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Autore: Moon    14/06/2004    3 recensioni
Seguito di "The Birthday Gift". Alla fine di ogni storia siamo abituati ad immaginare che cosa accadrà quando i due protagonisti sembrano aver preso una direzione. Questa storia tratta appunto di questo. Saranno in grado due persone, che pur amandosi molto, di condividere una vita insieme? Un ragazzo e una ragzza dal carattere troppo simile e troppo orgoglioso, una serie di situazioni, alcune delle quale molte difficili, li metteranno a dura prova, basterà il loro sentimento a superarle? Oppure...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Monaghan, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è stata scritta per divertimento

NOTA: Per prima cosa vi ringrazio moltissimo per l'entusiasmo che avete dimostrato di fronte a questo sequel!^^ GRAZIE: JulyAneko, Frodina(doppio grazie x doppio commento^^), Mandy, Carolina, Anjulie, Conty, Azu e Sara. Siette state tutte SPLENDIDE! E del resto questa storia è dedicata a tutte voi! Un Paio di cosette: questa fic segue un pò la falsa riga dell'altra, ATTENZIONE l'apparenza inganna!!^^ Spero che comunque il tema trattato che comunque è: la vita di coppia(anche se trattasi di una coppia molto particolare ^_*) vi piaccia. Permettetemi di ringrazire anche le tante persone che hanno letto il primo capitolo, mi fatemi sapere che ne pensate senza remore. Grazie davvero a tutti e.... Buona lettura!! ^_^

 

 

Capitolo due

 

Aylén stava cominciando a sudare freddo. I suoi genitori, ma soprattutto suo padre, erano molto all’antica, eccessivamente religiosi e tradizionalisti e, a dirla tutta, anche abbastanza ottusi.

“Insomma che hai da dirmi in proposito?” le domandò tagliente suo padre.

Lei vagò incerta con lo sguardo per la stanza, poi fu colta da un moto di ribellione violenta.

“Non ho da dirti proprio nulla!” rispose piccata.

“Sapevo che avresti reagito così, del resto sei sempre motivo d’imbarazzo per noi, ma questa volta non m’incanti! Mi sono informato a dovere, ho ancora le mie fonti IO!”.

“E allora?” si rivoltò in malo modo Aylén.

A quella risposta suo padre scattò in piedi.

“Non fare l’arrogante con me! Come ti sei permessa di fare una cosa simile? Condividere lo stesso tetto con quest’attore americano!”.

La ragazza respirò forte per dominarsi.

“Non è americano è inglese!” rispose piccata.

“Americano, inglese, spagnolo o francese fa lo stesso! Ma che ti sei messa in testa eh? Dimentichi che io conosco quell’ambiente è tutta gentaccia, ti proibisco di continuare questa pazzia e tu non andrai a Los Angeles!” tuonò l’uomo.

Aylén era veramente stufa di tutte quelle scenate che reputava oltretutto anche patetiche e ridicole.

“Sono maggiorenne e autosufficiente non credo proprio che tu sia in grado di proibirmi niente!” rispose adirata.

“Sei una stupida oltre che una svergognata!” sibilò con rabbia suo padre.

Aylén rimase malissimo, forse se suo padre l’avesse presa a schiaffi sarebbe stato meglio. L’aveva giudicata e condannata senza appello, senza nemmeno fermarsi a chiederle quali erano i suoi sentimenti. E poi quella sceneggiata sopra le righe le aveva fatto tristezza e rabbia in ugual misura. Proprio la rabbia cominciò a prendere il sopravvento su tutto, non tollerava che suo padre con le sue urla e sua madre con il suo rispettoso silenzio si permettessero di infangare il sentimento profondo e reciproco che c’era fra lei e Orlando, così sull’onda dell’impulsività finì col dire una grossa sciocchezza.

“Che c’è papà eh? Sei preoccupato per me? O per quello che potrebbero pensare gli altri disse quasi sibilando.

Suo  padre non sembrò neanche ascoltarla.

“In questa casa ci sono delle regole e…”

“BASTA!” urlò la ragazza “Lo so qual è il problema, ti tolgo io dall’impiccio, sì papà ci sono stata a letto e se lo vuoi sapere non è neanche il primo!” disse con aria di sfida.

Abel Delgado sbiancò, e la sua reazione fu inaspettata, fissò la figlia come se fosse stata un insetto molesto.

“Io non ti considero neanche più mia figlia, per me sei morta” disse a voce bassa e uscì dalla cucina.

Aylén, scioccata, fece altrettanto andando verso la sua camera seguita da sua madre.

“Bambina ma che cosa hai combinato!” le chiese sua madre premurosa.

“Ho quasi venticinque anni non trovi un po’ fuori luogo chiamarmi ancora bambina?” rispose Aylén, lanciando un'occhiataccia a sua madre.

La donna rimase un attimo in silenzio e poi parò di nuovo “Credo che dovresti essere un po’ più riflessiva e meno impulsiva. Non ti puoi buttare via così con il primo venuto, insomma non è così che ti abbiamo educata e…”.

