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Capitolo 5 -
Life
was just what happened
While
we were busy making plans
(Right
side of wrong - Bon Jovi)
Orlando stava discutendo con
sua madre da almeno mezz'ora, certo che a volte quella donna sapeva essere
veramente testarda! Sfortuna voleva che il suo degno pargolo lo fosse come e
quanto lei, cosa che determinava discussioni sulle cose più inutili. Sam, la
sorella dell'attore, aveva preferito mollarli circa un quarto d'ora prima, con
la saggia decisione di andare personalmente a prendere il pranzo, invece di
farselo portare a casa.
"Mamma, cazzo, ma come te
lo devo dire di non mettermi in valigia quelle scarpe?!" Sbottò il
ragazzo, indicando il paio incriminato.
"Ma se non ti piacciono
perché le hai comprate?" Gli domandò lei serafica.
"Quando le ho prese mi
piacevano, ma ora non più!" Rispose Orlando allargando le mani come se
fosse ovvio.
"Hum, e poi dicono di
noi..." Affermò la donna, alzando le sopracciglia e voltandosi. "Gli
uomini sì che sono volubili..." Commentò poi; il figlio sbuffò, roteando
gli occhi. "Suonano alla porta." Annunciò poco dopo, al trillo del
campanello.
"Sarà Sam, vado io."
Fece Orlando allontanandosi dal salotto. "Tu non mettermi quelle scarpe in
valigia, nel frattempo." Le intimò poi, raggiungendo la porta.
Aprì, convinto di trovarsi
davanti la sorella con le buste del ristorante; a dire il vero ci sperava,
visto che aveva abbastanza fame, ma non fu così. La ragazza col taglio da
marine, una maglietta bianca e un paio di jeans scoloriti, era certamente
Cassy, anche se lui non l'aveva mai vista così naturale, senza traccia di
trucco; teneva in mano qualcosa di nero, ma lui non ci prestò attenzione,
stupito di trovarsela davanti.
"Cass..." Mormorò.
"Ciao." Disse
lei, timidamente.
"Cosa... cosa hai fatto ai
capelli?" Le domandò; lei si passò le dita su quel poco che rimaneva della
sua capigliatura, un po' imbarazzata.
"Era l'unico modo per
togliere velocemente la tinta..." Rispose titubante.
"Oh, capisco..."
Biascicò il ragazzo. "...è bello vederti..." Aggiunse poi; lei
sorrise appena.
"Sono... sono venuta a
salutarti." Affermò, guardandolo negl'occhi. "Stai partendo, non è
vero?" Lui annuì, lei sorrise.
"Sì, oggi pomeriggio, sto
facendo le valige." Rispose l'attore.
"Volevo anche restituirti
questo." Gli porse quello che aveva in mano, e finalmente Orlando
riconobbe il suo maglione, quello che una sera le era rimasto addosso, tornando
a casa.
"Ma non ce n'è
bisogno." Ribatté dolcemente il ragazzo. "Puoi tenerlo, ne ho
tanti." Aggiunse; Cassy guardò il maglione, rattristandosi.
"Ecco, l'ho fatto
lavare..." Disse, dopo un attimo di silenzio. "...non ha più il tuo
profumo..." Continuò, tornando a guardare Orlando; lui le sorrise,
piacevolmente colpito dalle sue parole.
"Mi spiace." Riuscì
soltanto a dire.
"No, non fa niente."
Fece Cass, stringendosi nelle spalle. "Ora..." I suoi occhi verdi
erano incatenati a quelli dolci di Orlando. "...ora andrei..."
Annunciò infine.
"Ah, Cass." La fermò
l'attore, mentre la ragazza stava già ripercorrendo il vialetto; si girò.
"Sei molto carina vestita così." Lei sorrise. "Ti direi bella,
se ci fossero i capelli." Aggiunse sorridendo.
"Grazie lo stesso."
Replicò divertita Cassy. "Buon viaggio." Gli augurò, poi riprese la
sua strada; in quel momento usciva sul portone anche la madre di Orlando.
Il ragazzo si rese conto di non
farcela, a vederla andare via così, stava già arrivando alla macchina
parcheggiata lungo la strada; Orlando sentiva di non averle detto tutto, e non
poteva lasciarla andare senza nemmeno abbracciarla.
