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Autore: Lady Snape    28/09/2012    2 recensioni
Preston A. Lodge III, il banchiere, il direttore dell'albergo di Colorado Springs, ricco, bello, raffinato... eppure qualcosa non quadra a dovere. Dopo la bancarotta del 1873, bisogna riprendere in mano la situazione, far ripartire gli affari e, possibilmente, liberarsi dai debiti. Ma come? A voi la possibilità di scoprirlo leggendo questa Fanfiction!
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sto migliorando! Sembra che abbia preso un certo ritmo nella stesura di questa fanfic.

Ogni due mesi un capitolo è già una conquista, vedendo lo scarto di quasi un anno che c’è in alcuni casi.

ManuBach96 e SellyLuna persistono indomiti nel seguire la storia! Altro che supereroi!

La storia si sta allungando, nel senso che prevedevo meno capitoli, ma pare che si stia costruendo da sola.

Bando alle ciance! Vi lascio alla lettura più interessante del capitolo 9, piuttosto delle mie chiacchiere delle 2 di notte.

Grazie a chi segue!

Buona lettura!

 

 

9 capitolo – SORPRESA!

 

Era un bellissimo venerdì di settembre. Il sole era ancora cocente alcune mattine, ma la stagione dei temporali poteva dirsi iniziata già da un po’. Il terreno cominciava a cambiare il suo colore e la natura segnava l’avvicendarsi di una nuova stagione.

Eva era a buon punto con il suo libro. Il trasferimento, per quanto forzato, le aveva giovato: aveva trovato nuova linfa per i suoi romanzi e i suoi racconti; ispirarsi alle persone conosciute così lontano da quella che era stata casa sua era stato uno stimolo prezioso. Alcuni dei personaggi erano dei ritratti di atteggiamenti, volti e situazioni che aveva vissuto in prima persona o aveva osservato nelle sue passeggiate. Le piaceva passare le giornate nel suo giardino, dove un piccolo gazebo le forniva la frescura necessaria per poter scrivere. Quando il tempo non era buono tanto da restare all’aperto, si rifugiava nel suo studio, su quello scrittoio che si era rivelato il più bel regalo da parte di suo marito. Pensava spesso a lui in modo totalmente diverso rispetto al suo arrivo in quei luoghi. Qualche volta ripensava al giorno del suo matrimonio e parte della tensione provata si ripresentava. Questa volta era più facile riuscire a calmarsi: bastava una tazza di tè.

La loro relazione era migliorata con il tempo, avevano imparato ad ascoltarsi e si poteva decisamente dire che erano degli ottimi amici. Nessuno sapeva della loro particolare situazione: nessuno sapeva che dormivano in camere separate, a parte la governante, Mrs Fisher: non le era stata data una vera e propria spiegazione, più che altro pareva si fosse bevuta la scusa del lavoro di Preston, che lo portava a passare lunghe ore notturne nel suo studio al pian terreno, e che quindi, spesso, non volesse svegliare la moglie nel pieno della notte. Beth, questo il suo nome di battesimo, non faceva domande e questo rassicurava tutti gli abitanti della casa.

Eva era cosciente del fatto che la situazione non poteva andare avanti così per sempre: prima o poi qualcuno, e forse immaginava chi, avrebbe reclamato dei discendenti e non si sarebbe più potuto far finta di essere semplici coinquilini, quasi che quella fosse la succursale dello Springs Chateau.

La donna aveva uno strano presentimento quella mattina. Sentiva che stava per succedere qualcosa di strano e inaspettato. Non era superstiziosa, semplicemente si sentiva particolarmente strana. C’era qualcosa che non andava, qualcosa che la metteva a disagio. Lanciò uno sguardo fuori dalla finestra: le chiome degli alberi iniziarono ad ondeggiare sempre più forte, con un frusciare di foglie inquietante. Sembrava che il vento stesse cambiando e cambiò sul serio, tanto che la banderuola sulla cima della casa coloniale mutò direzione completamente, anche se Eva non potette osservarlo. Una folata di vento spalancò la finestra dello studio della donna e qualche foglio si liberò nell’aria. La mano di Eva si macchiò di inchiostro ancora fresco, lasciato elegantemente sulla pagina che stava scrivendo. Non era un buon presentimento.

