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Autore: Ariadne_Bigsby    28/09/2012    2 recensioni
{OTTAVO CAPITOLO AGGIORNATO}
(ATTENZIONE, LA STORIA CONTIENE SPOILER)
Una Fan Fiction basata sul monologo di John Blake a Wayne Manor: l'infanzia "arrabbiata" di John, la perdita dei genitori, la scoperta dell'identità di Batman, la sua idea di giustizia e la sua crescita, da me immaginate ed elaborate in questa storia che ingloba luoghi e personaggi del film.
“John Blake hai detto? Ma, è il tuo cognome o quello della tua famiglia adottiva?”
“E’ il mio..”rispose Blake a voce bassa.
“Beh, è strano! Qui c’è un John Cain e un John Maislee, ma nessun John Blake.”
Blake si morse di nuovo il labbro e, senza volerlo, assunse un’aria colpevole che non passò ignorata da Shannon.
“Allora…non vuoi dirmi chi sei?” gli chiese in tono gentile. Quante volte aveva avuto a che fare con bambini del genere, che si rifiutavano di usare il loro cognome, usando quello della famiglia adottiva, quasi a voler rinnegare le loro origini?
“Robin. Mi chiamo Robin Blake..” cedette alle fine il bambino, abbassando gli occhi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Batman aka Bruce Wayne, James Gordon, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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kjlulululou

 

 

Non ci posso credere, siamo già arrivati al 5 capitolo?! All’inizio pensavo che la storia sarebbe durata massimo 5 capitoli, ma mi rendo conto che, fortunatamente posso allungarla ancora un pochino!

Allora, capitolo abbastanza importante, come al solito è stato diviso in due. Alla fine del capitolo, su carta, la storia continuava fino all’abbandono di Robin da parte dei genitori, ma mi è venuta un’altra ideuzza e preferisco aggiungerla al prossimo (che forse sarà un pochino più corto, come capitolo. Forse!)

Bene, vi lascio alla storia! Ciaooo!!!!!

 

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Reckoning

 

Dalla cucina arrivava un delizioso profumo di cioccolato e di pane caldo e Robin, ancora leggermente disorientato dal sonno, ci arrivò affidandosi al suo naso.

 

“Buongiorno dormiglione!” lo accolse Stephanie tutta felice, mentre il Signor Gray abbassava il giornale per osservarlo.

 

“Dormito ben?” gli chiese lui, osservandolo sempre da sopra il giornale.

 

“Mh si, suppongo di sì.” Rispose Robin in tono vago, mentre metteva a fuoco la cucina. Era spaziosa (come del resto lo era tutta la casa) e linda.

 

“Cioccolata calda?” chiese Stephanie in tono zuccheroso, come se l’episodio della sera prima non fosse mai accaduto.

 

Robin si sentiva un po’ in colpa per il modo in cui le aveva risposto e si sforzò di essere il più accomodante possibile

 

“Si, grazie.” Rispose semplicemente.

 

“Come ti senti?” gli chiese James Gray in tono cordiale, ma continuando a studiarlo, come se avesse paura che desse di matto all’improvviso “è stata la tua prima notte nella tua nuova casa e con la tua nuova famiglia! Non sei felice?”

 

Robin sentì un filo di irritazione salirgli lungo la schiena, ma si impose di restare calmo. Con quei due doveva conviverci e avrebbe fatto meglio ad abituarsi.

 

“Oh sì, è stato fantastico.” Rispose, girando la tazza in modo da poterla afferrare per il manico.

 

Mentre beveva gli venne in mente una cosa, così dopo qualche sorso posò la tazza e chiese timidamente:

 

“Ehm, posso chiedervi cosa sapete di Bruce Wayne?”

 

Sentì due paia d’occhi che lo fissavano in modo stralunato.

 

“Com’è che ti viene in mente questo?” gli chiese in tono curioso Stephanie, servendosi di caffè.

 

James si dimostrò più pratico e gli rispose.

