Cinquanta domande scottanti
Leggo
la prima domanda sul foglio. «Ha una lince modificata geneticamente
come animale da compagnia?»
Inarca un sopracciglio sexy. «Come,
prego?»
«È la prima domanda».
«No, non ho animali da
compagnia».
«Possiede una base operativa in
Antartide?»
«No».
«Capisco. Ha fatto qualcosa di terribile
esattamente trentacinque minuti fa?»
«No».
Mi affretto a
leggere la domanda successiva: «Dunque, Brown GFB: Glamour,
Fitness & Bioweapons, giusto?»
«Esatto»
conferma lui con un sorriso smagliante.
«Com'è nata questa
unione vincente?»
«Ricorda l'esperimento di Tuskgee sulla
sifilide? La mia famiglia ne ha visto le enormi
potenzialità».
Resto sorpresa da una simile creatività.
«Davvero?»
«Davvero. Fra un paio di settimane lanceremo una
nuova versione della Variola minor».
«Sul mercato?»
chiedo preoccupata.
«Santo cielo, no!» risponde lui con una tale
veemenza che mi viene il dubbio di aver insultato i suoi principi
morali «Sulla Corea del Nord».
Faccio un sospiro di sollievo:
«Ah, meno male». Credevo che la gente nella sua posizione non
avesse un codice etico così forte.
Passo alla domanda successiva.
«Lei ha raggiunto una posizione invidiabile a soli ventisette anni.
Qual è il segreto di un simile successo?»
Lui mi fissa negli
occhi prima di rispondere e non capisco se stia cercando di catturare
il mio sguardo con le sue pupille magnetiche o se ho qualcosa
incastrato fra i denti. Finalmente risponde: «Vede, miss Zinke,
molti pensano che gestire simili attività sia qualcosa difficile da
afferrare per i comuni mortali...»
Si ferma. Probabilmente si è
reso conto di non aver usato un termine appropriato. «Volevo dire,
per gli esseri inferiori».
«Molto meglio» convengo.
«Comunque,
quello che stavo dicendo è che, al di là dei tecnicismi, è
piuttosto semplice. Questo è il mio segreto. Io gestisco senza
pietà».
A quelle parole, la mia dea interiore ripone il costume
da cameriera francese e tende l'orecchio per ascoltare
meglio.
«Gestisce senza pietà» ripeto. «In che senso,
esattamente?»
La domanda non è sul foglio, ma non posso fare a
meno di chiederglielo. La voce di quell'uomo ha una strana influenza
su di me. Per di più non ho capito una mazza di quello che ha
detto.
Sorride. «Non è qualcosa che può essere spiegato
interamente, penso che ci sia qualcosa di innato. Alcuni sono portati
al comando e altri sono fatti per essere sottomessi, bisogna solo
cogliere i segnali e capire qual è il proprio ruolo. Io ho
realizzato quale sarebbe stato il mio destino il giorno in cui una
copia de La rivolta di Atlante mi cadde sulla fronte.
Copertina rigida. Ci vollero diciannove punti e un
elettroencefalogramma di sei ore, ma mi ha permesso di forgiare il
mio carattere. Ora sono un uomo che non deve chiedere. Mai.»
A
quel 'mai', sento un brivido attraversarmi la spina dorsale. Poi mi
accorgo che è solo la mia dea interiore che ha inserito il vibratore
nella presa della 380. Fantastico, ora i miei chakra puzzano di pollo
strinato. Forse è meglio passare alla domanda seguente.
«Lei non
ha fondato personalmente la Brown GFB. Com'è nata questa grande
azienda?»
«Tutto questo è stato possibile grazie al mio
bisnonno, Jorgen Braun».
Un'altra sorpresa. «Lei ha origini
tedesche?»
«Sì. Il mio bisnonno era un grand'uomo,
intraprendente e lungimirante. Sul fronte orientale era noto come 'il
macellaio di Minsk'. Era un uomo così determinato che i sovietici lo
dovettero affogare, impiccare e poi bruciare, per andare sul sicuro.
Cose che capitano. Invece di perdere tempo a disperarsi, la mia
bisnonna ha spostato la sua fabbrica di mangime per pesci negli Stati
Uniti.»
Mi accorgo che la sua narrazione si fa sempre più
coinvolgente ed appassionante, al punto che mi sento quasi
ipnotizzata. Dovrei concentrarmi solo sulle domande. O sul fatto che
la mia camicetta sia ancora strappata.
