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Autore: Belfagor    30/09/2012    6 recensioni
Quando Geena Zinke, studentessa universitaria apparentemente sfigata ma very Mary Sue inside, accetta suo malgrado di intervistare Tristan Brown, giovane magnate dell'industria, non sa ancora quello che le capiterà.
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 1 A/N: Ecco il tanto atteso secondo capitolo. Ringrazio tantissimo winola per la betatura. Grazie mille, caVaH!


Capitolo 2
Cinquanta domande scottanti


Leggo la prima domanda sul foglio. «Ha una lince modificata geneticamente come animale da compagnia?»
Inarca un sopracciglio sexy. «Come, prego?»
«È la prima domanda».
«No, non ho animali da compagnia».
«Possiede una base operativa in Antartide?»
«No».
«Capisco. Ha fatto qualcosa di terribile esattamente trentacinque minuti fa?»
«No».
Mi affretto a leggere la domanda successiva: «Dunque, Brown GFB: Glamour, Fitness & Bioweapons, giusto?»

«Esatto» conferma lui con un sorriso smagliante.
«Com'è nata questa unione vincente?»
«Ricorda l'esperimento di Tuskgee sulla sifilide? La mia famiglia ne ha visto le enormi potenzialità».
Resto sorpresa da una simile creatività. «Davvero?»
«Davvero. Fra un paio di settimane lanceremo una nuova versione della Variola minor».
«Sul mercato?» chiedo preoccupata.
«Santo cielo, no!» risponde lui con una tale veemenza che mi viene il dubbio di aver insultato i suoi principi morali «Sulla Corea del Nord».
Faccio un sospiro di sollievo: «Ah, meno male». Credevo che la gente nella sua posizione non avesse un codice etico così forte.
Passo alla domanda successiva. «Lei ha raggiunto una posizione invidiabile a soli ventisette anni. Qual è il segreto di un simile successo?»
Lui mi fissa negli occhi prima di rispondere e non capisco se stia cercando di catturare il mio sguardo con le sue pupille magnetiche o se ho qualcosa incastrato fra i denti. Finalmente risponde: «Vede, miss Zinke, molti pensano che gestire simili attività sia qualcosa difficile da afferrare per i comuni mortali...»
Si ferma. Probabilmente si è reso conto di non aver usato un termine appropriato. «Volevo dire, per gli esseri inferiori».
«Molto meglio» convengo.
«Comunque, quello che stavo dicendo è che, al di là dei tecnicismi, è piuttosto semplice. Questo è il mio segreto. Io gestisco senza pietà».
A quelle parole, la mia dea interiore ripone il costume da cameriera francese e tende l'orecchio per ascoltare meglio.
«Gestisce senza pietà» ripeto. «In che senso, esattamente?»
La domanda non è sul foglio, ma non posso fare a meno di chiederglielo. La voce di quell'uomo ha una strana influenza su di me. Per di più non ho capito una mazza di quello che ha detto.
Sorride. «Non è qualcosa che può essere spiegato interamente, penso che ci sia qualcosa di innato. Alcuni sono portati al comando e altri sono fatti per essere sottomessi, bisogna solo cogliere i segnali e capire qual è il proprio ruolo. Io ho realizzato quale sarebbe stato il mio destino il giorno in cui una copia de La rivolta di Atlante mi cadde sulla fronte. Copertina rigida. Ci vollero diciannove punti e un elettroencefalogramma di sei ore, ma mi ha permesso di forgiare il mio carattere. Ora sono un uomo che non deve chiedere. Mai
A quel 'mai', sento un brivido attraversarmi la spina dorsale. Poi mi accorgo che è solo la mia dea interiore che ha inserito il vibratore nella presa della 380. Fantastico, ora i miei chakra puzzano di pollo strinato. Forse è meglio passare alla domanda seguente.
«Lei non ha fondato personalmente la Brown GFB. Com'è nata questa grande azienda?»
«Tutto questo è stato possibile grazie al mio bisnonno, Jorgen Braun».
Un'altra sorpresa. «Lei ha origini tedesche?»
«Sì. Il mio bisnonno era un grand'uomo, intraprendente e lungimirante. Sul fronte orientale era noto come 'il macellaio di Minsk'. Era un uomo così determinato che i sovietici lo dovettero affogare, impiccare e poi bruciare, per andare sul sicuro. Cose che capitano. Invece di perdere tempo a disperarsi, la mia bisnonna ha spostato la sua fabbrica di mangime per pesci negli Stati Uniti.»