 

“Beh, è il più giovane miliardario di Gotham!Ha poco più di 20 anni, ha quasi finito il college e fra poco partirà per un viaggio, come ha annunciato alla stampa. E’il principale azionario della città, nonché proprietario di una quantità di ristoranti, alberghi e locali. Naturalmente la sua fortuna è tutta l’eredità che gli ha lasciato suo padre Thomas..” la voce di James parve abbassarsi “pover’uomo.”

 

“Perché “pover’uomo”? domandò Robin, smanioso di saperne di più.

 

“Oh ma insomma!” disse James in finto tono spazientito, senza nascondere un sorrisetto complice “ Dai, perché lo vuoi sapere, eh?”

 

Robin a quel punto aveva perso la pazienza e quindi sbottò:

 

“Beh, mi interessava e basta. Vedete, l’uomo che ha ammazzato mio padre, mentre stava per sparare anche a me mi ha preso in giro, forse voleva farmi reagire e divertirsi in quel modo..non so. Comunque ad un certo punto ha borbottato qualcosa sul fatto di non voler creare un altro piccolo Bruce Wayne. Ero solo curioso di sapere cosa abbiamo in comune io e questo Wayne. Sul momento non ci ho pensato, ero troppo preso dal pensare ad un modo per evitare che mi sparasse, ma stanotte ho visto il grattacielo della Wayne Enterprises e mi è tornato in mente. Tutto qui.”

 

Le sue parole ebbero un effetto tanto insolito quanto insoddisfacente: Stephanie aveva avuto un tremito violento, come se fosse stata attraversata da una scarica elettrica, mentre James lo aveva guardato con uno sguardo di sconcerto misto a paura.

 

“Io non…” aveva iniziato a balbettare il Signor Gray, guardando la moglie come in cerca d’aiuto.

 

“Questo non è un argomento da bambini.” Tagliò corto Stephanie.

 

Robin stava per aprire bocca per replicare, ma la signora Gray gli intimò di tacere, sollevando la mano “Non sono cose di cui vale la pena di parlare adesso..e comunque non è un argomento adatto a un bambino.”

 

Schiumante di rabbia, Robin mollò la tazza sul tavolo e fece per dirigersi in camera sua, ma la Signora Gray gli si parò davanti.

 

“Robin..” aveva sfoderato di nuovo il tono da mamma-chioccia “non te la prendere, è che non voglio che tu ti dilunghi su…su certe cose!”

 

“Non vuoi che mi dilunghi su certe cose?” ripeté Robin socchiudendo gli occhi.

 

“Esatto! La cosa migliore da fare è senz’altro quella! Perché rimuginare su cose che portano solo dolore? Perché non pensi ad altro? Per esempio, che regalino vorresti per Natale?”

 

Robin la fulminò con lo sguardo.

 

“Non posso pensare ad altro, non ti pare? Non credo che quello che mi è successo si possa cancellare…”

 

Stephanie si affrettò a scusarsi.

 

“Oh, ma certo piccolo mio! Lo..lo capisco! Però cerca di occupare il tuo cervellino anche su altre cose, d’accordo?” e gli scompigliò i capelli.

 

Trattenendosi dall’imprecarle in faccia, Robin tornò in camera sua a passi pesanti. Una volta dentro si diresse verso la valigia, che era ancora da disfare, alla ricerca dei vestiti e di uno spazzolino da denti, ma si bloccò un attimo, con le mani sulle chiusure della sua valigia. Forse aveva trovato un modo per saperne di più su Bruce Wayne.

 

 

 

Dopo circa un’ora (nella quale Robin era rimasto in camera a mettere a punto la sua strategia) raggiunse i Gray in salotto.

 

Erano seduti sul loro divano rosso e parlottavano animatamente: il fatto che si fossero interrotti proprio mentre lui entrava nella stanza, gli dette la sgradevole sensazione che stessero parlando proprio di lui.

 

“Oh, ciao Robin!” lo salutò la Signora Gray agitando la mano, mentre James lo squadrava con attenzione. Robin si chiese stancamente se quella donna si sforzasse di essere sempre così allegra e frizzante o se fosse tutta una facciata.