«Mentre ero al college, ho
iniziato a dirigere la mia prima attività. Ho seguito le orme di mio
padre.»
Mi mostra la foto di un uomo che indossa una vistosa
pelliccia bianca e tiene ben saldo in una mano un lungo bastone nero.
Con l'altra mano, ricoperta di anelli d'oro, sta schiaffeggiando una
giovane donna.
«Wesley Brown» spiega, con la voce carica
d'orgoglio «Fondatore della Brown Brothels. Grazie ai proventi delle
case di tolleranza ha potuto finanziare le attività di questa grande
azienda. Forse ha ragione, c'è un segreto.»
Lo sapevo!
«Davvero?»
«Sono convinto che, per raggiungere il successo in
un qualsiasi settore, si debba diventare padroni di quel campo.
Modificare i paradigmi preesistenti per adattarli al proprio stile di
gestione, ribaltare le consuetudini socio-finanziarie, distruggere
una spietata macchina statale che impedisce agli uomini di genio di
realizzare le proprie ambizioni, se nececssario, non farsi più
simulacri di una banale plutocrazia, ma applicarne i canoni nella
nuova realtà della globalizzazione...»
Questo linguaggio tecnico
mi confonde. «In parole povere?»
«Avere una famiglia con i
soldi.»
«Quindi la fortuna c'entra, in ogni caso.»
«Non mi
sottometto alla fortuna o al caso, Miss Zinke. È questione di avere
le persone giuste nella propria squadra e di saperne guidare le
energie al meglio. Mi permetta di citare un brano del mio libro
preferito, La rivolta di Atlante: il discorso di John
Galt.»
Prima che mi ricordi quanto sia lunga quell'arringa,
lui prende un libro (probabilmente rilegato in pelle umana) che
potrebbe fungere tranquillamente da contrappeso per una catapulta e
inizia a leggere.
Dopo un'ora non è arrivato neanche a metà. A
quel punto la mia dea interiore, che nel frattempo ha imbiancato le
pareti del mio karma e ha rassettato la ayurveda, mi impone di fare
una domanda ad hoc per sbloccare la trama.
«È vero quel che si
dice sul suo conto, che lei è un maniaco del controllo?»
Lui
chiude il libro e con eleganza lo poggia sulla scrivania, che
scricchiola con altrettanta eleganza.
«Oh, io esercito il
controllo su tutto, miss Zinke. A questo proposito, mi scusi un
attimo...»
Apre la portafinestra alle spalle della sua scrivania
ed esce sull'ampio balcone, mentre il suono di una sirena riecheggia
per il campo di costruzione.
«Schiavi!» esclama «Il vostro
signore e padrone porge la sua benedizione a uno di voi.»
Noto
che ha in mano una frusta particolarmente lunga. Senza farmi notare,
mi alzo per vedere cosa ha intenzione di fare. Con un colpo deciso la
solleva e l'abbassa, affibiando una frustata sulle natiche di uno
degli operai, che sono prostrati come se stessero adorando un dio
vero e proprio.
«Ecco fatto» dice, chiudendo la portafinestra e
sedendosi nuovamente alla scrivania. «Vede, è questo che intendo
per controllo.»
Lo guardo negli occhi, e lui regge il mio
sguardo, impassibile. Per un attimo penso che abbia una collezione di
cadaveri nascosta in cantina, ma poi mi convinco che un uomo della
sua posizione non lo farebbe mai. Al limite, la nasconderebbe nella
dependance.
Perché quest’uomo ha un effetto così inquietante
su di me? Sarà la sua bellezza travolgente? Il suo modo elegante e
conciso di parlare? I suoi occhi che mi guardano come se fossi una
riccastra da spennare al casinò? Il modo in cui si accarezza il
labbro inferiore con il dito? Il pacco, probabilmente imbottito di
ovatta, ma comunque di dimensioni non indifferenti?
«Inoltre, se
nelle proprie fantasie segrete ci si convince davvero di essere un
dio in terra, si acquisisce un potere immenso e si può davvero
giungere a dominare ogni cosa. A meno che non ci si metta in testa di
conquistare la Russia, quello è sempre un gran casino. Meglio
iniziare con l'Alsazia e la Lorena.»
«Lei pensa di poter
dominare ogni cosa?» Al diavolo le domande di Jill.
