Unknown Identity
Capitolo
5: Mi fido di te…
1 Novembre, Dormitorio Femminile Serpeverde, ore 17:00
Caro Diario,
Come ti avevo promesso
oggi ho riflettuto meglio su quello che Draco mi ha
detto ieri sera… e ancora non riesco a capire bene tutta la situazione. Non ho
intenzione di scrivere su queste pagine quello che mi ha rivelato, perché se
nello sfortunato caso in cui queste pagine venissero
lette da altri poi sarebbero semplicemente guai. Per lui e per me. Bene, adesso
che ho chiarito questo breve punto posso
tranquillamente andarmene… un bacio Liz
Fece per chiudere il diario e riporre piuma e calamaio nel baule. Si
stava alzando per andarsene quando davanti alla porta
del dormitorio si fermò, tornò indietro e riprese il diario dove ricominciò a
scrivere freneticamente, con una scrittura molto poco ordinata e confusa
rispetto al paragrafo precedente. Imprecò quando nella
fretta alcune gocce d’inchiostro andarono a macchiare la pergamena giallastra
del suo quaderno.
Ok, non
ho finito, anche se credevo fosse così… devo
assolutamente parlare in qualche modo con qualcuno o qualcosa, altrimenti
finirò con l’esplodere. Dunque, se dico che ieri sera Malfoy ci ha provato spudoratamente con me, qualcuno
potrebbe mai credermi? Se dicessi a qualcuno che Malfoy
ha espressamente chiarito il concetto di desiderio che ha nei miei confronti,
poi… meglio lasciare perdere. Una cosa è sicura: io
sto decisamente perdendo la testa per questo ragazzo…
e non credo sia una cosa positiva. L’ultima volta che ho perso la testa per un ragazzo è stato per Harry…
e dio se ci sono rimasta male a vederlo con
Decisamente più tranquilla
richiuse definitivamente il diario e lo ripose insieme al calamaio nel fondo
del suo baule, uscendo poi dalla stanza con un sorrisino soddisfatto in volto.
La sala comune era gremita di ragazzini, probabilmente tra il primo ed il terzo
anno, che ancora potevano godere del lusso di non
dover utilizzare montagne di libri per le loro ricerche, e che dunque potevano
stare in sala a svolgere i loro compiti davanti ad un fuocherello
allegramente scoppiettante nel camino. Si diresse verso il quadro del Barone
Sanguinario che proprio nel momento in cui era sul punto di aprire si spalancò
senza che lei muovesse un dito, mostrando la figura di una ragazza mora, dai
capelli a lunghi tenuti ordinatamente dritti. La camicia aderente sembrava
essere di almeno un paio di taglie più piccola del dovuto, come del resto anche
la gonna troppo corta, mentre la cravatta caratteristica Serpeverde
era malamente allacciata al collo, come se non ci
avesse messo più di dieci secondi a metterla al collo. Osservò le forme sinuose
del suo corpo, notando le belle gambe mostrate dalla gonna, e si fermò poi sul
volto: le labbra carnose e rosate, lievemente colorate da un lucido trasparente
ed il infine gli occhi neri, profonde come pozze di petrolio.
“Konnen, levati, mi intralci
la strada” fece la mora con voce acuta e decisamente strascicata. Sembrava
volesse imitare in un modo decisamente più rozzo, il
modo di fare di un ragazzo di sua conoscenza.
“Figurati Parkinson, non è proprio mia intenzione
quella di tagliarti la strada” disse rendendosi solo poco dopo di come quella
frase poteva avere un duplice senso. La mora che nel frattempo era andata
avanti si fermò e la guardò con uno sguardo fulminante biascicando cose senza
senso, delle quali comprese solo
“Vedremo tra poco chi la vincerà”. Osservò Pansy per
qualche secondo con cipiglio stranito, mentre si muoveva ancheggiando un po’
troppo, probabilmente per andare al dormitorio. Scosse la testa in segno di
compatimento e scese le scale a sua volta quando un
Barone Sanguinario piuttosto scocciato di lasciare aperto per un quarto d’ora
il passaggio le fece notare molto elegantemente di squagliarsela o le avrebbe
mozzato la testa chiudendosi di scatto.
1 Novembre, Guferia,
ore 17:15
Si era ritrovato ad andare a grandi passi verso la guferia
per poter inviare a velocità record una lettera al
padre, della quale aspettava risposta. Era passata quasi mezz’ora ma ancora l’aquila reale che aveva mandato al posto del
suo falco non era di ritorno. Nella sua lettera aveva chiesto spiegazioni
esaurienti per quello che aveva tramato lui insieme alla sua schifida “fidanzata”. In quel momento, quasi come se avesse
percepito i suoi pensieri, arrivò l’aquila, con una letterina tra il becco, che
lasciò cadere dall’alto dritta nelle mani del biondo.
Tutto
è già stato deciso Draco, e tu non puoi sottrarti ai
tuoi obblighi. Conoscendoti come il ragazzo che sono
stato anche io, ritengo questa decisione la migliore. In modo
che a nessuno venga la strana idea di te.
Queste erano le due brevi righe scritte in
risposta da suo padre.
Bhé, come
minimo si è degnato di rispondere…
Pensò, mentre in un moto di rabbia stracciava in mille pezzi la
piccola pergamena, che sotto il suo sguardo sarebbe anche potuta andare a
fuoco.
*Flashback*
“MALEDIZIONE PADRE, PERCHE’
PROPRIO LEI?!” fece al colmo dell’isteria, non poteva
sopportare una cosa del genere. Il padre lo fulminò con uno
sguardo e con un colpo di bacchetta lo schiantò qualche metro più in là
dell’ampio studio. Gli si avvicinò in modo che potesse sentirlo, ed in un
sibilo furioso parlò.
“Vedo che nonostante diciassette anni di vita tu non hai ancora capito nulla di
questa vita” fece prima di voltarsi.
“Non ho capito niente, eh… padre?” fece in tono
canzonatorio il giovane Malfoy, facendo in modo che
Senior si fermasse e si voltasse nuovamente a squadrarlo dall’alto in basso con
i suoi stessi occhi ghiacciati.“Forse, padre, sono l’unico che ha capito
veramente qualcosa di questo mondo di merda.” fece a bassa voce, alzandosi in
piedi e sentendo le gambe essere sul punto d cedere da un momento all’altro.
Sarebbe bastato che con la punta della bacchetta il padre gli avesse sfiorato la spalla e sarebbe cascato a terra. Sentiva
la paura dentro, come l’aveva sempre sentita quando
era solo in casa con il padre, ma dopo diciassette anni aveva capito che quando
era necessario doveva parlare. Il padre mostrò un sorriso di scherno, che non
aveva nulla di allegro o divertente.
“Bravo Draco, sarai
allora d’accordo con me nel dire che questa è
semplicemente la scelta migliore.”
*Fine Flashback*
1 Novembre, Biblioteca della scuola, ore 17:40
Seduta composta stava scrivendo quel benedetto tema per Piton. E dire che le era sembrato
facile a prima vista! Dopotutto doveva trovare solo un ingrediente,
doveva parlare solo della Salamandra Scarna, no?! Ed
invece… ti pare che su quei dannati libri qualcuno parlasse di Salamandre Scarne?! No! Ovviamente no! Dopo quaranta minuti di ricerca
affannosa era addirittura arrivata a pensare che quello fosse semplicemente un
modo per metterli alla prova e per farsi quattro risate insieme a Mastro Gazza
nei momenti di solitudine. Mah… sicuramente non avrebbe mai preso più di una A meno meno meno
in pozioni… del resto quello che stava scrivendo era un semplice giro di parole
per arrivare ad una conclusione inesistente. Strinse la penna in mano e decisa
a non dargliela vinta continuò a cercare dappertutto. Quando
all’improvviso si sentì abbracciata stretta dalle spalle. Spalancò gli
occhi sentendosi quasi soffocata.