Mi accorgo che la sua narrazione si fa sempre più coinvolgente ed appassionante, al punto che mi sento quasi ipnotizzata. Dovrei concentrarmi solo sulle domande. O sul fatto che la mia camicetta sia ancora strappata.
«Mentre ero al college, ho iniziato a dirigere la mia prima attività. Ho seguito le orme di mio padre.»
Mi mostra la foto di un uomo che indossa una vistosa pelliccia bianca e tiene ben saldo in una mano un lungo bastone nero. Con l'altra mano, ricoperta di anelli d'oro, sta schiaffeggiando una giovane donna.
«Wesley Brown» spiega, con la voce carica d'orgoglio «Fondatore della Brown Brothels. Grazie ai proventi delle case di tolleranza ha potuto finanziare le attività di questa grande azienda. Forse ha ragione, c'è un segreto.»
Lo sapevo! «Davvero?»
«Sono convinto che, per raggiungere il successo in un qualsiasi settore, si debba diventare padroni di quel campo. Modificare i paradigmi preesistenti per adattarli al proprio stile di gestione, ribaltare le consuetudini socio-finanziarie, distruggere una spietata macchina statale che impedisce agli uomini di genio di realizzare le proprie ambizioni, se nececssario, non farsi più simulacri di una banale plutocrazia, ma applicarne i canoni nella nuova realtà della globalizzazione...»
Questo linguaggio tecnico mi confonde. «In parole povere?»
«Avere una famiglia con i soldi.»
«Quindi la fortuna c'entra, in ogni caso.»
«Non mi sottometto alla fortuna o al caso, Miss Zinke. È questione di avere le persone giuste nella propria squadra e di saperne guidare le energie al meglio. Mi permetta di citare un brano del mio libro preferito, La rivolta di Atlante: il discorso di John Galt.»
Prima che mi ricordi quanto sia lunga quell'arringa, lui prende un libro (probabilmente rilegato in pelle umana) che potrebbe fungere tranquillamente da contrappeso per una catapulta e inizia a leggere.
Dopo un'ora non è arrivato neanche a metà. A quel punto la mia dea interiore, che nel frattempo ha imbiancato le pareti del mio karma e ha rassettato la ayurveda, mi impone di fare una domanda ad hoc per sbloccare la trama.
«È vero quel che si dice sul suo conto, che lei è un maniaco del controllo?»
Lui chiude il libro e con eleganza lo poggia sulla scrivania, che scricchiola con altrettanta eleganza.
«Oh, io esercito il controllo su tutto, miss Zinke. A questo proposito, mi scusi un attimo...»
Apre la portafinestra alle spalle della sua scrivania ed esce sull'ampio balcone, mentre il suono di una sirena riecheggia per il campo di costruzione.
«Schiavi!» esclama «Il vostro signore e padrone porge la sua benedizione a uno di voi.»
Noto che ha in mano una frusta particolarmente lunga. Senza farmi notare, mi alzo per vedere cosa ha intenzione di fare. Con un colpo deciso la solleva e l'abbassa, affibiando una frustata sulle natiche di uno degli operai, che sono prostrati come se stessero adorando un dio vero e proprio.
«Ecco fatto» dice, chiudendo la portafinestra e sedendosi nuovamente alla scrivania. «Vede, è questo che intendo per controllo.»
Lo guardo negli occhi, e lui regge il mio sguardo, impassibile. Per un attimo penso che abbia una collezione di cadaveri nascosta in cantina, ma poi mi convinco che un uomo della sua posizione non lo farebbe mai. Al limite, la nasconderebbe nella dependance.
Perché quest’uomo ha un effetto così inquietante su di me? Sarà la sua bellezza travolgente? Il suo modo elegante e conciso di parlare? I suoi occhi che mi guardano come se fossi una riccastra da spennare al casinò? Il modo in cui si accarezza il labbro inferiore con il dito? Il pacco, probabilmente imbottito di ovatta, ma comunque di dimensioni non indifferenti?