“Mamma! Basta per favore, mi state offendendo e non ve ne rendete neanche conto! Io non mi sono buttata via, sono innamorata di lui e lui è innamorato di me. Chiaro?”.

La donna scrollò la testa con disappunto.

“Se è come dici tu, perché non è qui con te? Perché non è venuto a conoscere la tua famiglia? Che razza d'uomo è uno che condivide il letto con una donna senza sposarla e senza neanche cercare l'approvazione della sua famiglia!”.

Aylén si sentiva male, ma come ragionavano i suoi? Mica erano nell'ottocento?

“Per l'amor del cielo mamma ma che stai dicendo? Io non lo voglio affatto sposare, tanto per intenderci, e poi non so se riuscite a rendervi minimamente conto di che genere di lavoro faccia. Non è una persona con così tanto tempo libero da potermi stare appresso ogni momento e comunque non vorrei io che venisse qui a sorbirsi delle prediche ridicole”.

“Come sarebbe a dire che non lo vuoi sposare?” saltò su sua madre scandalizzata.

Aylén roteò gli occhi visibilmente scocciata “Sono contro il matrimonio, ti basta come risposta? Siamo troppo giovani e poi chi ci ha mai pensato? Non ho mai fatto progetti a lunga scadenza e questo è quanto!”.

“Io non ti riconosco più!” disse la donna contrita.

“No, il punto è che tu non mi hai mai conosciuta!” rispose la ragazza.

“Insomma intendi continuare a comportarti così?”.

“Così come mamma? Abbi il coraggio di parlare chiaro!” disse Aylén ferita.

La donna le cinse le spalle con un braccio e la strinse a sé “Tu non capisci bambina, finirai col soffrire molto credimi. Devi farti rispettare e non usare”.

Aylén la guardò male “Spiegami la tua idea di rispetto perché mica la capisco! Forse dovrei obbligarlo  a legarsi ufficialmente a me? E' questo quello che intendi? Beh io ho un altro concetto di rispetto!”.

“Fai come credi, ma ti dico che tu soffrirai. Io non ci vedo chiaro in questa storia” conclusela donna.

Finalmente sua madre uscì dalla stanza e una volta sola Aylén poté tirare un sospiro di sollievo. I suoi genitori  erano davvero ignoranti e retrogradi e lei non sopportava certi ragionamenti. Le avevano dato di donnaccia e nemmeno troppo velatamente, l'amarezza che provò fu davvero tanta.

Prese il cellulare e provò a chiamare Orlando, ma il ragazzo aveva l’apparecchio spento, Aylén rimase male. Non tanto perché avesse pensato a qualcosa di spiacevole, ma solo perché aveva bisogno di sentire la sua voce e di essere confortata, sbuffò appena, spense a sua volta il cellulare e decise di andare a dormire.

 

Los Angeles ore 22,00.

“Cazzo! Cazzo!” saltò su Orlando con il cellulare in mano.

“Che c’è ora?” chiese Dominic sulla porta osservando l’amico.

“C’è che mi si è spento il cellulare ecco che c’è! Aylén mi aveva  chiamato e ora è lei ad averlo spento! Di sicuro s’è incazzata!” disse Orlando concitato.

Suo cugino Donnie lo guardò con disappunto e gli disse: “Orlando secondo me stai esagerando in fondo in Spagna sono le 13,00, magari è ancora a letto oppure è a mangiare e lo riaccende più tardi. Insomma non puoi mica vivere in ansia così!”.

“Appunto smetti di litigare con quel telefono e andiamo!” aggiunse Dominic.

Orlando bofonchiò qualcosa d'incomprensibile a denti stretti e raggiunse i due. In realtà non aveva voglia di andare a ballare si era solo fatto fregare da uno dei suoi moti d’orgoglio, ma ormai aveva accettato, era lì e non poteva certo tornare indietro.

Alle 22,30 i tre arrivarono al Club Bahia al 1130 di Sunset Boulevard.

“Madonna che palle!” esordì Orlando appena vide il taxi fermarsi.

“Che c’è che non ti torna adesso?” chiese Dom.

“Ma proprio in un locale di Salsa e Merengue mi dovevate portare?” chiese l’inglese storcendo naso e bocca.

“Che palle tu Orlando!” sbottò Dom.

“Oh ragazzi calmi!” s’intromise Donnie “Non cominciamo eh? Siamo qui per divertirci”.

Poi si girò verso il cugino e gli disse: “Orlando vedi di non fare sempre il polemico, è il locale più in della zona e pullula di modelle e belle figliole dove volevi che s’andasse a beccare? Al teatro dell’ Opera?”.

“Appunto! Il latino americano facilita lo struscio, quindi vedi di fare meno il frate, armati del tuo sorriso da toumber de femme e aiutaci nell’abbordaggio, magari ti diverti anche tu!” disse Dominic cercando di sdrammatizzare.