“Lizzy! Mi hai fatto preoccupare tanto ieri
sera! Dove diavolo te ne sei andata?!” una voce a lei
nota parlò con veemenza.
“Rose! Calmati per piacere… altrimenti ci cacciano da qui!” fece
Ginny notando lo sguardo feroce che la bibliotecaria
le aveva rivolto. La mora annuì mentre andava a
sedersi accanto alla rossa. Notò anche
come aveva quasi le lacrime agli occhi.
“Ok, ma adesso spiegami, sul serio, dove sei stata
ieri?! Ti ho cercato per ore ma
niente!” fece ancora la mora. Ginny la guardò un po’
restia al rispondere e parecchio piccata per quelle
parole.
“Veramente io sono semplicemente diventata matta ieri sera
nel cercarti! Ho girato tutto quel posto tra paradiso inferno e
purgatorio e non ti ho trovata!” fece semplicemente la
rossa con una punta di veleno nella voce per essere stata lasciata sola per
tutta la sera.
“Sei scesa?!” chiese quasi incredula Rose. Ginny la guardò ed annuì.
“Mi hai fatto fare mille scale, avanti ed indietro,
non ci ho capito nulla. E poi…” per un attimo
si bloccò, indecisa sul dirsi.
“Quando sono scesa giù all’inferno ho visto
parecchie stanze separate, e sinceramente ho pensato ti fossi imboscata con Blaise da qualche parte…” fece con voce un po’ più bassa.
Notò il volto di Rose divenire decisamente rosso e
guardarla alquanto stupita.
“Liz, cosa diamine vai
pensando?! Sono andata solo a prendere Blaise un
attimo, e quando dopo pochi minuti sono tornata tu non c’eri
più!” fece quasi scandalizzata. Ginny si pentì di
aver esposto quel pensiero, dato che ci aveva fatto lei la magra figura.
Rimasero un po’ in silenzio, e Ginny aveva ricominciato a scrivere con la sua penna bianca.
“E così sei scesa giù, eh?” riprese dopo
qualche secondo la mora.
“Si, e con questo?” chiese non capendo
come mai quel tono incredulo.
“Devi sapere che il posto dove ti ho portato
ieri sera io è l’incarnazione della magia. La puoi sentire nell’aria
traboccante. Per questo è stato necessario mettere un limite d’età per le varie
sezioni. Nel paradiso possono starvi tutti quanti, poiché avrai
notato che il posto è pulito e chiaro, le bibite offerte non sono ad
alto tasso alcolico e…”
“Tranne quella che mi hai offerto tu” biascicò Ginny.
“E non si può fare nulla di così osceno.” continuò la mora aspettandosi una sua reazione.
“Il purgatorio ha un limite di età minima di
quattordici anni, le bevande servite sono più forti e ci si può proporre in
atteggiamenti più provocanti” fece la mora a bassa voce. Ginny
non annuì, ma restò in silenzio ad aspettare che finisse di parlare, anche se doveva ammettere di averle già notate queste cose.
“Nell’inferno il limite sale ancora a sedici anni. Credo avrai
visto quante bibite possono essere servite, e come mi hai detto tu stessa, ci
sono tante camere separate se si vuole un po’ di privacy in più” Ginny fece una lieve smorfia al pensiero dei due ragazzi
che aveva visto uscire da una delle stanzette, quando le venne i mente una
curiosità.
“E quell’altra scala dove porta invece?” chiese come
se nulla fosse.
“Altra scala?” chiese a sua volta non capendo di preciso a cosa si riferisse.
“Ma si, l’altra scala, quella in fondo alla sala, lungo il limite
opposto a quello del barman.” spiegò
Ginny. Rose parve pensarci
su qualche secondo prima di rispondere.
“Ah, dici la scala dei privati? Bhé, sinceramente non
ci sono mai scesa, ma ti posso dire che porta a cinque
stanze, una per ognuno dei grandi Slytherin, quelli
che hanno dato vita a quel posto: Theodore Nott, Daphne Greengrass, Pansy Parkinson, Blaise Zabini ed ovviamente Draco Malfoy. So che solo loro
hanno la chiave della loro stanza lì sotto, ma non ti so dire altro” Ginny annuì ripensando a quello che era
successo la sera prima
*Flashback*
“Apri questa porta che è meglio.” fece Ginny anticipandolo per
evitare sconvenienti commenti su quanto aveva appena detto.
“Non ne ho voglia” fece tranquillo, tirando fuori dalla
tasca una chiavetta dorata a rigirandosela in mano fissandola di continuo. La
pazienza di Ginny stava andando letteralmente a farsi
friggere.
“Bene!” fece sarcastica con uno
sbuffo, sedendosi su un’altra poltrona poco distante “Rimaniamo qui a guardarci
negli occhi aspettando che qualcuno dei due scoppi a ridere!” fece con
lo stesso tono, con un pizzico di sfida in più forse. Il ragazzo accennò ad un
sorriso e chiuse tra le mani la chiavetta che fino a
quel momento stava tenendo in mano.
“Bene.” disse semplicemente mettendola in tasca e
prendendo a guardare la rossa intensamente, sempre con quell’irritante
sorrisetto vittorioso. Passarono i secondi, e con essi anche i minuti, e dopo quelle che sembrarono ore Ginny, che ormai la pazienza non sapeva neanche più cosa
fosse mai stata esplose.
“Mi vuoi dire cosa diavolo vuoi da me?!” fece ad alzando la voce e scattando in
piedi dalla sua postazione. Draco che l’aveva
osservata, al contrario di lei con molta pazienza
allargò con piacere il suo sorriso.
“Assolutamente niente. Semplicemente ti ritengo una persona fidata per dirti
quello che sto per dirti.” Ginny
rimase un attimo interdetta. Lo osservò con occhi
sgranati. Pensava di sapere di cosa stesse parlando.
Un amaro sorriso increspò la linea delle labbra del ragazzo.
“Vedo che hai un ottimo intuito, Lizzy” fece atono. Ginny cadde a
sedere sul letto dove pochi minuti prima era sdraiata,
osservando silenziosa il ragazzo, aspettando un suo chiarimento, una sua frase
che potesse esserle d’aiuto in tutto quel casino.
“Diventerò presto uno di loro” continuò dopo aver
scrutato attentamente la ragazza. Ginny non seppe
come mai, ma in quel momento sentì il cuore sgretolarsi come un castello di
sabbia al vento, abbattuto da onde insormontabili.
“Ed ho bisogno del tuo
aiuto”
*Fine Flashback*
1 Novembre, Sala Comune Serpeverde,
ore 18:00
Seduta comodamente su una poltrona davanti al camino acceso si
apprestava a volgere lo sguardo su quel mucchio di parole che paratosi davanti
a lei sotto forma di libro. Le gambe, che volevano sembrare elegantemente
accavallate, erano eccessivamente scoperte dalla gonna troppo corta, e poco ci
mancava perché si scorgesse tranquillamente la sua biancheria. Idem per la
camicetta, probabilmente sul punto di perdere qualche bottone, pareva di più
una camicia contenente, con i primi tre bottoni lasciati volutamente aperti per
rendere appena visibile uno scorcio del seno prominente che disponeva. Le mani,
curate in ogni minimo dettaglio, dalle unghie affilatissime erano pronte per la
lotta, e il volto sereno, con lo sguardo sicuro ed un sorriso beffardo a
marcarle le labbra. Non avrebbe mai perso quella battaglia. E ne andava fiera. Andava fiera di tutto quello di cui
disponeva. Aveva avuto il meglio del meglio grazie a
ciò. E con un ultimo sospiro decise di chiudere quell’inutile
aggeggio che stringeva tra le mani per dedicarsi a qualcosa di decisamente più costruttivo.
“Ehi, Alex, vieni qui,
non avevi detto mi avresti dato ripetizione in erbologia
una di queste sere?” fece ingrandendo gli occhi in un’espressione da cerbiatta,
mentre la mano destra passava una ciocca di ribelli capelli corvini dietro
all’orecchio. Il ragazzo interpellato, un giovane bruno dal colorito
mediterraneo, alzò lo sguardo non comprendendo subito, prima di accennare ad un
sorriso ricambiato con malizia.
