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Autore: Moonage Daydreamer    01/10/2012    4 recensioni
Ero l'emarginata più emarginata dell'intera Liverpool: fin da quando era bambina, infatti, le altre persone mi tenevano alla larga, i miei coetanei mi escludevano dai loro giochi e persino i professori sembravano preferire avere a che fare con me il meno possibile, come se potessi, in uno scatto di follia, replicare ciò che aveva fatto mia madre.
(PRECEDENTE VERSIONE DELLA STORIA ERA Lucy in the Sky with Diamonds, ALLA QUALE SONO STATE APPORTATE ALCUNE MODIFICHE.)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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I saw Her standing there.
 



Mitchell ci mise un'eternità a salire quelle scale.
Appoggiava tutto il peso sulla balaustra e barcollava parecchio, come se non fosse in grado di stare in piedi da sola.
Nemmeno un bradipo ubriaco avrebbe fatto tanto pena.
Ogni giorno che passava faceva accrescere i miei dubbi sul fatto che la ragazza fosse dotata o meno di un quoziente intellettivo nella norma.
Tuttavia Cyn non sembrava essersi accorta di quanto patetica fosse la sua migliore amica e si era spostata in cucina per lavare i piatti.
Mi avvicinai alle sue spalle e le cinsi i fianchi.
- Perché non metti giù tutta questa roba e finisci domattina?- mormorai al suo orecchio.
Cyn, tuttavia, scosse la testa e si scostò un poco:- Lo sai che non posso. Ho promesso ai miei che avrebbero trovato la casa esattamente come l'avevano trovata. -
- Non c'è mica passata sopra una mandria di bufali!- sbottai, lasciando la presa sui suoi fianchi.
- Una promessa è una promessa, John. - disse semplicemente e si mise di nuovo al lavoro.
- Fa' come vuoi.-
Ritornai in salotto e mi sedetti sul bracciolo del divano, incrociando le braccia sul petto. Dopo poco, tuttavia, Cyn mi raggiunge e appoggiò le mani sul mio braccio.
- Dai, John, non te la prendere!- disse - Lo sai come sono i miei: è già un miracolo che mi abbiano permesso di fare la festa...-
Mi sorrise fiduciosa, ma io rimasi indifferente alle sue spiegazioni. Almeno fino a quando, improvvisamente, le cinsi la vita e la strinsi a me in un bacio appassionato; doveva accontentarsi di quello, come risposta. La feci sedere sulle mie gambe e lei strinse le mani dietro la nuca, mentre le nostre lingue cominciavano a giocare tra loro.
Quando il bacio finì, Cyn mi prese per mano e, ridendo a bassa voce, mi condusse su per le scale fino a una stanza in fondo al corridoio. Entrò e accese la luce, mentre richiudevo la porta, poi la presi di nuovo tra le braccia e ripresi a baciarla con sempre più foga.
Improvvisamente, Cyn si allontanò.
- Aspetta, John. - disse - L'hai sentito?-
- Cosa?- chiesi spazientito; mi appoggiai alla parete e tirai fuori una sigaretta.
- Un rumore...come un oggetto pesante che cada. - rispose la mia ragazza. - Meglio che vada a controllare.-
Spensi la sigaretta dopo appena un paio di tiri e fermai Cyn con un braccio. La attirai di nuovo verso il mio petto.
- Non è niente, Cyn. - sussurrai - Non ti sta andando a pezzi la casa. -
Le tappai la bocca con un altro bacio che sapeva di tabacco e la spinsi la parete. Mi accarezzò la schiena con la punta delle dita mentre le mie labbra scendevano a baciarle il collo. Le mie mani salirono lungo le cosce, facendo alzare il vestito elegante.
Ci fu un secondo tonfo, accompagnato da un altro rumore, simile ad un grido soffocato.
- John...- mormorò Cyn, con la preoccupazione dipinta in volto.
