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Autore: Horrorealumna    01/10/2012    1 recensioni
L’incubo sarebbe finalmente finito.
Insieme alla mia vita e alla sua.
L’incubo sarebbe finalmente finito.
Con la nostra morte.
Dopotutto non c’è niente da temere.
Perché temere la morte quando si ha già paura del buio?
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alessa Gillespie, Dahlia Gillespie
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fear of ...'
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LA "FINTA" ALESSA
 
Seguii il dottore che stava trasportando il mio corpo sull’ambulanza. Fatta salire la barella sul veicolo si allontanò e, dopo aver bisbigliato qualcosa a Kaufmann si diresse verso Travis, che giaceva ancora a terra privo di sensi.
Ora ero sola con Alessa; non c’era neanche il conducente sebbene la sirena fosse ancora accesa; ma che sorta di emergenza potevano segnalare, ora che tutti credevano Alessa morta?! Scostai piano la coperta dalla sua faccia e la osservai: aveva gli occhi sbarrati e la bocca semi-aperta. I suoi occhi di fumo e fuoco sembravano vuoti e spenti, ma comunque attivi. Non era certo morta!
E se... fosse stato tutto parte di un piano?
E se Kaufmann avesse... ?
 
- L’uomo sta bene, si riprenderà tra un po’ - esclamò lo stesso infermiere di prima, chino su Travis; rivolgendosi al suo collega chiese - Lo portiamo in ospedale oppure... ?
Micheal Kaufmann fece spallucce:
- Se si riprenderà presto e sta bene, non vedo perché dovremmo portarlo via. Per farlo agitare solo di più?! Lasciatelo lì, si sveglierà solo.
Erano davvero meschini. Brutti bugiardi!
Alessa continuava a tenere gli occhi aperti; chissà per quanto tempo avrebbe ancora avuto la forza di farlo. Sembrava debolissima e doveva soffrire parecchio, essendo ustionata dalla testa ai piedi. Tese la sua mano verso di me, come se cercasse di afferrarmi; ma io non le detti tanta importanza.
Uscii dall’autoambulanza e guardai la gente: alcuni si tenevano la testa, altri avevano gli occhi sbarrati, altri ancora sussurravano tra loro.
Dahlia era tra di loro. Si fece largo e arrivò vicina al dottor Kaufmann, singhiozzando e urlando come una disperata, senza neanche una lacrima che scendeva sulle sue guance.
Falsa.
Chiedeva di vedermi: fu condotta accanto ad Alessa e io la seguii, naturalmente invisibile ai loro occhi. Prima però, rivolsi un ultimo sguardo a quella che un tempo era casa mia, ancora tra le fiamme. Scorsi anche il corpo di Travis, ma di lui mi sarei occupata dopo.
 
Risalita sul veicolo appena in tempo sentii le porte dell’abitacolo chiudersi con un potente tonfo alle mie spalle.
E tutto mutò.
Dahlia riassunse quel suo sguardo di disprezzo e superiorità di sempre. Kaufmann, afferrato un fazzoletto, si asciugò la fronte grondante di sudore. Quell’infermiere era seduto in fondo e teneva tra le mani alcune banconote, che fissava avidamente.
Nell’aria si sentiva uno sgradevolissimo odore di carne bruciata.
Dahlia scostò il telo ospedaliero dal viso di sua figlia e la osservò, sorridendo. Alessa teneva ancora gli occhi spalancati; le sue pupille si fermarono a scrutare la madre, il suo respiro si fece sempre più irregolare.
- Peccato sia arrivato quel guastafeste, vero Alessa? - sussurrò Dahlia - Se non fosse stato per lui il rituale sarebbe stato già compiuto. Ma non fa niente. Lì o in ospedale... nascerà lo stesso.
- Non cantare vittoria - la rimproverò Micheal - Dobbiamo prima convincere la città.
- Hai fatto quello che ti ho chiesto?! - rispose lei.
- Sì. Solo che...
Kaufmann fece un gesto all’infermiere; quello si alzò, evidentemente seccato, e tirò fuori da una specie di involucro un fagotto di stoffa bianca. No, non era un...
Appoggiò il tutto su un’altra barella, accanto ai presenti e ne scoprì il contenuto: una bambina.
Doveva avere circa la mia età e mi somigliava molto. Aveva corti capelli corvini ma non potevo sapere di che colore erano i suoi occhi. Erano chiusi. E non si sarebbero mai più aperti.
- Non è ustionata! - esclamò Dahlia.
- Lo so! - rispose lui - Ma è la più somigliante ad Alessa che abbiamo trovato; poi, non ci hai dato abbastanza tempo. E’ morta per il fumo delle fiamme, ma non è stata intaccata molto dal fuoco.
- E credi che la gente la berrebbe?
- Forse! Dai, tutti la credevano una strega! Ora arriviamo in ospedale e...
- E? E cosa?
- La nascondiamo.
- Ok, lasciale la stanza più piccola e isolata che avete.
- E’ impossibile... a meno che... c’è il sotterraneo. Senza finestre, nessun infermiere a ficcanasare.
- Perfetto.
 