 

“Vi volevo chiedere una cosa..” disse Robin sfoderando il tono di voce più infantile e innocente di cui fosse capace.

 

“Oh, ma certo piccolo!” rispose la Signora Gray scambiandosi un’occhiata fiduciosa con il marito.

 

“Ecco mi chiedevo se…” continuò Robin modulando la voce e sperando in un successo “ è che, dopo tutte le settimane passate chiuso in ospedale mi manca andare a fare un giro fuori, ehm al parco. Ci andavo spesso a..dare da mangiare alle anatre” buttò li, non sapendo che scusa inventarsi “quindi mi chiedevo se potevate lasciarmi uscire. Mi copro bene e sono di ritorno fra 2 ore al massimo.”

 

Il piano di Robin era quello di uscire da solo e andare fino alla Gotham Central Library: lì avrebbe di sicuro trovato informazioni sulla famiglia Wayne negli archivi. Tuttavia, l’espressione contrita dei due gli fece perdere le speranze.

 

Oh, no no no piccolo Robin! Questo non lo posso proprio fare!” rispose la Signora Gray guardandolo come se le avesse appena dato fuoco al tappeto “No no no! Un bambino piccolo come te da solo per Gotham!” esclamò in tono inorridito “no, non posso lasciarti andare da solo. Però posso portarti io!” si offrì, tutta contenta.

 

“Giro da solo per Gotham da quando avevo 8 anni!” protestò Robin in tono indignato.

 

“Beh, scusami ma è da irresponsabili. Chi mai poteva permettere ad un bambino della tua età di girare da solo per questa città?” intervenne il signor Gray.

 

“Mio padre..” ringhiò Robin, stringendo i pugni.

 

Il signor Gray si rese conto di aver detto la cosa sbagliata e, molto saggiamente, tacque.

 

La Signora Gray tuttavia non si era persa d’animo e si stava già infilando un cappotto bianco dall’aria costosa.

 

“Se Robin vuole andare al parco, ci andrà! Vai a metterti un cappotto, ti ci porto io! Ci divertiremo un sacco!”

 

 

 

Erano passati due giorni dalla disastrosa uscita al parco: la Signora Gray e Robin avevano girato senza meta  per mezza mattinata, alla ricerca di un’anatra fra le acque gelide del laghetto del parco (anche se ci voleva un bel coraggio a chiamare laghetto quello stagno putrido), ma senza esito.

 

La Signora Gray non si era mai persa d’animo e, con un insopportabile ottimismo aveva trascinato un Robin molto silenzioso da una parte all’altra del parco.

 

Il mutismo di Robin era dovuto al fatto che stava architettando un altro piano per andarsene in biblioteca.

 

“Sgattaiolare fuori di nascosto è fuori discussione..” aveva constatato amareggiato, mentre la Signora Gray continuava a chiamare con la sua irritante voce squillante le paperelle nascoste. “Quei due non mi perderanno d’occhio neanche per un secondo. In più sono in vacanza, quindi non c’è speranza che mi lascino solo per qualche ora.”

 

Ci aveva rimuginato tutto il giorno e, alla fine, l’idea tanto agognata gli balenò in testa. Tuttavia si disse che avrebbe fatto meglio ad aspettare 2 o 3 giorni, per far calmare le acque e per fare dimenticare ai Grey l’episodio della colazione.

 

Aspettò due giorni e, subito dopo pranzo, sfoderò di nuovo la sua vocetta infantile e piagnucolosa, che gli faceva venire voglia di prendere a testate un muro.

 

“Ehm..mi chiedevo se potevate portarmi in biblioteca oggi.” Disse Robin guardando i due coniugi, intenti ad impacchettare regali in cucina.

 

“In biblioteca?” ripeté James distogliendo per un attimo l’attenzione dal regalo che stava incartando.

 

Robin snocciolò la scusa che aveva preparato ad arte in quei due giorni “Oh beh, prima ci andavo molto spesso e l’ultima volta avevo preso in prestito un libro che ora è in valigia!  Devo restituirlo al più presto perché il termine è quasi scaduto e perché l’ho finito.”

