Secondo e terzo anno
L’estate del primo anno mi sembrò un incubo. Anche
se fu nulla rispetto a quelle che sarebbero venute, perché almeno, all’epoca,
credevano ancora di potermi recuperare. Ma ricordo bene che durante quell’estate
dimenticai il tepore dell’abbraccio di mia madre, che non ricevevo dal
settembre precedente e non avrei più ricevuto, mai. Il primo mese fu
agghiacciante, ero solo, non potevo comunicare nemmeno con i miei amici, né
loro con me, ovviamente. Ai primi di agosto mio zio Alphard tornò a Londra da
uno dei suoi interminabili viaggi; la discriminazione con cui venivo trattato
lo disturbò, e si offrì di farmi da tramite per la posta via gufo, cosicché i
miei non venissero a sapere: potei scambiare un paio di lettere con James, che
si mostrò molto solidale. Per il resto, un incubo.
Però Regulus era ancora
il mio fratellino, e fece il possibile, considerati i suoi undici anni, per
fare da mediatore. Furono
gli ultimi mesi di vita del nostro rapporto, sino ad allora estremamente forte.
A settembre, Regulus fu
Smistato a Serpeverde, e in capo a qualche mese mi disprezzava come i suoi
compagni di Casa, e la cosa era reciproca.
Incontrare Jim e Remus
alla Stazione fu straordinario: ci corremmo incontro saltandoci addosso,
ridendo, pazzi di gioia.
Era sempre così:
ritrovarci dopo un periodo di lontananza, anche breve, era una festa senza
pari. Ci dava
calore ed energia, era come un balsamo. Ogni settembre scoppiavamo di felicità
vedendoci da lontano, sul binario. Mi ricordo che avevo come sviluppato una
specie di facoltà di individuare le loro teste –d’accordo, con James era molto
facile- in mezzo a qualunque folla.
Attaccammo a parlare fitto ancora prima di esserci
seduti nel nostro scompartimento, e non smettemmo per dieci mesi. Non tornai
nemmeno a casa a Natale, e comunque nessuno mi ci voleva, a casa.
Durante quell’anno il
nostro legame si regolarizzò, fisso ad un’intensità iperbolica. Soprattutto per
quanto riguardava me e James, non c’era nulla che facessimo in cui non fosse
coinvolto in qualche modo anche l’altro. Del resto, tutto quel che lui faceva mi interessava,
e così per lui. E comunque era vero che… Non lo so, che, insomma, stavamo bene
quando eravamo insieme, tutto qui. Non si può descrivere, credo che tutti
quanti la conoscano almeno in parte, quella sensazione. E’ l’appagamento dato
dalla presenza di una persona, quel sentirsi al proprio posto, come quando ci
si sistema la sciarpa mentre tira vento, e su per la schiena corre un brivido
di soddisfazione.
Ottobre fu il mese di nascita ufficiale dei
Malandrini. Il nome lo scegliemmo una sera della prima settimana, mentre
mangiavamo una torta in Sala Comune, a notte fonda. Brindando –con succo di
zucca- al nostro ritrovamento a Scuola, pensammo di sceglierci un nome. Quello uscì per caso, lo disse Remus. Suonava bene,ci sembrò forte. Ma ottobre fu
l’inizio ufficiale, creammo anche il nostro diario, un quaderno incantato dallo
spessore dissimulato. Negli anni sarebbe diventato enorme.
Halloween sancì l’inizio
della nostra carriera di Combinaguai della Scuola: facemmo quasi esplodere
l’angolo di Serpeverde nella Sala Grande, con uno scherzo che restò negli
annali di Hogwarts. Iniziammo ad essere conosciuti, a far
parlare di noi.
Ci piaceva. Sia io che
Jim eravamo alquanto pieni di noi, vanitosi ed egocentrici: eravamo ragazzini. L’ammirazione
di Peter cresceva proporzionalmente alla nostra fama e ad aprile era il nostro
volontario paggetto. Remus, il cervello della banda, oscillava tra il tentare
di frenarci e l’ideare piani via via più diabolici e complessi: era un
dodicenne anche lui del resto, saggezza o meno.
Jim entrò nella squadra
di Quidditch, cosa che venne festeggiata con una notte in bianco nel
Dormitorio, con tanto di dolci rubati in cucina.
A Natale, Peter e Remus
rientrarono a casa per le vacanze, per l’ultima volta: James e io restammo soli
per due settimane.
Quattordici giorni di simbiosi totale. Ci
svegliavamo persino nello stesso momento, senza farlo apposta; scendevamo in
Sala insieme, ci spostavamo insieme, studiavamo –per modo di dire- insieme, e
ci addormentavamo nello stesso momento, dopo le ultime due ore di chiacchiere
notturne. E, ancora non me lo spiego, non tacevamo un attimo. Che cosa avevamo
da dirci? Io ero testimone di tutto quel che gli capitava, e viceversa, non
avevamo cose da raccontarci. Non aveva senso dire a James “oggi ho trovato una
stanza strana al terzo piano”, perché tanto lui c’era al momento della
scoperta.