1 Novembre, Corridoi dei Sotterranei, ore 19:30
Durante la giornata non aveva fatto altro che evitarlo, con la
ripromessa che avrebbe dovuto chiarire con lui al più presto. E adesso, presasi
un pezzetto del coraggio Grifondoro albergante nel
suo cuore da una vita, si stava dirigendo a passo svelto verso la sala comune,
doveva trovarlo prima che sparisse per la cena. Anche perché era certa che a cena non avrebbe potuto parlare poi
tanto di quello che era accaduto la sera prima tra loro due. Fece un
sospiro e borbottata la parola d’ordine al barone Sanguinario, che si aprì
mostrando l’entrata alla sala comune Serpeverde, fece
il suo ingresso osservandosi bene intorno. Niente. Di lui neppure una traccia.
Salì le scale del dormitorio femminile e fece per avvicinarsi alla porta della
sua stanza, doveva riporre i libri che aveva portato con se prima in biblioteca.
Ma un rumore di porta che si apriva le fece lasciare
la porta socchiusa dopo essere entrata. Vide uscire Pansy
Parkinson con la gonna abbastanza stropicciata e
risistemarsi la camicia chiudendo l’ultimo bottone. Le labbra
gonfie e rosse piegate in una strana smorfia vagamente somigliante all’accenno
di un sorriso. Scese le scale e dopo pochi secondi
la porta dalla quale era uscita, lasciata dischiusa, si aprì nuovamente, mentre
un ragazzo alto usciva sistemandosi la cravatta con un sorriso compiaciuto in
volto. I capelli solitamente portati perennemente a spina erano appiattiti, la
camicia per metà dentro e per metà fuori dai
pantaloni, mentre i jeans che indossava in quel momento erano sbracati. Se ne andò anche lui dopo un attimo soprappensiero atteggiandosi
a gran figo con una camminata sciolta. Ginny aprì la porta e rimase pensierosa con i libri in mano
a riflettere sulla scena appena vista, indecisa se parlare o
meno di tutto ciò.
1 Novembre, Sala Grande, ore 20:30
Cena. Il solito mormorio concitato era sparso per la sala grande. Tutti intenti a discutere, chi più chi meno allegramente della
propria giornata da studente. Alcuni ragazzini di Grifondoro
si stavano sottovoce lamentando dei troppi compiti di pozioni, altri più grandi
di Corvonero discutevano della situazione politica del momento, i Tassorosso erano
ancora pesantemente sconfortati dalla loro ultima partita persa, ed infine i Serpeverde si astenevano per quanto possibile dal rendere
evidenti i loro pensieri, freddi calcolatori e diffidenti persone gustavano il
loro pasto a testa china. Solo pochi si distinguevano dalla
massa verde-argento.
“Ehi Liz, hai sentito che a Hogsmeade hanno intenzione di aprire un grande
centro commerciale?!” una ragazza mora parlava concitata, senza però esagerare
nel gesticolare. Ginny non fece in tempo a
rispondere.
“Ma cosa, come quelli Gabbani?” una ragazza
bionda aveva parlato. Rose annuì vagamente osservando GInny in attesa di una risposta. GInny posò la forchetta sul tavolo e osservando la
mora fece
“Cosa vuoi che ti risponda Rose?”
“Niente! Solo volevo sapere cosa ne pensi…”
continuò Rose. Ginny si rese conto che quello non era
il momento migliore per le sue riflessioni, anche perché con Rose intorno non
sarebbe riuscita a pensare molto.
“Bhè, sarebbe carino, si… dopotutto nei
centri commerciali ci trovi veramente di tutto.” Fece in risposta all’amica. Rose, notando come la rossa non era in vena di commenti sembrò accontentarsi di quella
risposta molto fiacca. Proprio in quel momento un’altra voce dalla tonalità
acuta e squillante perforò l’orecchio di Ginny. Pansy Parkinson era in piedi con
la bacchetta puntata alla gola amplificandone la voce, che con qualche lieve
colpetto di tosse cercò di attirare l’attenzione generale, riuscendoci solo
dopo vari tentativi.
“Professori, cari compagni ho un annuncio meeeeraviglioso
da fare a tutti voi!” fece allungando a dismisura la
“e” in meraviglioso, rendendo così la sua voce ancora più inudibile.
I professori, anche loro attratti da quella novità smisero di mangiare, il
tintinnio delle posate e dei bicchieri cessò
d’istante, come anche le risate, le parole sommesse e le chiacchiere varie.
Tutti erano concentrati su di lei. Ginny provò a fare
mente locale, immaginando cosa potesse mai avere di tanto importante da raccontare
proprio a tavola e per giunta davanti a tutta la scuola. Spostò lo sguardo per
un attimo involontariamente sulla figura di Draco,
che imperturbato continuava a mangiare senza curarsi affatto di quello che
stava succedendo attorno a lui. A tradire un certo nervosismo da parte sua vi
era la stretta morbosa che aveva intorno alla forchetta, rendendo i
polpastrelli delle dita e le nocche bianche. Perché
“Volevo annunciare a tutti voi, con grande esclusiva
che…” le rivolse un’occhiata vittoriosa che diceva tutto da se.
“Alla fine di quest’anno scolastico io e Draco Malfoy ci sposeremo!”
terminata la frase un silenzio tombale travolse la
sala. Adesso anche i respiri sembravano essersi infittiti rendendo l’aria
pesante. I polmoni di Ginny erano come atrofizzati,
ed il suo cuore sembrava essersi fermato, per un attimo credette di svenire,
non riusciva a sentire il sangue salire alla testa, e probabilmente doveva
essere pallida come la morte in quel momento. Avrebbe voluto mettersi ad
urlare, andare correndo verso quella ragazza e trafiggerla con la forchetta che
aveva poggiato qualche attimo prima sul tavolo accanto
al piatto, o come minimo avrebbe voluto alzarsi e fuggire via da quel posto
ormai troppo piccolo per lei e tutta quella gente. Lo sguardo di tutti era
divenuto pesante, nonostante nessuno fosse in realtà
interessato a lei. Il suono che spezzò quel attimo
di spasmo fu il tintinnio di posate che poggiavano pesantemente sul piatto.
Vide la figura alta e longilinea del ragazzo alzarsi in tutta la sua statura e
lanciarle un’occhiata veloce e significativa. Avrebbe
voluto interpretarla come un “Tranquilla è uno scherzo”, ci aveva sperato fino
al momento in cui lo aveva visto uscire varcando il grande
portone verniciato della sala. Lo sguardo perso nel vuoto davanti a se stessa,
mentre l’immagine di una Pansy Parkinson
estremamente realizzata si faceva prepotentemente
spazio nella sua mente ed un pensiero altrui spaziava in quest’ultima.
“Ho vinto io sgualdrina”
1 Novembre, Parco di Hogwarts,
ore 22:00
Il coprifuoco era scattato da circa venti minuti, ma non accennava a
muoversi da lì. Il tronco spaccato di quella che doveva essere stata a suo
tempo una grande quercia gli fungeva da panchina.
