavo che
quando l’avevo conosciuto mi aveva detto che aveva un rapporto complicato con
la madre, ma fino a questo momento non avevo mai avuto né l’occasione né il
coraggio di domandargli che cosa era successo di preciso.
-
Lei è… ha messo su un’altra famiglia. – disse Paul serio e triste allo stesso
tempo: non ero abituata a vederlo così fragile, e rimpiansi di avergli
domandato dei dettagli sulla sua storia. – Se la prima volta si è fatta affascinare da Apollo, la
seconda è stato Dioniso… nonostante sapesse come sarebbe andata a finire,
nonostante sapesse che Dioniso l’avrebbe lasciata esattamente come
aveva fatto mio padre, ci è ricascata, ed ha avuto un bambino. E pretendeva che
io per lui fossi come un padre… ma io allora ero solo un adolescente, e vedevo
quel bambino con disprezzo. Col senno di poi so di essere stato egoista nei
confronti del bambino – aggiunse. – Ma non mi pento di essere fuggito e di
essere stato egoista per una volta nei confronti di mia madre che, a quarant’anni,
si comportava ancora come una ragazzina incosciente… fortunatamente poi
incontrai Vera, e fu lei a portarmi al Campo Mezzosangue… - concluse poi con un
tenue sorriso.
Wow…
ok, stavo iniziando a capire che c’erano persone che avevano avuto una storia
peggiore della mia: sì, mi avevano dato della pazza psicopatica con le visioni,
ma almeno avevo sempre avuto una famiglia che mi amava.
-
Ok, non mi lamenterò più di aver passato una vita a sentirmi dare della
psicopatica perché vedevo dei mostri… - scherzai io tanto per rompere un po’
quel senso di tristezza.
-
E i miei settant’anni a Las Vegas senza invecchiare a confronto sono una bazzecola…
- commentò Nico, a io per poco non scivolai dalla vasca.
-
Settant’anni senza invecchiare?! – feci io incredula. – Ma quanti anni hai?! –
Lui
alzò le spalle.
-
Beh, secondo il mondo ho sedici anni… secondo la mia data di nascita invece
dovrei averne ottantasei. -
Spalancai
gli occhi per lo stupore: questa notizia mi aveva shockata non poco.
-
Ah, ah, ah, ma guardala, poverina, è sconvolta! – se la rise allegramente Paul,
tornando allegro come sempre.
Nascosi l’imbarazzo e sorrisi piano vedendo che Paul aveva ritrovato il buonumore.
Lì,
in quella vasca idromassaggio, senza mostri, né dei, mi
sembrava finalmente di aver trovato il mio angolo di paradiso, con degli amici
che conoscevo da poco, ma con i quali mi sembrava di condividere la mia intera
esistenza.
Fulmini e saette, ecco lo spazio dell'autrice!
Prima di iniziare, anche se avevo preannunciato la mia assenza in anticipo... scusatemi! So di avervi fatto penare un sacco non scrivendo per un mese intero, ma chi frequenta l'università come me può capire la necessità di fare quanti più esami possibili, e la sessione estiva è quella più odiata dagli studenti! xDDetto questo, eccomi di nuovo qui con un nuovo capitolo! Bene, che dovrei dire ora? Beh, un paio di cose da dire ce le ho.
Prima di tutto la storia di me e Paul che ci mettiamo a cantare e di lui che mi prende in giro per la pronuncia potrà sembrarvi ripetitiva, ma io la trovo uno straordinario gesto d'intesa tra me e lui (chiariamoci: sempre e solo amicizia): suo padre poi è il dio della musica, perciò sta cosa casca a pennello! xD
La storia del volo e di controllare l'elettricità poi non è una mia invenzione: se avete letto Heroes of Olympus sapete di cosa parlo, altrimenti prendete la cosa per buona e basta. :)
Dopo di che la storia della vasca idromassaggio. So che non è apparentemente rilevante ai fini della storia in sè, ma volevo dare un attimo di intimità ai nostri amici, di modo che potessero parlare con calma senza mostri e senza corse: era un momento semplicemente da prendere in quanto tale; quest'estate per il mio compleanno sono andata alle terme con gli amici, e mi sono ritrovata a pensare che dovevo scrivere nella storia un momento in cui i tre eroi (chiamiamoli così) se ne stanno in pace senza mostri tra i getti caldi di una bellissima vasca come me e i miei amici quel giorno! (dalla serie: Hakuna Matata!)
In questo mio periodo di pausa mi sono accorta di due errori miei che ritengo giusto esporvi:
1. qualcuno mi aveva chiesto se Robby sapeva che Bianca era solo la sorella di Nico, e credevo di averlo scritto da qualche parte. In questa pausa mi sono accorto che non l'ho fatto. (che scema, e pensare che ne ero convinta!)
2. Delilah l'ho definita figlia di Astrea, la dea della giustizia. Il fatto è che in questa pausa ho scoperto che Astrea era una dea vergine esattamente come Artemide. Devo trovare una soluzione a questo disguido. Potrei correggere e metterle come figlia di Temi, madre di Astrea e personificazione della giustizia e dell'ordine. Solo che Temi è una titanide, mi suona strano che una titanide si accoppi con un umano, e poi il figlio sarebbe comunque mezzosangue? O è meglio chiamarlo mezzo-titano?! xD Troppo complicato, ci devo ancora riflettere!
Non appena finirò tutta questa storia farò le opportune correzioni e ve le scriverò nello spazio dell'autrice dell'ultimo capitolo: per ora mi sembra più importante portare a termine la storia visto che mancano ancora otto capitoli (siamo a metà ormai!).
Nel prossimo capitolo ci saranno nuovi personaggi e qualcuno che già avete conosciuto nella saga di Percy Jackson...
dopo avervi lanciato questa piccola anticipazione vi saluto!
Alla prossima,
Calipso