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Autore: Koa__    29/09/2012    3 recensioni
«Lui era mio fratello, il mio confidente, il mio migliore amico, il mio compagno, il mio capitano, il mio amante… era il mio T’hy’la, era la persona più importante della mia vita, era tutto il mio mondo!»
[Universo 2009]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La versione di Nyota
 
Il tenente Nyota Uhura aveva sempre avuto la passione per le lingue; fin da da bambina quando, a soli otto anni, aveva già imparato la maggior parte dei dialetti e delle lingue africane, con maggior attenzione per lo swahili: la sua lingua madre. Se durante l’infanzia e la prima adolescenza, Nyota aveva sentito con forza il richiamo dell’Africa ed un forte attaccamento alla propria terra, da ragazza aveva compreso di voler esplorare l’ignoto. Imparare a parlare lingue aliene e conoscere differenti culture, divenne la sua maggior aspirazione. Dopo essersi arruolata nella Flotta Stellare ed aver iniziato il suo percorso all’accademia, Nyota si distinse fin da subito, mostrandosi portata per la Xenolinguistica.

Il giorno in cui incontrò il comandante Spock, Uhura era di pessimo umore: aveva trascorso la maggior parte della mattinata a litigare con la grammatica klingoniana, quando il vulcaniano le si era parato davanti all’improvviso. Stupita, Uhura era rimasta ancor più sorpresa quando aveva capito che lo sconosciuto desiderava complimentarsi con lei per l’ottima padronanza del vulcaniano e che desiderava, se mai l'avesse gradito, approfondire la sua conoscenza. Indubbiamente, lei ne era stata affascinata fin da subito, tanto che non era proprio riuscita a trattenersi dall’accettare la sua proposta. D'altronde, perché mai avrebbe dovuto farlo, Spock era affascinante e il suo essere vulcaniano lo rendevano esotico e misterioso.
 
Erano usciti insieme più volte e solo dopo diversi mesi, Spock aveva iniziato a mostrarsi interessato a qualcosa di più che ai dialetti romulani.
 
Da allora era trascorso molto tempo: i giorni dell’accademia erano lontani e il suo rapporto con Spock era mutato radicalmente. Nyota aveva ancora ben impresso quel periodo, quando la sera uscivano insieme e Spock, tanto garbatamente, la riaccompagnava al suo alloggio, lasciandola solo dopo averla baciata dolcemente su una guancia.

E pensare che lei aveva tanto insistito a che s’imbarcassero entrambi sull’Enterprise…

Uhura non voleva che lui la lasciasse! Era sempre stata più che sicura che, se si fossero imbarcati su navi diverse, il vulcaniano l’avrebbe dimenticata. Perciò q
uel giorno dell’attacco a Vulcano aveva così insistito, che Spock non era riuscito a dirle di no. Di certo se non fosse stato per lei, non si sarebbero mai più incontrati.
 
Quando poi lo vide comparire sul ponte di comando e chiedere al capitano il permesso di salire a bordo e di diventare il primo ufficiale, la sorpresa fu enorme.

Era lì per lei! 
Nyota ne era sicura e, d’altronde, quello sguardo tanto eloquente che le aveva lanciato mentre prendeva posto, poco lasciava all’immaginazione. Avrebbero trascorso i successivi anni a stretto contatto, lavorando fianco a fianco e sarebbe stato magnifico. Già s’immaginava mentre passeggiava con lui mano nella mano, sulla superficie di un qualche splendido pianeta verdeggiante... O almeno era quel che sperava. Per tutta la durata dei primi mesi aveva creduto che, ciò che desiderava, potesse un giorno avverarsi. Non aveva mai smesso di sperare che il suo vulcaniano potesse un giorno guardarla con occhi da innamorato, fino a quando non si era resa conto che il comportamento dell’uomo che amava, era assai strano. Erano trascorsi più di sei mesi e in tutto quel tempo non erano mai rimasti soli. Nessuna romantica passeggiata notturna, nessun pic-nic e persino nessuna colazione in sala di ricreazione.
 
E il motivo era semplice: Nyota non lo vedeva mai; a
l di fuori dell’orario di servizio sul ponte di comando, lei e Spock non parlavano nemmeno.
 