L’aria fredda novembrina era divenuta presto gelida con l’inoltrarsi della
notte, ma non sembrava sentirne gli effetti. Osservava senza vedere poi
realmente l’aria cristallizzarsi ad ogni suo respiro davanti ai suoi occhi. Da quanto era seduto lì? Da almeno un ora, di questo ne era sicuro. Lo sapeva. Sapeva che
sarebbe andata in quel modo. Ma non credeva non
sarebbe riuscito a reggere il suo sguardo smarrito una volta appresa la
notizia. Avrebbe voluto urlare, mettersi ad urlare
contro un dio che poi non esisteva. Era così che facevano dopotutto i babbani quando
non avevano nessuno contro cui prenersela, no? Ma alla fine a cosa sarebbe servito? Quella stronza… ripensò a quella stronza dai lisci capelli neri, neri come la pece e come la
sua anima sporca. Avrebbe potuto avvertirla. Sicuramente era stata male. O forse cercava delle giustificazioni per motivare quello
strano vuoto all’altezza dello stomaco oltre che la morsa ai polmoni. Per quale
motivo proprio a lui?! Perché
proprio lui doveva essere condannato ad una cosa simile? C’erano volte in cui
credeva che la morte sarebbe stata un’alternativa
migliore a quella pigola girovagante per casa. Solo dopo si rendeva conto che non sarebbe stato affatto giusta la sua di morte. Piuttosto
quella di Pansy… si, quella non poteva meritare altro
dopotutto. Non si voltò quando sentì una presenza al
suo fianco respirare come lui. Rimase in silenzio, come anche la figura accanto
a lui per quelle che parvero ore. Non voleva parlare, non avrebbe trovato le
parole, chiunque egli fosse. Anche
se in verità sperava fosse una lei.
“Per quale motivo non me l’hai detto?” la
voce al suo fianco parlò con il suo classico tono controllato e pacato,
vagamente sarcastico forse, ma da amico. Non era lei.
“Cosa avrei dovuto dirti?” non si voltò ad
incrociare gli occhi turchesi del cugino. Non sarebbe riuscito a reggere neppure
quello. In quel momento voleva semplicemente che la vita se ne
andasse direttamente a fanculo, senza passare
da lui, lasciandolo spettatore di una vita che non stava vivendo, ma subendo.
“Bhè, per esempio di te e Pansy?” fece sarcastico l’amico. Draco
trattenne un riso. Cosa avrebbe dovuto dirgli? Solo
fino al giorno prima anche lui non era a conoscenza di
niente di tutto questo.
“Poco importa che io te l’abbia detto o meno,
adesso lo sai, no?” fece atono con lo sguardo fisso in un punto indefinito del
vuoto.
“Certo” fece l’altro lasciando una lieve nota sospesa per aria, che
continuò dopo un attimo di silenzio. “E non sono
l’unico a saperlo” continuò in quello che voleva essere un tono perentorio, ma
che alla fin fine non era altro che il consiglio malcelato di un buon amico. E Draco questo sembrò capirlo
molto rapidamente. Non rispose a quella frase, che sicuramente voleva fungere
da punto della discussione e si alzò silenziosamente passandogli davanti senza
guardarlo. Solo quando orami la distanza era di
qualche metro in un sussurro udibile solo da se stesso ammise un
“Grazie”.
1 Novembre, Dormitorio Femminile Serpeverde, ore 23:00
Sdraiata sul suo letto merlato d’argento non aveva più lacrime da
gettare in quel momento. Ringraziò il cielo che nessun Serpeverde
fosse il buon samaritano che va a letto presto, anzi
probabilmente nessuno di loro aveva mai usato il letto per dormirci veramente,
pensò. Ma per quale motivo piangere, poi? Non erano mai stati insieme, e grazie al cielo questa notizia le aveva
finalmente messo la testa sulla giusta via. Ossia
dimenticare tutto di lui. A partire dal biondo dei
capelli che riluceva come oro alla luce del sole, al ghigno che metteva in
mostra parte dei denti bianchissimi ed ordinati che aveva, e finendo con il ghiaccio
dei suoi occhi, che alle volte sembravano sciogliersi come l’acqua di un
ghiacciaio: fredda e buona. Era questo che pensava di lui? Che
fosse freddo in apparenza ma buono sotto sotto?
Infondo…
*Flashback*
“Ma… ma… non è
possibile…” si limitò a balbettare. Il fiato corto, come se
avesse finito in quel momento una corsa chilometrica. Lo guardò con
occhi incerti, grandi e luccicanti della flebile luce che li ricopriva come un
velo. Rimase in silenzio dopo queste deboli parole, soffiate via quasi con la
forza. Anche il silenzio li coprì, ma più che un velo
sembrava una forza che la costringeva rimanere in silenzio. Per quale motivo non si decideva a dirle qualcosa? Perché
la faceva rimanere nel panico assoluto? Dopotutto sapeva che lui sarebbe
divenuto un Mangiamorte… ne aveva
avuta la certezza quella volte nella foresta… ma…
“Per diventare Mangiamorte
richiedono da te due cose…” fece Draco
con tono basso e controllato “fondamentali” terminò. Ginny
lo osservava incredula, incapace di spiccicare parola o di replicare. Incapace
di opporsi a tutto questo.
“Fedeltà assoluta” continuò con lo stesso tono,
osservandola negli occhi con attenzione.
“Ed un assassinio.” Completò mentre Ginny sentiva che
da un momento all’altro sarebbe svenuta lì per terra. Ma
i secondi passavano e lei ancora era lì seduta. Le lacrime le inondavano gli
occhi, pronte a spiccare un salto verso le sue guance rendendole lievemente
salate. La osservava continuamente, con quello sguardo indecifrabile come un
manoscritto egiziano e bello come un mare in tempesta. Si domandò come aveva
fatto ad amare una persona che la vita le aveva fatto
odiare. O forse è meglio dire che le posizioni prese
le fecero odiare. Ed in contemporanea come poteva amare un
assassino. Un essere immondo seguace di Voldermort.
Del nemico numero uno di tutto l’ordine e di Harry in
prima persona. Harry. Cosa
provava per lui invece? Nulla più di una grande, immensa, infinita amicizia.
Questi erano i pensieri che le sconvolsero in un solo istante la mente, andando
ripetendosi all’infinito.
“Eppure…” disse il
ragazzo, cambiando lievemente tono. Ginny prese una
piccola speranza.
“Non sono convinto che questa sia la mia strada e
voglio il tuo aiuto” concluse con tono deciso il ragazzo, lasciandola
completamente di stucco, ma con il cuore rotto in meno pezzi.
*Fine Flashback*
Ricordò come la conversazione era continuata
anche quando Draco si era alzato andandosene dalla
sala. Pansy aveva mostrato un sorriso molto tirato e
finto e con voce melliflua aveva affermato
“E’ al colmo della felicità, non credo riesca a reggere l’emozione…
lasciatelo prendere aria” fece mostrandosi tranquilla davanti ai professori,
che avevano assunto un’espressione decisamente
contrariata da quello che era appena successo.
“Ed infine voglio annunciare, davanti a lei signor Preside,
chiedendole qui davanti a tutti il permesso per
svolgere una festa di pre-matrimonio sotto esclusiva
richiesta di Lucius Malfoy”
alcuni al sentir nominato il nome del più efferato mangiamorte
tra i mangiamorte rabbrividirono o si lasciarono
sfuggire un gemito. Nonostante fosse chiuso ad Azkaban molti avevano la paura che potesse fuggire da
un momento all’altro, come fece a suo tempo Sirius
Black. Il preside mantenne comunque la sua calma
pacata e disse.
“Se la richiesta giunge direttamente dal
signor Malfoy, credo che si possa fare. Vedremo più
avanti. Ed ora signorina Parkinson la prego di
tornare a sedere come tutti i suoi compagni.” Pansy aveva mostrato un altro dei suoi classici sorrisi
melliflui e aveva detto con voce mielosa
“Grazie mille signor Preside.” Voltandosi infine verso Ginny e guardandola con occhi infuocati. Solo a questo
punto Ginny non era più riuscita a reggere tutta
questa situazione e alzatasi da tavola era andata via a passo veloce, sotto lo
sguardo incuriosito di tutta la scuola, vagamente divertita da quella serie di eventi straordinari. E qui aveva
iniziato a piangere, per smettere solo dopo un paio d’ore. Era possibile stare
male in tal modo per una persona? Si disse che la
risposta la poteva trovare davanti ad uno specchio.