- Vado a controllare quello che sta succedendo, va bene?- sussurrai accarezzandole la guancia.
- Grazie. - 
Uscii dalla stanza e Cyn si affacciò sull'uscio.
La porta dall'altra parte del corridoio era spalancata, così come quella del bagno. La luce era accesa.
C'era qualcosa di strano nell'aria, qualcosa che mi faceva rizzare i capelli sulla nuca.
Percorsi il corridoio lentamente, e mi avvicinai cautamente alla porta del bagno; le diedi una spinta affinché si spalancasse, poi sbirciai all'interno.
Mitchell era a terra, raggomitolata in posizione fetale e stringeva al petto il suo orrendo foulard azzurro.
Passarono parecchi secondi prima che il mio cervello riuscisse a rendersi conto che quel liquido rosso che le insozzava il volto e i capelli era sangue.
- Oh, Cristo!- esclamai - Cyn!-
Mi inginocchiai di fianco alla ragazza priva di sensi. Davo le spalle alla porta, tuttavia sentii Cynthia correre verso il bagno, allarmata. Come si fu affacciata sulla porta, lanciò un grido acuto.
- Cyn, chiama un'ambulanza!- ordinai mentre cercavo disperatamente di capire quello che dovevo fare.
Dietro di me Cyn continuava a farfugliare frasi prive di senso con un tono che rasentava l'isteria e di sicuro il suo comportamento non mi aiutava a tenere la mente lucida.
- Cyn!- la chiamai ancora.
Strappai il foulard dalle mani di Mitchell e glielo premetti contro il polso della mano destra, ma il sangue continuava a uscire copioso dall'altro braccio. Continuando a tenere premuto il pezzo di stoffa, mi allungai fino a raggiungere l'asciugamano appeso di fianco al lavandino e con esso cercai di contenere l'emorragia.
Sentii Cynthia al piano di sotto balbettare qualcosa al telefono, poi la ragazza tornò in bagno.
- Non guardare.- le dissi. - Va' sotto e aspetta l'ambulanza. Sto io con lei. -
Troppo sconvolta per poter prendere una decisione da sola, Cynthia fece come le avevo detto. Rimasi solo con Mitchell.
Non la sentivo respirare, tuttavia immaginai che, se ancora perdeva sangue, ciò volesse dire che ancora il cuore funzionava. Il suo viso esangue era paralizzato in una smorfia di paura.
L'ambulanza arrivò dopo poco e sentii i paramedici correre su per le scale, guidati da Cyn. Entrarono spalancando la porta del bagno, mentre nel corridoio lasciarono una barella.
- Ci pensiamo noi, ragazzo.- mi disse uno di loro chinandosi al mio fianco.
Annuii, mollai la presa sui polsi di Mitchell e andai da Cynthia. Lei si avvinghiò a me, nascondendo il volto contro il mio collo, e scoppiò a piangere.
La feci scostare dalla porta del bagno perché non intralciassimo il lavoro dei medici e le accarezzai la schiena per cercare di calmare il tremore del suo corpo.
I paramedici misero Mitchell sulla barella e la portarono sull'ambulanza e uno di loro ci fece cenno di salire a nostra volta, intuendo che noi eravamo gli unici testimoni di quello che era successo.
Per tutto il tragitto Cyn rimase rannicchiata contro il mio petto, sotto shock. Aveva le mani sul viso, ma ogni tanto scostava le dita dagli occhi per sbirciare Mitchell.
- Cyn, guarda me, non lei. - dissi e le feci girare il viso. Nei suoi occhi lessi il terrore e la disperazione; fu un sollievo quando li chiuse e tornò ad appoggiarsi alla mia spalla.
Arrivammo in ospedale in pochissimo tempo e Mitchell fu portata subito in una sala operatoria, mentre noi fummo lasciati in un angolo appartato dell'atrio.
Nell'aria c'era un odore, di medicine e disinfettante, che mi diede il voltastomaco.