«Ho più di
settantamila persone alle mie dipendenze, Miss Zinke. Questo comporta
un certo equilibrio fra potere e responsabilità… anzi no, potere
e basta. Se io dovessi decidere che il settore delle
pistole-rossetto o dei rossetti-pistole non mi interessa più e che
voglio vendere, dalle diecimila alle quindicimila persone finirebbero
sotto un ponte nel giro di un mese.»
Lo guardo a bocca aperta. La
sua mancanza di umiltà e di empatia mi fanno pensare che potrebbe
davvero avere una collezione di cuori umani sotto formaldeide.
«Non
ha un consiglio di amministrazione a cui rispondere?»
chiedo.
«Perché, secondo lei hanno mai protestato?»
Mi ha
presa in contropiede. Meglio cambiare argomento. «Ha qualche
interesse, al di fuori del lavoro?»
«Ho interessi molto vari,
Miss Zinke» l’ombra di un sorriso gli sfiora le labbra. «Molto
vari.» Per qualche ragione la sua voce si è abbassata e per un
istante sembra Barry White con le fregole. Nei suoi occhi luccica un
pensiero perverso. O forse si è beccato l'influenza spagnola.
«Che
cosa fa per rilassarsi?»
«Rilassarmi?» Sorride, rivelando denti
bianchissimi e affilati, da far invidia ad un lupo. Mi sembra che
siano macchiati di sangue, ma probabilmente è solo una mia
impressione. È davvero bellissimo, nessuno dovrebbe essere così
attraente. Diamine, dovrebbe essere un crimine punibile con la
prigione.
«Sono molto ricco, Miss Zinke, qualora non si fosse
capito. Per rilassarmi, come dice lei, mi diletto in
attività costose ed impegnative che probabilmente avrà visto
solo sullo schermo di uno squallido 21 pollici.» Fa un ghigno
divertito, risultando ancor più sexy. «Pratico diversi sport: vela,
deltaplano, sci di fondo, lancio del giavellotto, lancio della
granata a frammentazione... alle riunioni di famiglia pratichiamo
anche la caccia allo schiavo nella foresta.»
Leggo la domanda
successiva. «Perché concentra nelle sue mani delle attività
industriali così diverse?» chiedo.
«Mi piacciono le cose. Mi
piace sapere come funzionano e come posso modificarle.»
La mia
dea interiore, immersa nella lettura di un romanzo erotico di bassa
lega, mi suggerisce una replica su misura. «Ora sembra che stia
parlando con il cuore in mano.»
«Perché, non è possibile?»
chiede lui.
«Alcune persone sono convinte che lei non ce l'abbia,
un cuore.»
«E sbagliano. Certo che ce l'ho.»
Si alza e
apre quello che ha l'aspetto di un mobile bar. Estrae un vasetto
colmo di un liquido trasparente, nel quale galleggia un cuore umano.
«Anzi, ne ho più di uno. Questo è stato il primo. Ah, Roger... non
avresti mai dovuto mostrarmi il progetto di quel tapis roulant prima
di brevettarlo...»
Allora ha davvero una collezione di cuori
umani! Un vero tocco di classe, devo ammetterlo.
«Lei investe
anche in tecnologie agricole. Perché le interessa questo
settore?»
«Non vorrà che tutti quegli africani sviluppino delle
tecnologie indipendenti, vero?» replica, sedendosi.
Sbircio la
domanda successiva. Dovrei chiedergli se ha una filosofia di vita, ma
l'idea di sorbirmi un'altra ora di quelle boiate (seppure così sexy,
lette dalla sua voce) non mi aggrada particolarmente. Guardo la
domanda successiva.
«Lei è stato adottato. In quale misura
ritiene che ciò abbia influenzato il suo modo di essere?»
Lui
aggrotta la fronte. Pure quelle linee di espressione che si formano
alla sommità del naso sono sexy. Mi sa che anche i suoi villi
intestinali sono sexy.
«Non ho modo di saperlo.»
«Quanti
anni aveva quando è stato adottato?»
«Questa è un'informazione
di pubblico dominio, miss Zinke» il suo tono si è fatto
improvvisamente severo. Avrei dovuto saperlo, in effetti. Merda.
«Non
dev'essere stato facile superare la perdita dei suoi genitori
biologici».
«Questa non è una domanda» mi fa
presente.
