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Autore: Bouchet    02/10/2012    2 recensioni
rating arancione-rosso.//Lea prese in mano la situazione. Non voleva più pensare a niente. Non le importava più di fare la figura della troia, di seguire il buon senso. Tutto quello che voleva e di cui aveva bisogno era Liam. Era stata troppo tempo lontana dal biondino, ed ora aveva bisogno di lui, disperatamente. Dopotutto, che cos’è l’amore, se non un perdersi e un ritrovarsi continuo?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 10.










Ormai gli occhi secchi e tirati di Liam si erano abituati alle luci pallide dei neon nei corridoi. Era da quattro ore che si trovava lì, su quella sedia, aspettando pazientemente notizie su Lea. I medici e gli infermieri facevano un andirivieni continuo, nemmeno si accorgevano di quell’anima in pena . Urlava, urlava di dolore, ma nessuno sembrava che lo sentisse. Forse l’unico che condivideva i suoi sentimenti in quel grande ospedale era Louis che, a contrario di lui, non riusciva a stare fermo. In mezz’ora era andato in caffetteria decine di volte, tornando sempre con cappuccini, caffè, tè o cornetti fumanti.
“Tieni,” gli disse serio, porgendogli una brioche calda. Il biondino non la accettò, mentre si toccava freneticamente il viso, anche se i segni dei pugni di Louis facevano ancora male, specialmente se attraversate dalle lacrime salate che scorrevano inesorabili sul suo volto.
Per quanto Louis odiasse infinitamente quel ragazzo, e tutto quello che aveva fatto a Lea, non ce la faceva a vederlo così. Era nella sua natura, non gli piaceva essere circondato da persone tristi. Forse lui era ancora più depresso di Liam, ma di sicuro non lo dava a vedere, non davanti agli altri. Cercò di rompere il silenzio abissale che si era creato tra loro, instaurando uno straccio di conversazione.
“Non pensi che dovremmo avvertire le ragazze? Anche loro devono sapere…” esordì,  ottenendo l’attenzione del ragazzo, che annuì flebilmente.
Louis cercò di abbozzare un sorriso, ma tutto quello che gli uscì fu una smorfia malforme.
“Bene,” sospirò. “Allora adesso le chiamo,” concluse, ottenendo un’ennesima scusa per allontanarsi, recuperando il suo cellulare dalla tasca posteriore dei jeans. Ma non appena si alzò, un medico si fece largo nel corridoio, reclamando i conoscenti della signorina Blake.
Liam scattò in piedi, asciugandosi le lacrime con la manica del giubbotto, mentre Louis si voltò verso il tizio col camice bianco. Si avvicinarono a lui mestamente, come se si stessero avvicinando alla morte.
“Voi conoscete la signorina Blake?” domandò il dottore, sfogliando una cartella clinica. I due annuirono con poca convinzione.
“Vi prego, seguitemi,” intimò loro, aprendo una porta dietro di sé. Liam e Louis fecero quanto detto, e si ritrovarono in una stanza piuttosto buia, illuminata solo da alcuni pannelli su cui erano attaccate delle lastre, probabilmente quelle di Lea. Non erano laureati in medicina, ma si poteva benissimo capire che non promettevano nulla di buono.
“Vedete, quello che ha avuto oggi la signorina Blake è stato un attacco di tosse piuttosto critico. All’apparenza potrebbe sembrare una semplice tracheite acuta ma, alla luce dell’episodio che è accaduto oggi, abbiamo deciso di fare esami più approfonditi. Come potete vedere dalle lastre, vostra sorella non se la passa molto bene.”
“Noi non siamo parenti,” tenne a  precisare subito Louis, inorridito dal pensiero che Liam potesse essere suo fratello.
“Oh, mi perdoni,” si scusò velocemente il medico. “Comunque, Lea ha il polmone sinistro completamente andato. Abbiamo cercato di operarlo, per vedere se fosse ancora recuperabile, ma non c’è niente da fare.”
“Che significa, non c’è niente da fare? Qualcosa deve pur esserci!” esclamò Liam, in preda al panico. Non voleva mica dire che Lea non ce l’avrebbe fatta?
“Oh, io non intendevo in quel senso!” si affrettò a dire il chirurgo, l’avevano ovviamente frainteso. “Intendo dire che il polmone di Lea non funziona più, e che dovremo sottoporla ad un nuovo intervento per asportarglielo. Ma fino a quando non ne troveremo uno nuovo idoneo per il trapianto, lei rimarrà ricoverata qui,” concluse, portando le mani dietro la schiena con aria molto professionale.
I ragazzi si guardarono perplessi, fu come se avessero buttato loro una secchio di acqua gelida addosso, la consapevolezza del fatto che Lea stesse male, davvero male, non li aveva pervasi fino a quel preciso momento. Dopo qualche secondo, il medico fu tempestato di domande.