Odiavo gli ospedali e, anche se c'ero appena entrato, non vedevo l'ora di andarmene.
Un medico ci scorse e cominciò a venire verso di noi.
Lasciai la mano di Cyn e aspettai che l'uomo ci raggiungesse, poiché sapevo che la mia ragazza non era in grado di parlare.
 - Siete stati voi a  chiamare l'ambulanza, non è così?- chiese il medico.
- Mi sembra una domanda banale per una persona del suo livello culturale.- dissi.
L'altro ignorò il mio commento e si limitò a lanciarmi un'occhiata di sbieco.
- Puoi dirmi che cosa è successo?-
- Non lo so di preciso. Io e Cynthia abbiamo sentito un rumore strano, siamo andati a controllare e l'abbiamo trovata in un lago di sangue.- risposi sbrigativamente.
Il medico mi rivolse un'altra occhiataccia, come se sospettasse ci fosse dell'altro, ma non avevo la minima intenzione di scendere nei dettagli. Doveva comunque ritenersi fortunato: se non altro gli avevo risposto.
- La paziente aveva dei disturbi? Delle ragioni per provare a togliersi la vita?- continuò l'uomo come se niente fosse.
Quella frase diretta e priva di alcuna traccia di sensibilità riscosse Cyn; si alzò dalla sedia e mi fece spostare con ben poca gentilezza per guardare il medico in faccia. 
Dovetti barcollare prima di riacquistare l'equilibrio e nel frattempo Cynthia aggredì a parole il medico.
- Si chiama Anna!- esclamò infatti - Ed è una persona, quindi non parli di lei in questo modo! -
Mi avvicinai a lei e cercai di calmarla, prendendole la mano e accarezzandole il dorso.
- Cyn, calmati. Non c'è bisogno di fare tutte queste scenate. -
La ragazza rimase immobile qualche secondo, ma poi, quando già pensavo che fossi riuscito nel mio intento, mi scostò di nuovo.
 - Non mi toccare!- gridò - Sei solo un ipocrita, John! Tu l'hai sempre odiata, quindi ora non far finta che tu sia preoccupato per lei, come se t'importasse davvero di come sta!-
Il medico pensò bene di eclissarsi, prima di essere coinvolto nella sfuriata di Cynthia e nella mia reazione. Le parole della ragazza mi fecero andare su tutte le furie.
- A me dai dell'ipocrita?!- le urlai contro. - Tu, che mentre la tua migliore amica si tagliava le vene te la stavi facendo con il tuo tipo?!-
Cyn sgranò gli occhi e arretrò di qualche passo, come se qualcuno le avesse tirato un pugno in faccia. E ciò era più o meno quello che avevo fatto.
Ricominciò a piangere e si strinse le mani intorno al ventre.
- Avrei dovuto essere con lei...- mormorò coprendosi la bocca con una mano - Dovevo essere con lei e non c'ero.-
Barcollò sino alla sedia e ci si lasciò cadere sopra. 
- L'ho lasciata sola...- continuò.
Quando la vidi in quello stato la rabbia di poco prima svanì.
Mi avvicinai a lei e le accarezzai la guancia; Cyn si appoggiò contro la mia mano come se fosse l'unica cosa sulla Terra intera che potesse sostenerla.
- Smettila di incolpare te stessa.- dissi.
- Ma se...- cominciò, ma la fermai prima che aggiungesse altro.
- Non è stata colpa tua - sbottai irritato - e di certo in questo modo non risolverai niente!-
Mi voltai e mi allontanai di qualche passo, ma sentii che Cynthia aveva smesso di piangere.
Probabilmente sarebbe riuscita a calmarsi se in quel momento non fossero entrati i genitori di Mitchell.
Li avevo visti di sfuggita una volta ogni tanto, tuttavia non fu difficile riconoscerli: il marito sosteneva la moglie mettendole un braccio intorno ai fianchi perché sembrava che stesse per svenire.