"Chi è quella ra..."
Ma la signora Bloom non finì la frase, poiché il figlio scese i due scalini del
portico in una volta sola e le corse dietro.
"Cassy!" La chiamò;
lei si bloccò con la portiera già aperta. "Dammi." Le ordinò,
prendendole dalle mani il maglione.
"Allora lo rivuoi?"
Domandò stupita, guardandolo mentre lo indossava sopra alla t-shirt rossa e si
stringeva nelle braccia; lui negò col capo, stava ancora riprendendo fiato.
"No..." Mormorò.
"...era per... così avrà di nuovo il mio profumo..." Spiegò, cercando
di sorridere; lei fece un breve risata felice.
"Grazie." Gli disse
poi.
"Di nulla." Rispose
lui, sfilandosi il maglione e restituendoglielo. "Mi fa piacere se hai
qualcosa di mio." Aggiunse allegramente; Cassy lo fissò per un attimo,
aggrottando la fronte.
"Allora voglio ricambiare."
Annunciò infine, poi si piegò, infilando la testa dentro l'abitacolo della
macchina; ne uscì poco dopo, porgendo al ragazzo un piccolo peluche a forma di
topo.
Orlando, con un gran sorriso,
lo prese nel palmo della mano, guardò la ragazza e rise; lei gli stava davanti
tormentandosi le dita, nonostante l'espressione calma.
"Questo vuol dire che sono
ancora il tuo topino?" Le domandò infine.
"Sempre." Dichiarò
Cassy, circondandogli il collo con un braccio e baciandogli la guancia con
tenerezza. "Sempre..."
"Mi mancherai..." Le
sussurrò Orlando all'orecchio, mentre erano ancora abbracciati.
"Non hai idea di quanto
mancherai tu a me." Rispose lei, lasciandolo.
Orlando la guardò andare via,
con la sua vecchia Ford rossa, accorgendosi che già gli mancava; l'aveva vista
cambiata, quel giorno, chissà che non avesse deciso di riprendere in mano la
propria vita. Il ragazzo lo sperò con tutto il cuore, e forse, al suo ritorno,
ci sarebbe stato spazio per ricominciare da capo quella relazione; sperò anche quello.
"Era la tua ragazza quella
strana tipa?" Gli domandò la madre con uno sguardo obliquo, quando Orlando
ritornò alla porta.
"Non è affatto strana,
mamma." Rispose lui scocciato.
"Oh!" Sopraggiunse
anche Sam, appena scesa dalla macchina, ma che evidentemente aveva seguito
tutta la scena. "Non sarà mica quella delle Ardenne?" Chiese al
fratello.
"Ma voi due non vi fate
mai i cazzi vostri?!" Sbottò Orlando, e rientrò in casa, lasciandole
basite sul portone; scossero il capo e lo seguirono.
Era già passata qualche
settimana dalla partenza di Orlando; ormai era estate, ma la location tra i
boschi canadesi non era calda, anzi alla sera erano consigliabili giubbotti e
maglioni, e si dormiva tranquillamente con la trapunta.
Le riprese della drammatica
storia d'amore e miniera procedevano tranquille, senza eccessivi scossoni, a
parte i normali inconvenienti da set; Orlando, però, stavolta non aveva legato
in modo particolare coi colleghi, quando non era impegnato con le riprese stava
molto per conto suo. Il suo stato d'animo tendente alla misantropia, ad ogni
modo, lo aiutava non poco nell'interpretazione; qualcuno del suo entourage lo
aveva sconsigliato di accettare quella parte, adducendo come scusa che non
aveva la faccia giusta, ma lui si era impuntato. Le critiche, almeno alcune,
negative che aveva ricevuto per recenti interpretazioni lo avevano molto
colpito, doveva dare una svolta alla sua carriera, così era giunta la decisione
d'interpretare quel personaggio non del tutto positivo, ma capace di un gran riscatto
finale. E poi, in quel film, per la prima volta, sarebbe morto; le avrebbe
fatte piangere, cacchio, le sue fan avrebbero consumato quantità industriali di
cleenex. Convinto delle sue potenzialità, si era buttato anima e corpo
nell'interpretazione dello scontroso e un po' brusco giovane minatore dal
passato difficile. Era sempre più concentrato, tranne quando pensava a Cassy.