10 Novembre, Ufficio del Preside, ore 10:00
“Allora Ginevra, dimmi pure, con calma, sui nuovi aggiornamenti.” La voce pacata, come solito, del
preside la fece rilassare. Erano dieci giorni che non riusciva a prendere
sonno. Dieci giorni che non riusciva a mangiare più di un
boccone e dieci giorni che non riusciva a capire quale entità sovraumana le
desse la forza di passargli davanti senza degnarlo di uno sguardo. Ed in quel momento era rilassata. I muscoli del volto,
sempre tesi in un’espressione tirata, anche a causa della stanchezza, per la
prima volta da dieci giorni parvero rilassarsi anche questi, e prese a parlare
con una ritrovata pace.
“Non credo vi siano missioni stile mangiamorte
e Voldemort in programma per il momento signor preside…” fece sicura. Qualche istante di silenzio ed
il preside continuò per lei
“Bene, allora se non hai altro da riferirmi puoi pure andare…” era
un’esortazione a parlargli. Ringraziò mentalmente la delicata e sottile
sensibilità che il vecchio preside aveva sempre dimostrato di avere con lei.
Senza trattarla da ragazzina o da ultima dei sette Weasley.
Semplicemente come voleva essere trattata: come una ragazza sulla via per
diventare una donna, una grande donna sperava. Sorrise
e congedandosi uscì dall’ufficio. Non appena il gargoyle
alle sue spalle fu ritornato alla posizione originaria, una volta scesa
dall’ufficio, sentì con dolore il peso della situazione placcarle il cuore.
12 Novembre, Sala Comune Serpeverde,
ore 15:00
Orario
Partite di Quidditch:
2°
Girone:
20
Novembre, ore 15:00: Corvonero
Grifondoro
21
Novembre, ore 15:00: Grifondoro
Tassorosso
22
Novembre, ore 15:00: Serpeverde
Corvonero
23
Novembre, ore 15:00: Tassorosso
Serpeverde
Firmato:
Albus Silente
Preside
Osservò l’annuncio affisso nella bacheca della sala comune Serpeverde. Mancava davvero poco all’inizio della seconda
stagione di quidditch, quella che poteva porre le
basi di una futura vittoria. Un lieve sorriso gli increspò le
labbra al pensiero di come gli orari fossero stati modificati.
Probabilmente le continue lamentele di prof come
19 Novembre, Sala Grande, ore 20:30
La osservava a distanza. Non le sembrava possibile. Poteva mai essere
proprio lei? Eppure era così diversa… in quel
momento si stava spostando nervosamente una ciocca di capelli rossi dietro
l’orecchio. Si, ne era quasi completamente sicura. Quando era nervosa reagiva così dopotutto… e adesso, cosa
avrebbe dovuto fare? Stava perdendosi come solito nei suoi pensieri
quando le balenò in mente un modo discreto di farsi notare da lei.
20 Novembre, Campo da Quidditch,
ore 19:00
Era da quattro ore che stavano lì concentrati su quegli allenamenti,
ma non era riuscito a vederla. O meglio, era venuta
agli allenamenti, ma non era lei. Non aveva più la stessa grinta di solo poco più di un mese prima. Si muoveva svogliatamente
con quella scopa, e quando ad un certo punto si fece prendere la bluffa dal
peggiore dei suoi cacciatori, si rese conto di dover intervenire, in qualità di capitano della squadra.
”Konnen, si può sapere che diamine ti prende?” chiese
con tono superiore, menefreghista e gelido. Ma si notava chiaramente una nota di irritazione nella sua voce. Era la sua migliore cacciatrice, diamine! Non poteva assolutamente lasciare che
andasse allo sbando come nulla fosse. La ragazza si
fermò a mezz’aria e si voltò a guardare il capitano. Lo sguardo era
indecifrabile, tante erano le emozioni che in quel momento turbinavano nel suo
cervello e nel suo cuore. Non riusciva a giocare come
avrebbe voluto, probabilmente anche perché non doveva più dimostrare nulla a nessuno.
“Niente, sono semplicemente stanca Malfoy.
Me ne vado. Ci si vede alla partita di Giovedì…” disse
e sfrecciò rapida verso il basso, cercando di sfuggire ad una qualsiasi
ripresa. Mentre scendeva notò appena una chioma bionda
scomparire furtivamente alla sua vista. Chi diamine era quella ragazza che
stava spiando i loro allenamenti? Arrivata a terra cominciò a muoversi
velocemente, cercando in qualche modo di trovare una qualche
traccia lasciata dalla spia. Una lieve ventata alle sue spalle le fece capire
che il capitano l’aveva raggiunta. Diavolo. E adesso
come sarebbe riuscita a scamparla?
“Cosa diamine pensi di fare?” fece lui prendendola
per un braccio e voltandola con forza, senza però farle male.
”E lasciami.” Fece con una possente scrollata di
spalle.
”Te l’ho già detto, sono stanca, è stata una giornata pesante, come hai notato
tu stesso Piton ci sta riempiendo di compiti oltre
che di esercizi, quindi se permetti, vado a farmi una
bella dormita.” Fece pacata, con una lieve nota di
fastidio. Quella situazione non andava bene a nessuno dei due, eppure
orgogliosi quali erano entrambi non avrebbero mai
ammesso nulla. La osservò con una smorfia in volto. Non en poteva più di questa
messa in scena.
”Ma fai come ti pare. Basta che ti presenti alla
partita.” Fece menefreghista, voltandosi ed uscendo dallo spogliatoio. Ginny mollò un sospiro e si avvicinò alla borsa messa in un
angolo. Mentre la prese notò come da un lato era
aperta. Controllò meglio e vide una lettera spiccare in mezzo agli altri libri.
La prese e aprendola cominciò a leggere
Cara Ginny,
esatto… cara
Ginny. Ho scoperto chi sei, ma voglio dirti che di me ti puoi fidare. Però da amica quale sono, e sono sempre stata, voglio semplicemente avvisarti:
non sono l’unica ad aver scoperto questa tua seconda identità. Qualcuno
sospetta della tua “misteriosa” sparizione dalla scuola. Immaginavo che saresti
tornata, come ha detto Silente, sotto altre spoglie,
ma sono rimasta parecchio stupita quando le tue sembianze erano addirittura
quelle di una ragazza diciassettenne frequentante il settimo anno. Adesso ti
devo lasciare. Sospetto tu mi abbia notato sugli spalti. Tranquilla non sono
venuta per spiare le vostre tecniche di gioco. Ah, voglio solo raccomandarti di
stare attenta: non ti innamorare di Malfoy, non è il tipo adatto a te, lui… un bacio
Lesse le poche righe della lettera con il fiato sospeso. Avevano scoperto la sua identità… era in pericolo… non
dovevano andare così le cose. Come diavolo era possibile che avessero scoperto
la sua vera identità? Non aveva fatto nulla che potesse tradirla. Il panico per
una seconda volta in meno di un mese le fece mancare un battito. Raccolse
definitivamente le sue cose e si accinse celere a raggiungere il dormitorio.
22 Novembre, Campo da Quidditch,
ore 16:10
In quel momento, vedendola giocare come una dilettante in campo, si
rese conto di come avesse sbagliato a lasciarle quella lettera. Avrebbe dovuto
immaginarlo, dopotutto, che sarebbe andata nel panico più totale in questo
modo. La vedeva vagare per il campo come se non sapesse neppure da che parte
cominciare. Non aveva più la classica carica che la contraddistingueva. Non era più
La osservava. Ma per quale diamine di motivo ogni santa partita doveva
combinare qualcosa quella santa ragazza?! Per quale motivo non cominciava semplicemente a giocare come sapeva!
Non si muoveva, se non per schivare i bolidi, l’aria di neve pungeva sul volto
come una serie di aghi, le mani atrofizzate intorno al
manico della scopa e gli occhi serrati, come alla ricerca di un modo di andare
avanti, senza però trovarlo.
“Konnen, cosa diavolo stai facendo?!” quante volte glielo aveva ripetuto in quella settimana? Aveva ormai perso il conto, tante erano le volte. La vide
voltarsi spaurita verso di lui.
“Vedi di darti una mossa, dobbiamo vincerla questa partita…” fece
schivando un bolide ad alta velocità.