“Quanto tempo ci vorrà per trovare un donatore compatibile?” chiese confuso Liam, non voleva che rimanesse troppo tempo in quel posto che non sembrava affatto esprimere felicità, cosa che non poteva per niente giovare alla salute di Lea.
Il medico rispose prontamente. “Non sappiamo con certezza quanto tempo occorrerà, nella peggiore delle ipotesi sei mesi.”
Rimasero a bocca aperta. Sei mesi in quell’ospedale? No, Lea non l’avrebbe sopportato, così anche lui.
Louis scosse la testa, come per rimuovere quel pensiero e  fare spazio alla sua domanda.
“Per caso, si sa a causa di cosa il suo polmone non funziona più? Sa, Lea è una fumatrice piuttosto accanita.” Voleva sapere se tutte le sigarette che fumava avevano avuto quell’effetto impetuoso e fatale in lei, ma dopotutto sapeva anche che il dolore che provava da molto tempo a quella parte aveva finito per consumarla dentro.
“Il fumo non è stata di sicuro la causa principale della disfunzione del polmone, altrimenti sarebbero stati coinvolti entrambi gli organi. Crediamo sia un problema che si porta dietro da un paio di anni e, se è stata sottoposta a molto stress, la situazione del polmone non ha fatto altro che degenerare,” concluse il dottore, sistemandosi i sottili occhiali sulla punta del naso.
Louis lanciò un’occhiataccia a Liam, come per sottolineare la parola stress. Liam notò il suo sguardo accusatore, e non fece altro che abbassare la testa e rimanere in silenzio.
Un’ultima domanda balenò nelle menti dei giovani. Quasi si fossero messi d’accordo, domandarono all’unisono: “Posso vederla?”
Il dottore li guardò con aria compassionevole, sembravano distrutti. Assentì, dicendo loro che potevano entrare uno alla volta, ma non li avrebbe sentiti, dato che era sotto sedativi. Si accomiatò, lasciandoli soli in quella stanza, mentre a fissarli sulla parete c’erano i polmoni piuttosto consumati della ragazza che amavano.
Liam e Louis si guardarono come due cani pronti ad azzannare chiunque, ma poi il biondino fu sconfitto dalla stanchezza e dalla determinazione del rivale. “Vai pure, io aspetto fuori,” sospirò, mentre uscì, tirandosi la porta dietro di sé.
Il ragazzo guardò spaesato per un attimo eterno la porta che si era appena chiusa.
Forse anche lui ha un cuore, pensò, mentre si avvicinò con timore alla vetrata della stanza dove giaceva la sua Lea.
Fu uno spettacolo orribile. Aveva dei tubi conficcati nelle braccia, facevano giri interminabili, alcuni andavano a finire nella sua bocca, alcuni nelle sue narici, forse per farla respirare meglio. Era di un pallore impressionante, i suoi capelli sembravano sterpaglia, gli occhi erano contornati da profondi solchi scuri. Il dottore aveva specificato di non allarmarsi, che non aveva niente di grave, ma lui era completamente terrorizzato. Si fece coraggio, aprendo la porta della stanza, cercando di non far rumore, e una puzza di medicine lo travolse.
 Odiava gli ospedali, odiava solamente il fatto che dovessero esistere, e in quel momento li odiava ancora di più, perché le poche volte aveva messo piede in quegli edifici per lui macabri e cupi, era per andare a far visita ad un parente decrepito, ormai allo stremo delle sue forze. Ma adesso, su quel lettino di ospedale, c’era la ragione del suo sorriso, la ragione della sua rabbia, la ragione della sua confusione, la ragione del suo stomaco continuamente ingarbugliato, la ragione della sua misera esistenza, e non poteva credere che una ragazza così bella, così piena di vita, così sensibile, potesse giacere su quel letto in cui sembrava sprofondasse, senza dare nessun segno di ripresa. Si appoggiò allo stipite della porta, cercando di trovare la forza per affrontare il tratto porta-sedia.
Ci riuscì, come se fosse stata una faticosa e lunga traversata per mare. Si sedette gemendo leggermente, proprio come facevano i vecchi, per ritrovare un po’ di sollievo, ma non fu così. Allora le prese la mano, la strinse delicatamente tra le sue, forti e grandi. Guardò intensamente il suo volto, da vicino era ancora più spaventoso. Tornò alla mano, avvicinandosela alle labbra. Prese a baciarle ogni singolo dito.
Pollice, indice, medio, anulare, mignolo. Mignolo, anulare, medio, indice, pollice.
“Ti prego… resisti…” biascicò tra un bacio e l’altro, ripetendo lo stesso percorso decine e decine di volte.