Un giorno, Orlando era seduto a
fianco del suo coprotagonista, durante la pausa pranzo; aveva appena aperto il
suo cestino e stava osservando l'ennesimo uovo sodo sopra la sua insalata: ma
come cazzo glielo doveva dire che non gli piaceva l'uovo sodo?!
"Orlando!" Lo chiamò
una voce; lui si girò e vide una delle assistenti del regista. "E' tuo
questo maglione?" Gli chiese la ragazza, sventolando un golf di un orrendo
colore verde marcio.
"No." Rispose
distrattamente lui.
"Allora scusa." Fece
lei, tornando a cercare il proprietario.
L'attore, nel frattempo, era
tornato ad osservare sconsolato l'uovo; sbuffò e chiuse gli occhi. Ecco, fu in
quell'attimo che avvenne la folgorazione, che la luce bianca gli schiarì il
cervello, che si rese conto della verità... Aprì gli occhi di scatto sul bianco
e lucente albume bollito, con la consapevolezza di aver capito.
"Anche lei mi ama!"
Esclamò, facendo sobbalzare il collega, che lo guardò stranito.
"Ma... ma, Orlando, questo
mi sembra abbastanza chiaro nello script..." Balbettò l'altro attore.
"Lei ti ama, e per questo mi tradisce, ma poi tu muori salvandomi e lei
torna da me." Spiegò con cognizione.
"No, guarda..." Lo
interruppe lui, girandosi appena. "...non hai capito una mazza, ma non mi
stupisco..." Continuò scuotendo il capo. "Lei è innamorata di
ME!" Ripeté indicandosi.
"Sì." Annuì l'altro.
"E' chiaro nella sceneggiatura, ti dico!" Insisté poi. "Avete
delle scene anche piuttosto esplicite..." Orlando sospirò rassegnato,
alzando gli occhi al cielo.
"Ascoltami,
guardami." Gli fece, gesticolando. "Io non parlo del film, io parlo
di me, Orlando Bloom!" Sbottò.
"Ahhh..." Ma
l'espressione smentiva che avesse capito. "Hai una storia con lei..."
Ipotizzò poi, con fare cospiratorio, indicando la protagonista femminile che
mangiava poco distante; Orlando si alzò, posò il cestino del pranzo sulla sua
sedia, prendendo però in mano il famigerato uovo sodo.
"Io m'arrendo."
Dichiarò disarmato, allargando le braccia, poi si ficcò in bocca l'uovo e se
n’andò; il collega lo seguì con lo sguardo, allibito.
"Questi inglesi, sono
proprio pazzi." Commentò infine, scuotendo il capo.
"Un telefono!"
Gridava nel frattempo Orlando. "Per pietà, un telefono, il mio regno per
un telefono!" Proclamava disperato, sputacchiando pezzi di tuorlo.
"...brrronto..." Gli
rispose una voce impastata dall'altra parte; Orlando rimase interdetto per un
attimo, aggrottando la fronte, se non si era rincoglionito, in California
dovevano essere per lo meno le nove del mattino.
"Dominic?" Domandò
preoccupato l'attore.
"Orlando, ma che cazzo
vuoi?!" Replicò l'amico; lui si rassicurò. "Perché a quest'ora non
sei a prenderti un bel the, magari con un tramezzino al crescione..."
"Me lo sbatto il
crescione! Sono in Canada idiota, qui è l'ora di pranzo!" Ribattè Orlando.
"Ma allora perché mi
scassi la minchia, io ho fatto le quattro ieri notte, mi sono appena svegliato,
non ho ancora preso il caffè e mi scappa anche da pisciare!" Riprese Dom,
con tono sconsolato.
"Chissenefrega!"
Sbottò l'altro. "Io mi sono alzato alle cinque stamattina, ma dovevo
parlare con qualcuno, sono un fiasco di adrenalina, se non mi sfogo
scoppio!"
"'Spetta..." Fece
l'amico; seguirono strani e indecifrabili rumori, scrosci d'acqua.
"Dimmi." Dom tornò a parlare.
"Che stavi facendo?"
Domandò sospettoso Orlando.