“…E non ho il tempo di starti dietro” fece
prima di scappare alla rincorsa del boccino, avvistato il tipico luccicore
semi-invisibile. Ginny riprese a guardare davanti a
se, e rimase colpita quando distinse una scritta a
chiari caratteri cubitali brillare sopra la testa di molti Corvonero.
Forza Liz! Sei grande!
Un flash, l’incrocio di due occhi
turchesi ed un sorriso ricambiato. Era lei. A questa frase
seguirono moti di rabbia da parte dei Corvonero, che
in quel momento stavano giocando proprio contro i Serpeverde,
e con un tocco di bacchetta fecero scomparire la scritta rossa. La vide
ritornare a sedere e posare la bacchetta nella tasca. Quando
mai l’avrebbe capito quanto era rischioso mettere la bacchetta in tasca? Con un
sorriso si guardò intorno, lo sguardo divenuto improvvisamente quello di un
predatore, ed intorno a lei solo prede, che non riuscivano ancora a capire
quale pericolo si celava poco lontano da loro. Un ghigno le
si spanse sul volto, mentre gli occhi rilucevano di nuova forza. Almeno
per il momento, poteva dimenticare i suoi problemi…
22 Novembre, Campo da Quidditch,
ore 16:50
Se non fosse stato completamente fuori dall’ordine
di un Malfoy avrebbe spalancato la bocca fino a
toccare terra, nonostante fosse ad almeno venti metri di altezza da questo.
Adesso la vedeva sfrecciare da una parte all’altra del campo. In venti minuti
aveva fatto recuperare circa settanta punti alla squadra, conducendo la partita
con un distacco di 220 contro i 100 punti dei Corvonero.
A questo punto decise che la partita stava durando anche troppo, e fece finire
in pochi minuti, con uno scatto di reni, quella continua battaglia con il
cercatore Corvonero. Quando il cronista annunciò con
non troppo entusiasmo (Grifondoro doc
quello!) la vittoria dei verde-argento spostò lo
sguardo su Liz, e la vide concentrata con lo sguardo
in un punto indefinito dello spazio davanti a loro, presso gli spalti Corvonero.
Non vi fu esattamente una festa per questa meritata vittoria, poiché
la statistica ammetteva la loro vittoria contro i Corvonero
in modo quasi assicurato. La vide
scomparire furtivamente dalla folla e parlare con una ragazza, che ben non
riconosceva.
“Luna…” osservò l’amica, gli occhi lucidi per il pianto in cui da lì a
poco sarebbe sfociata. La bionda la guardò e sorrise.
“Avanti un abbraccio Gin” fece avvicinandosi all’amica. Ginny abbracciò stretta l’amica. Da quanto tempo non si
sentiva chiamata Gin? Erano ormai più di quattro mesi
forse… rimase in quella posizione per quanto più tempo le era possibile. Da
quanto tempo non abbracciava un vecchio amico? Quando
si allontanò da lei aveva gli occhi rossastri e tutte le guance lievemente
bagnate dalle lacrime di gioia del momento.
“Luna… dobbiamo parlare” fece cercando di ricomporsi velocemente da quell’attimo di debolezza. La guardò negli occhi e continuò
a parlare
“Ma questo non è né il posto né il momento
giusto per farlo… incontriamoci stanotte a mezzanotte davanti alla grotta del
lago” fece a bassa voce. La bionda annuì e dopo qualche altro saluto si
allontanò dalla rossa lasciandola ancora una volta sola nei suoi pensieri.
*Flashback*
“Avanti Gin, muoviti…” fece la bionda tenendola
stretta per mano e trascinandosela velocemente dietro. Ginny
la guardava con un sorrisetto divertito, e fece finta
di essere arrabbiata da quel comportamento insolito.
”Luna, ma guarda che non puoi permetterti di trascinare via le persone in
questo modo tu!” fece fintamente piccata. La bionda si voltò appena a scoccarle
un’occhiata d’intesa prima di voltarsi nuovamente d’avanti
nel buio. Il coprifuoco era scattato da almeno tre ore, e loro si aggiravano in
questo modo in mezzo al parco di Hogwarts. Ma non era
riuscita a resistere quando Luna le aveva detto che
c’era qualcosa che doveva assolutamente vedere quella sera.
”L’ho scoperta da poco, ed è una cosa sensazionale…” fece
mentre continuavano a camminare. Una lieve boscaglia cominciava ad
infittirsi davanti a loro, ma non si trattava ancora della Foresta proibita. E
quando di botto la bionda si fermò nel nulla Ginny poco ci mancò che le rovinasse addosso. Luna portò u dito davanti alla bocca in segno di non fare rumore e Ginny si acquietò in n attimo. Luna prese
un bastone lì nelle vicinanze e cominciò a tastare il terreno con questo.
All’improvviso il solito fruscio di fogliame fu sostituito dal tintinnio
metallico di una botola.
”Ecco…” fece raggiante Luna. Ginny la guardò alzando
un sopracciglio. Cosa stava facendo…?
“Ahlohomora!” pronunciò
con voce appena udibile. Quella che, come aveva intuito Ginny,
era una botola, si aprì, mostrando un locale ampio, riscaldato e bene
addobbato.
“Ma quando…” le parole
le morirono in gola. Luna la trascinò dentro con un largo sorriso impiantato in
volto.
”Credo fosse un vecchio rifugio dei maghi ai tempi dell’ultima guerra dei Troll, l’ho scoperta per
caso…” fece arrossendo lievemente. Ginny la guardò.
”Come esattamente?”
”Beh… diciamo che ne porto ancora i segni…” fece
portandosi una mano alla nuca. “Ma ho la testa dura
dopotutto… e non mi sono fatta nulla” fece sorridendo ancora. Ginny annuì vagamente attenta alle parole dell’amica. Il
locale era veramente carino, doveva ammettere.
”Questa qui diventerà la nostra base, ci stai Gin?” chiese la bionda con gli
occhi quasi luminosi dalla gioia. Sembrava quasi una bambina con le sue manie e
con i suoi atteggiamenti. La osservò. Sinceramente
pensava fossero un po’ grandi per avere una “base” stile giochetti. Ma
vedendola così euforica non poté fare altro
“D’accordo, questa sarà la nostra base da oggi…”
*Fine Flashback*
Osservata la scena poco aveva capito. E
soprattutto non aveva sentito nulla. Aveva riconosciuto la bionda come Luna Lovengood, o cose simili. Non se ne intendeva troppo di
gente come lei, ma da quello che poteva sapere
“Ehi, Drackie, perché non andiamo a
festeggiare questa vittoria?” sentì la sua voce suadente colpirgli le orecchie.
Staccò bruscamente le braccia della ragazza e si
allontanò.
”Pansy, ricorda, con me non c’è storia” fece prima di
andarsene verso la scuola. La mora rimase ferma lì,
stringendo i denti dalla rabbia e con uno scatto furioso si voltò per
tornare insieme al resto della squadra.
25
Novembre, Infermeria, ore 20:30
Come solito si era recata lì in infermeria. Quello era
il giorno migliore per prendere la pozione, dopotutto il giorno dopo aveva
solo due ore con Hagrid, una di divinazione e due di
Storia della magia. L’infermiera la vide arrivare e le sorrise. Sapeva tutto.
Silente aveva spiegato con calma tutta la situazione ad una Madama Chips piuttosto furiosa nel trovarsi nell’infermeria una
ragazza che assumeva pozioni mutaforma. Si avvicinò
ad uno scaffaletto chiuso e pronunciate
poche parole lo aprì, estraendo un’ampollina con il classico liquido verdastro.
Ginny, nonostante da un paio
di mesi era ormai abituata ad assumerla, non poté trattenere una smorfia nel
vederla. La bevve tutta d’un sorso, dopodichè andò a cambiarsi, preparandosi ad
una notte decisamente insonne.