 

Mentre parlava, si stupiva della facilità con cui riusciva ad inventarsi delle bugie: non era mai stato un contaballe perché non ne aveva mai avuto bisogno, ma ora sentiva che la sua tecnica doveva essere innata.

 

I due Gray, istintivamente, si guardarono e Robin dette il tocco finale “In realtà volevo andare anche a leggere qualcosa in biblioteca! Ci sono affezionato e poi mi piace tanto leggere!” questa, a differenza di quanto detto prima, non era una menzogna. Robin era andato spesso in biblioteca a leggere, per evadere un po’ dalla grigia realtà quotidiana. Gli piaceva immergersi in avventure fantastiche in quella biblioteca dall’aspetto antico e imponente.

 

”Io..”principiò a dire la Signora Gray e Robin si preparò mentalmente all’ennesimo rifiuto “io credo che si possa fare! Vero James?” la donna guardò il marito come per trovare conferma.

 

“Si, immagino di sì.” Disse il signor Gray in tono leggero, rimettendosi ad impacchettare il regalo “alle 3 ti ci porto.”

 

Robin li guardò incredulo, ma poi sorrise: non riusciva a credere di averli abbindolati così bene.

 

 

 

James Gray si fermò davanti ai portoni di legno della biblioteca “Allora passo a prenderti fra un’ora.” chiese a Robin, che stava già scendendo dalla macchina, impaziente.

 

Robin non aveva neanche osato sperare in tanta fortuna: non solo non avevano fatto storie, ma avevano pure acconsentito a lasciarlo da solo. Evidentemente la biblioteca non era catalogabile come “posto pericoloso”.

 

Robin aspettò che l’auto avesse svoltato all’angolo, prima di salire i gradini di pietra che portavano all’ingresso.

 

Una volta dentro Robin non indugiò, come faceva di solito, a contemplare la bellissima cupola che sovrastava l’intera sala ma appese il suo cappotto ad un attaccapanni e si diresse verso il banco informazioni, unica nota stonata nell’arredamento della biblioteca. La biblioteca aveva un aspetto antico e maestoso, mentre il banco informazioni era stato aggiunto dopo ed era in legno chiaro e vetro.

 

Al banco sedeva una donna sulla cinquantina, corpulenta ma dall’aria gentile.

 

“Salve!” fece Robin cercando di farsi vedere (il bancone era piuttosto alto) “Volevo sapere se tenete copie dei giornali degli ultimi anni.”

 

“Beh, abbiamo le edizioni del Gotham Globe, del Sunday Times, e del Gotham Daily degli ultimi 30 anni.” Rispose la donna osservando quel piccoletto che cercava di sporgersi sul bancone “Cerchi qualcosa in particolare?”

 

“Sì, mi servirebbero articoli su…” pensò un attimo alla discussione dell’altro giorno. Come si chiamava il padre di Bruce Wayne? “Vorrei gli articoli sulla famiglia Wayne.”

 

La donna digitò qualcosa, rapidamente sul computer scassato che aveva di fronte.

 

“Ne abbiamo parecchi di articoli sulla famiglia Wayne..per cosa ti serve?”

 

“Una ricerca scolastica. Compiti per le vacanze.” Improvvisò Robin, tamburellando sul legno del bancone.

 

“Beh qui ne abbiamo in abbondanza di materiale. Dalle donazioni per la ricerca medica, alla costruzione del Gotham General Hospital, dalla beneficienza alla costruzione della monorotaia, le sovvenzioni per l’Arkham Asylum “la bibliotecaria fece una pausa nella quale si aggiustò gli occhiali “ e, naturalmente, una sfilza di articoli sull’orribile omicidio dei Wayne.”

 

Robin sentì i capelli drizzarglisi in testa.

 

“Mi servono quelli.” Disse con voce tremante.