«Inoltre, se nelle proprie fantasie segrete ci si convince davvero di essere un dio in terra, si acquisisce un potere immenso e si può davvero giungere a dominare ogni cosa. A meno che non ci si metta in testa di conquistare la Russia, quello è sempre un gran casino. Meglio iniziare con l'Alsazia e la Lorena.»
«Lei pensa di poter dominare ogni cosa?» Al diavolo le domande di Jill.
«Ho più di settantamila persone alle mie dipendenze, Miss Zinke. Questo comporta un certo equilibrio fra potere e responsabilità… anzi no, potere e basta. Se io dovessi decidere che il settore delle pistole-rossetto o dei rossetti-pistole non mi interessa più e che voglio vendere, dalle diecimila alle quindicimila persone finirebbero sotto un ponte nel giro di un mese.»
Lo guardo a bocca aperta. La sua mancanza di umiltà e di empatia mi fanno pensare che potrebbe davvero avere una collezione di cuori umani sotto formaldeide.
«Non ha un consiglio di amministrazione a cui rispondere?» chiedo.
«Perché, secondo lei hanno mai protestato?»
Mi ha presa in contropiede. Meglio cambiare argomento. «Ha qualche interesse, al di fuori del lavoro?»
«Ho interessi molto vari, Miss Zinke» l’ombra di un sorriso gli sfiora le labbra. «Molto vari.» Per qualche ragione la sua voce si è abbassata e per un istante sembra Barry White con le fregole. Nei suoi occhi luccica un pensiero perverso. O forse si è beccato l'influenza spagnola.
«Che cosa fa per rilassarsi?»
«Rilassarmi?» Sorride, rivelando denti bianchissimi e affilati, da far invidia ad un lupo. Mi sembra che siano macchiati di sangue, ma probabilmente è solo una mia impressione. È davvero bellissimo, nessuno dovrebbe essere così attraente. Diamine, dovrebbe essere un crimine punibile con la prigione.
«Sono molto ricco, Miss Zinke, qualora non si fosse capito. Per rilassarmi, come dice lei, mi diletto in attività costose ed impegnative che probabilmente avrà visto solo sullo schermo di uno squallido 21 pollici.» Fa un ghigno divertito, risultando ancor più sexy. «Pratico diversi sport: vela, deltaplano, sci di fondo, lancio del giavellotto, lancio della granata a frammentazione... alle riunioni di famiglia pratichiamo anche la caccia allo schiavo nella foresta.»
Leggo la domanda successiva. «Perché concentra nelle sue mani delle attività industriali così diverse?» chiedo.
«Mi piacciono le cose. Mi piace sapere come funzionano e come posso modificarle.»
La mia dea interiore, immersa nella lettura di un romanzo erotico di bassa lega, mi suggerisce una replica su misura. «Ora sembra che stia parlando con il cuore in mano.»
«Perché, non è possibile?» chiede lui.
«Alcune persone sono convinte che lei non ce l'abbia, un cuore.»
«E sbagliano. Certo che ce l'ho.»
Si alza e apre quello che ha l'aspetto di un mobile bar. Estrae un vasetto colmo di un liquido trasparente, nel quale galleggia un cuore umano. «Anzi, ne ho più di uno. Questo è stato il primo. Ah, Roger... non avresti mai dovuto mostrarmi il progetto di quel tapis roulant prima di brevettarlo...»
Allora ha davvero una collezione di cuori umani! Un vero tocco di classe, devo ammetterlo.
«Lei investe anche in tecnologie agricole. Perché le interessa questo settore?»
«Non vorrà che tutti quegli africani sviluppino delle tecnologie indipendenti, vero?» replica, sedendosi.
Sbircio la domanda successiva. Dovrei chiedergli se ha una filosofia di vita, ma l'idea di sorbirmi un'altra ora di quelle boiate (seppure così sexy, lette dalla sua voce) non mi aggrada particolarmente. Guardo la domanda successiva.
«Lei è stato adottato. In quale misura ritiene che ciò abbia influenzato il suo modo di essere?»
Lui aggrotta la fronte. Pure quelle linee di espressione che si formano alla sommità del naso sono sexy. Mi sa che anche i suoi villi intestinali sono sexy.
«Non ho modo di saperlo.»
«Quanti anni aveva quando è stato adottato?»
«Questa è un'informazione di pubblico dominio, miss Zinke» il suo tono si è fatto improvvisamente severo. Avrei dovuto saperlo, in effetti. Merda.