“Ginny?” la voce di Hermione la
fece sobbalzare nel sonno. Nel sonno?! Da quando la voce di Hermione le arrivava
anche nel sonno?
”Hermione?” chiese incredula.
“Ascoltami
Gin, non posso rimanere molto in contatto con te in questo modo… è rischioso…”
fece bloccandosi un attimo. Era la voce di Hermione, non poteva di certo sbagliarsi.
“Hermione, tu non dovresti parlarmi… noi non dovremmo
parlare…” fece Ginny cercando di prendere un minimo di autocontrollo di se stessa.
“Ascoltami…
voglio sapere la tua identità… devo incontrarti… dobbiamo parlare riguardo Ron…” il cuore di GInny
sembrò fermarsi per un istante.
”Cos’è successo a Ron?” chiese con voce flebile.
”Non posso dirtelo in questo modo… sono informazioni importanti… devo solo
sapere chi sei.” Ginny esitò
un attimo. Era per Ron, infondo…
probabilmente anche Silente sarebbe stato d’accordo in questo caso.
“Sono
–“
“Signorina Konnen!” la voce di madama Chips la svegliò di soprassalto. I palmi delle mani sudati,
come del resto anche la fronte. I capelli unticci e il respiro affannoso la
costringevano ad ansimare come se avesse fatto una corsa.
”Mi potrebbe gentilmente spiegare cosa stava sognando?” chiese la donna
”Erano forse incubi? Perché stava delirando in un modo decisamente
eccessivo.” Chiese vagamente preoccupata l’infermiera tastandole un polso. Ginny si mise seduta e con un cenno di diniego ritirò via
il braccio.
“N-no… sto bene…” balbettò un po’ instabile
scoprendosi un po’. L’infermiera la guardò e le ritirò su le coperte.
“Bene… allora torni a dormire… vuole forse che le dia un sonnifero?”
chiese ancora Madama, con lo stesso sguardo indagatore di prima. Ginny negò ancora una volta, prima di sdraiarsi nuovamente.
Questi erano i maledetti effetti di quella pozione mutaforma.
25
Novembre, Infermeria, ore 23:50
“Pssst” si girò dall’altro lato sentendo un
fischio leggero.
“Dannazione, Liz!” la voce, riconosciuta a
stento in quello stato di dormiveglia, le risuonò candidamente nelle orecchie.
Si voltò nuovamente dall’altro lato trovandosi a poca distanza dal volto di Draco Malfoy, seduto accanto a
lei. Sbatté gli occhi un paio di volte prima di spalancarli definitivamente
allontanandosi di scatto. Lui le tappò la bocca con una mano guardandola truce.
”Non ti azzardare ad urlare.” Disse semplicemente allontanando piano la mano. Ginny lo guardò piccata. Come diavolo si permetteva a darle ordini quello stupido furetto platinato?
“Che cosa vuoi?” bisibigliò
irritata guardandolo truce.
“Ti devo parlare.” Fece semplicemente il biondo
mentre lei lo continuava a guardare impassibile.
“E allora cosa aspetti?” chiese mettendosi
seduta e tamburellando le dita con nervosismo sul materasso. Lui scosse la
testa
“Non qui. Muoviti, mettiti questa addosso e
andiamo” fece alzandosi dal letto gettandole una camicia e voltandosi dandole
le spalle.
”Cosa?!” chiese confusa Ginny. Anche
se la sua poteva quasi considerarla una domanda retorica visto che l’unica
risposta che ricevette fu un grugnito poco amichevole da parte del biondo.
Rimase un po’ ferma e ad un certo punto vide che si voltava
“Ma ancora non hai finito?! Muoviti. Non abbiamo molto tempo” fece tornando a voltarsi. Ginny arrossi involontariamente.
“Non ti girare…” fece guardandolo torva qualche altro secondo.
”Si, si, non mi interessa…” fece secco incrociando le
braccia al petto. Ginny fece un sospiro e si mise la grande canotta bianca, che le
faceva tranquillamente da abito. L’altro si voltò un attimo e la prese per un braccio.
”Fatto? Andiamo…” trascinandola via veloce. Chissà come mai, si ritrovò a
pensare Ginny, ogni volta così andava a finire… non
fece in tempo a chiedere spiegazioni, stavano quasi correndo e non appena
raggiunsero il settimo piano del castello Draco aprì
la magica porta comparsa in quel momento davanti a loro. Ginny
aveva brutti presentimenti in mente. Non riusciva bene a capire cosa ci potesse
esser di tanto urgente… la stanza era calda e confortevole, nonostante l’unico
arredo era composto da un paio di poltrone nere.
“Siediti” ordinò mentre lui prendeva a
camminare avanti e indietro. Ginny obbedì senza
fiatare. Non sembrava affatto quello il momento adatto
a dar voce ai propri pensieri. Il tempo scorreva, ma non si azzardava a dare
uno sguardo all’orologio da polso che portava al braccio destro.
“Stanno programmando un attacco” disse semplicemente ad un certo punto
fermandosi e guardandola glaciale negli occhi. Ginny
perse un battito. O forse di più.
”Co-“ le parole le si spezzarono
in bocca. Non aveva neppure il fiato necessario a formulare una frase. Pensieri
contrastanti le offuscavano la mete in quel momento.
Pensava ad Harry, Hermione e Ron. Cosa sarebbe successo a loro? Doveva assolutamente
avvisarli. Non poteva lasciare che rimanessero all’oscuro di tutto questo.
”Alla festa di Natale. Hanno intenzione di attaccare
dall’interno attraverso un infiltrato nella scuola…” fece continuando ad
osservarla. Il suo sguardo era quello di un ragazzo cresciuto troppo in fretta,
che celava ormai abitudinariamente i suoi sentimenti, costretto in un mondo che
forse non gli apparteneva realmente. O forse era
semplicemente quello che Ginny voleva vedere in lui
in quel momento. Distolse lo sguardo da quello del ragazzo. Non riusciva più a
reggerlo. Non sarebbe riuscita a resistere un attimo di più osservandolo ancora
in volto. Sarebbe scoppiata a piangere. Ne era la
prova il fatto che gli occhi cominciavano ad inumidirsi. Per quale motivo si
era innamorata di Draco Malfoy?
Lei… quanto tempo lo aveva odiato? Avrebbe potuto elencare la lista dei mille e
uno motivi per odiarlo, ma non riusciva a mantenerne
uno in quel momento.
”L’infiltrato sono io”
Questo era un altro dei principali motivi che avrebbero dovuto farle
provare repulsione verso di lui. Era un mangiamorte.
Poco importava che le avesse chiesto aiuto, che avesse
cercato magari in un qualche modo di rimediare al marchio che di lì a poco
avrebbe macchiato il suo braccio. Prese fiato e rimase
in apnea qualche secondo, sentendo i muscoli rilassarsi lievemente. Poi espirò
e tornando a guardarlo disse
“Cosa vuoi che faccia?” il tono completamente
privo di emozione, come se stesse parlando ad una parete, non le importava
nulla in quel momento. Si faceva schifo da sola. I mangiamorte
programmavano un attacco e lei pensava a Draco. Un Draco, tra l’altro, più che fidanzato.
“Devi fare in modo di parlare con Silente. Io non potrei
mai avvicinarlo” fece con lo stesso tono distaccato, quasi
professionale, programmatore. Avrebbe riso se la situazione non fosse stata delle peggiori.
“Vedrò cosa posso fare.” Si alzò dalla poltrona, lo sguardo basso, i
pugni stretti. Perché quella sensazione di chiuso al
cuore? Si avvicinò alla porta e l’aprì.
”Aspetta” il polso bloccato dalla morsa sicura e delicata di lui la bloccò. Perché doveva fare così? Neppure la conosceva in fondo…
“Cosa?” chiese ancora lei immobile, il volto
basso, rivolto in avanti. Il braccio sinistro sulla maniglia
della porta mentre l’altro ancora serrato nella mano affusolata di Malfoy. Si sentì tirare da quella mano. Un abbraccio
l’avvolse completamente. Il profumo caldo e intenso di lui le annebbiò per un
attimo i sensi. Perché le faceva quell’effetto?