Preston in città era interdetto. Era sorpreso, spaventato e il suo cervello non riusciva a formulare nessun pensiero compiuto. Non avrebbe mai immaginato che suo padre si potesse presentare in Colorado senza preavviso. Per quanto avesse visto molte volte le sorelle di Michaela venire a trovarla all’improvviso, nel suo caso non c’era nessun piacere a ritrovarsi davanti quell’uomo, entrato nella banca all’ora di punta.

«Non mi dici niente?» disse suo padre, stringendo gli occhi e riducendoli a due fredde fessure.

Qualcosa da dire Preston l’avrebbe avuta, ma non sarebbe stata gradita, ne era matematicamente certo. Cercò di darsi un contegno e di non apparire totalmente inebetito dalla sorpresa.

«Sono venuto a vedere come vanno le cose. Non scrivi molto.» e si sedette di fronte al figlio ancora interdetto. «Sono anche curioso di vedere come vanno le cose con Mrs Lodge!» e un sorriso inquietante si fece strada sul volto dell’uomo.

Quell’accenno a sua moglie riscosse immediatamente il banchiere: era sicuro che non sarebbe stata felice della sorpresa molto più di lui. Se avesse potuto scommettere avrebbe vinto, ma era una scommessa molto facile, intuitiva. Avrebbe voluto avvisarla in qualche modo, prepararla alla pessima notizia, ma non era possibile liberarsi di suo padre nemmeno per un attimo. Sapeva che aveva gli occhi puntati addosso e per niente al mondo quell’uomo avrebbe potuto distrarsi il tempo necessario per scrivere un messaggio e mandare qualcuno a consegnarglielo. Cercava di prepararsi alla reazione di lei, sperando che non fosse troppo plateale, altrimenti si sarebbe scatenato l’inferno e non era sicuro su chi dei due potesse essere Satana.

                Un trotto sull’acciottolato che portava alla villa padronale riscosse Eva dal suo libro. Dopo quello strano cambio di clima era tornata al suo lavoro, pensando che la suggestione di quello che stava scrivendo e del vento doveva essere stata pessima su di lei, ma niente era poi così dannoso. Aveva fatto strani pensieri.

Sbirciò tra le tende per vedere chi fosse e scorse la carrozza di famiglia con un membro di quella acquisita decisamente non gradito. Qualcosa non le tornava, ne era certa, ma era anche sicura che, visti gli ultimi avvenimenti tra lei e Preston e il miglioramento del loro strano matrimonio, non era possibile che il marito sapesse dell’arrivo di quella infausta presenza e non l’avesse avvertita.

«Martha, chiama Mrs Lodge.» ordinò il banchiere appena varcata la soglia di casa. Usò una tono di voce particolarmente autoritario, strano per lui e decisamente fuori luogo con la ragazza, che pensò, erroneamente, di aver fatto qualcosa di male per aver meritato un ordine così perentorio.

Se ne accorse Eva, quando le comparse davanti. Pareva intimorita da qualcosa e ne conosceva la sensazione. Se il tempo era cambiato per l’arrivo di quel mostro, figurarsi Preston, così influenzabile da quell’uomo. Anche l’umore di Eva era in via di cambiamento, nonostante al mattino si fosse svegliata placidamente.

                «La padrona di casa fa il suo ingresso!» fu la frase canzonatoria che fu pronunziata da Mr. Lodge appena Eva si era resa visibile, scendendo le scale lentamente. Non voleva affrettare l’incontro con il Leone.

Salutò con un cenno del capo. Se avesse potuto, lo avrebbe sbattuto fuori dalla porta d’ingresso.

«Si fermerà qui per qualche tempo.» annunciò immediatamente Preston. Sembrava che volesse dare le brutte notizie tutte in una volta, quasi che così potessero parere meno sconvolgenti.

La donna non espresse nessuna opinione in merito; immaginava che non sarebbe servito a niente protestare o anche esprimere un parere: il vecchio leone aveva deciso che sarebbe restato lì e non si poteva trattare in nessun modo.

                L’occasione propizia per parlare si presentò quando Beth accompagnò il signore nella stanza degli ospiti per sistemare i propri bagagli.