«Giusto. Eh... se i suoi genitori biologici sono morti,
deve averli persi».
«Questa è una tautologia».
«Volevo
dire, le persone muoiono».
«Questa è una legge biologica».
«Per
due punti passa una e una sola retta».
«Assioma».
«Sono
sufficienti le coordinate di due punti per determinare l'equazione di
una retta».
«Corollario».
«Allah è dio e Maometto è il
suo profeta».
«Dogma».
«L'assassino è il
maggiordomo».
«Cliché».
Cerco di concentrarmi e,
finalmente, riesco ad esprimere il concetto in forma interrogativa. E
meno male che studio letteratura e ho letto pure Tess dei
d'Urbervilles. «È stato difficile superare la perdita dei suoi
genitori biologici?»
«Non è stato facile, in effetti. Insomma,
mi ero impegnato molto per sabotare i freni della loro auto e...» si
interrompe e cerca di dissimulare l'imbarazzo per aver rivelato dei
dettagli così intimi. «Mi sembra di aver risposto in modo
esauriente».
«Lei è omosessuale, Mr Brown?»
Lui fa un
sospiro irritato e io chino il capo, mortificata. Ma che... Perché
non ho usato una sorta di filtro prima di sparare questa domanda?
Devo avere la ghiaia che drena tutti i pensieri. Come faccio a dirgli
che mi sono limitata a leggerla? Ma Jill non può limitarsi a
slashare i ragazzi del college?
«No, Geena, non lo sono»
risponde lui, probabilmente sul punto di sfoderare la verga del
comando per dimostrarlo. Vorrei sprofondare.
«Mi scusi» dico «È
solo che Jill mi ha lasciato queste domande e lei è una patita dello
slash. Insomma, basta che due maschi si urtino mentre escono da
un'aula e lei parte a scrivere fanfiction piene di vasellina
e...»
Grazie al cielo il mio sproloquio è interrotto dal rumore
della porta che si apre. Entra la bionda con la minigonna. «Scusi se
la interrompo, Mr Brown, ma il suo appuntamento con i rappresentanti
dall'American Nazi Party è fra due minuti.»
«Non abbiamo ancora
finito, Inga. Dì che rimandiamo a domani».
E, tanto per chiarire
il concetto, le allunga una pacca sul sedere. Inga esce, arrossendo
visibilmente.
«Dove eravamo, Miss Zinke?» Ah, adesso siamo
tornati al Miss Zinke.
"E certo, scema" mi
rimbecca la dea interiore "Cosa ti aspetti? Che ti chiami Vagy,
magari?"
«Voglio sapere qualcosa di lei. Mi sembra
doveroso.»
Appoggia i gomiti sui braccioli della poltrona e
unisce le dita di fronte alla bocca. Le dita a piramide della
contemplazione malvagia, un po' come Mr Burns, ma molto più
sexy. Deglutisco.
«Non c’è molto da sapere» rispondo.
«Che
progetti ha dopo la laurea?»
«Non ho fatto progetti, Mr Brown.
Per il momento, mi basta superare gli esami, cosa che farò senza
problemi. Si è mai visto un film americano in cui qualcuno non
supera un esame?»
«Questo è vero. Ha ottenuto le risposte che
cercava?»
Do un'occhiata al foglio e mi rendo conto che le
domande sono finite. «Sì» rispondo «Sarà meglio che vada ora,
devo portare la registrazione a Jill».
Lui si alza e mi anticipa,
aprendo la porta. «Solo per assicurarmi che arrivi indenne a casa,
Miss Zinke».
"Allora ha un minimo di premura" penso.
Ovviamente, questo non mi impedisce di inciampare mentre raggiungo
l'ascensore. Urto la bionda che avevo steso al mio arrivo, facendola
cadere nuovamente. Si rialza infuriata e con un ceffone mi spedisce
dentro la cabina dell'ascensore. Prima che le porte si chiudano noto
che qualcuno si avvicina a me. Sono ancora scombussolata e non
riconosco chi sia.
«Tristan...» dico, con voce sognante.
Invece
è Yves che, con uno sguardo sprezzante, mi getta addosso la
giacca.
Finalmente, le porte si chiudono.
N/A: Le pistole-rossetto sono quelle rese immortali da Lady Gaga in Judas. I rossetti-pistola, invece, sono un marchio depositato della Brown GFB.