Muschio… rimase immobile. Non aveva la forza di muoversi. Stava per crollare.
Non doveva piangere davanti a lui. Non poteva e non doveva.
”Perdonami” mormorò a bassa voce il ragazzo, il volto nascosto dietro la spalla
di Ginny. Lei fremeva. Non riusciva più a resistere.
Sapeva che se non se ne fosse andata immediatamente avrebbe anche potuto fare
qualcosa di cui in seguito si sarebbe pentita sicuramente.
“Avrei dovuto dirti tutto” continuò dopo qualche attimo Draco. Voleva credere che quelle fossero tutte menzogne, ma
non ci riusciva. Voleva credere che Draco Malfoy fosse sempre il solito Draco
Malfoy, quello che non sa cosa voglia dire la parola
amicizia, amore, fiducia… eppure non ci riusciva. Era completamente insensibile
ormai. Persa in quel mondo di dolci illusioni che si stava
creando. Una lacrima solitaria le bagnò la guancia destra andando poi a inumidire la camicia candida del ragazzo. Quel semplice
evento bastò per farla ritornare alla realtà. Si allontanò, come bruciata dalla
realtà, dal corpo di Draco e farfugliando un
“Buonanotte” scappò veloce per i corridoi di Hogwarts,
cercando di raggiungere al più presto l’infermeria, e pregando che quello che
aveva vissuto quella sera altro non fosse che un’altra
stupida allucinazione sintomo della pozione mutaforma.
26
Novembre, Stanza delle Necessità, ore 00:20
Si passò una mano tra i capelli argentei alla flebile luce appena
accennata dalla torcia appesa al muro. Cosa cazzo gli era preso? Poco ci mancava ad una confessione
d’amore! Si maledì mille volte mentalmente, mentre quel profumo così
terribilmente suo ancora gli
impregnava i vestiti. Osservò la spalla della camicia. Un piccolo, quasi
invisibile, alone bagnato la macchiava dalla candida forma naturale. E pensieri lo torturarono. Perché
quella lacrima? Si gettò sul divano poco lontano da lui e chiuse gli occhi,
assopendosi poco dopo. Nel sonno quello mutò in un letto.
26
Novembre, Dormitorio Maschile Serpeverde, ore 05:00
Si voltò dall’altro lato ad osservarlo meglio. Gli spostò una ciocca
scura dietro l’orecchio. Sembrava proprio un bambino nel
sonno… lo vide aprire gli occhi, ancora assonnato.
”Sei già sveglia…” constatò con voce pasticciata. Lei lo ammonì mettendogli un
dito davanti alle labbra.
“Non parlare…” disse semplicemente accucciandosi maggiormente sotto le
coperte, accanto a quel corpo che conosceva bene. Lui le circondò la vita con
un braccio e l’attirò maggiormente a se. Adorava quel profumo in lei. Dolce,
molto vanigliato, con un pizzico di aspro che la
rendeva maliziosa. Esprimendo al massimo la sua personalità. Attraverso le
tende del baldacchino socchiuse lei osservò il letto che c’era poco lontano.
Vuoto. Draco non c’era. Dove
diavolo era a quell’ora?
26
Novembre, Infermeria, ore 07:30
“Buongiorno signorina…” la voce allegra di Madama Chips
la svegliò completamente dal suo stato di dormiveglia. Una luce accecante
all’improvviso la colpì in volto, facendole pensare per un attimo di essere morta.
Pensiero parecchio stupido visto che aveva un forte mal di
testa in quel momento, e che da morta non avrebbe dovuto avere. L’infermiera
le si avvicinò e le porse una piccola boccetta.
”Tieni, bevi, questo dovrebbe alleviare il tuo mal di testa” disse con la
solita pacata calma volgendole un sorriso rilassato. Cos’aveva
da essere così rilassata quella?! Si chiese mentalmente mentre beveva quel
liquido giallognolo portole. Il sapore era schifoso, non volle neppure
immaginare di cosa potesse mai essere fatto, e dopo
averla ingurgitata forzatamente si alzò dal letto e si diresse verso il bagno.
”Dove crede di andare?!” la voce perentoria dell’infermiera la richiamò. Ginny sbuffò affacciandosi dalla porta
del bagno.
”Non si preoccupi, sto bene” disse annoiata.
”Ne è sicura? Questa notte non ha fatto altro che sclerare. Ha fatto dei pessimi incubi. Continuava a
farfugliare che c’erano problemi e che doveva fare qualcosa” continuò madama. Ginny la guardò per un attimo curiosa.
Davvero quella notte era stata così agitata? Che
quello che aveva visto di notte fosse semplicemente un sogno? Che Draco non fosse mai venuto a
trovarla quella notte? Non ci pensò più, entrò nel bagno e si chiuse. Arrivò
davanti allo specchio ed allungò una mano a prendere lo spazzolino. La manica
della camicia era lunghissima però, e le impediva movimenti naturali.
Aspettate… da quando in qua metteva la camicia di
notte? Se la cacciò velocemente e vestitasi osservò
l’etichetta attaccata sul collo della camicia.
Draco Malfoy
Lasciò scivolare l’indumento a terra e rimase immobile, con la mano
ancora a mezz’aria mentre un’amara consapevolezza
prendeva parte in lei.
26
Novembre, Corridoi di Hogwarts, ore 08:00
Camminava a passo spedito, sicura, veloce e determinata. Doveva
assolutamente fare qualcosa. Pronunciò la parola d’ordine e salì in cima alle
scale, non dando a queste il tempo di muoversi, raggiungendo presto l’ufficio.
”Signorina Weasley…” l’anziano preside la osservava al di sopra dei suoi occhialetti a mezzaluna sostenuti dal
sottile naso adunco. Era comodamente seduto sulla sua sedia dietro la
scrivania, e con un tocco di bacchetta fece sparire
tutti i documenti che aveva davanti. Indossava uno strambo cappello rosso
porpora con rifiniture argento e un piccolo campanellino alla
punte, in tono con l’abito da mago anche questo di un colore rosso ma
più scuro. Le mani sottili, lunghe e affusolate erano incrociate davanti al
volto, le dita magre rilassate.
”Professore… le devo parlare. È una questione grave” disse
Ginny avvicinandosi a grandi falcate alla scrivania e
battendo le mani sulla scrivania. Il preside l’osservò senza tradire però
alcuna traccia di turbamento attraverso gli occhi limpidi e azzurrissimi.
“Stanno progettando un attacco per il ballo di natale” disse lei
trafelata. Il preside non cambiò espressione ma la
mascella parve indurirsi impercettibilmente.
“Come hai ottenuto queste notizie?” chiese pacato.
Ginny si morse le labbra senza però abbassare lo
sguardo.
“L’importante è che le abbia ottenute. Non importa come” disse sicura
dopo un attimo di titubanza. Un momento di silenzio si instaurò
tra i due. Il preside pareva riflettere sul peso di quelle parole. Ginny invece aveva il fiato corto, come se avesse fatto una
corsa.
“Va bene… grazie per avermi informato” fece Silente prima di voltarsi
dal lato opposto. Ginny non poteva vedere cosa stesse facendo, ma prendendo quel gesto come un congedo
si allontanò verso le scale. Camminando per i corridoi non fece in tempo a
svoltare l’angolo che qualcuno la prese per i capelli assestandole un pugno in
volto.
“Troia”
Scusate
mille volte per il ritardo di questo capitolo, ma non ho proprio avuto tempo.
Scusatemi inoltre per la breve lunghezza del capitolo, ma per concentrare tutto
nel capitolo l’ho dovuto tagliare un po’. Per scrivere
il prossimo non so esattamente quanto tempo mi servirà. Tuttavia
non posso promettere nulla, visto che mille imprevisti (alias scuola e simili)
mi stanno tartassando. ^-^” ditemi cosa ne pensate xfavore!! Grazie mille