Avrebbero sostituito il mio corpo con quello di quella bambina?
Era orribile!
Certo, erano stati previdenti. Avevano preso in considerazione ogni eventualità.
 
Quella bambina, probabilmente strappata via dalla sua famiglia, sarebbe stata Alessa Gillespie per tutta la città! A vederla così stranamente piccola e bella, addormentata nel torpore della morte, sembrava davvero me. Stessi capelli, stessa corporatura.
E se qualcuno se ne sarebbe accorto? La sua famiglia... ?
No, sicuramente non veniva da Silent Hill, non l’avevo mai vista a scuola.
Chissà come si chiamava.
 
La coprirono completamente e, subito dopo, tutti gli sguardi si puntarono sulla vera Alessa; rantolava ancora, allo stremo delle forza.
Dahlia pensava di avermi in pugno. Povera illusa!
Non poteva immaginare che io ero già evasa da quella “conchiglia”, da quel patetico guscio chiamato “carne”. E se io non tornavo nella mia conchiglia, Samael non sarebbe mai nato.
Ma ero ancora troppo vulnerabile: un incantesimo da parte sua e sarei dovuta tornare mortale, volente o nolente. Lei era molto più potente di me. Dovevo pensare anche a questo.
 
Il tragitto verso l’Alchemilla Hospital fu abbastanza lungo, essendo casa mia situata all’estrema periferia di Silent Hill. Una volta vicini all’ospedale il mio corpo fu coperto per bene e la bambina morta fu caricata stesa su un’altra barella. La spogliarono e la misero in una posa che sembrava davvero scomoda.
 
Fermi. L’ambulanza era arrivata.
E le porte si aprirono.
 
Dahlia riprese il suo finto tono addolorato mente Kaufmann e l’infermiere scesero dal veicolo con il cadavere.
Cosa dovevo fare: seguire la finta me, o restare con la vera me?
Sentii un’infermiera accorrere verso di loro e chiedere agli uomini:
- E’ la bambina delle fiamme? Morta, eh?
- Sì - rispose uno dei due.
- Ma... wow! Sembra non essersi per niente ustionata! - riprese sorpresa la donna - Era davvero una bambina strana.
- Ci vorrà comunque un’autopsia - disse calmo Kaufmann.
- Sì, signore. Chi la può effettuare? Ci sono...
- IO! Lo farò io! - esclamò il dottore.
Probabilmente si era offerto volontario per mascherare ancora di più il tutto e continuare a infangare la faccenda.
Dahlia rimase nell’autoambulanza; decisi di restare con lei.
Affacciandomi nella notte vidi sparire la piccola bambina tra la moltitudine di dottori e infermiere.
Ora rimaneva da sistemare la vera Gillespie.
 
Dopo pochi minuti, Kaufmann tornò e sussurrò al conducente, porgendogli anche uno strano sacchetto:
- Va’ sul retro. Dobbiamo arrivare al sotterraneo senza essere visti.
Il veicolo si mise in moto e, pochi metri dopo, si spense ancora.
Eravamo dall’altra parte dell’Alchemilla.
 