Inizialmente si era detta che era dovuto al fatto che il primo ufficiale lavorasse molto, la sua fisiologia vulcaniana gli permetteva d’effettuare lunghi turni senza stancarsi eccessivamente. Durante i momenti liberi però, Spock trascorreva tutto il tempo con il capitano. Li aveva visti più volte giocare a scacchi in sala di ricreazione, pranzare insieme, esplorare pianeti deserti assieme al dottor McCoy e passeggiare per i vari ponti l’uno a fianco all’altro. 
Sempre insieme. E la cosa aveva dell’incredibile, perché più volte Nyota si era domandata di cosa mai discutessero. Se inizialmente credeva che i loro lunghi incontri avessero a che fare con il lavoro, con il tempo aveva compreso che tra di loro c’era ben altro. Era un qualcosa che le sfuggiva e che non riusciva davvero a capire. Perché Spock non stava mai con lei? Perché non chiedeva la sua compagnia come faceva una volta? E, soprattutto, perché se ne stava sempre in compagnia di Kirk?
 

Il tenente Uhura non avrebbe mai immaginato che la risposta a tutte le sue domande, arrivasse proprio durante l’esplorazione di un pianeta sconosciuto, i cui insetti rischiavano di farla impazzire e la cui umidità le entrava fin dentro le ossa.
«Dottor McCoy, è certo che queste bestiacce non siano velenose?» domandò Uhura, tentando di scacciare un moscerino che non ne voleva proprio sapere di dargli tregua.
«Sono sicuro, tenente. Abbiamo analizzato con cura la superficie del pianeta; per una volta non ci sarà nulla di letale, né di estremamente pericoloso a darci la caccia. Questo stupido buco non ha pericoli» borbottò McCoy, prima di accelerare il passo così da superarla.
 
Nyota proseguì il proprio cammino, riflettendo circa il comportamento del dottore. Sapeva quanto poco amasse l’esplorazione, ma era come se si sentisse moralmente obbligato a seguire il capitano e il primo ufficiale. Sembrava non fidarsi di nessuno fuorché di sé stesso e che non volesse mettere la vita dei suoi amici nelle mani di altri medici. 
Stava pensando all’amicizia che li legava quei tre ufficiali, quando la voce di Kirk la riportò alla realtà.
«D’accordo, appronteremo qui l’accampamento» lo sentì ordinare dire, mentre gli uomini della sicurezza iniziavano ad allestire il campo notturno.

Inizialmente, Nyota non era riuscita a capire il motivo per cui avrebbero dovuto dormire all’aperto. Era stato Spock a rispondere alla sua domanda in modo molto esaustivo, giustificando la scelta con il fatto che certi minerali erano studiabili in maniera ottimale soltanto durante la notte.

Arrendendosi al fatto di dover dormire su di uno scomodo materassino, Nyota raggiunse la propria tenda mentre Kirk, poco lontano, accendeva il fuoco usando le pistole a phase. 
Sobbalzò per lo spavento, quando la voce calda e profonda del capitano interruppe il fruire dei suoi pensieri.
«Tutto bene, tenente Uhura?» si sentì chiedere.
«Sì, capitano, solo che non sono abituata a campeggiare» rispose Nyota, sentendosi un poco in imbarazzo.
«Beh, come direbbe Spock: ritengo quantomeno illogico paragonare la nostra missione esplorativa ad un campeggio; il cui senso mi è, tra l’altro, ignoto» disse Kirk, imitando ironicamente la voce del primo ufficiale. «Il nostro Spock non ha ancora capito più della metà delle cose che noi umani facciamo o diciamo, mi toccherà spiegargliele» concluse Jim, allontanandosi ridendo.

Quella breve frase colpì Nyota profondamente: «Già» pensò fra sé, Spock avrebbe detto quello. Pareva quasi che il capitano lo conoscesse meglio di quanto lei credesse; quante cose ancora Kirk sapeva di lui?

Il tenente Uhura se lo chiese più volte mentre, di fronte a lei, Spock e Kirk discutevano fra di loro. Ed allora, Nyota si accorse che quando parlavano l'uno con l'altro, spesso s’interrompevano: era come se il capitano riuscisse ad interpretare i monosillabi asettici del primo ufficiale, dandogli un’interpretazione del tutto inaspettata. Da quanto quel sopracciglio sollevato stava a significare che Spock era dubbioso? E come aveva fatto a non capire che quello stranissimo ghigno era, in realtà, un sorriso?

A quanto pareva, Spock non era così ritroso e schivo a comunicare, come lei aveva sempre pensato. Ed era incredibile che proprio Jim Kirk, il contadino dell’Iowa che aveva cercato di rimorchiarla quella sera in quel bar, gliel’avesse fatto capire. 
Per un istante Uhura si sentì gelosa. Gelosa e possessiva. Anche se non riusciva a capire che tipo di rapporto li legasse, comprendeva che era qualcosa che lei e Spock non avevano mai avuto. E di questo ne era più che sicura, perché non aveva mai visto gli occhi del vulcaniano brillare a quella maniera.
 
