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Autore: flannely__    27/09/2012    2 recensioni
Finnick Odair. L'ho riconosciuto ancora prima di voltarmi, la sua voce è inconfondibilmente sensuale. Ma è la prima volta che la sento rivolta proprio a me, ad Annie Cresta. Prima che me ne possa rendere conto il cuore mi batte a mille.
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è la mia prima ff. ci sto mettendo tutto l'impegno possibile, anche se non sono un'esperta. parla della storia di Finnick e Annie dal punto di vista di Annie, come me la sono immaginata io, dato che la nostra cara Suzanne non ha approfondito l'argomento. spero vi piaccia :)
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oggi mi alzo più presto del solito; quando esco di casa non è ancora sorto il sole. Ma oggi non potevo restare in quel letto un minuto di più. Tra poche ore saranno estratti due nomi da quella boccia di vetro, due stupidissimi foglietti manderanno al macello un ragazzo e una ragazza da ogni distretto. Chi sarà il 'fortunato' che ne perderà solo uno? Per ora spero solo di non essere mandata in quell'arena. Probabilmente morirei senza neanche avere il tempo di avvicinarmi alla Cornucopia. Forse preferirei farmi esplodere dalle mine.
Non ho molti amici qui al 4. Diciamo più conoscenti che altro. In realtà più amici si ha e più si ha la possibilità di perdere qualcuno che amiamo alla mietitura. Quindi le persone qui cercano di non affezionarsi troppo a nessuno. In poche parole Capitol City ci costringe a passare la vita da egoisti. E poi io non sono mai piaciuta a nessuno. Lo so, me ne accorgo. Mi considerano strana. Da una parte mi sento come se avessi qualcosa che non va, dall'altra però sono sollevata di non avere sempre qualcuno per cui dover stare in ansia, essendo anche figlia unica. L'unica persona con cui ho rivolto due parole amichevoli è Finnick Odair, e questo mi basta già a pregare che non venga estratto il suo nome. In fondo, ci sono migliaia di ragazzi. Tre miseri biglietti in mezzo ad altri migliaia. Per me è lo stesso.

Arrivo in spiaggia quando sta spuntando la prima luce del mattino. L'aria frizzante e l'odore di salsedine mi fanno staccare dal mondo per qualche attimo. Cammino sulla sabbia fredda e arrivo in riva al mare, dove sento l'acqua tiepida bagnarmi i piedi. Potrei restare qui per sempre, ad ascoltare il rumore delle onde che si infrangono, a osservare il sole che fa capolino all'orizzonte, per poi sparire di nuovo, come se si immergesse anche lui. Ma non posso, e non potrò mai. Dovrò passare tutti gli anni con il terrore, adesso per me, poi per i miei figli. Se ne avrò. Se sopravviverò. Sento le lacrime che iniziano a pungermi gli occhi, e prima che me ne possa accorgere ho già il vestito bagnato. Non faccio il bagno, resto solo lì a osservare il mare, il mio mondo, perché potrebbe essere l'ultima volta che lo faccio.

Mi guardo le scarpe, sandali verdi come il vestito che indosso.
<< Sei bellissima. >> mi dice mia madre.
Ho i capelli raccolti in una crocchia, con qualche ciocca ribelle che sarebbe impossibile tenere in ordine. Il vestito mi arriva alle ginocchia. È quello più bello che ho.
È grottesco il fatto che mi faccia bella per il giorno più triste, più angoscioso dell'anno.
Vorrei solo sparire, trasformarmi in un granello di sabbia e volare via.

 

Guardo la massa di gente ammucchiata in piazza. Ma non vedo nessuno di familiare, solo ragazzi e ragazze dallo sguardo spento che si avviano alla registrazione. Mi metto in fila anche io, mentre continuo a guardarmi intorno, non riesco a stare ferma. Non so se è un modo per tenermi occupata o sto tentando davvero di trovare qualcuno tra la folla.
Ci disponiamo in fila, io ovviamente tra le ragazze di quattordici anni. Mi volto dalla parte dei ragazzi e finalmente lo vedo. Ha una camicia a quadri e dei normali pantaloni neri. Non si è preoccupato di pettinarsi i capelli, ma perché dovrebbe? È bello in ogni caso. Distolgo lo sguardo e mi concentro sul palco, cercando di non pensare allo stomaco che mi si sta rivoltando e al pranzo che non vuole andare giù. Una donna superpomposa, vestita di un verde sgargiante e che a malapena cammina sui quelli che mi sembrano trampoli, sale e inizia a fare i soliti discorsi con quella voce da gallina strozzata. In effetti la strozzerei volentieri. È la cosiddetta 'accompagnatrice' del distretto 4, Ashlyn. Più che accompagnatrice a me sembra una che si rende ridicola tutti gli anni mettendosi abiti assurdi. << Prima le signore >>.