"Stavo pisciando,
perché?"
"Lasciamo stare..."
Commentò l'altro, scuotendo il capo. "Beh, Dom, mi sono reso conto di una
cosa: lei mi ama!" Aggiunse entusiasta.
"Un momento..." Disse
Dom. "...sì, credo di aver capito di chi parli." Ammise, dopo qualche
attimo di silenzio. "Senti, ma di queste cose, di solito, non ne parli con
Viggo?" Gli chiese poi, grattandosi la testa.
"Sì." Rispose
Orlando, annuendo, come se l'amico lo potesse vedere. "Ma lui è disperso
in Centroamerica." Spiegò.
"Disperso?!" Esclamò
allarmato Dominic.
"Sì, nel senso che sta
tipo in Guatemala, in un campo ecocompatibile, solidale, no global, zen, e non
è rintracciabile." Raccontò allora Orlando.
"Ma dove cazzo le troverà
'ste robe? Io manco col lanternino..." Commentò Dom.
"Torniamo a me." Lo
interruppe Orlando. "Che c'ho fretta."
"Sì, allora, la ragazza ti
ama, te lo ha detto lei?" Chiese a quel punto l'amico.
"Ti ho detto che l'ho
capito da solo!" Esclamò spazientito l'altro.
"Oh, oh, ghiacciati
bellino!" Ribatté Dominic, che si era seduto, poggiando il gomito sul
coperchio del water. "Mi sono svegliato ora, cazzo!"
"Scusa, non volevo essere
brusco..." Affermò Orlando. "Comunque è stato il maglione che mi ha
illuminato!" Riflessivo silenzio dall'altra parte del filo (forse,
attonito silenzio). "Lei voleva restituirmi il maglione, io le ho detto
che poteva tenerlo, e lei si è lamentata che non aveva più il mio profumo!
Capisci?!" Spiegò entusiasta.
"Oddio, no!" Rispose
Dom, con tono disperato. "Io non ti capisco, non ti seguo, le mie facoltà
mentali languono, i miei neuroni non connettono! Fammi prendere il caffè, per
piacere!"
"Ti ho già fatto pisciare,
mi pare abbastanza." Dichiarò Orlando.
"Senti, ma..."
Riprese Dom, più pacato. "...l'hai più sentita, chiamata..."
"Ho chiamato, ma non l'ho
mai trovata in casa." Riferì sconsolato il ragazzo. "E, capirai, non
posso chiamarla la sera quando torno in albergo, per via del fuso." Si
lamentò poi.
"Cazzo, Orlando, ma
lasciale un messaggio, fatti richiamare tu..." Suggerì Dominic. "Una
chiamata a carico, se ti scoccia farle spendere quella cifra."
"Non è una cattiva
idea..." Mormorò lui.
"Eccerto che no! E'
mia!" Si vantò l'amico. "Toglimi una curiosità, però." Continuò.
"Per che cazzo hai chiamato me, non potevi chiedere un consiglio a
qualcuno lì?"
"No!" Rispose deciso
Orlando. "Non se ne parla proprio, pensa che il mio coprotagonista crede
che il ratto delle sabine sia una pantegana dell'antica Roma!"
"E direi che non c'è
bisogno di aggiungere altro..." Dopo i saluti di rito, la telefonata
terminò, e Orlando fu costretto a tornare a girare, con nuovi intenti per la
serata ed un orrendo sapore di uovo sodo in bocca.
Guardò ancora l'orologio,
battendosi ritmicamente il cordless sul ginocchio; Orlando era seduto nel
soggiorno della sua suite, aspettando l'ora per andare sul set, ma prima voleva
fare quella telefonata. Riguardò l'ora, tra pochi minuti avrebbe dovuto volare
al trucco, anzi era già in ritardo; a Londra dovevano essere più o meno le
undici del mattino, non l'aveva mai trovata in casa a quell'ora. Via. Con uno
sbuffo, strinse il telefono e compose il numero.
"Ciao a tutti!"
Rispose la voce squillante di Cass, chiramente registrata. "Questa è la
segreteria di Cassy, non sono in casa..." E ti pareva. "...e non so
quando, o se, rientrerò, potete lasciare un messaggio dopo lo sgorbiozzo, se vi
butta bene vi richiamerò, altrimenti riprovate voi, e buona fortuna!"