“A me il latino americano non piace! Mi fa venire sonno e non sono qui per rimorchiare!” sbottò Orlando che cominciava a chiedersi che cavolo ci facesse lì.

Gli altri due decisero di ignorarlo, scesero dal taxi e si avviarono verso l’entrata. Orlando suo malgrado li seguì sempre più contrariato.

 

Aylén si era alzata piuttosto tardi e  per prima cosa era andata a trovare la sua amica Reina, aveva bisogno di sfogarsi. Dopo una lunga chiacchierata con lei, che l'aveva calmata dicendole di non dar troppo conto ai discorsi dei suoi genitori, se ne ritornò verso casa. Aveva deciso che quanto prima sarebbe ripartita per Los Angeles, non aveva la minima voglia di restare dai suoi che l’avrebbero rimbeccata di continuo.

Una volta rientrata in casa, prima di andare in cucina per pranzare, salì un attimo in camera sua e provò di nuovo a chiamare Orlando. Il cellulare era acceso ma lui non rispondeva. Aylén provò un sottile senso di fastidio, ma dov’era? Perché non rispondeva? Cercò di non farsi strane idee e s’impose di stare calma, ma era piuttosto agitata, quindi si preparò ad affrontare nuovamente i suoi genitori.

 

Intanto al Club Bahia qualcuno si stava divertendo parecchio e quel qualcuno era Dominic.

Orlando osservava il suo amico che aveva rimorchiato una modella piuttosto carina, i due erano in pista e ballavano a ritmo frenetico una salsa, suo cugino Donnie invece era al banco del bar con un’amica della ragazza che era con Dom, mentre lui era al tavolo da solo. Stava bevendo la sua terza caipirosca annoiandosi come non mai. Aveva il cellulare in tasca, ma il frastuono e la musica erano talmente alti che non lo aveva neanche sentito vibrare, figuriamoci se poteva sentirlo suonare.

Fermò il cameriere e ordinò la quarta caipirosca.

“Anche per me grazie!” disse una voce femminile che lo fece girare di scatto.

“Non ti dispiace se mi siedo vero?” gli chiese una ragazza all’incirca sulla ventina o poco più, alta magra e diafana, con lunghi capelli biondi e due occhi incredibilmente azzurri.

E ora questa che cazzo vuole? Pensò Orlando contrariato, ma non poteva essere scortese e fece un cenno distratto con la testa, come per dire: Fai un po’ come ti pare.

La ragazza sorrise e si sedette con grazia.

“Mi chiamo Elodie e sono un'amica delle ragazze che stano con i tuoi amici, mi hanno praticamente piantata da sola e visto che sembra che anche tu sia rimasto solo… ho pensato che potremo farci compagnia” disse sempre sorridendo.

“Non sono in serata, scusami se non sarò molto loquace, comunque io mi chiamo Orlando” tagliò corto lui.

La ragazza continuò a sorridere e disse “So esattamente chi sei, ma se ti disturbo posso andarmene” concluse in maniera estremamente gentile.

Orlando si rese conto di essere stato maleducato e rimediò “Scusami, non volevo essere scortese, il fatto è che non  ci volevo venire qui, rimani pure se vuoi”.

“Non ti scusare capisco perfettamente” disse lei con il solito tono affabile e comprensivo, poi continuò “Sai a volte dalle serate che sembrano nascere male, vengono fuori delle cose inaspettate, che possono essere molto interessanti e addirittura belle”.

Orlando le rifilò un'occhiata di traverso, ma dove voleva arrivare con quel discorso sibillino? Ma lei interruppe il corso dei suoi pensieri.

“Perché non andiamo a ballare anche noi?” gli chiese.

“No, grazie! Detesto questa musica” disse Orlando.

La ragazza non fece in tempo a rispondere perché furono interrotti da Dominic e Victoria, la sua amica, che arrivarono trafelati al tavolo.

“Oh bene! Vedo che hai familiarizzato con Elodie” disse Dom ad Orlando rifilandogli una pacca sulla spalla. L'altro lo guardò decisamente male e non rispose. Intanto furono raggiunti anche da Donnie e Nathalie.

Rimasero tutti e sei al tavolo per un'altra mezzora buona e mentre conversavano, l'unico che se ne stava zitto era proprio Orlando che non vedeva l'ora di andarsene.

Ad un certo punto Dominic se ne venne fuori con la brillante idea di andare tutti a casa sua a finire la serata.

“Io non vengo” fece Orlando deciso.

Gli altri cinque tentarono di convincerlo, ma non ci fu verso, il ragazzo prese il suo cellulare per chiamare il taxi e con disappunto si rese conto che gli si era scaricata la batteria, s'innervosì ancora d più, quindi si fece prestare  da Donnie il suo, e chiamò la macchina. Salutò tutti e fece per andarsene quando Elodie gli si avvicinò e le pose il suo biglietto da visita “Chiamami se e quando ti andrà” gli sussurrò in un orecchio. Orlando non rispose infilò distrattamente il biglietto da visita nella tasca dei pantaloni e se ne andò.

               

 

  
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