La barella di Alessa fu trascinata fuori, nella notte umida di pioggia, e portata delicatamente nell’edificio. Seguendola mi ritrovai in un corridoio buio e puzzolente, pieno di attrezzi medici in disuso e prodotti strani. C’era un piccola porticina di metallo davanti a noi. Una strana donna che non avevo notato nella stanza prima, la aprì consentendo al lettino di passare senza troppe storie.
Ci attendeva una lunghissima scalinata, anche abbastanza ripida, che tutti affrontammo con non poche difficoltà.
Attorno a noi, dopo la sfacchinata, c’erano solo porta flebo e scatoloni vuoti e polverosi; la mia attenzione, però, colpii una botola, larga abbastanza per far passare la barella.
Scendemmo.
Eravamo sottoterra solo da pochi secondi ma sentivo che già a tutti mancava il fiato.
 
La stessa infermiera di prima ci condusse verso un’altra porta, l’unica.
 
Una stanzetta d’ospedale.
Spoglia di tutto. Senza luce. Senza aria.
Solo un lettino bianco ad occuparla.
 
Quella sarebbe stata la mia nuova prigione?
 
Adagiarono il corpo ustionato proprio dove avevo immaginato. Altre infermiere, con sguardo cupo, entrarono e m’osservarono a lungo, probabilmente capendo la gravità della mia situazione.
- Mantenetela viva! - le ammonì Kaufmann - Iniziate con l’ORT. La riabilitazione orale e la fasciatura completa.
Tutte annuirono.
- E tu! - tuonò ad un’altra infermiera, più piccola e mingherlina delle altre - Tu devi starle sempre accanto! E’ tuo compito primario curarla. Fai il tuo lavoro qui, è la tua unica paziente. Voi altre, invece, verrete qui solo ad orari prestabiliti e non dovete farne parola con nessuno o saranno guai.
La fragile infermiera fece qualche passo avanti e annuì tremante.
Quindi quelle donne, quei pochi dottori, Dahlia, Travis e l’Ordine sapevano che io ero ancora in vita. Tutti gli altri mi credevano morta. Claudia...
Chissà se le avrebbero nascosto la verità.
 
La mia nuova infermiera era di media statura, dai lineamenti eleganti e proporzionati. Era anche abbastanza bella: aveva dei corti capelli biondi e i suoi occhi sembravano color del mare.
 
Aspetta! Io l’avevo già vista.
Sì, era lei! Era il mio angelo! Lisa! Che mi aveva soccorso dopo la rissa fuori la scuola!
Lisa.
E lei sapeva chi ero io?
 
In quel momento entrò nella stanza un’altra infermiera, robusta e grassoccia, che passò nelle mani del dottor Kaufmann uno strano sacchetto, simile a quello del conducente dell’ambulanza.
- White Claudia. PTV - sussurrò l’uomo, scambiandosi uno sguardo con Dahlia - Siamo d’accordo a somministrargliela?
Dahlia fissò Alessa:
- Sì, se serve ad accelerare il rituale del parto dategliela pure. Quanta ne volete.
 
Volevano drogarla! Drogarmi.
 
Lisa ebbe uno strano tremito.
 
- Questo rimarrà il nostro segreto - continuò Dahlia.
 
- O.R.T., sbrigatevi! Oral Rehydratation Teraphy. Volete vederla crepare davanti ai vostri occhi?! Datevi una mossa e somministratele i liquidi - urlò Kaufmann.
- Per quanto durerà? - squittì Lisa, nell’ombra, impaurita dalla sua stessa domanda - A me fa paura...
- Non tanto, dolcezza - rispose l’uomo - Giusto il tempo di farla partorire e poi morirà per conto suo.
 
Sì, quella sarebbe stata la mia nuova prigione.
 
E presto l’Alessa che tutti conoscevano sarebbe stata vista, dall’intera Silent Hill, come la bambina trovata morta ma intatta nella sua bellezza e innocenza tra le fiamme.
 
La strega.
 
 
 
 
 
 
   
 
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