A gennaio Remus fu un po’ destabilizzato. In due
settimane eravamo diventati Felpato e Ramoso, anche se i nomi non c’erano
ancora: ma eravamo già quelli, inseparabili. C’è da dire che il suo inserimento
non fu affatto forzato, né quello di Peter. Avevamo un rapporto così morbido,
naturale.
Così, tra una scappatella notturna e una passeggiata
sul Lago, arrivò il bel tempo, si avvicinarono gli esami. James e io scegliemmo
gli stessi corsi per il terzo anno, e poi giunse l’estate. E con l’estate, il tanto temuto ritorno a Grimmauld Place.
Questa volta i miei
furono tremendi, e così pure Regulus. Per fortuna zio Alphard continuò ad
aiutarmi, per quanto poteva; riuscii a scrivere a Remus, oltre naturalmente a
James. E
aspettai spasmodicamente il mese di settembre.
Il mio migliore amico mi mancava enormemente. Le
nostre lettere erano costellate di “se tu fossi qui”, “mi è sembrato di vedere
la tua faccia se avessi assistito alla scena”, “avrei giurato di sentire la tua
risata, Fido” e cose del genere.
Il terzo anno segnò due svolte fondamentali: la
prima fu che, appena arrivati a Hogwarts, James rivide la Evans dopo l’estate e
rimase folgorato. Cominciò a tampinarla immediatamente, con grande scorno della
poverina e mio.
Mi dava noia questa perdita di tempo appresso a
Lily, mi sembrava che avessimo cose molto più importanti da fare, e lei non era
affatto divertente e in gamba come me o Remus. Alle ragazze,io, ancora non ci
badavo. Erano sciocche e lagnose, ecco tutto.
Il secondo, immenso cambiamento fu che, un bel
giorno, mi misi a cercare la data di Natale sul calendario di Remus. Volevo
sapere se fosse una domenica. Sul calendario erano segnati i suoi impegni, i
giorni scolastici persi, cose simili.
James buttò l’occhio sulla pagina, per caso.
“Toh, guarda, la signora Lupin è stata male durante
la luna piena” osservò casualmente, tornando a immergersi nella sua rivista di
Quidditch.
Io voltai indietro le pagine, guardando gli altri
mesi. Non so perché, avevo come un campanello che suonava in testa.
E così scoprimmo che Remus era un Licantropo.
Ce la prendemmo per il suo silenzio, per la mancanza
di fiducia dimostrata e per le menzogne che ci aveva raccontato durante quegli
anni. Ci fu qualche giorno di estrema tensione, poi Remus capitolò e, durante
un lunghissimo pianto –l’unico dei due cui ho assistito e peggiore dell’altro,
quello della notte dello Scherzo del Sesto anno- buttò fuori tutta l’amarezza e
la fatica che la sua situazione comportava, tutto il disagio e la vergogna.
Non aspettammo nemmeno che finisse di scusarsi per
abbracciarlo.
La questione finì per cementare ancora di più la
nostra amicizia. Condividere quel segreto ci unì, se possibile, ancora di più.
James, cuore di panna, era triste del fatto che il
nostro amico dovesse trascorrere da solo quei momenti terribili della trasformazione;
il suo senso della solidarietà era estremamente forte. Cominciò ad architettare
un sistema per cui potessimo stare con lui –ovviamente a sua insaputa, chè non
sarebbe mai stato d’accordo.
Io trovai la cosa estremamente interessante, comunque.
Remus era un Licantropo, ai miei occhi la cosa lo rendeva ancor più ganzo
–ostinati pure a non crederci, pulcioso, fa’ come ti pare- e decisamente
d’effetto. Mi iniziai ad interessare all’argomento Licantropia,
nel tempo libero dalle lezioni e dai disastri.
Perché ne combinammo di tutti i colori, quell’anno,
Pringle ci odiava a morte. Eravamo i suoi nemici giurati e non sognava altro,
credo, che beccarci con le mani in un sacco abbastanza grosso da farci spedire
a calci fuori dalla Scuola.
E tremendi lo eravamo
davvero. Io e
James avevamo due caratteri vulcanici in perenne eruzione; non ci fermavamo
mai, non era mai abbastanza, tutto. Strafare era il nostro stile di vita,
adatto a noi come un guanto. E poi, certo, sguazzavamo nella fama che andava
creandosi intorno a noi, persino tra i ragazzi più grandi. La frequenza delle
nostre visite in Presidenza e da Minerva non faceva che crescere.
Quanto mi divertivo.
Eravamo Dio, o come lo si vuol chiamare, potevamo tutto. La vita era lì, tutta per
noi, piena di qualunque cosa.
Lo capisco, il vecchio
Pringle. Non deve essere stato facile per un uomo di quell’età avere a che fare
con due simili pesti, spesso e volentieri accodate da due altri giovani
scapestrati –molliamola con la storia delle saggezza, Remus era un bambino, non
il Buddha- il cui scopo era divertirsi, possibilmente infrangendo qualche
divieto per dare succo alla cosa.