Come li vide, Cynthia si alzò e corse loro incontro.
Ero troppo lontano per sentire quello che si dicevano mentre la ragazza scoppiava per l'ennesima volta a piangere, ma, ad essere sincero, non mi interessava nemmeno.
Il mio unico pensiero era il desiderio di andarmene da quel fottuto ospedale, tornare a casa e ( 'fanculo il mondo) suonare la mia chitarra tutta la sera.
Ora che c'erano anche i genitori di Mitchell , potevo benissimo andarmene senza che Cyn rimanesse da sola in quel posto.
Ma ovviamente, il mondo trovò il modo di fregarmi.
Mentre mi avvicinavo alla mia ragazza per comunicarle le mie intenzioni, comparve dal nulla il medico con cui avevo già parlato. Egli fece qualche veloce domanda ai genitori di Mitchell, alle quali rispose solo il marito, finché la donna non trovò il coraggio di parlargli.
- Come sta?-  mormorò stringendo la mano del marito e quella di Cynthia.
Il medico aveva già dato prova di essere incapace di dimostrare delicatezza nei confronti del suo prossimo e ora rimarcò il concetto: - Sebbene abbia rischiato di perdere la vita a causa della perdita di sangue, siamo riusciti a stabilizzare la situazione. Dovrà rimanere sotto osservazione, ma posso dire che è quasi sicuramente fuori pericolo. -
Cyn e la madre di Mitchell ricominciarono a respirare.
- Possiamo vederla?- chiese nel frattempo l'altro uomo.
Il medico annuì:- Le infermiere la stanno portando in una stanza in questo momento. Se volete seguirmi...-
I due signori si avviarono per un corridoio laterale preceduti dal medico e io e Cynthia rimanemmo di nuovo da soli.
E tanti saluti ai miei piani di fuga. 
Strinsi il fianco della ragazza e la feci avvicinare al mio corpo.
- Hai sentito?- mormorai; come volevasi dimostrare: avevo sempre avuto ragione - Starà bene.-
La ragazza sorrise debolmente, poi scoppiò in un pianto di sollievo, nascondendo di nuovo il viso contro il mio petto. Il suo continuo piagnisteo mi dava sui nervi. La accompagnai di nuovo alla sedia.
- Siediti qui e cerca di darti una calmata; non c'è alcun bisogno di piangere ancora.- dissi in tono secco, ma poi aggiunsi sottovoce - Andrà tutto bene. -
Cynthia annuì, poi si passò una mano sugli occhi, asciugandosi il viso e riuscendo a fermare, almeno un poco, le lacrime.
Sentii il bisogno di uscire di lì: l'aria piena di candeggina mi stava intossicando ed ero in astinenza da tabacco.
Sbirciai la mia ragazza e mi accorsi che si era assopita. Un sorriso appena accennato affiorò dalle mie labbra.
Uscii dall'ospedale e mi appoggiai al muro esterno, in una posizione scostata rispetto all'entrata dell'edificio. Presi una sigaretta e la portai alle labbra, poi l'accesi e feci due lunghi tiri. La mia bocca si riempì del sapore del tabacco.
La strada era ancora deserta, se si escludevano un paio di paramedici che stavano entrando in quel momento. I lampioni si erano già spenti e il cielo cominciava a schiarirsi.
Mimi mi avrebbe ucciso, quando fossi tornato a casa.
Aspirai il fumo e lo buttai fuori lentamente.
L'importante era che non mi spaccasse la chitarra sulla testa.
Osservando la città che lentamente si svegliava stiracchiando le membra intorpidite, lasciai vagare i pensieri liberamente, dopo ore e ore di tensione. Il gesto compiuto da Mitchell mi aveva colpito profondamente: per quanto la ragazza potesse avere dei problemi ( e ne aveva, di questo ero sicuro già da tempo), cercare di ammazzarsi era una cosa così estrema, del tutto inconcepibile per me.  