 

La bibliotecaria annuì, senza fare domande e si allontanò per qualche minuto, per poi tornare con un pacchetto di giornali tenuto insieme da un laccetto nero.

 

.Lo accompagnò ad un tavolo e lo lasciò da solo con gli articoli di giornale.

 

Robin inspirò profondamente e cominciò a sciogliere il laccio che teneva insieme il pacchetto dei giornali.

 

 

 

“Robin sei sicuro di stare bene?” chiese Stephanie, notando che il figlio adottivo non aveva praticamente toccato cibo ed era rimasto tutto il tempo guardando il basso, assorto nei suoi pensieri.

 

“Sto bene.” Ripeté per quella che gli sembrò la centesima volta, guardando il piatto di pasta quasi intatto “Non ho appetito, tutto qui.”

 

Ci fu un momento di silenzio, poi Stephanie ripartì all’attacco.

 

“Robin, devi mangiare qualcosa!”

 

“Non ho fame!” sbottò Robin gettando le posate sul piatto, alzandosi e correndo in camera sua.

 

Sbatté la porta dietro di sé e si buttò sul letto, chiudendo gli occhi.

 

Era riuscito a leggere gli articoli,l risalenti ad anni prima, della tragica morte di Thomas e Martha Wayne.

 

Robin era riuscito a figurarsi con estrema chiarezza il Joe Chill descritto dal giornale, mentre si avvicinava a quella normalissima famiglia, uscita in fretta dal teatro per un malessere del figlio (come avevano riportato i giornali).

 

Ad occhi chiusi, Robin riusciva ad immaginare un vicolo umido e buio, proprio come Sycamore Street, col fumo che usciva lentamente dalle fogne ed un odore di marcio che aleggiava nell’aria.

 

Sentiva quei due assordanti spari che avevano stroncato il famoso dottor Wayne e sua moglie.

 

I giornali avevano pareri discordanti sulla successiva fuga di Joe Chill: il Gotham Globe affermava che Joe Chill stava per svuotare il caricatore su Bruce, rimasto impietrito, ma che un rumore lo aveva spaventato e fatto scappare (anche se non era andato lontano), mentre un altro sosteneva che l’assassino non avesse proprio pensato al ragazzino, ma ad arraffare i soldi e a scomparire nella nebbia di Gotham.

 

Robin pensava a quanto fossero simili lui e quel Bruce Wayne: aveva rivisto sé stesso, in quella foto in bianco e nero del Gotham Globe, il volto di un bambino impaurito, dagli occhi che sembravano chiedere “perché?! ” al mondo intero. Pensò alla sua paura, al suo senso di impotenza, a come non fosse nemmeno riuscito ad urlare.

 

Ora capiva cosa intendeva Roger per “creare un altro Bruce Wayne” e per un attimo si chiese se scappare fosse stata in effetti la cosa migliore da fare. Si rese conto proprio in quel momento che avrebbe vissuto tutta la sua vita con quell’immagine davanti agli occhi, un’immagine che avrebbe infestato i suoi incubi per sempre.Inconsapevolmente, Roger gli stava facendo molto più male in questo modo. Cos'era una pallottola in confronto ad una vita del genere? Una vita segnata dalla rabbia e dal ricordo indelebile di quanto era accaduto senza un perché.

 

Gli vennero le lacrime agli occhi.

 

“Perché deve succedere tutto questo? Perché nessuno fa niente?!” bisbigliò Robin

 

“Robin? Piccolo birichino, vieni fuori! Se c’è qualcosa che non va devi dirlo alla mamma. Io..”

 

Non finì la frase perché fu praticamente investita dall’urlo di Robin, anche se c’era una porta a dividerli

 

LASCIAMI..IN..PACE!”

 

La scarpa che Robin lanciò contro la porta, fu il segnale definitivo e Stephanie girò i tacchi, dirigendosi in salotto. Lei e suo marito avevano bisogno di discutere qualcosa di importante.

 

 

 

This is the end of Chapter 5! Grazie a tutti quelli che recensiranno, ma anche a quelli che leggeranno e basta J Ci vediamo presto!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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