«Non dev'essere stato facile superare la perdita dei suoi genitori biologici».
«Questa non è una domanda» mi fa presente.
«Giusto. Eh... se i suoi genitori biologici sono morti, deve averli persi».
«Questa è una tautologia».
«Volevo dire, le persone muoiono».
«Questa è una legge biologica».
«Per due punti passa una e una sola retta».
«Assioma».
«Sono sufficienti le coordinate di due punti per determinare l'equazione di una retta».
«Corollario».
«Allah è dio e Maometto è il suo profeta».
«Dogma».
«L'assassino è il maggiordomo».
«Cliché».
Cerco di concentrarmi e, finalmente, riesco ad esprimere il concetto in forma interrogativa. E meno male che studio letteratura e ho letto pure Tess dei d'Urbervilles. «È stato difficile superare la perdita dei suoi genitori biologici?»
«Non è stato facile, in effetti. Insomma, mi ero impegnato molto per sabotare i freni della loro auto e...» si interrompe e cerca di dissimulare l'imbarazzo per aver rivelato dei dettagli così intimi. «Mi sembra di aver risposto in modo esauriente».
«Lei è omosessuale, Mr Brown?»
Lui fa un sospiro irritato e io chino il capo, mortificata. Ma che... Perché non ho usato una sorta di filtro prima di sparare questa domanda? Devo avere la ghiaia che drena tutti i pensieri. Come faccio a dirgli che mi sono limitata a leggerla? Ma Jill non può limitarsi a slashare i ragazzi del college?
«No, Geena, non lo sono» risponde lui, probabilmente sul punto di sfoderare la verga del comando per dimostrarlo. Vorrei sprofondare.
«Mi scusi» dico «È solo che Jill mi ha lasciato queste domande e lei è una patita dello slash. Insomma, basta che due maschi si urtino mentre escono da un'aula e lei parte a scrivere fanfiction piene di vasellina e...»
Grazie al cielo il mio sproloquio è interrotto dal rumore della porta che si apre. Entra la bionda con la minigonna. «Scusi se la interrompo, Mr Brown, ma il suo appuntamento con i rappresentanti dall'American Nazi Party è fra due minuti.»
«Non abbiamo ancora finito, Inga. Dì che rimandiamo a domani».
E, tanto per chiarire il concetto, le allunga una pacca sul sedere. Inga esce, arrossendo visibilmente.
«Dove eravamo, Miss Zinke?» Ah, adesso siamo tornati al Miss Zinke.
"E certo, scema" mi rimbecca la dea interiore "Cosa ti aspetti? Che ti chiami Vagy, magari?"
«Voglio sapere qualcosa di lei. Mi sembra doveroso.»
Appoggia i gomiti sui braccioli della poltrona e unisce le dita di fronte alla bocca. Le dita a piramide della contemplazione malvagia,  un po' come Mr Burns, ma molto più sexy. Deglutisco.
«Non c’è molto da sapere» rispondo.
«Che progetti ha dopo la laurea?»
«Non ho fatto progetti, Mr Brown. Per il momento, mi basta superare gli esami, cosa che farò senza problemi. Si è mai visto un film americano in cui qualcuno non supera un esame?»
«Questo è vero. Ha ottenuto le risposte che cercava?»
Do un'occhiata al foglio e mi rendo conto che le domande sono finite. «Sì» rispondo «Sarà meglio che vada ora, devo portare la registrazione a Jill».
Lui si alza e mi anticipa, aprendo la porta. «Solo per assicurarmi che arrivi indenne a casa, Miss Zinke».
"Allora ha un minimo di premura" penso. Ovviamente, questo non mi impedisce di inciampare mentre raggiungo l'ascensore. Urto la bionda che avevo steso al mio arrivo, facendola cadere nuovamente. Si rialza infuriata e con un ceffone mi spedisce dentro la cabina dell'ascensore. Prima che le porte si chiudano noto che qualcuno si avvicina a me. Sono ancora scombussolata e non riconosco chi sia.
«Tristan...» dico, con voce sognante.
Invece è Yves che, con uno sguardo sprezzante, mi getta addosso la giacca.
Finalmente, le porte si chiudono.


N/A: Le pistole-rossetto sono quelle rese immortali da Lady Gaga in Judas. I rossetti-pistola, invece, sono un marchio depositato della Brown GFB.
  
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