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Autore: UncleObli    30/09/2012    2 recensioni
La solitudine è come un veleno. Si infiltra subdola nelle crepe della vita quotidiana. E cosa accade quando la speranza, così irresistibilmente effimera, svanisce in un battito di ciglia? Questo è ciò che è accaduto al protagonista di questa storia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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«Noah, svegliati!»

Aprii gli occhi. Ero ancora in autobus, al sicuro. Vicino a me c’era Sally, visibilmente preoccupata e inquieta. Ne scansai lo sguardo indagatore, poi mi tasta la guancia.  Il mio volto era imperlato di sudore. Presi dallo zaino un fazzoletto, con cui mi asciugai il viso. Sally fece per toccarmi la fronte, ma io, per riflesso incondizionato, mi scostai bruscamente. Lei alzò un sopracciglio, ma non commentò. Mi sentii in colpa, in fin dei conti quel sogno non significava niente né lei poteva essere accusata di nulla, naturalmente.

«Scusami, è solo che… ho avuto un incubo»

Lei sorrise, comprensiva. Poi scosse lentamente la testa, e mi accarezzò il volto. Fu un gesto talmente gentile e pacificatore, nonché inaspettato, che riuscì nell’intento di farmi dimenticare l’incubo. Mi scrollai di dosso gli ultimi residui di inquietudine, poi notai che l’autobus era fermo. Sally mi diede un buffetto sulla guancia, poi disse, giuliva:

«Guarda che siamo arrivati, dormiglione. L’autista contando i passeggeri si è accorto che mancavi, così sono venuta a svegliarti. Dai, scendi. Ci stanno aspettando tutti.»

Io annuii, raccattando i miei pochi effetti. Scesi dall’autobus, mi scusai con l’autista per il disturbo, quindi mi guardai in giro. Ci trovavamo in una piazza piuttosto grande, il centro del piccolo paese in cui avrei iniziato la mia nuova vita: Greenville. Respirai a pieni polmoni l’aria fresca del tardo pomeriggio, notando che odorava ancora di pioggia. Ero libero, finalmente. Desideravo urlare questa effimera gioia al mondo intero, ma naturalmente mi trattenni. Mi incamminai per la strada, cercando di sembrare più anonimo possibile. Improvvisamente una mano mi afferrò la spalla, costringendomi a voltarmi. Era Sally.

«Ehi, forse non sarebbe il caso di chiedertelo, ma… cosa farai ora?»

Fui io stavolta ad alzare un sopracciglio, irritato. Cercai di non far trasparire il mio fastidio, ma non fu facile, perché la ragazza mi aveva rivolto la stessa identica domanda a cui io non avevo saputo rispondere: da quel momento in poi avrei dovuto improvvisare. Tuttavia non era certo il caso di dire una cosa del genere, quindi replicai:

«Andrò da mia madre. Abita a pochi chilometri da qui. E in ogni caso non ti riguarda, credo. Qui le nostre strade si dividono.»

La ragazza non fu da meno, e, sfoderando il più gelido dei sorrisi, rispose:

«Ne dubito seriamente. Se così fosse sarebbe venuta a prenderti, no? E poi non hai l’aspetto di una persona preparata ad un lungo viaggio o ad un trasloco. Sii sincero: sei scappato di casa, vero?»

Io strabuzzai gli occhi, sorpreso dall’acume della ragazza. Per un momento persi la bussola, mentre la mia risoluzione andava in pezzi. Se persino una prostituta di provincia riusciva a leggermi così facilmente dentro, come potevo sperare di cavarmela? Lentamente annuii.

«Si, è vero. Ma la sostanza non cambia. Non sono affari che ti riguardano. In qualche modo farò. A costo di dover rubare o prostituirmi io a casa non ci torno. Dovessi morire. Credo che cercherò un ostello, per il momento. Lì non dovrebbero fare troppe domande. Almeno per qualche giorno sono coperto.»

Sally sospirò, poi mi scompigliò i capelli.

«Parli con troppa leggerezza di cose che non capisci. Hai lasciato la sicurezza di una casa per cosa? Per finire in qualche bettola a prostituirti per vecchi bavosi? Lascia perdere. Piuttosto, che ne dici di venire a stare da me, almeno per un po’? Sarebbe certamente più confortevole che stare in un ostello. Non ti preoccupare, non voglio chiamare tua madre, o cose simili. Voglio solo aiutarti.»

Io riflettei seriamente sulla proposta. Ero stanco di calcolare i pro e i contro di ogni azione, macchinare e guardarmi le spalle. La mia vita da reietto era appena cominciata e già la mia anima cadeva in pezzi. Che sottile ironia. No… io in verità sono sempre stato come un cane randagio, abbandonato da tutti, e non potevo fare altro che abbaiare alla luna. Non c’era da meravigliarsi che fossi stanco e abbattuto. Per una volta, una singola stupida volta, volevo fidarmi di qualcuno.

«Va bene, Sally. Non so cosa ti spinga a fare tutto ciò, ma non posso che ringraziarti. Se fossi credente penserei alla provvidenza, o più pragmaticamente alla sorte. Fortunatamente la sanità mentale non mi ha ancora abbandonato del tutto.»

Sally si avvicinò, e sorrise con calore. Era quasi il crepuscolo e le ombre della città si allungavano sull’asfalto, come artigli maligni alla disperata ricerca di prede, implacabili eppure così eternamente fragili. La ragazza appoggiò nuovamente la mano sulla mia spalla, e mi parve di notare una lieve crepa nel suo sorriso, come se si fosse ricordata di qualcosa, poi disse, in un sussurro:

«E se il destino in realtà stesse dietro ad entrambe?»

Feci l’errore di crederle: la seguii.
  
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