- John!- l'inconfondibile voce da finocchio di Paul mi richiamò alla realtà. Lasciai cadere la sigaretta e la spensi mentre lui e Stu si avvicinavano rapidamente.
- Che cos'è successo?- chiese Stuart.
- Come mai siete qui?- domandai a mia volta- Le notizie ci mettono così poco a diffondersi?-
- No, al contrario. - rispose Paul - Ieri sera tardi, però, ho visto i signori di Allen uscire di casa e la signora era in lacrime; sono andato a chieder loro quello che era successo e, be', la risposta è stata che Anna era in ospedale. Mentre stavo venendo qui ho incontrato Stu e gli ho raccontato tutto.-
- Come sta Anna?- chiese Stu.
Scrollai le spalle, facendogli capire che non avevo molte informazioni.
- E Cyn?- disse ancora, preoccupato per la ragazza.
- Ha passato la notte a piangere. - risposi mentre tutti e tre tornavamo nell'atrio dell'ospedale - Ora si è addormentata.-
Cynthia era rannicchiata dove l'avevo lasciata poco prima, con i piedi appoggiati sulla sedia a fianco la sua; aveva la testa appoggiata per metà al muro e per metà alla sua mano e le labbra appena dischiuse.
- Stu, puoi riaccompagnarla a casa?- chiesi al mio amico.
- Volentieri, ma prima devi dirmi quello che sai di Anna. - replicò il ragazzo.
Soddisfai la sua richiesta, poi mi avvicinai piano a Cyn e le scostai una ciocca di capelli che le era ricaduta sulla fronte. Mi dispiaceva svegliarla, ma aveva bisogno di andarsene da lì.
- Cyn, sveglia. - sussurrai al suo orecchio - E' arrivato Stu, ti porta a casa. -
La ragazza aprì gli occhi e biascicò qualcosa di incomprensibile mentre la facevo alzare. La condussi da Stu e Paul; Stuart l'abbracciò, ma lei era troppo stanca ed addormentata per ricambiare.
- Cerca di riposare. - le raccomandai, poi le diedi un rapido bacio.
Cyn e Stu si allontanarono e io e Paul rimanemmo a lungo in silenzio.
 - Cos'è successo?- chiese il ragazzino. Mi sedetti sulla sedia più vicina, sbuffando.
- Ti ho già detto che non lo so. - ringhiai.
- Be', può darsi che la tua risposta non mi convinca. -
- Senti, un momento prima stava facendo l'imitazione di un paguro  rincoglionito, un momento dopo quella di un paguro rincoglionito e autolesionista. -
- John!- esclamò Paul, come per implorarmi di parlare seriamente.
Cosa voleva che facessi, che mi mettessi a frignare come una bambina e ammettessi che mi ritenevo, almeno in parte, responsabile?! Avrei dovuto essere morto prima di fare una cosa del genere.
- Va' a casa, Paul. Oggi pomeriggio abbiamo le prove e ti faccio il culo se ti permetti di arrivare in ritardo, chiaro?-
- E tu?- chiese il ragazzo.
- Quello che faccio non ti deve interessare!- abbaiai.
Paul mi rivolse uno sguardo scettico, tuttavia si dovette rassegnarsi a salutarmi velocemente e andarsene.
Rimasto solo, passai un'eternità a fissare il muro spoglio dell'atrio, mentre sempre più persone cominciavano ad animare l'ospedale.
Perché diavolo era ancora lì? Qual'era il fottuto motivo che impediva alle mie gambe di muoversi verso casa? Mi alzai dalla sedia e imboccai un corridoio laterale.
Non riuscivo a reprimere l'irritazione, ma allo stesso modo non potevo evitare di fare quello che stavo facendo.