Ormai lo aveva sentito centinaia di volte quel messaggio, proprio nel classico
stile di Cass; il ragazzo, rassegnato, si preparò a lasciare il suo messaggio.
"Ciao Cass... sono
Orlando..." Oddio, la sua voce; la ragazza ebbe un grosso tuffo al cuore e
poggiò una mano sulla spalliera della sedia. "...volevo, ecco..."
Sembrava molto titubante. "Non ti trovo mai, ma vorrei davvero parlare un
po' con te." Affermò infine la voce registrata. "Se non ti spiace
potresti chiamarmi tu... anche una telefonata a carico, non è un problema, a
questo numero ****, è il mio albergo in Quebec..." Cadde la linea, ci fu
un attimo di panico, poi Cassy passò al secondo messaggio, era ancora lui.
"Scusa..." Fece la sua adorabile voce imbarazzata, lei sorrise. "...spero
che il numero sia arrivato, comunque te lo ripeto ****, spero di sentirti
presto, ciao... un bacio..."
La ragazza si sedette
lentamente sulla prima sedia a tiro, coprendosi la bocca con le mani, mentre il
cuore le batteva furiosamente; risentire la sua voce le aveva provocato
un'emozione fortissima e rimandato alla mente un miliardo di ricordi. Ricordava
perfettamente come lui pronunciava certe parole, quel suo modo particolarissimo
di muovere le labbra, quei piccoli gesti che faceva sempre parlando; si accorse
che le mancava perfino quel suo irritante vizio di aggrottare le sopracciglia.
Era innamorata, e si meravigliava di quanto questo le fosse chiaro in quel
momento; non che non se ne rendesse conto anche prima, ma c'era come una specie
di velo, di barriera invisibile, che aveva eretto lei stessa, ad impedirle di
ammetterlo così. Ora era limpido, nitido come la scia di un aereo nel cielo
sereno. Oh sì, che lo avrebbe richiamato, presto, molto presto...
Orlando si fece una lunga
doccia calda, poi si asciugò con meticolosità e, infine, si accorse di non aver
preso la biancheria pulita; sconsolato, uscì dal bagno, dirigendosi verso la
cassettiera, ma, arrivato davanti la letto, gli passò la voglia di fare
qualsiasi cosa. Era stanco, la giornata di lavoro era stata impegnativa e,
anche se sapeva che in confronto a chi lavora per davvero in una miniera non
c'erano paragoni, ora voleva solo riposarsi.
Si gettò bocconi sul letto così
come stava, nudo e coi capelli bagnati, chiudendo gli occhi; poco dopo li
riaprì, e vide sul comodino il peluche a forma di topo. Sorrise, poi allungò
una mano per toccarlo; si stupì del fatto che, nonostante la stanchezza, dentro
di lui ci fosse comunque una prepotente voglia di fare l'amore con Cassy.
Sospirò, mettendosi supino,
stringeva ancora il topolino nella mano; non era proprio il momento per pensare
a certe cose, soprattutto alla luce delle reazioni del suo corpo... Alzò un po'
la testa, guardando in basso, fece una smorfia: era meglio mettersi le mutande.
Fece per alzarsi, ma in quel
momento squillò il telefono; il ragazzo si spostò sul materasso, mettendosi su
un fianco, dalla parte dell'apparecchio.
"Pronto?" Rispose.
"Signor Bloom, c'è una
chiamata per lei dall'Inghilterra, desidera rispondere o preferisce farsi
negare?" Gli chiese l'impiegato della reception.
"Chi è?" Replicò
Orlando.
"Una certa Signorina
Simmons, visto che ha detto il nome ho pensato che non fosse una fan, capisce,
di solito non..."
"Me la passi subito!"
Lo interruppe l'attore.
Pochi attimi dopo gli fu
passata la linea; lui era in piedi e si era completamente dimenticato di essere
nudo come un verme, e fremeva in attesa.
"Pronto?" Fece la
lontana voce di Cassy.
"Cass, perché non hai
chiamato a carico?!" Esclamò lui con impeto.
"Hm... ecco, io... non ci
ho pen..."
"Sei a casa?"
L'interruppe di nuovo Orlando.