«Non sapevo che stesse arrivando.» si schermì subito Preston, sussurrando per evitare di attrarre l’attenzione di suo padre.

«Sì, lo avevo intuito.» disse solo la donna. Il suo sguardo era oltremodo preoccupato. L’idea che quell’uomo si fermasse lì per un po’, le metteva i brividi. Che sarebbe successo al loro equilibrio tanto faticosamente guadagnato?

«Non so quanto resterà, non l’ha detto.» anche lui era preoccupato e capiva quello che sua moglie tentava di dirgli con lo sguardo.

                La fortuna volle che per quel pomeriggio i due uomini facessero visita al Resort. Sarebbero tornati solo per cena e questo poteva essere un problema potenziale, ma, confidava, le fatiche del viaggio avrebbero giocato a loro vantaggio, lasciando che il vecchio si togliesse dai piedi il più presto possibile.

Fatto sta che quella fu una delle cene più lunghe che Eva potesse ricordare. I discorsi fatti a tavola dai due banchieri rasentavano la noia. Preston parlava di finanza anche con lei ed era certa che limitasse la terminologia, non perché Eva fosse stupida, ma per una questione di tecnicismi per i quali Preston aveva preso una laurea ad Harvard. In questo momento non c’erano limitazioni di sorta e le sembrava di essere tornata bambina, quando i suoi parenti la isolavano, non coinvolgendola in alcuna conversazione, perché troppo piccola per capire.

Non era una situazione così brutta, infondo, almeno sarebbe riuscita a sgattaiolare via, magari con la vecchia scusa del mal di testa, per sottrarsi a quello strazio. Purtroppo Preston A. Lodge II giocò d’anticipo.

«Oh, stiamo trascurando la nostra ospite!» disse, fingendo meraviglia.

«Non c’è alcun problema, pensavo di…» ma non le fu permesso di finire nessuna frase.

«Non vorrà lasciarci così presto!» la falsità con cui pronunciava queste parole era disarmante. Preston si rese conto di quanto la tensione stesse salendo, di quanto Eva lo avrebbe ucciso con lo sguardo, se questo fosse stato possibile. Nonostante tutto, sorrise.

«Com’è andato il viaggio?» chiese per restare al gioco di quella finta cortesia.

Il racconto del pessimo viaggio non si fece attendere. Chiunque avrebbe pensato che aspettava solo che qualcuno gli desse la scusa per poter parlare e lamentarsi di qualcosa che non andava secondo quelle che erano le proprie aspettative.

La finta cortesia non poteva durare a lungo ed Eva riuscì a cogliere la palla al balzo, quando l’uomo, per sorseggiare un po’ di vino, dovette tacere per qualche secondo. Quel silenzio bastò a imbastire una ragione plausibile perché potesse ritirarsi in camera.

                Preston sospirò. Una volta soli, sapeva che le domande di suo padre si sarebbero liberate di quella gentilezza di facciata e del sorriso, per la verità sinistro, che si era costruito sulle labbra.

Il primo sguardo che dedicò a suo figlio, fu carico di biasimo. Per lui quella donna non era stata affatto domata, anzi, pareva che si prendesse gioco di lui.

«Non corre buon sangue tra voi, non puoi pretendere che lei sia più docile di come è stata.» provò a difenderla Preston.

«Non dire idiozie! Tu non sei ancora riuscito a addomesticare quella ragazzina impertinente.» sentenziò il vecchio. Per lui era inconcepibile che sua nuora fosse fuori dal controllo di suo figlio.

Preston, dal canto suo, non aveva interesse e voglia di litigare con Eva. Stavano bene così. Inoltre non se la sentiva di paragonarla a un animale da ammaestrare. Preferiva che fosse libera di prendere iniziative personali che, spesso, si rivelavano anche piacevoli, come trovare dei fiori a ravvivare il suo studio domestico.

«Vedi di impegnarla presto con un marmocchio, così la pianta di stare tra i piedi. Rimettila al suo posto!»

                Non fu una conversazione piacevole a fine pasto. Preston sapeva che, purtroppo, le novità per quella sera non erano ancora finite.

Fino a quel momento lui ed Eva avevano occupato stanze differenti. Questa sarebbe stata la prima notte che avrebbero dormito insieme.

   
 
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