Incontrai per caso il medico per il quale nutrivo una stima non quantificabile e gli chiesi di indicarmi la strada sino alla stanza dove Mitchell era stata portata. L'uomo mi diede qualche indicazione, poi si congedò. Raggiunsi in fretta la stanza, ma rimasi a lungo sul corridoio.
Ci misi parecchio prima di trovare il coraggio di bussare alla porta.
"Cristo, nemmeno un frocio si fa tutti questi problemi."
Bussai e aspettai qualche secondo, ma non ricevetti risposta. Bussai di nuovo e aprii lentamente la porta.
- E' permesso?- mormorai.
All'interno della stanza c'era solo il letto su cui era adagiata Mitchell; al suo braccio erano attaccate alcune flebo. Di fianco al letto, su una sedia di plastica, era seduta la signora Allen, mentre il marito era in piedi di fianco alla finestra. La madre della ragazza le accarezzò il viso sfiorandola appena, come se temesse che potesse sgretolarsi.
Rimasi qualche secondo a fissare il viso di Mitchell, la cui espressione era rilassata, come stesse dormendo.
Gli occhi stanchi e arrossati della signora Allen si posarono su di me.
Per quale motivo ero entrato in quella dannata stanza?!
- Chiedo scusa per il disturbo. - dissi - Me ne vado. -
Indietreggiai e oltrepassai l'uscio, ma la signora Allen mi fermò prima che riuscissi a defilarmi.
- No, ti prego: rimani. - mormorò, con un tono di voce simile a una supplica.
Non avrei potuto far finta di non aver sentito, perciò, mio malgrado, mi ritrovai a rientrare.
- Hai più diritto tu di stare qui che noi.- aggiunse la donna a bassa voce.
La fissai, senza cambiare espressione e incrociai le braccia sul petto, spostando impercettibilmente il peso da una parte all'altra. Il padre di Mitchell mi si avvicinò di qualche passo.
- Ti saremo sempre grati, ragazzo: le hai salvato la vita. -
Guardai la ragazza per un brave istante, poi spostai lo sguardo sul signor Allen.
- Ne avrei fatto volentieri a meno. - dissi, gelido, prima di voltarmi e uscire dalla stanza, con addosso gli sguardi confusi di entrambi i genitori di Mitchell.



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Salve a tutti!!! Ebbene sì, sono tornata alla vita dopo aver passato un periodo davvero orribile.
Chiedo scusa per il ritardo, ma tra una cosa e l'altra, non ho quasi mai trovato il tempo di scrivere.
Spero che per i prossimi capitoli, nonostante la scuola e altri vari casini, riuscirò a mantenere un ritmo più o meno simile a quello di quest'estate.
Scusate anche per il capitolo decisamente brutto. So che quello che parla in queste pagine non è John, il quale sta sicuramente meditando vendetta.
( - Nemmeno nei tuoi peggiori incubi ti sei vagamente avvicinata al mio piano !!
- Oddio, Johnny, mi stai facendo paura. 
- Non mi sfuggirai! * risata diabolica, molto diabolica.)
Comunque sia, vi prego di essere magnanimi con questo capitolo malriuscito
.

Melpomene Black: Eccomi qui, con un ritardo gigantesco, ma sempre qui!  Anche a me gli incubi piacciono molto, ma è ora che mi dia una calmata.  In quanto alla reazione di Cyn e John, spero che sia stata all'altezza delle aspettative (anche se, sinceramente, io prenderei questo capitolo e lo getterei in un caminetto. )
A presto.

weasleywalrus93: Be', innanzitutto grazie mille per la recensione e i complimenti!! Sebbene io sia la prima a credere che questa storia sia decisamente lontana dalla perfezione, il tuo commento è bastato per risollevarmi il morale e l'autostima, che nell'ultimo periodo sono sprofondati.
Purtroppo non posso anticiparti niente, ma non credo sia così difficile immaginare quello che accadrà!

 
Peace n Love
 
  
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