Mi basta sentire queste parole perché mi si geli il sangue nelle vene. Adesso sto sudando freddo. Quanto vorrei essere in mare, immersa completamente, senza sentire né vedere niente. Isolata dal resto del mondo.
Ashlyn tira fuori lo sfortunato biglietto. Si schiarisce la voce e legge attentamente << Lorelay Williams >>
Respiro a fondo. Non sono io. Non sono io. Non sono io.

Vedo avanzare una ragazza bionda, con gli occhi azzurro cielo. Sale sul palco con passo rigido. La sua bellezza è sciupata dal suo sguardo angosciato, piccole rughe le si sono formate tra le sopracciglia. La conosco di vista. Sembra una brava ragazza, ma non assolutamente pronta per un bagno di sangue. Si tortura un lembo del vestito mentre la gallina cerca di invogliare il pubblico ad applaudire “la coraggiosa ragazza”. Come se l'avesse deciso lei.
<< Bene, e adesso passiamo al giovane uomo >>

 

<< Finnick Odair. >> sento solo queste parole, poi più niente. Tutto si fa oscuro, il mio sguardo si fa appannato. No, non può essere lui.
E invece la realtà si fa sempre più vivida. Vedo Finnick salire sul palco, sembra totalmente impassibile, stringe la mano alla ragazza, se ne va.

È l'unica occasione che ho. Salutarlo, vederlo un'ultima volta. Dirgli ciò che non gli ho detto giorni fa. È l'unica occasione che ho. Anche se non basterà mai, non basterà mai. Perché non lo rivedrò mai. Ci sono ventiquattro ragazzi, un terzo di loro addestrato ad uccidere. E lui ha solo quattordici anni. Per quanto possa essere intelligente, quante possibilità ha?

Io dovevo conoscerlo. Sentivo il bisogno di farlo. Sentivo il bisogno di guardargli dentro, perché c'è qualcosa in lui che mi affascina. E non è la sua bellezza, non è il suo carisma, non sono i suoi occhi verde mare. È il suo sguardo strafottente e schivo che nasconde qualcosa di più. È il suo osservare il mare, è la sua solitudine costante, nonostante sia una calamita per tutte le ragazze del distretto. È il suo continuo intrecciare reti. È il suo distogliere lo sguardo quando lo fissi per più di due secondi. È qualcosa che anche lui ha paura di mostrare. Qualcosa nascosto oltre l'oceano nei suoi occhi. E adesso, potrò solo assaporare il ricordo di aver parlato con lui? Potrò solo pensarci costantemente fino a che la mia mente non lo reggerà più?

È incredibile come non mi sia resa conto fino a questo momento di averlo osservato quasi tutti i giorni quando lo vedevo. È incredibile come il fatto di averci parlato appena una volta mi abbia cambiato. Ma adesso non posso pensarci. So solo che devo andare, devo vederlo, devo parlargli.

Probabilmente per l'ultima volta.
 

 

 

Sento le mani dei pacificatori che mi scortano alla porta. Appoggio la mano sulla maniglia, incerta. Tre minuti. E se non vuole vedermi? Non importa, devo parlargli. Tre minuti. Magari non gli parlerò neanche, lo guarderò e basta. No, devo sentire almeno il suono della sua voce. Tre minuti. Al diavolo! Improvviserò, come al solito. Tanto è la cosa che mi riesce meglio. Giro la maniglia.
<< Tre minuti! >>.
Vengo scaraventata in una stanza lussuosa, con un divano e cuscini rossi, di seta. È tutto perfetto. Mi immagino il lusso dei loro alloggi, se questa è solo la stanza destinata ai saluti.
Finnick è in piedi, appoggiato al muro. Quando mi vede uno sguardo sorpreso gli si dipinge sul volto. Ho paura che non voglia vedermi, che non voglia parlarmi. Ma non mi interessa.

<< Lo so che ci siamo parlati solo una volta, ma.. >>
<< Abbiamo poco tempo >> mi interrompe. Si avvicina.
<< Lo so, hai ragione >>. Mi costringo a respirare. << Il fatto è che.. Insomma volevo dirti che.. >>
Non riesco a continuare, non trovo le parole. Cosa devo dirgli? Non lo so neanche io. So solo che deve tornare.
Non mi dà il tempo di pensare a cosa dire, che mi abbraccia. Sento il calore del suo corpo contro il mio. Il suo odore mi avvolge. Potrei morire così, abbracciata a lui.

Mi guarda negli occhi. << Hey, mi dai già per spacciato? >>. Rispondo al suo sorriso.
La porta si apre bruscamente. << Devi vincere! >> riesco a dirgli prima che i pacificatori mi trascinino fuori.  



--------------- angolo di Flannely.
ecco il secondo capitolo! lo so, è corto, ma mi è venuto così. ditemi se vi sembra troppo affrettato il rapporto tra i due, ma per ora lo vedo più come un rapporto di amicizia. di amarsi se ne accorgeranno in seguito :) insomma, fatemi sapere cosa ne pensate.
al prossimo capitolo!

And may the odds be ever in your favor.

Flan-
  
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