Iniziammo a familiarizzare con un bel po’ di stanze,
mentre quella, già nota, delle Necessità diventava praticamente un
prolungamento del nostro Dormitorio. Lì tenevamo tutto quel che non doveva
essere trovato per nessuna ragione, se non volevamo farci espellere: gli
scherzi proibiti di Zonko, le Burrobirre e più tardi gli alcolici pesanti, le
trame dei nostri piani e tante altre cose con l’andare degli anni. I miei libri, ad esempio.
Ma non mescoliamo le cose.
Le asprezze con i Serpeverde aumentavano. Il clima,
nel mondo di fuori, andava incupendosi, ma nel nostro nido d’oro e pietra non
lo percepivamo se non indirettamente, a livello subcosciente. La guerra era
aperta, e a poco valevano i tentativi di Albus di calmare una situazione che
poteva solo precipitare: ma in qualche modo riusciva a mantenere un equilibrio
stabile.
Le cose diventarono decisamente dure con Severus.
Credo che la molla che ci portò a degenerare fu che gli addossammo la colpa per
aver fatto esplodere praticamente in faccia a Lumacorno un calderone. Non lo
facemmo davvero apposta. James e io avevamo scommesso che lui non sarebbe mai
riuscito a centrare il composto di Piton con la radice di colso –altamente
esplosiva se mischiata con il succo di sarbolo contenuto nella pozione- che
aveva in mano. Eravamo lontanissimi, dall’altra parte dell’aula, nemmeno James
stesso pensava di poter fare centro.
Invece lo fece, proprio mentre
Snivellus aggiungeva un pizzico di qualche cosa e Lumacorno si avvicinava per
guardare.
Il risultato fu devastante.
E per di più, Lumacorno
si convinse che, siccome Severus con le sue conoscenze in materia doveva
senz’altro sapere di quell’effetto collaterale, lo avesse fatto apposta. Si arrabbiò come mai prima
di allora, dichiarandosi profondamente deluso, e per ben due settimane
bistrattò il suo pupillo.
Purtroppo James e io non potemmo proprio evitare di
ridere a crepapelle e soprattutto di darci un cinque. Il professore non se ne
accorse, ma Severus sì.
E naturalmente non poteva sopportare Remus. Perché
era un mezzosangue come lui che non si vergognava di esserlo e per quella
faccenda dell’intelligenza, una specie di rivalità malsana. Una cosa totalmente
a senso unico, perché il mio mite amico ha lo spirito di competizione di un
bradipo.
In realtà, con l’andare
del tempo si sarebbe poi esasperato, sfoderando verso Severus il suo lato che
conoscevamo solo noi, quello aggressivo e implacabile del lupo.
Continuo a saltare in
avanti, ma è che tutto mi si affolla in mente insieme.
Nel frattempo,
proporzionalmente alla nostra nomea cresceva l’avversione dell’oggetto delle
attenzioni di James: per Lily eravamo il fumo negli occhi, non ci poteva
reggere. E le risate che mi sono fatto nel vederla diventare viola di rabbia
per i miei brutti tiri, e la truce, inconscia soddisfazione quando lo mandava
al diavolo, dandomi sicurezza.
Comunque, ne rideva anche lui. Gli piaceva
provocarla, era piccolo allora.
Lily non ha mai dato a James quel che gli davo io. E
non lo ha mai conosciuto quanto me. Anche dopo sposati, era da me che veniva
quando aveva bisogno di consigli o di conferme, in qualunque ambito.
Grifondoro vinse la coppa.
Feste a non finire, baccanali. Bevemmo per la prima
volta, anche se non tanto da ubriacarci seriamente. Ci girava la testa,
ridevamo peggio del solito.
E
poi, l’anno era finito un’altra volta.
X sourcream : amatissima, ti sono comunque tanto riconoscente… Un giorno lo sistemero’ anche auel capitolo. So che godi della sofferenza del moi amato, percio’ sarai lieta di sapere che i capitoli a venire sono molto peggio. Hogwarts è il momento felice, tu pensa il resto… Grazie per le correzini e per gli sforzi di renermi idiota. Che farei senza di te ? (ah... Tutte le cose procedono. Le cose che sai. Ma non ti trovo mai su msn qundo ci sono io …)
X_ Nefer _ : ... Niente di strano: E’ Sirius a parlare. Io non faccio nulla, batto solo al computer. ^__^ Grazie da parte di entrambi
X Mixky :
Prego… In realtà la storia mi sta prendendo. E’ “divertente” ripercorrere
i Malandrini e la loro vita, anche se con quest’ottica un po’ malsana. Mi fa
piacere che sembri autentica, è l moi maggior sforzo quello in questo senso. E Sirius, beh , lui è SEMPRE bello.
X Sirya Black: Hahaha! Quel che dici è musica per le mie orecchie! Che soddisfazione mi stai dando, ti ringrazio molto ! Piacere a qualcuno che inizia la lettura odiandomi mi dà la massima gioia. Non esagerare pero’, questa è una versione distorta : loro erano SOLO amici. Non voglio certo fare proseliti con le follie della sour.
Bye