Notò che, tra la sua mano, spiccavano delle macchie di sangue. Ne fu scioccato, aveva paura che l’avesse ferita. Ma si rese conto che il sangue era già rappreso, incrostato tra ogni singola fessura del palmo. Decise di pulirgliela, almeno avrebbe fatto qualcosa di utile. Si allungò verso il comodino accanto al letto, per cercare delle garze, ma ai suoi occhi risaltò una busta di una lettera logora e spiegazzata, anch’essa sporca di sangue. Incuriosito dalla provenienza di quella che doveva essere una lettera, la afferrò senza pensarci due volte, cercando di stirarla un po’ passandosela tra una mano e una gamba.
A differenza di Lea, Louis lesse prima la lettera, e poi guardò disgustato quella foto, quasi come se stesse per vomitare. Faceva scorrere lentamente gli occhi su quelle poche righe, così da accertarsi di aver impresso bene quelle parole languide, ma super-efficaci nella sua testa.
Claire.
Liam entrò d’improvviso nella stanza, preoccupato dal ritardo di Louis.
“Amico, stai bene? Sono…” ma si interruppe, quando l’esile figura della bionda intubata fu focalizzata dai suoi occhi. Per lui fu una scena raccapricciante, probabilmente era ancor più scosso di Louis. Non l’aveva mai vista in quelle condizioni, dato che aveva sempre ricevuto il suo lato migliore.
Il ragazzo non fece un singolo movimento, continuò a tenere in una mano quella di Lea, nell’altra il pezzo di carta spiegazzato, noncurante della presenza del biondino. Liam allora si avvicinò ancor di più, fino a posargli una mano sulla spalla, continuando a tenere lo sguardo fisso su quello inesistente della ragazza.
Louis si liberò dalla sua stretta immediatamente, sentendo che, per l’ennesima volta, la rabbia montava dentro di sé. Il biondino se ne accorse subito, l’amico era tutt’un fascio di nervi. Decise di chiedergli spiegazioni, elaborando con cura le parole da usare.
“E’ successo qualcosa?” chiese infine in un sussurro, sperando in una reazione di Louis.
Effettivamente qualcosa successe. Strinse ancora di più quel foglietto di carta nella mano sinistra, stando attento a calibrare la forza per non fare del male a Lea. Chinò ancora di più la testa, era come se volesse farla sprofondare nel suo maglione.
“Dimmelo tu,” disse infine piano, ma convinto di essersi fatto sentire. La risposta di Liam, infatti, non tardò ad arrivare.
“Che intendi dire?” domandò spiazzato dalle sue parole. Era la prima volta che vedeva Lea dalla sera scorsa, che cosa le avrebbe potuto fare?
Louis, se possibile, si infuriò ancora di più. Lasciò cadere nel vuoto la mano della bionda, alzandosi di scatto dalla sedia.
“Intendo dire questo!” sibilò arrabbiato, scagliandogli sul petto la mano contente la subdola lettera. Liam lo guardò sconvolto, raccogliendo il foglietto dalla sua mano. Lesse velocemente quelle righe, mentre le urla incontrollate di Louis facevano da sottofondo ad una situazione poco consona agli schiamazzi. Infatti fu subito richiamato dagli infermieri, che lo pregarono gentilmente di lasciare la stanza per lasciare riposare in pace la paziente. Prima di andarsene, però, rivolse un’occhiata di puro odio al biondino e, dopo aver dato un bacio sulla fronte a Lea, lasciò la stanza, estraendo il telefono dalla tasca dei pantaloni attillati e componendo un numero.
“Misha? Sono in ospedale. E’ successa una cosa orribile.”



Niall mi sta facendo venire fame.
Buonaseeeeeera!
Eccomi di nuovo a qui, al punto 0. *cerca di imitare Will Smith* *Fallisce miseramente*
Cooomunque.
Come sta andando a scuola? Io odio sempre di più quella caina di Chimica, se facesse più sesso non si sfogherebbe con noi, poveri studenti!
E poi mi sto seriamente incazzando con Guinizzelli e Cavalcanti perché anche loro dovevano fare più sfogo alle loro voglie sessuali.
Tra poco la twitcam di Niall, woooohoooo!
Speriamo che almeno la faccia davvero trolol.
Passiamo al capitolo!
Ora, non ho molto da dire, solo che Louis sta ricevendo un'incazzatura dopo un'altra, proprio come me. #consoliamoci.
Liam che si mette a piangere, addirittura? 
E Lea, secondo voi come starà?
Lasciate una piccola recensioncina con il vostro punto di vista, per favoooooooooore.
Se lo fate, vi do tanti mille baci.
Ringrazio repentinamente tutti coloro che leggono e cagano minimamente la mia storia, perché siete speciali e unici. <3
Alla prossima, e buona lettura! :)
-Alex.

 

   
 
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