Anche ora, mentre li osservava a pochi passi da lei, si stupiva di come non avesse fatto ad accorgersene prima. Quel loro strano modo di parlare e l’atteggiamento con il quale s’affrontavano, era diverso.

E più li guardava, più li vedeva muoversi di fronte ai suoi occhi, in quella buia notte di quel pianeta deserto, più riusciva a comprendere ciò che da mesi provava disperatamente capire: erano una coppia. 
Era l’unica spiegazione logica e l’unica cosa che avesse realmente un senso. Non sapeva se ne fossero consci o meno, ma Nyota Uhura era più che certa di non sbagliarsi.
«Vuoi del caffè?» La voce ferma del dottor McCoy la spaventò un poco, facendola sobbalzare; sollevò quindi lo sguardo trovandosi faccia a faccia con il volto sorridente di Bones.
«Dove l’ha trovato?» domandò, stupita «Credevo non avessimo di queste comodità durante le missioni», disse mentre il dottore si sedeva al suo fianco, porgendole una delle due tazze fumanti che teneva tra le mani.
«Infatti non ne abbiamo, ma quando ho saputo che avremmo dovuto dormire all’aperto ho fatto uno strappo alla regola» rispose il medico, sorridendole bonario e sorseggiando poi il liquido scuro.
«Sei sicura di star bene, Uhura? Perché è da un po’ che ti osservo e non hai fatto altro che guardare Spock e il capitano… Qualcosa non va?»

Nyota osservò il dottore, incerta sul da farsi. Doveva o non doveva dirgli ciò che stava pensando? Di sicuro McCoy conosceva bene entrambi e, se stavano insieme, lui non poteva non saperlo.

«Non so se ne è a conoscenza, ma prima che ci imbarcassimo sull’Enterprise ‒ ai tempi dell’accademia ‒ io e Spock uscivamo insieme» confessò.
«Lo sapevo, ma credevo che una volta arrivati qui aveste deciso di non frequentarvi più. In fondo, Spock è il primo ufficiale e tu sei solo una sottoposta e, conoscendolo, e sapendo la maniera in cui ragiona, avrà pensato fosse una scelta logica quella di sciogliere il vostro rapporto».
«Sì, ma Kirk è il capitano!» sbottò Nyota senza riflettere.


Uhura sentì lo sguardo del medico su di sé, le sembrava che fosse sorpreso. Sapeva quanto fossero amici e magari poteva essersi risentito od offeso e l’ultima cosa che Uhura voleva, era mancare di rispetto al capitano. Tutti i suoi dubbi si sciolsero, quando la sorpresa del dottore ebbe finalmente una collocazione precisa.
«Vuoi dire che Spock e il capitano…» disse McCoy con voce titubante.
«Non ne sapeva nulla, era per questo che era sorpreso» pensò Nyota fra sé.


Il giovane tenente annuì con fare timido, ormai non aveva più senso negare e poi conosceva abbastanza il dottore, da sapere che non avrebbe desistito. Era in cerca di informazioni e si ritrovava lei stessa a doverne dare.
«Sì e a dire il vero è incredibile che non me ne sia resa conto prima; mi stupisce che lei non ne sappia nulla, è tanto amico di tutti e due, che credevo gliel’avessero rivelato.» Nyota s’interruppe osservando lo sguardo di Bones, ancora stranito e perso nel vuoto.
«Sa qual è la cosa divertente?» continuò. «Che ero convinta di conoscere Spock piuttosto bene; siamo usciti insieme e c’è stato qualche bacio, ma non l’ho mai visto comportarsi in questo modo. Guardi, dottore e li osservi… Ha mai visto Spock con quell’espressione sul viso e con quegli occhi scintillanti? Quando si muovono sembra che lo facciano all’unisono e che si completino perfettamente. Quando parlano di qualcosa inoltre, spesso non terminano nemmeno le frasi, perché già sanno quel che l’altro sta pensando. No… Più li guardo, più mi convinco che Spock non è per me che è tornato sull’Enterprise, ma per il capitano Kirk. È sempre stato per lui.»
 
Uhura spostò lo sguardo sul dottore, a quanto pareva ciò che gli aveva detto l’aveva sconvolto; quel suo guardare nel vuoto era inequivocabile.
«Scusi, dottore, non avrei dovuto… Gr-grazie per il caffè» balbettò prima d’entrare nella propria tenda.
 
Forse aveva parlato troppo.
 

Continua...


L’idea del campeggio notturno è stata presa dall’episodio di Enterprise “Rogue Planet” in cui i protagonisti scendono su di un pianeta vagabondo per esplorarlo e si imbattono in dei cacciatori.

   
 
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