"Sì... ma..."
"Riattacca e ferma
lì!" Le ordinò; la ragazza, dall'altra parte, con gli occhi di fuori,
ubbidì, pensando di capire cosa aveva in mente.
Passarono solo pochi minuti,
prima che il suo telefono squillasse; lei sorrise, rispondendo.
"Orlando?" Domandò.
"Sì." Ribatté il
ragazzo.
"Sei più tranquillo
ora?" Gli domandò ironica.
"Lo sono." Rispose.
"E' solo che, si spendono un sacco di soldi, in queste telefonate, e
io..."
"Te lo puoi
permettere." Intervenne Cass.
"Ho solo voglia di parlare
un po' con te, senza dovermi preoccupare di farti spendere." Affermò
dolcemente Orlando.
"Ho capito, non temere,
ora siamo a posto." Replicò lei, con la stessa dolcezza.
"Come stai, Cass?" Le
domandò allora il ragazzo.
"Bene, e tu?"
"Mi faccio un bel culo, ma
sono soddisfatto." Dichiarò Orlando.
"Sono contenta per
te." Ribatté Cassy; seguì un attimo di silenzio, sembrava che entrambi non
sapessero che dire.
"Sai..." Fece lui, ad
un certo punto. "...avevo già provato a chiamarti, ma non ci sei
mai."
"Beh..." Rispose la
ragazza, titubante. "...il fatto è..." Sembrava fare fatica a
raccontare. "...insomma, ho poco tempo, sono sempre in giro." Disse
infine.
"Sei sempre stata un tipo
impegnato." Commentò Orlando; avrebbe dato chissà cosa, per averla davanti
in quel momento e guardarla negl'occhi.
"A dire il vero..."
Riprese lei, incerta. "...io..." Però glielo voleva dire.
"Orlando... ho ricominciato ad allenarmi..."
Il cuore di Orlando si fermò
per un secondo, poi ricominciò a battere con violenza; non sapeva cosa dire,
anche se era consapevole che, probabilmente, quella era una delle decisioni più
importanti nella vita di Cassy.
"Cass..." Deglutì.
"...è una notizia bellissima." Riuscì a mormorare infine.
"Ho parlato con mia madre,
dopo che sei venuto all'aeroporto, e ho scoperto che... ne avevo bisogno."
Confessò la ragazza. "Ci siamo chiarite, c'erano troppe cose che non ci
eravamo dette." Aggiunse.
"Non sai quanto mi fa
piacere." Affermò Orlando.
"E' stato anche merito
tuo." Dichiarò Cass, a voce bassa, sorridendo.
"Oh, no." Negò il
ragazzo, scuotendo la testa. "Forse io ho solo detto le parole giuste al
momento giusto, niente di più."
"Quando torni?"
Domandò improvvisamente lei, stupendolo.
"Ecco..." Rispose
Orlando. "...se tutto va come previsto, dovrei tornare la prima, massimo
la seconda, settimana di ottobre."
Più di due mesi, avrebbe voluto
dire Cassy, delusa. "Io avrò i trials per entrare ai Nazionali, in quel
periodo." Annunciò invece.
"Bene, allora ti vedrò in
gara!" Esclamò contento lui.
"Se torni in
tempo..." Sembrava sconsolata, forse le mancava quanto lei mancava a lui.
"Ti prometto che ci
sarò." Garantì l'attore.
"Voglio crederci."
Dichiarò Cass. "Allora, dimmi un po', com'è la vita in Canada?" Dopo
quella richiesta, fatta allegramente, cominciarono a parlare come vecchi amici,
il ghiaccio era rotto; chiacchierarono a lungo, ridendo e scherzando, nessuno
dei due aveva perso lo spirito.
Alla fine si salutarono,
promettendo di risentirsi, ma proprio con l'aria di non averne la minima
voglia; infatti, dopo aver riagganciato, entrambi si ritrovarono con un senso
di vuoto, felici ed eccitati per essersi sentiti, ma tristi, per essere così
lontani. Una cosa era chiara per tutti e due, ad ogni modo: nonostante i
cambiamenti avvenuti, c'era una scintilla che ancora bruciava, tra di loro.
Avrebbero verificato alla prima occasione.
CONTINUA...